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mercoledì 15 luglio 2009

La (in)coerenza leghista. Invasioni di padani all'estero e caccia agli immigrati in Italia

Dalla dichiarazione di voto finale del presidente del gruppo Lega Nord Padania, Bricolo:
La nostra (quella dei respingimenti NdR) è l'unica strada percorribile per gestire il flusso migratorio in arrivo nel nostro Paese e non subire invasioni incontrollate.

Da La Padania del 16 giugno 2009, a proposito della Lega Nord Estero:
Lega Nord Estero in espansione in tutti i continenti. l’Europa è praticamente
tutta coperta
(dai leghisti NdR); in Sudamerica l'attività attualmente è concentrata in Argentina e Brasile, ma si sta espandendo anche in Uruguay e Cile; in Africa si è attestati in Senegal e Sudafrica; in Asia la voce della Padania si fa sentire addirittura in Cina.

Dalla dichiarazione di voto finale del presidente del gruppo Lega Nord Padania, Bricolo:
D'ora in poi [...] non saranno benvenuti coloro che non rispettano la nostra storia, la nostra cultura e le nostre tradizioni.
Integrazione, per quanto ci riguarda, vuol dire che chi viene a casa nostra (perché questa è casa nostra)
[...] si deve adeguare al nostro modo di vivere.

Da La Padania del 16 giugno 2009, a proposito della Lega Nord Estero:
[La Lega Nord Estero è] un vero e proprio Movimento con lo scopo di promuovere nelle realtà in cui è presente (cioè all'estero NdR) gli ideali e la politica della Lega Nord e, chiaramente, di presentarsi alle elezioni con il suo simbolo.

Dalla dichiarazione di voto finale del presidente del gruppo Lega Nord Padania, Bricolo:
Noi il consenso lo abbiamo aumentato, sicuramente anche per la coerenza.

Dal pensiero di Crocco:
Voi il consenso lo avete aumentato perchè in Italia i rincoglioniti avanzano...

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giovedì 11 giugno 2009

Berlusconi e Gheddafi: fratelli di sangue...

...dei migranti. Se invece che fermarsi ad osservare il visibile, si gurdasse appena sotto l'apparente messaggio di pace tra Italia e Libia, si scoprirebbe a quale prezzo di vite umane viaggiamo sulle nostre auto e scaldiamo le nostre case. In questi giorni, con la visita del dittatore libico in Italia (che, scandalo nella farsa, riceverà una laurea onoris causa in giurisprudenza dall'università di Sassari) si da leggittimità mediatica ad un patto contro i migranti. Un patto tra la Libia, con le sue collusioni con Sudan, Niger, Somalia, Eritrea ed altri paesi che non garantiscono i diritti umani e l'Italia delle stragi di stato, dei piduisti al governo, della tortura impunita. Un patto che è uno scambio tra vite umane e gas, tra diritti umani e petrolio. Un patto per il quale l'Italia esternalizza le pratiche di respingimento e paga per questo ed in cambio ottiene gas e petrolio. Non fu Berlusconi a dichiarare, dopo la firma del patto di amicizia tra Italia e Libia nell'agosto dello scorso anno: "Avremo meno clandestini e maggiori quantità di gas e petrolio"?

Quanti bambini, quante donne e quanti uomini costeranno questo accordo, non si sa. Si conosce però il prezzo di un migrante arrestato in Libia: 30 dinar (18 euro). Questo vale una persona disperata nel mercato dei prigionieri della sicurezza italica. A tanto è venduta una persona agli intermediari mercanti di persone, da parte della polizia libica, come documentato dal reportage "Come un uomo sulla terra". A loro l'Italia "affida" persone in fuga da guerra e miseria e migranti richiedenti asilo politico. "Sui barconi non vi è nessuno che possa godere del diritto di asilo" diceva Silvio Berlusconi poche settimane fa. Ignorante o mentitore che sia, Berlusconi diceva il falso, considerando che 2 migranti su 3 che sono sbarcati a Lampedusa nel 2008 hanno fatto richiesta di asilo politico e di questi, almeno la metà ha ottenuto un permesso di soggiorno per tale motivo. Ed oggi, forte di quelle falsità, il governo Berlusconi può ottenere leggimità mediatica per quella politica dei respingimenti, considerati illegittimi dalle convenzioni internazionali e dall'art. 10 della Costituzione.

D'altra parte, le ultime elezioni hanno dato forza alle pulsioni xenofobe del governo, rafforzando la Lega e confermando il PdL come primo partito. Partiti premiati anche perchè, come dice Roberto Cota "La gente non vuole l'invasione di clandestini ed è per questo che apprezza la linea di Maroni, che per la prima volta è riuscito a fermare gli sbarchi". Solo che né Cota, né Maroni, nè Berlusconi spiegano ai loro elettori il motivo per cui, per ogni immigrato che arriva via mare, il Governo chiede l’ingresso di altri 12 con la programmazione dei "decreti flussi", visto che dal 2003 al 2008 sono sbarcati sulle nostre coste 153.756 persone e nello stesso periodo il governo ha chiesto l'arrivo di 1.815.000 lavoratori (dati fortresseurope.blogspot.com, per la campagna "Io non respingo").

E forse sta in quella sottile differenza semantica il vero problema: con le barche arrivano persone, che fuggono da guerre e miseria; il governo ed i padroni a cui l'esecutivo risponde vuole solo braccia da sfruttare nel mercato del lavoro. Finchè lavoro c'è, finchè conviene. Lavoratori ancora meno tutelati degli italiani perchè ricattabili con la minaccia del rimpatrio, e perciò ancora più sfruttabili e condannati al rischio di essere rigettati su una strada quando non sono più utili al profitto. "Volevamo braccia, sono arrivati uomini" diceva il romanziere e architetto svizzero Max Frisch, riferendosi all'immigrazione anche italiana verso la Svizzera. Anche ora, il governo italiano vuole solo braccia da sfruttare. Le persone, con con le loro esigenze, speranze, sogni, le lascia rinchiudere in lager libici, dove bambini, donne e uomini sono costretti a stare a decine dentro piccole celle dove, se non trovano la morte possono essere venduti per 30 denari. Come poveri cristi.

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lunedì 2 febbraio 2009

Vu cumprà le mie braccia?

Bel dilemma ora si trovano davanti leghisti e simili: hanno ragione gli inglesi, o sono nel giusto gli italiani nella questione del lavoro in Gran Bretagna? Il dilemma nasce nel momento in cui un'azienda italiana vince un appalto per lavori in una raffineria inglese, ed i dipendenti della ditta appaltatrice sono accusati dai lavoratori inglesi di "rubare" loro il lavoro. Le motivazioni le conosciamo, perchè sono le stesse mosse nei confronti dei migranti in Italia: lavoro a basso costo e mancato rispetto delle norme di sicurezza, in primo luogo. E così la protesta inglese sfocia in uno sciopero con slogan "lavoro britannico per lavoratori britannici". Anche questo già sentito entro gli italici confini.
Ed ora, quindi, da che parte si mettono i sostenitori del "lavoro agli italiani"? Potrebbero dire che hanno ragione gli inglesi perchè il lavoro deve essere svolto da chi ha cittadinanza in una data nazione. Ma allora è vero che gli italiani stanno "rubando" lavoro agli inglesi. E allora no! Meglio forse dire che gli italiani hanno vinto una gara d'appalto in un Paese estero ed hanno perciò diritto a svolgere quel lavoro, visto che siamo in regime di libero mercato. E quindi, di riflesso, un migrante in Italia ha lo stesso diritto degli italiani in Inghilterra e perciò vengono a "rubarci" un bel niente.

Parliamoci chiaro: in Gran Bretagna come Italia, chiunque in condizioni di bisogno acceterebbe un lavoro sottopagato anche se qualificato. Cosa può fare un singolo lavoratore che deve mettere insieme il pranzo con la cena, se la sua condizione è al limite di una vita dignitosa? Può solo provare a campare con quello che gli viene concesso, soprattutto di questi tempi e con la disoccupazione che cresce. E' così per il lavoratore italiano all'estero ed è così per il lavoratore migrante in Italia.
E' quello che vogliono lor signori padroni: mettere in concorrenza il lavoro ed i lavoratori. Una concorrenza selvaggia voluta in nome della libertà d'impresa, invocata come fosse un dogma a cui subordinare ogni cosa e sull'altare della quale consumare il sacrificio di ogni diritto sociale, sindacale ed umano. Quante volte si sono sentiti quegli stessi padroni (o imprenditori se meglio aggrada, ma la sostanza non cambia) imprecare contro la ditta di napoletani se ci si trova al Nord, contro i rumeni o i nord-africani in tutta Italia. Ma mentre imprecano, sub-appaltano lavori a ditte impresentabili, per trarre maggiore profitto. E quante volte sfruttano le condizioni di precarietà dei lavoratori o li tengono in nero. Quante altre volte, per ridurre i costi, azzerano i livelli di sicurezza. Ogni cosa è ammessa al grande mercato del lavoro, dove si comprano braccia e teste a basso costo.

In quel mercato, la contrattazione la vogliono a tu per tu, così possono trattare al ribasso come fossero al mercato del pesce. Faccia a faccia con il padrone, il potere contrattuale del lavoratore è praticamente nullo e perciò costretto a svendere le propria braccia, il suo cervello e qualche volta a regalare anche il culo. Alimentando così una guerra tra lavoratori. Una guerra tra poveri, condotta con le spuntate armi della precarietà e del bisogno.
Lo sciopero dei lavoratori inglesi, anche strumentalmente detto anti-italiani, rilancia perciò il tema della lotta contro la controriforma contrattuale voluta da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl, il cui scopo altro non è che la disintegrazione della contrattazione nazionale, specie nel suo scopo unificante e perciò di forza dei lavoratori da trasformare in "vu cumprà" di forza lavoro.

P.S: a proposito di migranti e di dirtti violati, segnalo questo importante appello sul blog Uhurunausalama.

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martedì 13 gennaio 2009

Il racket di Stato contro i migranti

Considerando la fragilità sociale degli immigrati in attesa di un permesso di soggiorno; tenendo conto della paura di venire rispediti nel proprio Paese, a vivere una condizione spesso di profonda miseria o di guerra; il pagamento per il permesso di soggiorno agli immigrati, previsto nel DDL anticrisi, appare più che una tassa un "pizzo".
Le condizioni sociali e personali spesso precarie degli immigrati, oltre che l'etichetta di delinquenti che è stata loro appiccicata addosso, permettono di "estorcere" soldi con la promessa di "proteggere" la loro residenza italiana.

L'emendamento, che era stato prima introdotto del DDL e poi eliminato, è stato ora confermato (pare) definitivamente dal ministro Maroni, con la differenza che non è stato definito l'importo del "pizzo". Potrebbe essere di 10 euro come di 400 euro. Da sborsare per ogni rinnovo del permesso di soggiorno.
Dopo i vari provvedimenti sulla sicurezza, dopo i provvedimenti sul ricongiungimento familiare (con i quali si prevede tra l'altro il test del DNA a carico dell'immigrato), questo provvedimento risulta essere l'ennesimo, provocatorio, inutile ed insensato provvedimento contro i migranti. Anche perchè gli immigrati extracomunitari pagano già per il permesso di soggiorno: 14,62 euro di contrassegno telematico sul modulo di richiesta ed altri 30 euro da pagare al momento della spedizione dell’assicurata. Ma, se si richiede un permesso di soggiorno per più di 90 giorni bisogna pagare anche un bollettino prestampato di 27,50 euro per il costo del permesso elettronico. Per una spesa totale già prevista per il permesso di soggiorno pari ad euro 72,12. Per un permesso che sarà consegnato a chi ne fa richiesta in prossimità delle sua scadenza, se non quando è già scaduto. Senza contare che in caso di lavoro a tempo determinato (la stragrande maggioranza dei casi), il permesso di soggiorno deve essere rinnovato più di una volta all'anno. Riflettere al costo per una famiglia di quattro persone che ogni sei mesi devono rinnovare il permesso di soggiorno, fa capire con quale accanimento la Lega Nord si scagli contro gli immigrati. Ai quali è di fatto applicata una gabella punitiva per essersi permessi il "lusso" di venire a cercare lavoro in Italia.

Ho provato a ragionare sulle considerazioni che possano essere state adottate dalla Lega per partorire questo odioso emendamento. Non sono riuscito a spiegarmelo. Se non con la solita ansia leghista della ricerca del nemico comune, sul quale scaraventare le paure. Questo emendamento, come quello sempre leghista di obbligare gli extracomunitari che richiedono l'apertura di una partita Iva ad una fideiussione bancaria di 10mila euro: non risolvono il problema dello sbarco di migranti sulle coste italiane; non incentivano l'integrazione; non migliorano le condizioni sociali di alcuno; non combattono il lavoro nero.
Questi emendamenti, come altri in passato targati Lega Nord, altro non sono che la trasposizione sulla vita reale di tante persone, dei deliri politici di questa destra xenofoba, autoritaria ed autarchica. Il riflesso sul sociale di un governo becero ed ignorante.

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giovedì 6 novembre 2008

Il ministero dell'interno costringe Medici Senza Frontiere a lasciare Lampedusa

Avete presente quei luoghi del Pianeta, dove alle organizzazioni umanitarie è impedito di fatto di lavorare? Sapete di quei territori, dove quelle organizzazioni tentano di garantire un minimo di dignità umana a poveri disperati, ma i governi mettono loro il bastone tra le ruote? Immaginate quei luoghi dove un governo dice di non avere bisogno di certe organizzazioni, fatte di persone che gratuitamente prestano un indispensabile servizio? Non c'è bisogno che vi sforziate con la memoria o l'immaginazione. Uno di quei posti è qui. In Italia. Nel nostro meridione. Uno di quei posti è Lampedusa.
Il Ministero dell'Interno, infatti, si è rifiutato di firmare un nuovo protocollo d'intesa con Medici Senza Frontiere e di rilasciare, alla stessa organizzazione umanitaria, le autorizzazioni necessarie ad operare a Lampedusa.

Per quanto il governo si sforzi di mostrarsi cattivo e per quanti accordi faccia con la Libia, gli sbarchi di migranti sulle nostre coste continuano. Evidentemente la fame e le guerre, rimangono buoni motivi per fuggire da un territorio. Sembra ovvio, ma provatelo a spiegare a Maroni.
Nel corso dei primi nove mesi del 2008, gli sbarchi sono stati 23mila. Solo a Lampedusa, Linosa e Lampione ce ne sono stati 325. E qui Medici Senza Frontiere, tra gennaio e ottobre di quest'anno, ha prestato le proprie cure a quasi 1500 migranti. Dal 2005 ad oggi, sono stati visitati a Lampedusa oltre 4500 persone che sbarcavano dopo lunghe traversate in mare, in condizioni al limite della sopravvivenza. In un territorio che non sarebbe in grado, con le sole strutture sanitarie regionali e per il numero di prestazioni da eseguire, di prestare un servizio adeguato di assistenza medica.
La considerazione che questo governo xenofobo ha della tutela della dignità umana, è tanto bassa che con questa decisione negherà di fatto cure adeguate a centinaia di persone in fuga da guerre e miseria, che sbarcano in Italia dopo viaggi in condizioni disumane. Tanto più che c'è da aspettarsi che molti migranti rifiuteranno le cure, se dovesse passare l'emendamento leghista al DdL 733 (pensato apposta per i migranti), che nega nei fatti l'universalità del diritto alla salute.

Ma di questo il ministero dell'Interno se ne sbatte. Come se ne sbattuto lo stesso ministero nel 2004. Quando il predecessore di Maroni, Scajola negò anche allora a MSF di proseguire con la propria attività umanitaria, dopo che la stessa organizzazione aveva pubblicato un rapporto sulle condizioni sanitarie dei migranti detenuti nei CPT. Era un rapporto scomodo.
Come è scomoda, per i piani del governo, l'opera di MSF, visto che tenta di riportare un minimo di umanità, laddove la xenofobia governativa si accanisce sulla dignità umana delle persone più deboli.

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martedì 21 ottobre 2008

Virus e batteri non hanno nazionalità. Ma i senatori leghisti non lo sanno

Se un limite alla decenza esiste, non è di casa in questa legislatura. In particolare non abita nelle stanze della Lega Nord. Forse in molti lo supponevano già, ma in questi giorni alcuni parlamentari leghisti (Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi) hanno voluto darne ulteriore dimostrazione.
In questi giorni, infatti, è in discussione in Senato il Disegno di Legge 733, nell'ambito del cosiddetto "pacchetto sicurezza". Una denuncia di Medici Senza Frontiere fa sapere che i senatori leghisti hanno presentato un emendamento, che richiede la soppressione del comma 5 dell'art.35 del Decreto legislativo 286/1998 (Testo unico sull'immigrazione), il quale prevede che «l'accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

Il principio di quel comma è evidente: garantire il diritto alla salute, attraverso l'accesso alle prestazioni sanitarie. Garantire quel diritto a chiunque, perchè quello alla salute è uno tra i diritti fondamentali della persona, che ingloba in sè il diritto ad una vita dignitosa.
Se quell'emendamento passasse e quindi ad ogni prestazione sanitaria usufruita da un straniero non in regola, si rendesse obbligatoria la segnalazione all'autorità, i migranti irregolari sarebbero scoraggiati dal richiedere le prestazioni sanitarie necessarie a tutelare la loro salute. Sarebbe di fatto una condanna all'agonia, per persone in carne ed ossa che la sorte ha già condannato ad una condizione sociale precaria. Una condizione sociale che verrebbe aggravata dalla stupidità xenofoba della Lega Nord.
Ecco, appunto, di cosa è figlio qeull'emendamendo leghista: di una profonda stupidità, che appare essere anche consequenziale alla bramosia di dargli all'immigrato. Una stupidità che si traduce, nelle stanze parlamentari, in smania leghista (ma non sempre, solo leghista) di dispensare provvedimenti per calmare la sete xenofoba dei suoi elettori.

Solo così si può motivare un emendamento che non limiterà lo sbarco di clandestini sulle coste italiane, che non ridurrà la presenza di migranti in Italia, che non migliorerà le condizioni economiche o sociali degli italiani. Insomma un provvedimento che servirebbe solo a produrre consensi sulla pelle di persone bisognose.
Ma tanta è la stupidità, tanta la bramosia xenofoba, che i senatori leghisti, nell'emendare il DDL 733, non si sono accorti di quali effetti dannosi quella loro proposta potrà avere su qualsiasi persona che calpesti il territorio italiano. Non si sono posti il problema, gli ingenui senatori leghisti, che impedire di fatto le cure agli immigrati irregolari, vuol dire anche impedire la prevenzione di malattie trasmissibili e di epidemie.

Forse i parlamentari leghisti, abituati come sono ad alzare barriere, non si sono resi conto che virus e batteri per spostarsi non hanno bisogno di permessi di soggiorno regolari, nè stanno a guardare la nazionalità del corpo ospitante. Germi, batteri e virus, sono molto più democratici dei leghisti. E qualche volta meno devastanti.

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giovedì 16 ottobre 2008

Maroni: il primo candidato all'iscrizione nelle "classi di inserimento"?

Se c'è una cosa che non sopporto è la presunzione. "Ho ragione io"; "Sono tutti certamente d'accordo con me"; "Ho fatto tutto bene"; "Non ho contraddetto nessuna regola" ... Quando poi in casi come questo, viene sbattuta in faccia la smentita a certe pretestuose argomentazioni, una maliziosa contentezza mi prende.
Peccato non potere vedere la faccia del presuntuoso, proprio mentre viene smentito in maniera plateale. Coda tra le gambe, testa china, il collo che scompare dietro le guance poggiate sulle spalle, braccia pesantemente distese lungo i fianchi e sguardo amareggiato. Così immagino il ministro Maroni, mentre si dirige verso l'uscita della sala nella quale ha sostenuto un esamino di diritto comunitario in materia di immigrazione, dopo essere stato gravemente bocciato.
Forse il ministro, essendo dell'Interno, non ha ritenuto di doversi applicare su materie che hanno valenza oltre i confini nazionali. Lui, che vorrebbe realizzare il Regno Padano, è già restio a studiare cose italiane. Figuriamoci l'insofferenza nell'applicarsi su materie che trattano di immigrati e di Europa.
E così il ministro, davanti al Comitato Schengen, ha ripetuto le sue convinzioni: i cittadini comunitari senza reddito devono essere esplusi e chi è senza permesso di soggiorno deve andare in carcere. Ma è stato bocciato. Il Comitato Schengen ha detto che la norma sull'espulsione dei cittadini comunitari senza casa e reddito è «eccessiva» e per chi è senza permesso di soggiorno, non si può andare oltre una multa.
Anzichè istituire "classi di inserimento" per alunni stranieri, si farebbe meglio (parafrasando la stessa mozione del deputato leghista Cota) a «rivedere il sistema di accesso dei ministri italiani nelle sedi comunitarie di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione». In caso di bocciatura nei test, i ministri italiani dovrebbero applicarsi in "classi di inserimento" per «frequentare corsi di apprendimento della legislazione comunitaria».
Di classi di questo tipo credo ne avremmo davvero bisogno. Immagino già la numerosità degli iscritti. In attesa dell'apertura di classi di inserimento per ministri delle quali Maroni sarebbe il primo candidato all'iscrizione, lo stesso ministro dell'Interno è pregato di stare in punizione, all'angoletto, con lo sguardo rivolto verso il muro ed un cappello con due grosse finte orecchie sulla testa.

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giovedì 28 agosto 2008

Non saranno mai stati di questo mondo

Qualcuno di loro proveniva dall'Eritrea, terra ricca di risorse ma con una estrema povertà diffusa nella popolazione. Altri venivano dalla Somalia, da decenni interessata a guerre che hanno causato la morte e l'esodo di milioni di persone. Altri ancora si erano messi in viaggio dal Ghana, dove la speranza di vita è di meno di 60 anni alla nascita. Alcuni di loro provenivano dal Sudan che versa in condizioni che la Comunità Internazionale ha definito "la più grave situazione umanitaria esistente".

I loro Paesi sono stati in conflitto, provocando genocidi e miseria. Le loro terre sono spesso sfruttate da multinazionali senza scrupoli del ricco Nord del mondo. I potenti governi delle forti nazioni occidentali, fingono aiuti prestando denaro e chiedendo in cambio la rinucnia alla loro indipendenza politica ed economica. Le terre dalle quali provenivano hanno tradizioni diverse, lingue diverse, culture diverse. Ma loro, donne, uomini e bambini naufragati al largo nelle acque maltesi, avevano in comune il sogno di una vita migliore. Con quel sogno si erano imbarcati in 78 su di un gommone partito dalla Libia e diretto in Italia.
Solo in 8 sono riusciti a salvarsi, ma il loro sogno è naufragato in mare, disperso insieme a 70 persone che ingoierà oltre che i corpi dei naufraghi, anche le esistenze di quelle persone.

Forse qualche motovedetta riuscirà a recuperare qualche corpo e magari qualche peschereccio tirerà sù con le sue reti, piccoli cadaveri insieme al pesce pescato. Forse il mare tra qualche giorno sputerà qualcuno dei 70 corpi che ha inghiottito. Ma con ogni probabilità di nessuna di quelle persone si saprà mai il nome, nè la nazionalità. Nè quelle 70 persone avranno una tomba, di nessuna di loro si conosceranno le storie. Persone che non saranno mai esistite. Persone che non saranno mai state di questo mondo.
Quelle 70 persone morte naufraghe in mare, insieme agli 8 superstiti di quella maledetta travesata, avranno solo fatto parte dell'emergenza immigrazione di questa estate.

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sabato 23 agosto 2008

Un fatto di cronaca nera in Svizzera, preso l'omicida: è un "extracomunitario".

Certe volte capita alcune nostre convinzioni, seppure poggino su basi solide, vengano fatte traballare da fatti di cui capita di venire a conoscenza, attraverso internet, la TV, i giornali ed anche voci di strada.
Tanti si dicono convinti ad esempio, che tra gli extracomunitarici ci siano persone perbene e persone che delinquono. Come in ogni popolazione del mondo. Vero. Certamente perciò, non è giusto criminalizzare intere comunità, solo perchè pochi elementi di quelle comunità commmettono reati.
Però poi, come dicevo sopra, si leggono di fatti di cronaca che provocano l'istinto umano, generano rabbia. Questa rabbia è cavalcata dai media e spesso la politica approfitta di quella tensione sociale, per varare provvedimenti che si abbattono contro intere comunità, senza distinzioni. E' capitato in Italia con provvedimenti contro i romeni prima e contro i rom poi.
Questa mattina vengo a sapere di un fatto di cronoca accaduto in Svizzera, che ha visto coinvolti alcuni extracomunitari. Come al solito, direbbe qualcuno, già lo immagino. Già mi pare di sentirne le voci. Ma vabbè. Rimaniamo al fatto di cronaca, per cercare di avere un atteggiamento più distaccato.
L'episodio è accaduto a Losone, un comune del Canton Ticino in Svizzera. Lì un "extracomunitario" di 45 anni, già pregiudicato per un assalto ad un ufficio postale in Italia, ha ucciso con un colpo di pistola un uomo di nazionalità turca e ferito il fratello di quest'ultimo. L'omicida ha fatto poi perdere le sue tracce, aiutato da quattro suoi connazionali.
Personalmente, nonostante l'ennsimo fatto di cronaca attribuito ad "extracomunitari", di cui i giornali non mancano mai di portarci a conoscenza, rimango della mia opinione: non bisogna criminalizzare intere comunità, per le responsabilità di singole persone. Mi auguro quindi, che la Svizzera non voglia prendere provvedimenti xenofobi contro l'intera comunità di italiani presenti nel Canton Ticino. L'assassino, infatti, si chiama Antonio Barbieri. E' originario di Cannobio. E' un "extracomunitario" in Svizzera?!

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giovedì 14 agosto 2008

"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri?

"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri? Il caso riguarda Alì Juguri, 42enne iracheno. Era stato arrestato in Italia per il aver tentato il furto di un telefono cellulare. Per questo era stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione ed aveva cominciato a scontarlo nel carcere milanese di San Vittore. Per "sfollare" quel carcere sovraffollato, Alì Juguri era stato trasferito nel carcere di Vasto e quindi in quello de L'Aquila.
Alì Juguri ha sempre reclamato la sua innocenza e nonostante in Italia il codice penale preveda la condizionale, per le condanne di incensurati a reclusioni inferiori a due anni, questo signore iracheno è finito in cella. Dopo un processo nel quale era stato assistito da un avvocato d'ufficio, che non deve avere preso molto a cuore la sua vicenda, visto che nessuna misura alternativa è stata prevista per lui.

La storia di Alì Juguri mi è passata molto vicino. Mi ha quasi sfiorato essendo passato Alì, nel carcere della mia città (Vasto) e poi in quello del capoluogo della mia regione (L'Aquila). E mentre era dalle parti in cui vivo, Alì aveva già cominciato uno sciopero della fame, che poi lo ha condotto alla morte. Ma i giornali non si interessano di casi come quello di Alì. C'era da interessarsi dei guai giudiziari del presidente della regione Abruzzo Del Turco, del quale ci si è scandalizzati per il regime di finto isolamento al quale era costretto. Si scriveva delle richieste degli avvocati di Del Turco, di concessione di arresti domiciliari e si intervistavano suoi paesani che sembravano tutti concordi nel ritenerlo innocente.
Alì invece, che non conosceva bene la lingua italiana, non ha trovato alcuna voce che potesse parlare al posto suo. Nessuno si è stracciato le vesti per fargli ottenere quanto in diritto gli spettava. Nessuno che si sia interessato a lui, straniero in Italia per il quale non valgono i diritti. Se sei uno straniero povero in Italia, hai il solo dovere di obbedire alle leggi e di sottometterti alle pulsioni xenofobe dell'opinione pubblica.

E allora cosa poteva fare Alì, se non usare l'unico mezzo di protesta a sua disposizione: il proprio corpo? Lo ha usato, quel suo corpo, fino a consumarlo. Fino a quando il suo corpo non ha cominciato a nutrirsi di se stesso. Fino ad uccidersi. Fino a lasciarsi morire nella più indecente indifferenza di un sistema carcerario, giudiziario, burocratico e politico, che dispensa doveri e concede diritti in base all'etnia, alla religione, alle condizioni personali e sociali.
"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri? Siamo sicuri che non sia invece, l'ennesimo caso di incertezza della giustizia?

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lunedì 28 luglio 2008

Stato di emergenza nazionale. Necessario alla sopravvivenza di questa politica.

Nei giorni scorsi ascoltavo in TV (mi pare fosse il TG2) un servizio sui giovani sindaci italiani. Tutti nati negli anni '70. Il più giovane di tutti, se non ricordo male, dovrebbe essere il sindaco del Comune di Civitella Messer Raimondo, un piccolo paese di poco meno di mille anime. Mi è rimasto impresso questo paesino tra tutti per due motivi: uno per il fatto che il più giovane sindaco d'Italia amministra un paese non lontano da dove risiedo. Il secondo e più importante, per una risposta data ad una domanda del cronista. Alla domanda su cosa la sua amministrazione offrisse ai cittadini, la risposta è stata, tra le altre cose: sicurezza.
Capito? Sicurezza. Da cosa e da chi, in un paese di meno di mille abitanti? Provo ad azzardare un'ipotesi, senza conoscere la realtà di cui parlo: da niente o da così poco, che la sicurezza dovrebbe fare ridere quale impegno amministrativo.

Ora, non è il caso specifico che mi interessa. Quello che mi ha dato da pensare, è come la parola sicurezza faccia ormai parte del vocabolario di ogni amministratore, di quasi ogni colore politico, di qualunque governo nazionale o locale italiano.
A pensarci, quella parolina così facilemente spendibile al mercato elettorale, non ha molto significato, per la sua assoluta genericità. Solo che (è questa la mia riflessione principale) i pensieri di chi quella parola l'ascolta, vanno sempre e solo nella stessa direzione: sicurezza come tutela dagli altri, intesi come diversi per il colore della pelle, della lingua, per come si vestono, o per quello che vi pare.
Di volta in volta viene reinsegnato di cosa avere paura, da chi arriva il pericolo e perciò da chi occorre proteggersi. Da chi, insomma, offrire sicurezza.
Tutto al di là di ogni dato oggettivo, prescindendo la minima volontà di conoscenza dell'altra cultura, ed al di là di ogni principio di accoglienza e di integrazione. E' la versione politically correct del linguaggio di Borghezio. E' la xenofobia che entra in politica ed investe la società.

Il terreno è stato così ben preparato che il governo si può permettere in questi giorni di proclamare lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, per un presunto eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari. Anche in questo caso, fuori dalla logica che sarebbe imposta da una leale lettura dei dati, che dicono di una situazione invariata del flusso migratorio verso l'Italia. Ma soprattutto, dicono quei dati, che la maggior parte degli ingressi avvengono non certo su carrette del mare, ma ad esempio attraverso regolari permessi turistici e con ben altri e più abituali mezzi di trasporto. Nè viene detto che moltissimi dei migranti in arrivo in Italia, sono richiedenti asilo politico e che perciò dovrebbe essere tutelato questo loro diritto.
Sono cose che non possono essere dette da questa politica, che per vivere si nutre delle paure costruite della gente. Se così non fosse, questa politica autoritaria e xenofoba sarebbe costretta a dare piena legittimità alle rivendicazioni di un salario adeguato a condurre una vita dignitosa; dovrebbe dare risposte all'insicurezza sociale causata dalla precarietà lavorativa e di vita; si troverebbe a dover garantire i servizi essenziali ed i diritti individuali e civili fondamentali. Dovrebbe, in quel caso, disconoscersi, lasciarsi morire.

Ed allora, tanto vale creare l'emergenza nazionale. Così da tenerci occupati a dargli all'immigrato. Se tanto poi diversi problemi rimanessero irrisolti, se altri dovessero crescere, se le tensioni inevitabilmente dovessero alzarsi, c'è sempre pronta una nuova emergenza nazionale da sbattere in prima pagina e qualche vecchio o nuovo capro espiatorio da gettare nell'arena.

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martedì 8 luglio 2008

"Fare lo zingaro". Dallo stupidario di certi imbecilli

Sono capitato in questi giorni in una discussione con quel tipo di persone che rendono la vita facile al ministro dell'interno Maroni ed al governo del quale fa parte, con la loro superficialità e l'accettazione passiva di ogni sorta di informazione venga loro propinata. Inutile descrivere il mio sdegno, la mia rabbia ed in un certo qual modo una sorta di personale rassegnazione, di fronte a certi discorsi. La discussione si è protratta per diversi minuti ed ha ruotato sempre intorno agli stessi concetti, intrisi di profonda, profondissima stupidità, prima ancora che di xenofobia.

In sostanza ci si era trovati a chiacchierare del problema macroscopico, reale e assolutamente debilitante dello scarso potere di acquisto degli stipendi e dei salari italiani. C'era chi faceva notare quanto misero fosse il proprio stipendio, nonostante la montagna di ore passate in fabbrica. Alcuni ritenevano di meritare di più, e per l'attività che svolgeva, e per il tempo dedicato al lavoro. E qui c'era stato già un mio primo dissenso, che può apparire semplicemente ideologico, ma che invece personalmente considero evidentemente pratico: il maggiore guadagno non può essere visto semplicemente come compenso per un numero di ore maggiore passato sul posto di lavoro. Bisogna mirare all'aumento del salario e dello stipendio, per poter disporre di una retribuzione "sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" (articolo 36 della Carta costituzionale italiana). Ma non è di questo che volevo parlare e perciò su questo argomento mi fermo qui, per non divagare troppo.

Non credo di peccare di presunzione nel definire piccole menti quei miei interlocutori, visto che l'unica soluzione che avevano saputo trovare al salario insufficiente era stata quella di "fare lo zingaro" (mescolando nella parola "zingaro" etnie varie e forse anche i rumeni, ma questa è solo una mia supposizione).
Non so se quei poveretti si rendessero conto che dire "fare lo zingaro" è un passo oltre all'identificazione di un atteggiamento legato ad un popolo, che può essere dovuto a mille ragioni. Non era stato detto di "fare come fa uno zingaro" (espressione già gravemente xenofoba). Con la frase "fare lo zingaro", si assegna ad un popolo un modo di essere insito nella sua natura, genetico, scritto nel prorpio dna e del quale non può liberarsi. Ed ovviamente si presume una natura ed un codice genetico diverso da quello delle persone di altre nazionalità o etnia.
E cosa vuol dire fare lo zingaro, cosa per natura è portato a fare una persona di etnia rom, sinti o kalè che sia, lo ha specificato la stessa larga e putrida bocca: "fare i soldi rubando; uccidere ed essere condannato ad una villeggiatura che gli italiani non possono permettersi; scopare (riporto testualmente) dove vuoi, quando vuoi, con chi vuoi, tanto se non trovi una femmina (ancora testuale) puoi violentarla".

Ovviamente frasi del genere non sono casi isolati. Non sono stato particolarmente sfortunato nel fermarmi a discutere con quegli imbecilli. Di fatto esiste una parte di popolazione che ritiene di appartenere ad una categoria di persone (sulla base della nazionalità, dell'etnia, del colore della pelle, ecc.) superiore ad altre. Una presunzione che appare come la traduzione sociale, di leggi razziali come quella delle impronte digitali ai rom, di prime pagine dei quotidiani e titoli di telegiornali che strillano la presunta pericolosità sociale di specifici gruppi di persone. Che oggi siano i rom, ieri i rumeni, prima ancora gli albanesi, poco importa. L'importante è creare il capro espiatorio di turno. Quale esso sia, dipende solo da quale problema reale fare passare in secondo piano o nascondere, insieme alle sue cause e da quale sia in quel momento il soggetto più debole.
Ed intanto quei noiosi ed ottusi miei interlocutori non si accorgono che per altri soggetti, socialmente ed economicamente più forti di loro, i capri espiatori sono anche loro.

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giovedì 19 giugno 2008

Se nel Parlamento europeo sedessero dei bonobo, non sarebbe passata la "direttiva della vergogna"

Nella mattinata di ieri il Parlamento Europeo ha approvato la "direttiva della vergogna", con la quale l'Unione Europea inasprisce le attività di contrasto delle migrazioni irregolari e si chiude in se stessa.
Da ieri i migranti irregolari potranno essere rinchiusi in centri di detenzione per 18 mesi, per aver commesso un'irregolarità amministrativa. I migranti colti nell'irregolarità, non potranno godere delle stesse regole processuali stabilite per chiunque altro. Nemmeno i bambini sono risparmiati da questa violenta direttiva, prevedendo l’espulsione ed il trattenimento dei minori non accompagnati, nonostante questo trattamento violi le convenzioni internazionali che proteggono i diritti dei minori.
E non è finita. Si stabilisce la possibilità di deportare migranti irregolari nei paesi di transito. Per "contropartita", a quei paesi, dove spesso le convenzioni sui diritti umani non sono mai state ratificate (vedi la Libia, paese di transito per l'Italia), l’Unione Europea corrisponderà ingenti somme. Un vero e proprio mercato di esseri umani.
Di fatto viene respinta la possibilità di pensare un'Europa di accolgienza e di tutela dei diritti umani. Un'Europa che si risveglia intollerante verso le povertà che contribuisce a generare. Si prefigura un'Europa chiusa in se stessa, un continente che si fa fortezza e che non permette la socializzazione, lo scambio culturale. Un'Europa egoista ed arrogante.
D'altronde la deriva intollerante ed autoritaria dell'Europa era in corso da tempo. Da tempo si andava costruendo l'idea del nemico interno, fatto coincidere con l'immigrato. Quello che occuperebbe un posto di lavoro, altrimenti svolto da un disoccupato francese; lo stesso che ruberebbe la macchina di un tedesco; quello che violenterebbe una donna italiana; a prescindere, perchè immigrato.
Questa direttiva non fa altro che dichiarare ufficialmente nemico lo straniero. Si sancisce l'avversione ad una convivenza pacifica tra migranti e nativi. Si decreta con questa direttiva, il definitivo abbandono della speranza di un'Europa garante dei diritti umani.
Da oggi è ufficiale: le ricchezze europee non possono essere condivise; non è assolutamente possibile mangiare nello stesso ricco piatto.
Ed ora mi tornano in mente i bonobo e la loro organizzazione sociale. Chi sono i bonobo? Sono scimmie, altrimenti chiamate scimpanzé pigmee o scimpanzé nane. La differenza tra il patrimonio genetico di questi animali e quello dell'uomo ammonterebbe al 1,6%. Una differenza molto lieve, ma che ha permesso ai bonobo un'organizzazione sociale basata sulla conciliazione anzichè sulla dominazione. Tra i bonobo la convivenza è pacifica ed esiste una cultura di collaborazione e di condivisione delle risorse. Se due gruppi diversi di bonobo si incontrano nella foresta, condividono il cibo, invece di combattersi.
Avessimo avuto quell'1,6% di genomi che ci differenzia dai bonobo, in questo momento staremmo amoreggiando. E invece continuiamo a mordere il culo a chi fugge da guerre e miserie.

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mercoledì 28 maggio 2008

Rapporto Amnesty International 2008. Sapremo vergognarci almeno un po'?

Chissà se sapremo almeno esprimere ancora un sentimento di sincera vergona! Amnesty International, nel suo rapporto annuale sui diritti umani per il 2008, ha molto di cui trattare sull'Italia.
Anche scorrendo velocemente il rapporto, pure solo leggendo i titoli delle sezioni del rapporto, si nota come il nostro paese non voglia proprio farsi mancare niente: tortura, maltrattamenti e responsabilità delle forze di polizia; le scelte dell'Italia nella "guerra al terrore"; la discriminazione, la xenofobia riversata su rom e migranti; i provvedimenti sulla "sicurezza"; l'assenza dei diritti dei rifugiati e dei minori migranti; il commercio di armi ed i bambini soldato. In ognuno di quegli aspetti, l'Italia si è resa protagonista in negativo.

Solo pochi mesi fa, l'Italia mostrava il suo volto umano, orgogliosa di essere stata tra le promotrici della moratoria mondiale della pena di morte. Ora, Amnesty International strappa la maschera al nostro paese, e mette in mostra il volto più brutale dell'Italia: quello stesso volto che viene mostrato ai migranti, ai rom, ai diversi, ai più deboli.
Un volto che quasi tutta la politica nostrana aveva mostrato già durante l'ultima campagna elettorale (come ricorda anche Amnesty International), durante la quale i principali candidati facevano a gara a chi riusciva a fare più paura. I cui risultati sono sotto gli occhi di tutti e visibili sui corpi dei migranti, colpevoli di sfuggire a condizioni di fame, miseria, guerra, persecuzioni: un pacchetto di sicurezza fortemente xenofobo varato da un governo simil-fascista, mentre l'opposizione quasi ne rivendica la paternità.

Ora che Amnesty International, con le parole della direttrice dell'ufficio campagne e ricerca Daniela Carboni, si dice preoccupata per il clima da caccia alle streghe contro i diversi che si respira in Italia, sapremo almeno vergognarci un po'?
Mi auguro che sapremo almeno arrossire, sapendo che a sessant'anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, siamo uno tra i paesi dove la tortura è ancora diffusa.
Vorrei che almeno provassimo un po' di imbarazzo a "scoprirci" di appartenere ad una società razzista, pericolosamente xenofoba, intollerante nei confronti di qualunque diversità.
E chissà se finalmente riusciremo a leggere l'ingiustizia che sta dietro l'essere parte di una società che stà dentro quel 10% di popolazione mondiale, che divora il 90% delle risorse del pianeta, costringe popoli interi ad emigrare, e poi li bastona perchè per decreto le vittime di un sistema politico-economico assassino sono state trasformate in criminali.

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lunedì 19 maggio 2008

Alla Boniver il premio oscar per la proposta più idiota in tema di rifiuti in Campania

Napoli sta vivendo una nuova emergenza spazzatura. Non che si fosse risolta la questione, seppure momentaneamente. Di fatto la gestione dei rifiuti (non direi campani, ma) presenti in Campania, è rimasta pressochè la stessa: inutile a gestire la situazione; inefficace pure nella temporaneità; sanzionabile dalla comunità europea, perchè non rispetta le norme in materia di rifiuti.
Intanto sta per terminare il mandato di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania, affidato al superpoliziotto De Gennaro, ma nonostante tutto, niente pare cambiato.
C'è chi dice che occorrono più discariche e chi propone nuovi cancrovalorizzatori (il termine termovalorizzatori è ingannevole).
Ma il premio oscar per la proposta più idiota avanzata finora, non può non essere assegnato alla deputata del PdL Margherita Boniver, che propone l'utilizzo di immigrati clandestini per raccogliere la spazzatura a Napoli.
La Boniver ha pensato (una tale mente geniale non poteva non essere in parlamento, sic!) di

«utilizzare la presenza di migliaia di immigrati irregolari (ma non criminali) che vengono sfruttati in agricoltura per ripulire la città ed ottenere in cambio la regolarizzazione dei loro permessi di soggiorno».

Sostanzialmente e fuori dal linguaggio politichese, la Boniver vorrebbe approfittare della condizione di clandestinità di alcuni immigrati, toglierli dalle mani del caporalato campano ed affidarli alle grinfie di un caporalato che sarebbe di Stato e legalizzato.
Non c'è possibilità di regolarizzare lo status di immigrati, se non attraverso la svendita di braccia al mercato statale della mano d'opera.
Di nuovo gli immigrati non sono considerati persone in carne ed ossa, ma semplicemente braccia da utilizzare. Non soggetti possessori di diritti umani e civili inalienabili, ma portatori di diritti spendibili al banco dei pegni, in cambio di uno status di liberi sudditi in territorio italiano.
Dichiarazioni come quella di Margherita Boniver, sparata dopo l'intenzione di introdurre il reato di clandestinità, le perquisizioni sommarie nei campi nomadi, le volontà di alcuni di deportare in massa gli immigrati clandestini, assume un senso solo nell'attuale condizione di dilagande ed ingiustificata intolleranza, che ricorda brutalmente il periodo fascista.

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venerdì 16 maggio 2008

Non vogliamo l'integrazione, ma l'assorbimento dell'altro

«Questi extracomunitari vengono qui, ma non si vogliono integrare». Quante volte ho sentito pronunciare questa frase. Altrettante mi sono chiesto cosa intendesse dire, con quella frase, chi la pronuncia. Ed in particolare, mi sono ogni volta chiesto quale significato si volesse dare alla parola integrazione.
Wikipedia dice che:

"Il termine integrazione indica l'insieme di processi sociali e culturali che rendono l'individuo membro di una società."

Ora, se il significato del termine "integrazione" è quello detto sopra (e lo è), devo dedurre che quando lo stesso termine viene utilizzato, spesso gli si dà un significato diverso. In molti casi, "integrare" è utilizzato per significare "assorbire".
Quando sento una persona che si lamenta, perchè ad una comunità musulmana viene concesso uno spazio dove poter pregare, non credo di poter cogliere una volontà di integrazione, da parte di chi si lamenta. Allo stesso modo, pure sforzandomi, non riesco a riconoscere una volontà di confronto con l'altro, se noto che una piazza si svuota perchè frequentata da extracomunitari.
Se per essere accettato, un extracomunitario, un musulmano, un rom, una persona in genere con una cultura diversa, deve svuotarsi del suo essere per diventare quello che noi siamo, è chiaro che non c'è "integrazione", ma "assorbimento".
In casi se possibile peggiori, cioè quando si accetta che quelle stesse persone, facciano lavori quanto più umili e disprezzati dalla nostra cultura e nelle forme del peggiore sfruttamento del lavoro, e poi si protesta per la loro presenza, non si può usare il termine "integrazione". Si dovrebbe parlare di "consumo" di quelle persone, come forza lavoro da sfruttare. Braccia da "consumare" che quando diventano inutilizzabili, bisogna avere la possibilità di rispedire nelle discariche umane.
L'integrazione è ben altra cosa: è un rapporto tra diverse culture, che prevede anche la possibilità, consapevole ed accettata di modificare i propri usi e costumi, i propri valori e le proprie tradizioni. Una modificazione che significa arricchimento anche attraverso lo scambio delle esperienze e delle conoscenze.
D'altronde è proprio attraverso il mutamento e l'adattamento a nuove e diverse condizioni di vita, che le civiltà si sono evolute. Ma mi rendo conto sempre più, che quella che stiamo vivendo è una fase di forte regressione.

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giovedì 15 maggio 2008

E' ripartita la caccia alle streghe ... che oggi si chiamano rom

E' ripartita la caccia alle streghe e con essa un coro di banali, sempre uguali pregiudizi, carichi di ignoranza e mancanza di volontà a capire.
E' successo che una quattordicenne di etnia rom, è entrata in un'abitazione a Ponticelli nella periferia Est di Napoli per rubare, e quando è stata scoperta dalla proprietaria, questa la vede con in braccio sua figlia di pochi mesi. La ragazzina rom, malmenata dalla proprietaria di casa e quasi linciata dagli abitanti del quartiere, è salva forse solo grazie all'intervento della polizia.
A seguito del tentativo di furto e del presunto tentativo di rapimento, gli abitanti di Ponticelli danno alle fiamme il campo rom, con lancio di molotov. Prima ancora, un rumeno residente nella zona, regolare, operaio, non appartenente all'etnia rom, è accoltellato, per vendetta all'episodio del furto.
In quanti sarebbero potuti morire nel rogo? E quanti bambini avrebbero potuto bruciare vivi? Cosa importa. «Sono rom, bestie che rubano in casa e rapiscono i bambini!», secondo i luoghi comuni di cui parlavo prima. Detti da persone che «non sono razzista, ma gli zingari ...».
Luoghi comuni alimentati ad arte, dalla stampa con titoli a caratteri cubitali, per identificare nel rumeno, nel rom, nell'albanese, un potenziale delinquente. Dalla TV che sottolinea la nazionalità del pirata della strada di turno o del presunto protagonista di un fatto di cronaca. Dalla politica, che si ritrova il terreno pronto per la creazione di un nuovo stato di emergenza.
Emergenza sicurezza, emergenza immigrati, emergenza clandestini, emergenza rom; a cui fare seguire pacchetti sicurezza, leggi che creano la clandestinità che vorrebbero reprimere, leggi razziali e commissari speciali. E poi, e quindi, ancora paure, ancora rancori e tanta rabbia, scatenata verso quello più povero ed escluso, con il quale si dovrebbe tentare di creare un'idea di società della convivenza e di tutela dei diritti.
E invece ci tocca sentire il post-fascista Alemanno, neo-sindaco di Roma dire che «il lassismo [dello Stato] può generare la cultura della giustizia fai da te». Si grida la necessità di più sicurezza, più detenzione, pene più severe, che alimenteranno inevitabilmente, nuove emarginazioni, nuove paure ed altri rancori, utili per giustificare provvedimenti repressivi ed antidemocratici e le peggiori politiche sociali.

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martedì 13 maggio 2008

Non vogliono i clandestini e vogliono costringerli a rimanere

I reati in Italia sono diminuiti. La paura di essere vittima di reato, è in genere di gran lunga superiore alla possibilità concreta di diventare vittima. Dagli ambienti della sinistra, dell'associazionismo, della solidarietà, è argomento conosciuto e divulgato. Qualche giorno fa, anche il neoministro della difesa La Russa (non proprio di sinistra, nè samaritano), spinto da un raptus di onestà politica (scomparso quasi immediatamente), ha detto sostanzialemnte che la paura percepita è esagerata rispetto alla realtà. Però, come al solito, si torna a parlare, demagogicamente di paura giustificata se si parla di immigrati, specie se clandestini.
E allora? Che fare? Come al solito la soluzione proposta dalla destra leghista e post-fascista è come sempre semplice semplice, quanto inutile e populista. Cosa si stanno inventando questa volta? Il reato penale di clandestinità, che ad oggi è una violazione amministrativa. Lo propone il leghista Maroni, ministro degli Interni e lo sostengono gli alleati post-fascisti.
Lasciando perdere la questione - pure importantissima - della reclusione in CPT (praticamente centri di detenzione), per un reato amministrativo. Facciamo finta che non sia in vigore la Legge Bossi-Fini, che non limita l'ingresso di clandestini, bensì produce condizioni di clandestinità. Tralasciamo la solidarietà e l'umanità, che dovrebbero essere riservate a quanti fuggono da condizioni di fame, guerra, persecuzioni. Spegnamo il cervello per un poco e fingiamoci leghisti e/o post-fascisti: può starci bene perseguire penalmente un clandestino, condannarlo, incarcerarlo e pretendere la certezza della pena? Beh ... se nonostante la disattivazione celebrale, un paio di neuroni continuassero pure stancamente a lavorare, dovremmo dire di no. Perchè trasformare la clandestinità in reato penale, significa che una volta che ad un immigrato è stato contestato il reato, si dovrà procedere ad un processo, che prevede tre gradi di giudizio. Tale immigrato clandestino, avrà diritto a restare in Italia per subire il processo, che sarà presumibilmente molto lungo, visti i tempi della giustizia italiana. Al termine del processo, subirà una condanna che si vuole esemplare e certa. Ciò significa che lo stesso immigrato clandestino, sarà costretto a rimanere in Italia per tutti gli anni previsti dalla pena, riempiendo le già affollate carceri italiane.
Quindi, siccome non si vogliono immigrati clandestini entro i confini italiani, si propone un decreto che li costringe a rimanere in Italia.
Bene, ora potere riaccendere il cervello e dirvi preoccupati per la svolta autoritaria della nostra Repubblica.

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giovedì 8 maggio 2008

La Russa propone l'esercito contro le paure ingiustificate

«Le forze armate quando sono rispettate e ben organizzate possono dare un grosso contributo alla sicurezza. A volte i cittadini percepiscono un livello di insicurezza superiore a quello effettivo. E proprio per questo rivalutare il significato ed i valori delle forze armate ha una valenza decisiva. Questo è un compito che spetta al governo di mdo che l'organizzazione delle forze armate possa risultare decisiva non solo nella lotta contro il terrorismo ma anche nella difesa della cittadinanza.»
Sono parole che Ignazio La Russa, indicato come ministro della difesa del prossimo governo Berlusconi e che tra poco meno di un'ora si presenterà davanti al Capo dello Stato per prestare giuramento, ha detto in un'intervista rilasciata a Il Giornale.
Da quelle parole, mi pare emergano due elementi. Il primo elemento racconta di quanto sia stata falsa, populista, socialmente terrorista questa destra, nel seminare negli italiani un senso di profonda insicurezza, e sapendo di esserlo stata. Il prossimo ministro della difesa, dice che la paura degli italiani per la criminalità, non è proporzionata alla realtà.
La Russa fa parte di una coalizione, che non ha fatto altro che indicare l'immigrazione ed i più disagiati della società italiana, come gli elementi di pericolosi per gli onesti cittadini. Rom, rumeni, mendicanti, extracomunitari, dipinti da sempre ed in campagna elettorale in particolare, come potenziali assassini, stupratori, scippatori e perciò come persone da temere per la propria incolumità. Ora La Russa dice che quella paura è esagerata. Che quella paura sia stata alimentata consapevolmente, al futuro ministro poco importa. Se prima si chiamava propaganda, ora la definisco inganno.
L'altro elemento che emerge da quelle parole, è la risposta ad una paura definita esagerata: la militarizzazione delle strade. La Russa parla della possibilità di affidare alle forze armate, ruoli di polizia, di pattugliamento delle strade o comunque ruoli di sicurezza dei cittadini. Roba da regimi dittatoriali o da intervento in caso di sciagure (siano esse naturali, economiche o politiche).
Ora, siccome la paura per la propria sicurezza è esagerata - come La Russa ammette - perchè pensare all'esercito nelle strade? Cosa dobbiamo aspettarci, un regime o una imminente sciagura?

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martedì 22 aprile 2008

Creare l'emergenza immigrati e risolverla con metodi xenofobi e fascisti

Si riparte da dove il precedente governo aveva più o meno terminato, in termini di politiche per l'immigrazione (ma si dovrebbe dire contro l'immigrazione).
Qualche mese fa, una donna è stata violentata ed uccisa in una periferia romana, di quelle non troppo curate e meno ancora illuminate. A compiere il barbaro gesto fu un immigrato di etnia rom ed a denunciare il fatto, una ragazza della sua stessa comunità. Quel drammatico evento, scatenò una vera e propria caccia alle streghe ed irrazionali decreti urgenti.
La violenza si è ripetuta in tutte le sue forme in questi giorni:
una ragazza è stata violentata in na periferia romana; i media creano un'emergenza non completamente vera; la politica cerca risposte e consensi, nella forza della persecuzione. A loro modo tutte e tre sono da considerarsi violenze.
Sarebbe da raccontare, per fare un'informazione corretta, che i reati in Italia sono in diminuzione, e che addirittura il numero di omicidi è pressochè dimezzato negli ultimi anni. Contestualmente il numero di immigrati in Italia è aumentato, anche in virtù di un fabbisogno produttivo di cui non è possibile fare a meno, pena il crollo di un'intera economia. Provare (per credere) a domandare agli imprenditori del Nord-Est italiano, quando posano le forche e reindossano la cravatta.
Sarebbe utile far notare che i reati commessi da immigrati, sono commessi per la stragrande maggioranza dei casi da clandestini, spesso costretti alla loro condizione da iter burocratici e da una legislazione che la clandestinità la producono.
Se qualche volta ci si prendesse la briga di verificare i dati pubblicati dalla polizia di stato, si scoprirebbe che gli immigrati regolari, in percentuale sulla popolazione residente, commettono reati in misura minore degli italiani. Sostanzialmente, se volessimo fare un poco dignitoso confronto tra cittadini regolarmente residenti sul territorio nazionale, scopriremmo che gli italiani non avrebbero i numeri per ergersi a dispensatori di comportamenti esemplari nei confronti degli immigrati, dal punto di vista della legalità.
E' fin troppo facile constatare che la delinquenza, anche organizzata, esiste tra gli immigrati e che spesso proprio quella organizzata approfitta delle precarie condizioni di vita dei propri connazionali. Ma questo non può in alcun modo giustificare la criminalizzazioni di intere popolazioni, come se alcune fossero naturalmente portate a delinquere, come mi è capitato di dover sentire anche in questi giorni.
Se soltanto si cominciasse a valutare il fenomeno dell'immigrazione, fuori dalle logiche populistiche e di propaganda politica, propabilmente proposte come quelle delle ronde notturne o dell'espulsione di massa si potrebbero considerarle per quello che realmente sono: metodi xenofobi e fascisti. Nella migliore delle ipotesi, si dovrebbe parlare di schizofrenia politica.

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