giovedì 24 settembre 2009

Il coglione sono io (e molti di voi con me)...

...che pago le tasse? Il coglione sono io (e molti di voi con me), che le imposte le pago prima di ricevere lo stipendio? Sembra proprio di sì! Il coglione sono io e loro sono i furbi e sono sempre i soliti: speculatori, finanzieri, criminali, estorsori, barcarottisti e via discorrendo. Ed il governo, che dichiara di non avere soldi per lo stato sociale ma che regala soldi alle banche, di non avere soldi per i cassintegrati e disoccupati ma che li ha per le imprese, quel governo che dice che la crisi non c'è, fa un regalo a quei furbetti di prima.

Il governo Berlusconi regala a quella gente una bella amnistia ed un bel po' di soldi. Infatti i vari speculatori, riciclatori di denaro sporco (si, anche loro) e via discorrendo, potranno far rientrare i loro soldi nascosti nei conti correnti esteri, pagando un misero 5%. Guardate la vostra busta paga e fatevi i conti di quanto onestamente versate al fisco! Sostanzialmente, quindi, l'operazione del governo chiamata scudo fiscale è una sorta di apologia del crimine fiscale. Anche perchè, gli evasori godranno dell'anonimato ed i loro reati tributari non saranno perseguibili.

D'altronde, chi lo fa fare a quei criminali di pagare le tasse. L'Italia vanta un primato assoluto in termini di condoni. Se ne possono contare 14 dal 1985, uno ogni anno e mezzo. Un primato, quello vantato dall'Italia, dove chi evade il fisco è consapevole di poterla fare franca nel 90% dei casi. Senza contare che dopo 5 anni la dichiarazione falsa non può essere controllata. Praticamente l'Italia è il vero pradiso fiscale mondiale. Un paradiso per i criminali tributari, dei quali il governo si rende complice.

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lunedì 21 settembre 2009

Proviamo a ragionare laicamente, sul velo islamico e quello che rappresenta

Ieri è successo un fatto squallido: la europarlamentare Daniela Santanchè è stata aggredita davanti alla Fabbrica del Vapore a Milano. Non sta qui lo squallore, anche se non è un metodo, quello dell'aggressione fisica, per far valere le proprie ragioni. L'indecenza sta nel fatto che, durante una cerimonia solenne per l'Islam, qual è il festaggiamento della fine del Ramadan, una deputata del parlamento europeo, accompagnata da una manipolo di squadristi, abbia tentato di togliere il velo ad alcune donne. Atto gravissimo che mostra un disprezzo per la religione islamica, oltre che profonda ignoranza.

Da estremista laico quale sono (oltre che ateo), non riesco ad accettare un gesto del genere, qualunque sia la motivazione. Figuriamoci se le ragioni sono di origine xenofoba, per quanto quell'origine possa essere nascosta dietro l'ipocrita giustificazione di una emanicpazione femminile limitata alla cultura cattolica, o al meglio occidentale. Provando profonda indignazione per quel gesto infame, mi verrebbe da lanciare epiteti contro la Santanchè ed i suoi scagnozzi. Ma non lo farò, ritenendo più utile provare a ragionare sul velo islamico e quello che rappresenta. Ovviamente senza rivolgermi all'europarlamentare del PDL, visto che, come dice il proverbio, "a lavare la testa all'asino, si perde il tempo, l'acqua ed il sapone".

Diciamo innanzitutto che il burka con la religione islamica non ha niente a che fare, e soprattutto non ha niente a che fare con l'islam l'obbligatorietà del velo. Infatti, in nessun verso il Corano prescrive alle donne di coprirsi il capo. Esiste invece il consiglio, per le mogli del profeta, di coprire i capelli...
«O Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli; questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese. Ma Dio è indulgente clemente!»
Cor., XXXIII:59
...e di non mostrare gli organi della sessualità primaria (ossia la vagina) e secondaria (cioè il seno)...
«E dì alle credenti che abbassino gli sguardi e coprano le loro pudenda e non mostrino troppo le loro parti belle eccetto ciò che di fuori appare e pongano un velo sui loro seni»
Cor., XXIV:31
Come si vede, il Corano non si scaglia contro le donne che non indossano il velo ed a maggior ragione, non impone alle donne di coprirsi integralmente con il burka, che rimane una usanza tribale, che si sovrappone a quanto narrato in un hadith (l'equivalente degli Atti degli Apostoli, nella religione cattolica). O meglio, il velo che copre anche il volto, lasciando liberi solo gli occhi, è un'estremizzazione di una pratica tribale, che serve a riparare il corpo dalla polvere o dalla sabbia che si alza in talune aree di cultura araba. Ora, domandarsi il motivo per cui le donne di religione islamica indossino il velo, sarebbe un ottimo esercizio di umiltà ed aiuterebbe a scanzare molti pregiudizi.

Il hijab (e cioè il velo), che copre solo i capelli, se liberamente indossato da una donna, non dovrebbe nemmeno colpire l'attenzione di altri. Non c'è nulla di strano in quel velo, che fa parte anche della tradizione occidentale, ancora viva anche in Italia seppure stia scomparendo. Basti pensare a quante signore anziane ancora indossino un fazzoletto scuro in testa. Personalmente mi capita molto spesso di notarlo nel piccolo paese di mia nonna, dove ancora viene usato, soprattutto per andare a messa. Come avviene anche in Occidente in alcuni contesti, nei quali non è consentito di indossare ciò che si più si crede, anche per l'Islam si tende, con il velo, di porre un freno all'esibizione del corpo. E nemmeno di ciò dovremmo meravigliarci. Basti considerare che è vietato in Italia girare a torso nudo ovunque (come stabilito dall'articolo 6, commi 3 e 4 del TULPS). E comunque, anche nella "secolarizzata" Italia, fa parlare la gonna sopra il ginocchio di una insegnante, per la quale si può essere licenziate.

E seppure il velo avesse semplicemente valore di mantenimento della tradizione mussulmana, quale sarebbe il problema? Anche usato semplicemente come simbolo di una identità religiosa, che è propria della persona e non imposta a nessun altro che alla propria coscienza religiosa, quale fastidio può arrecare? Oppure si crede che quella islamica sia una cultura meritevole di minor considerazione e rispetto di altre culture? E quanti laicamente vorrebbero forzare ad una certa emancipazione le donne di religione islamica, considerando il velo solo un'imposizione religiosa o sociale, non stanno forse utilizzando un'imposizione pensando di scansarne un'altra? E cosa a che fare questo con la laicità? Mentre a quanti ostentano una presunta superiorità della religione cattolica, rispetto a quella mussulmana, consiglio di leggere questi versi della prima lettera dell'apostolo Paolo ai Corinzi, che è uno dei testi che compongono il Nuovo testamento:
Ogni uomo che prega o profetizza a capo coperto, fa disonore al suo capo; ma ogni donna che prega o profetizza senz’avere il capo coperto da un velo, fa disonore al suo capo, perché è lo stesso che se fosse rasa. Perché se la donna non si mette il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è cosa vergognosa per una donna il farsi tagliare i capelli o radere il capo, si metta un velo. Poiché, quanto all’uomo, egli non deve velarsi il capo, essendo immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo; perché l’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall’uomo; e l’uomo non fu creato a motivo della donna, ma la donna a motivo dell’uomo. Perciò la donna deve, a motivo degli angeli, aver sul capo un segno dell’autorità da cui dipende. [...] Giudicatene voi stessi: E’ egli conveniente che una donna preghi Iddio senz’esser velata? La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore? Mentre se una donna porta la chioma, ciò è per lei un onore; perché la chioma le è data a guisa di velo.
Così, tanto per cominciare a ragionare laicamente...

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venerdì 18 settembre 2009

Avrei pianto un soldato morto in una "guerra di Piero"

Eroismo, patriottismo, terrorismo, libertà, democrazia ... sono parole davvero troppo grosse e perciò usate a sproposito, per parlare della morte di sei militari italiani in Afghanistan. La loro morte non è servita a difendere una patria che non è in pericolo di invasione straniera; il terrorismo non è debellato ed è anzi alimentato dall'invasione militare delle forze Isaf; non sono più libero di prima e molti, in altre parti del mondo lo sono meno di prima; l'Italia è meno democratica rispetto all'inizio delle "guerre umanitarie", né è più democratico l'Afghanistan, né l'Iraq, né gli USA. E devo sentir parlare di eroi.

Non voglio fare della facile retorica accostando le morti sul lavoro e la morte dei soldati. Ma non mi si venga nemmeno a raccontare la storia dei soldati che sarebbero morti sul lavoro. Perchè allora dovrei accettare l'idea dell'uccisione come un'arte ed il soldato come mastro. E quindi dovrei considerare il killer un lavoratore ed il sangue delle persone uccise il prodotto di quel lavoro. Perchè, come faceva osservare San Cipriano, non si può accettare "che l'omicidio è crimine quando sono i singoli a commetterlo, ma diventa virtù quando è compiuto in nome dello stato". Perchè dovrei accettare che l'impunità, addirittura quella morale, debba tanto più garantita quanto più grande e feroce è il massacro, quanto più forte è la mano omicida e quanto più debole chi subisce la violenza? No, non l'accetto. Non sono tanto perverso.

Non ho la mente ancora tanto offuscata da non accorgermi che un soldato in missione ci va da volontario, dietro compensi che un operaio impiega mesi ad accumulare. Ma lui, mi si dice, è ricompensato del rischio che corre per la sua vita. Certo, ma questo significa che quel soldato, è consapevole ed accetta il rischio di poter saltare in aria o di poter incrociare uno che il fucile lo usa prima di lui. Il soldato in missione, sceglie di mettere in pericolo la propria vita, per andare a migliaia di chilometri da casa ad uccidere un suo simile, che non conosce, che non ha mai visto, con il quale non ha mai parlato e dal quale non ha subito alcun torto. Da un'altra parte del mondo ci sono persone non hanno mai fatto nemmeno un buffetto, né a quel soldato, né a me e né ad altri della nostra Italia guerrafondaia. Eppure quelle persone saranno uccise da soldati che hanno scelto di uccidere per un compenso offerto dalla propria patria, e saranno uccisi perchè il caso ha voluto che nascessero in una parte del mondo, dove una vita umana ha il prezzo dello stipendio di un soldato.

E lo chiamate patriottismo questo? E lo chiamate morire per la patria questo? Oppure devo credere alla favola della morte per una causa umanitaria? Di una causa che ha dovuto inventare una minaccia? Devo rassegnarmi alla possibilità di una guerra giusta? No, non lo faccio. Non mi rassegno a questo e non piango ipocritamente la morte di sei soldati in guerra, dopo aver manifestato per la pace, dopo essere sceso in piazza contro la guerra. Non sono di quelli che sventola la bandiera arcobaleno e poi ci si asciuga le lacrime considerando eroi dei soldati in guerra.

Ma non sono tanto barbaro da non provare un enorme dispiacere per la morte di esseri umani, italiani ed afghani (questi ultimi, civili). Non sono così meschino da non soffrire, per il dolore di quanti piangono i loro cari morti in guerra. Ho un rispetto enorme per la vita umana. Forse proprio per questo, però, non riesco a provare quel dolore che in tanti esprimono, per la morte di persone che hanno scelto la possibilità di togliere la vita ad altri esseri umani, in difesa di logiche guerrafondaie. Avrei pianto un soldato morto in una "guerra di Piero". Un soldato che, andando "triste come chi deve", ha il coraggio di rischiare la propria vita pur di non "vedere gli occhi di un uomo che muore".


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giovedì 17 settembre 2009

Brunetta: appropriazione indebita del sito del ministero

Brunetta ha basato tutta la sua attività misteriale sulla guerra ai dipendenti pubblici. Perchè di questo in effetti si tratta, ed è stato possibile perchè il ministro ha cavalcato il malcontento storico, generale e molto spesso pregiudiziale mosso nei confronti dei dipendenti pubblici. A tal proposito trovai illuminante la lettura pochi mesi fa, di un vecchio articolo di Federico Caffè per "Il Manifesto". In quel suo scritto, l'economista pescarese spiegava quanto deleterio potesse essere un continuo indiscriminato attacco alla pubblica amministrazione. Si era alla fine degli anni '70 del secolo scorso. Gli effetti, oggi, sono sotto gli occhi di tutti: siamo all'attacco finale per lo svuotamento del servizio pubblico, giustificandolo con la inefficienza del servizio stesso ed addossandone le colpe ai lavoratori, spacciandoli per fannulloni.

E così il ministero per la pubblica amministrazione (ripeto: per la pubblica amministrazione) anzichè lavorare per ampliare e migliorare i servizi pubblici, fa la guerra ai suoi dipendenti. L'ha chiamata, appunto, guerra ai fannulloni. E come ogni guerra, la propaganda ha una importante funzione. Quella del ministro Brunetta è scandalosa e soprattutto falsa, come dimostra un'inchiesta de L'Espresso che ha svelato il bluff della politica antifannulloni del ministro dal ghigno cattivo. E siccome Brunetta è in guerra, ritiene lecito ogni mezzo, come da proverbio. Il mezzo, in questo caso, è il sito internet del ministero a cui è a capo. Così, quello che dovrebbe essere un mezzo informativo dell'attività ministeriale, al servizio del cittadino, è usato da Brunetta a scopi praticamente personali. La home page del ministero è stata trasformata in una pagina di risposta al settimanale L'Espresso, con link a caratteri cubitali.

Quel furbetto di Brunetta si è praticamente appropriato in maniera indebita di uno spazio pubblico, quale è quello del sito del ministero, per rispondere ad un settimanale che lo aveva chiamato in causa. Avrebbe potuto farlo dal suo blog, sul quale invece non c'è traccia di commento all'inchiesta de L'Espresso. Ma lì gli accessi non sono probabilmente sufficienti a garantire l'efficacia della propaganda che, si sa, ha bisogno che sia diffusa. D'altronde, è o non è in guerra, il ministro Brunetta?

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mercoledì 16 settembre 2009

Ho riconosciuto Silvio IV da Arcore anche su Raitre

Ieri sera ero quasi tentato di guardare Porta a Porta, ma non ce l'ho fatta. Sono abituato a cambiare canale durante la pubblicità, che mi infastidisce già dai primi minuti, figurarsi se posso sopportarla per tre ore consecutive. Poi, ad un certo punto, mi costringo ad ascoltare lo spottone dell'imperatore Silvio IV da Arcore. Prima di quel momento non credo di essermi perso niente ed anche in quel momento mi accorgo senza stupore, che nel vespasiano arredato da trasmissione televisiva, la propaganda è la stessa degli ultimi quindici anni e forse anche peggio, per quel poco che ho visto e per quel di più che ho letto.

L'imperatore vede "comunisti" (termine da lui usato in maniera dispregiativa) che lo attaccano ovunque; dice che "D'Alema è uno stalinista" ed i giornalisti dei "farabutti"; "delinquente" sarebbe chi parla di conflitto di interessi del presidente del consiglio; ha dichiarato che "agli immigrati in mare serviamo le bibite e poi gli diamo asilo nido"; e via turpiloquiando. La demenza senile qui, c'entra poco purtroppo. Ma appare comunque uomo malato, così morbosamente legato al suo ego che zompetta tra la menzogna e l'ipocrisia.

No, non potevo reggere più del tempo della pubblicità mandata in onda tra il primo ed il secondo tempo su una delle reti ancora non di proprietà (per ora) di Berlusconi: raitre, dove stavano intanto trasmettendo un film ed anche qui Silvio IV era protagonista. L'ho riconosciuto, anche con i baffetti e seppure si facesse chiamare Adolf.

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lunedì 14 settembre 2009

E' morto berlusconi?!?!


No, non è vero. Berlusconi è vivo e vegeto ed a quanto si sa pure in buona salute. Un po' incazzato, un po' meno sorridente di qualche settimana fa, ma è ancora tra noi. Però...
Però, che volete: leggo notizie di precari in lotta per un posto di lavoro a salario indecente; sento che la scuola riapre dopo riforme che ammazzano l'istruzione pubblica; ci sono ministri leghisti che farneticano ed incitano alla secessione; la libertà di informazione è minacciata; mi dicono che la crisi economica è passata, ma non me ne sono accorto;... e nonostante tutto mi dicono che il peggio è alle spalle. Considerate che ad oggi il peggio per me è Silvio IV da Arcore e che saperlo alle mie spalle non mi fa stare tranquillo... Beh...
...allora capirete che questa immagine (l'autore è qui), che ho trovato girovagando nel web, per quanto assolutamente non sia vera, mi ha per un momento rasserenato. Certo, la morte non si augura a nessuno (si dice). Ed infatti non lo sto facendo, ma se dovessi leggere una notizia come quella ... me ne farei una ragione.


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venerdì 11 settembre 2009

Blitz nella notte. Volantino dove c'era la targa: "A peppino Impastato..."

Il sindaco di Ponteranica è un leghista doc. E non è un complimento. Significa avere idee chiaramente xenofobe, razziste, corporative e un tantino fascistelle. Siccome poi, lui in particolare, il sindaco di Ponteranica non vuole farsi mancare niente, ha pensato anche di aggiungere un tocco in più di indecenza. E così ha fatto togliere dalla Biblioteca Comunale, la targa dedicata a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia. Il motivo è che Peppino Impastato era un terrore. E la lotta alla mafia, di cui Peppino è stato protagonista? E il riscatto sociale per cui Peppino si batteva? Chissenefrega, pensa il sindaco leghista, sempre terrone rimane.

Ma la mafia non è roba da terroni. E' roba da quattrini, e tanti. E dove ci sono quattrini, lì la mafia vuole stare. E la mafiosità è un modo di di agire ed uno di questi è ridurre al silenzio. Meglio non dire, non far sapere, non conoscere. Meglio non dire di Peppino Impastato, non far sapere chi era, non conoscere quali fossero le sue battaglie. Affinchè non se ne approprino le generazioni di oggi, così da poter continuare a fare ognuno i porci comodi mafiosi, nell'ignorante silenzio generale.

Ma c'è chi non accetta di dimenticare Peppino Impastato e con un blitz nella notte, al posto della targa ha posto un volantino con la scritta: "A Peppino Impastato, assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978 -. Il Comune di Ponteranica rifiuta il suo contributo di idee ed esperienza nella lotta contro il dominio mafioso e per il rinnovamento della società" Un gesto che onora la memoria del giornalista di Cinisi, e che getta simbolicamente addosso al sindaco di Ponteranica quello che gli spetta: una montagna di merda!

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mercoledì 9 settembre 2009

Dichiarano di voler "accettare" gli zingari! Fermiamoli!

Il web è un mondo tanto vasto, che a quanto pare è possibile qualsiasi atteggiamento, lecito ed illecito. La protezione è più o meno garantita dalla enorme quantità di pagine web, nel quale è possibile nascondersi. Aprire un sito internet, o un blog, oppure una pagina di facebook è come essere una goccia d'acqua nell'oceano, confusa tra miliardi di altre gocce d'acqua. In questo ambiente è stato possibile incitare alla tortura dei clandestini, come giocare stupidamente alla caccia ai barconi dei migranti. Si arriva anche ad istigare alla più brutale violenza.

Girovagando su Facebook, mi imbatto in un manipolo di razzisti imbecilli, riuniti nel gruppo "noi ACCETTIAMO gli zingari", dove "accettiamo" sta per prendere ad accettate. Simbolo del gruppo, appunto, una grossa scure. Il gruppo si dice "dedicato a tutti quelli che..... sarebbero disposti ad accettare gli zingari del nostro paese...". Tra gli oltre 2000 iscritti, ovviamente molti fasci, croci celtiche, croci uncinate e, al solito, molti manifesti leghisti che danno lo spunto alle discussioni.

E facile immaginare i messaggi degli aspiranti assassini, scritti con il solito barbaro, povero e squallido lessico fascista e razzista. Frasi già lette e sentite del tipo: "tutti al rogo"; "accettiamo sti cazzo di zingari"; ecc. sono quelle che si leggono. Di più, questi bastardi fascisti non sanno dire, che hanno trovato in questa pagina di Facebook il luogo virtuale dove il branco si riunisce e, magari, uscito dal quale meschinamente agisce.

Di questi istigatori alla violenza, dichiarati razzisti e xenofobi, aspiranti accettatori e potenziali assassini, ci sono nomi e cognomi. Sicuramente stanno violando la Legge Mancino sulla discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Già solo per questo sarebbe il caso che organi giudiziari competenti intervenissero rapidamente. Intanto invito tutti ad inviare una sdegnata segnalazione a Facebbok affinchè rimuova il contenuto di quella pagina.

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lunedì 7 settembre 2009

Prossima vittima, la trasmissione Report

Solo tette e culi in TV, perchè c'è bisogno di ottimismo! La crisi è alle spalle, l'Italia naviga a gonfie vele nelle acque dell'economia mondiale, ma "laggente" non spende comunque. Questo dicono dalle parti del governo e la colpa è di quelli che parlano dei posti di lavoro persi, dei soldi bruciati dalla speculazione finanziaria, della cassa integrazione e delle fabbriche chiuse. Sono in pochi a parlare di quelle cose con la giusta serietà ed onestà. Ma quei pochi danno fastidio. E perciò, come mosche vanno schiacciate, così da non far sentire più quel fastidioso ronzio alla "ggente" che non spende.

E questa volta non si tratta de La Repubblica, denunciata da Berlusconi per le dieci domande che il quotidiano gli aveva rivolto. Nè dell'Unità, pure duramente attaccata dal prsidente del consiglio. Nemmeno de L'Avvenire, contro il quale si è scagliato Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi. Non bastavano questi atti indegni di un Paese civile e democratico, con i quali Berlusconi è andato all'attacco degli organi di informazione a lui ostili. Lui che controlla gran parte dell'informazione nazionale, tanto da spingere i verdi olandesi a denunciare Silvio Berlusconi. Non bastavano e si andati avanti. La prossime vittime televisive potrebbero Anno zero, il cui inizio di viene rimandato di settimana in settimana perchè i contratti per la redazione del programma non sono pronti; un'altra vittima è la trasmissione Report. In quest'ultimo caso la strategia è meschina: non garantire più, da parte della Rai, la copertura legale ai giornalisti della trasmissione. Significa la morte della trasmissione, visto che i giornalisti che fanno inchiesta, sono pesantemente esposti ad azioni legali, le cui spese si vorrebbero far pagare ai giornalisti stessi.

L'attacco all'informazione critica è un sintomo evidente della natura antidemocratica di questo governo. Si può scegliere se restare ancora passivi di fronte alla deriva autoritaria verso la quale si sta muovendo l'Italia, oppure reagire. E contro chi vuole far tacere ogni voce critica, come questo governo sta facendo, è necessario far sentire forte il proprio dissenso. Una prima occasione per farci sentire, è la manifestazione in difesa della libertà di informazione indetta dalla FNSI per il prossimo 19 settembre a Roma. Lì occorrerà far sentire che non accettaremo ancora attacchi alla democrazia.

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