mercoledì 28 ottobre 2009

Che bella giornata per il mondo del lavoro!


Davvero un bella giornata per il mondo del lavoro!!! Dante De Angelis, macchinista di Trenitalia licenziato il 15 agosto 2008 per aver rilasciato denunciato, in qualità di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, le carenze di manutenzione ed i rischi che questi comportano per lavoratori e passeggeri dei treni italiani (Eurostar in particolare), è stato riassunto. Il tribunale gli ha dato ragione e Trenitalia, che aveva torto, dovrà riammettere Dante De Angelis al lavoro.



Finalmente una notizia che lascia sperare e che dovrebbe invitarci a lottare sempre per l'affermazione diritti del lavoro.

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giovedì 22 ottobre 2009

Contratto metalmeccanici: è vergognoso quello che hanno fatto!!!


A proposito dell'intesa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato da Cisl e Uil con Federmeccanica, pubblico una lettera che mi ha inviato Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Giovedì 15 Ottobre è stato firmato da Fim-Cisl e Uilm-Uil il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, con un aumento al 5 Livello di 110 euro lordi.
Dovrei essere contento di questo rinnovo, invece manco per idea che lo sono.
Sono tante le cose da dire, tanto per iniziare 110 euro sono al 5 livello, e nell'industria metalmeccanica sono pochissimi i lavoratori che hanno un 5 livello.
La maggior parte ha un 3/4 livello, e già li l'aumento si riduce a 100 euro lorrdi per il 4 livello e a 95 euro lordi per il 3 livello.
Questi aumenti sono per 36 mesi, perchè quegli "strateghi" di Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno pensato bene di andare al rinnovo del contratto con l'accordo quadro del 15 aprile 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali.
Questa scadenza riguardava il biennio economico, perchè il contratto nazionale era stato rinnovato il 20 gennaio 2008 (la parte salariale scadeva il 31 dicembre 2009 e quella normativa il 31 dicembre 2011)
Ma Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno pensato bene di disdire il contratto nazionale, con ben due anni di anticipo.
E' vergognoso quello che hanno fatto!!!
Nelle loro intenzioni non c'era solo quella di andare al rinnovo della parte salariale, ma anche di quella normativa.
Questa loro disdetta ha creato non pochi problemi, sono stati diversi gli imprenditori che per effetto di questa disdetta avevano minacciato di non dare l'ultima tranche di aumento del biennio salariale (Settembre 2009).
Poi per fortuna l'allarme è rientrato.
Con questo rinnovo, i lavoratori metalmeccanici, dal 2010 riceveranno 28 euro in più al quinto livello (lordi), mentre un lavoratore del terzo livello un aumento di 15-16 euro netti.
Il 20 gennaio 2008 era stato firmato un rinnovo per il biennio salariale (scaduto il 30 giugno del 2007), di 127 euro lordi al 5 livello.
Va ricordato che questi 127 euro erano per 30 mesi, perchè non c'era stato verso di rinnovarlo per 24 mesi.
Fim-Cisl e Uilm-Uil ne hanno firmato uno di 110 euro al 5 Livello per 36 mesi, quindi ancora meno dell'aumento firmato due anni fa.
Ma loro dicono, che nel triennio l'accordo comporta un aumento complessivo di 2678 euro lordi al 5 livello e di 2310 euro lordi al 3 livello.
Sicuramente superiore all'aumento complessivo del precedente contratto.
Peccato che c'è solo una "piccola" differenza, questo dura sei mesi di più: ci mancherebbe che l'aumento complessivo fosse inferiore a quello precedente.
Inoltre, si dimenticano di dire un'altra cosa molto importante, quando questo accordo sarà a regime, ogni metalmeccanico di 5 livello, ci rimetterà rispetto all'accordo precedente, ben 221 euro l'anno, e un metalmeccanico di 3 livello, ben 191 euro l'anno.
Ma di questo meglio non parlare.....
La Federmeccanica non ha accettato di discutere della piattaforma della Fiom-Cgil, perchè 130 euro lorde di aumento al 5 livello sembravano troppe.
La piattaforma della Fiom-Cgil non era assolutamente fuori dalla realtà, sono Fim-Cisl e Uilm-Uil che hanno firmato un accordo al ribasso sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici metalmeccaniche.
Una piattaforma che non è stata neanche validata da tutti i lavoratori, ma solo dai loro iscritti.
Mentre quella della Fiom-Cgil è stata votata, tramite referendum, da tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche.
Vorrei ricordare alla Cisl, che chi vuole il referendum fra tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche, non cerca assolutamente la rissa, ma è la democrazia punto e basta.
Non si può fare un referendum solo fra gli iscritti di Fim-Cisl e Uilm-Uil.
Il CCNL si applica a tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche, non solo ai loro iscritti.
O ve lo siete dimenticati?
Nessuno Vi ha autorizzato a modificare la parte normativa, che è in vigore fino al 31 dicembre 2011.
Per vostra sfortuna, anche la Fiom-Cgil aveva firmato il precedente accordo del 20 gennaio 2008, e la Fiom, che Vi piaccia oppure no, non ha disdetto nessun contratto nazionale.
L'unica scadenza che c'era era quella del biennio economico.
Come metalmeccanico, mi sento scippato del contratto nazionale.
Il contratto nazionale è dei lavoratori e delle lavoratrici metalmeccaniche: non è di proprietà dei sindacati.
Infine, trovo sconcertante il silenzio dei candidati PD su questo accordo separato sul rinnovo del CCNL dei metalmeccanici.
E poi si lamentano perchè sono pochissimi gli operai che votano PD.....

Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico
Firenze.

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venerdì 16 ottobre 2009

Siamo ad un passo dal corporativismo

Sono schifato ma non meravigliato. Perchè l'intesa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato ieri da Cisl e Uil con Federmeccanica, non è che l'atto finale della deriva collaborazionista di quei "sindacati gialli". Una deriva che parte da lontano e trova il punto di svolta nel gennaio di quest'anno, con l'accordo separato firmato da Cisl e Uil senza la Cgil.

Contro quell'accordo separato sulla riforma degli assetti contrattuali, la Cgil aveva organizzato, nel marzo scorso un referendum generale dei lavoratori al quale si erano fortemente opposti Cisl e Uil (tanto per capire qual è il livello di democrazia che immaginano Bonanni e Angeletti). Il risultato della consultazione fu straordinario: 3.643.836 di votanti, dei quali 3.464.178 (il 96,27%) si espresse contro quell'accordo separato firmato da Cisl e Uil. Ma è anche utile ricordare che Bonanni, alla luce di quei clamorosi risultati, definì quel referendum "una panzana clamorosa solo per fare propaganda". Così, per avere un'idea della considerazione che il numero uno della Cisl ha dei lavoratori e della democrazia sindacale. Mentre solo due mesi prima, il ministro Sacconi espresse il suo desiderio di "superare tutte le forme di democrazia diretta". Ma guarda un po' che sintonia, tra la Cisl e questo governo tra i peggiori della storia repubblicana.

Si arriva perciò alle trattative separate di luglio. La Cgil chiede 130 euro di aumento per il biennio 2010-2011, il blocco dei licenziamenti per due anni, il raddoppio del periodo di cassa integrazione (da 52 a 104 settimane). Fim e Uilm, invece recepiscono il nuovo modello contrattuale respinto dai lavoratori, su base triennale. I collaborazionisti si accontantano di 113 euro di aumento per il 2010-2012 per il quinto livello, che si traducono in poco più di dieci euro netti per i terzi livelli. Un'elemosina! Questo è ciò che hanno firmato Cisl e Uil, che pure messi insieme rappresentano una minoranza dei lavoratori. Di questo accordo si dicono pienamente soddisfatti.

La strada percorsa dai sindacati firmatari dell'accordo è ormai chiara: stanno tentando il superamento anche della concertazione (già fortemente penalizzante per i lavoratori), per arrivare alla collaborazione con padroni e governo. I sindacati collaborazionisti accettano e siglano accordi che attaccano il contratto nazionale e la rappresentanza sindacale, limitano il diritto di sciopero ed azzerano quei barlumi di democrazia sindacali rimasti. Siamo ad un passo dal corporativismo, di cui Cisl e Uil si stanno redendo colpevolmente e consapevolmente partecipi. Prima che facciano il passo successivo, nefasto per i diritti dei lavoratori, occorrerà dare un segnale forte ai sindacati collaborazionisti: spedite le tessere strappate alle federazioni nazionali di Cisl e Uil, lasciate soli i dirigenti e partecipiamo in massa alle prossime manifestazioni. La prima occasione sarà lo sciopero generale dei sindacati di base indetto per il 23 ottobre.


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mercoledì 14 ottobre 2009

Il problema è la Binetti? Ma non prendeteci per il culo!

Ieri di nuovo si è resa protagonista l'anima cattolica oltranzista del parlamento. In sintesi è successo questo. Era stato richiesto da Lega, PDL e UDC che il testo del DDL sull'omofobia, che prevedeva l'aggravante omofoba per le aggressioni personali, tornasse in commissione giustizia per alcune "limature". PD ed IDV votano contro il rinvio in commissione, il testo rimane in assemblea e quindi sottoposto al voto sulla pregiudiziale di incostituzionalità presentato dall'UDC. Risultato: 285 voti a favore, 222 contrari e 13 astenuti.

Il lavoro di mesi per arrivare ad una moderata legge contro l'omofobia, è inciampato nel bigottismo parlamentare. Tutto lavoro inutile e tutto eventualmente da rifare. Quello stesso Parlamento, solo poche settimane fa ha rigettato la pregiudiziale di incostituzionalità sullo scudo fiscale. In due parole: chi rappresenta la volontà popolare ha dichiarato che evadere le tasse rientra tra i principi costituzionali, mentre il rispetto per l'orientamento sessuale no!
Tra i voti favorevoli alla pregiudiziale di incostituzionalità, quello di Paola Binetti, teodem del PD. Il PD ora, a detta del suo segretario Franceschini, ha un "un serio Binetti". Diamo il buongiorno a Franceschini, che pare si sia finalmente svegliato e già prova a prenderci per il culo! Il problema Binetti esiste ma è tutto interno al partito, ma il voto della signora col cilicio era numericamente ininfluente.

Il problema è un Parlamento che anzichè laico risponde ai desiderata del Vaticano.
Il problema sono i rappresentanti di uno Stato sulla carta laico, che hanno il coraggio di accostare l'omosessualità con incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, necrofilia, masochismo e via sproloquiando, dimostrando una inaudita violenza nel linguaggio.
Il problema è il PD e questa opposizione fantoccio, priva di identità volutamente lasciata alle spalle, salvo ora navigare a vista.
Il problema è che contro chi non si lascia normalizzare, si scagliano sia i fascistelli che picchiano con le spranghe, sia i rappresentanti in Parlamento dei vari svastichella che picchiano con le loro armi bianche.

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venerdì 9 ottobre 2009

Un po' di chiarezza (senza pretese), sul ruolo del Capo dello Stato e della Corte Costituzionale

Sono stato più volte critico nei confronti di Napolitano. L'ultima volta proprio ieri, con un post sulla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. Le mie critiche, sempre rispettose del Presidente della Repubblica, quale massima istituzione dello Stato, sono dovute al mancato rinvio alle camere di leggi chiaramente incostituzionali, qual è il Lodo Alfano. Anche questa legge era stata firmata da Napolitano, quindi la Consulta ha di fatto bocciato anche il giudizio di legittimità costituzuionale del Capo dello Stato. Un corretta valutazione avrebbe invece dovuto indurre Napolitano a rinviare il testo alle Camere.
Qualcuno afferma invece che così non è, perchè altri sarebbero gli organi deputati al compito di verifica della legittimità costituzionale delle leggi. Ultimo, l'amico Russo con un commento nel mio post di ieri, dandomi perciò lo spunto per quest'altro post, forse noioso ma forse anche (spero) utile e senza la pretesa di voler essere una lezione di diritto costituzionale (non posso permettermelo, dal basso della mia incompetenza in materia).

Il presidente della Repubblica è garante della Costituzione e come tale ha il dovere di vigilare sull'osservanza delle norme in essa contenute. Proprio in questo suo ruolo di garanzia interviene sul potere legislativo, anche promulgando o rinviando alle camere un testo di legge. Ciò impone al capo dello Stato la verifica del testo della norma ed a lui è rimesso un potere costituzionale per il quale "prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere, chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata".
Questo potere è esclusivo del capo dello Stato ed ha funzione di veto solo sospensivo. Questa limitazione del potere di veto sancita dalla Costituzione, indica il doveroso rispetto che anche il capo dello Stato deve alla funzione legislativa del Parlamento.
Ma seppure solo sospensivo, quel veto ha un profondo significato politico, in quanto si tratta di una autorevole censura da parte del Presidente della Repubblica, nei confronti di un atto parlamentare che potrebbe ledere, se approvato, dei principi costituzionali (nel caso del Lodo Alfano, il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge).

La Corte Costituzionale svolge funzioni di controllo e garanzia della rispondenza delle leggi ai principi dell'ordinamento costituzionale, e perciò tra le sue attribuzioni c'è quella di controllo di costituzionalità delle leggi. Ma l'intervento della Corte, avviene solo dopo l'entrata in vigore delle leggi stesse. Vista questa attribuzione, c'è chi critica l'opportunità di fare appello al Capo dello Stato affinchè non firmi una legge. L'errore, mi pare, sta nel ritenere che l'intervento della Corte Costituzionale sia automatico. Non è così.
La Consulta interviene in due casi: in via incidentale ed in via principale. Il giudizio della Corte in via incidentale scaturisce nel caso sia un giudice a sollevare una questione di legittimità costituzionale nel corso di una controversia giudiziaria. Mentre in via principale, la Consulta è chiamata ad esprimersi nel caso in cui siano lo Stato o le Regioni a proporre ricorso entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge.
Lo stesso Lodo Alfano, non è passato per il giudizio della Consulta perchè così previsto nell'iter di formazione delle leggi (o comunque in modo automatico), ma perchè il pubblico ministero di Milano, Fabio De Pasquale ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della legge, nel corso del processo dei diritti tv di Mediaset e del processo Mills. E' stata cioè percorsa la via incidentale.

Se il pm di Milano non avesse sollevato il dubbio di costituzionalità sul Lodo Alfano, la Corte il 7 ottobre scorso non si sarebbe espressa nel merito ed oggi ci troveremmo con una legge incostituzionale nel nosro ordinamento (accettata e firmata senza osservazioni contrarie da Napolitano), che sbattendosene dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini, affermava che siamo tutti uguali di fronte alla legge, ma che qualcuno è più uguale degli altri. intanto però, seppure in vigore per poco tempo, il lodo Alfano ha avuto qualche effetto: ha allungato i tempi dei processi a carico di Berlusconi ed avvicinato quelli di prescrizione del reato.

Pertanto, gli appelli a non firmare il Lodo Alfano (come anche altre leggi) rivolto a Napolitano, erano più che validi e legittimi dal punto di vista costituzionale. Poi si può sempre contestarne l'opportunità politica. Ma questo è un altro argomento.

P.S.: ho profondo rispetto per il ruolo del Presidente della Repubblica, proprio per il suo ruolo di garante della Costituzione. Per questo trovo ignobili gli attacchi di Berlusconi a Napolitano. Ma quello stesso rispetto del ruolo del Capo dello Stato, mi spinge ad essere critico nei suoi confronti, quando firma una legge chiaramente incostituzionale, mentre la Costituzione gli conferisce il potere di rinviare il testo alle Camere.

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giovedì 8 ottobre 2009

Il Lodo Alfano è incostituzionale. Noi lo sapevano già.


La Consulta si è finalmente espressa in merito al Lodo Alfano: bocciato! per violazione dell'art. 138 della Costituzione, per il quale non è possibile fare ricorso ad una legge ordinaria per una legge come il Lodo Alfano; e per violazione dell'art. 3 della costituzione, cioè per violazione del principio di uguaglianza.
In sostanza, la Consulta dichiara che la legge è ancora uguale per tutti (e pure la sua applicazione, nonostante Ghedini) e che se qualcuno vuole superare questo principio, occorre mettere mano alla Costituzione.

Ci sono voluti due giorni alla Consulta, per riaffermare il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e giudicare incostituzionale il Lodo Alfano. Due giorni, per un giudizio non scontato ed affermato a maggioranza dei componenti della Corte costituzionale (9 per la bocciatura, 6 a favore del Lodo). Mentre tanti italiani hanno giudicato incostuzionale il Lodo Alfano, subito dopo la sua approvazione. Il presidente della Repubblica invece, lo aveva ritenuto rispettoso della Carta costituzionale, promulgando il Lodo. Affermava Napolitano, allora, che il Lodo Alfano aveva recepito la sentenza n. 24 del 2004 con cui la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità costituzionale Lodo Schifani, che prevedeva la sospensione dei processi a carico delle alte cariche dello Stato.

Napolitano si sbagliava! Ed il risultato di quella scelta del capo dello Stato, potrebbe essere la prescrizione del reato per Berlusconi, relativamente al processo Mills. Napolitano ha risposto in modo sbagliato, a quanti allora - cittadini, alcuni partiti politici, molte associazioni - chiedevano al capo dello Stato di non firmare. Mentre anche allora c'era chi, al contrario, riteneva sbagliato appellarsi a Napolitano perchè "non è giusto tirare il presidente della Repubblica per la giacchetta"; perchè "tanto poi il parlamento ripresenta il DDL e poi Napolitano deve firmare per forza"; e giù con cazzate del genere. La Consulta ha perciò smentito anche Napolitano. Ora si può avere un motivo in più per dubitare del corretto giudizio del presidente della Repubblica, in merito a provvedimenti come lo scudo fiscale o il decreto di modifica del TU della sicurezza sul lavoro.

Intanto potrebbe aprirsi uno scenario politico tutto nuovo. Il governo potrebbe anche cadere e Berlusconi mettere fine alla sua vita politica. Ma l'opposizione è pronta? Sarebbero in grado, i partiti dell'attuale opposizione, di governare oltre il berlusconismo?

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mercoledì 7 ottobre 2009

Cazzate leghiste


La Lega Nord vuole proibire l'uso in pubblico del burqa. Embè? si dovrebbe dire sentendo un'affermazione così, visto una legge in tal senso esiste già, almeno dal 1975. E' la legge n. 152, che all'art. 5 recita:
È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.
Il contravventore è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro.
Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l’arresto in flagranza.

L'idea malsana della Lega Nord consiste però nell'introdurre il divieto di indossare "qualsiasi mezzo che non renda visibile l’intero volto, in luogo pubblico o aperto al pubblico, inclusi gli indumenti indossati in ragione della propria affiliazione religiosa". Mentre verrebbe cancellata, con il DDL della Lega, la dicitura "senza giustificato motivo". Qual è la novità? Semplice e chiaro: l'impostazione razzista ed antislamica della legge. Tanto che in conferenza stampa (che invito ad ascoltare qui. C'è un siparietto finale niente male, sul carnevale e le feste in maschera) la Lussana (tra le proponenti della nefandezza) dichiara che la modifica del testo del 1975 serve a "far fronte alla minaccia terroristica della jihad islamica". Chiaro no? D'altronde cosa c'è da aspettarsi da un manipolo di fascisti non dichiarati, xenofobi convinti ed incitatori all'odio religioso?
Ribadiamo, ancora una volta, visto che non è mai abbastanza in questo caso, che la religione musulmana non prevede l'uso del burqa, nè del niqab. Lo ha ribadito pochi giorni fa il grande imam Mohammed Said Tantawi dell’università egiziana di Al Azhar, massimo centro dell’islam sunnita. Detto questo, i leghisti, con questa loro proposta non fanno che anteporre la pubblica sicurezza al diritto costituzionale di libertà religiosa. Lo dice chiaramente, ancora Lussana, quando afferma che "tra la tutela della libertà religiosa e la tutela della sicurezza dei cittadini, per noi la priorità è la sicurezza". E' ovvio che se passasse un principio del genere, si creerebbe un precedente pericoloso.
A quel punto qualunque diritto potrebbe essere subordinato ad un supposta sicurezza pubblica, o ad un'altra esigenza del momento, buona per il consenso popolare. Perciò sarebbe il caso di cominciare ad usare il cervello, anzichè continuare a ragionare con la pancia dolente. La proposta leghista è quindi xenofoba e pericolosa, buona solo a cavalcare il razzismo di una massa di ignoranti, che stupidamente credono ad ogni cazzata viene detta loro.
Tanto stupidi gli adepti leghisti, da non accorgersi come una norma del genere non costringe le donne a svestirsi del burqa, né risolverebbe il tanto caro a loro problema di ordine pubblico. Al contrario, un provvedimento di quel tipo costringerebbe quelle stesse donne, già prigioniere di una cultura maschilista, a rimanere chiuse in casa. Una doppia prigione dalla quale sarebbe impossibile liberarsi, rimanendo così emarginate. Mentre ci sarebbe bisogno di mettere in atto proposte positive per una loro reale integrazione, attraverso l'insegnamento della lingua italiana, la scuola, il lavoro e l'affermazione e la reale godibilità dei diritti, compresi quelli di cittadinanza.

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martedì 6 ottobre 2009

Quanto vale la vita di un ragazzo di 20 anni? 1725 euro!

Qualche giorno fa, mi sono trovato a commentare un post nel quale l'autore affermava che (riporto testuale) "un'altissima percentuale di quelli conteggiati come morti sul lavoro, da quanto so, non muore in fabbrica o in un cantiere, ma nella strada che porta da casa all'ufficio in un incidente stradale, o di infarto per il troppo stress da lavoro dietro una scrivania". Non commento il sarcasmo sulla seconda ipotesi di morte sul lavoro, quella dell'infarto, perchè mi dilungerei troppo con inutili epiteti. Mi soffermo invece sull'aspetto degli incidenti stradali.

Invece di dire stupidaggini "per quanto se ne sa", sarebbe il caso di leggere e studiare i dati reali, anzichè tentare di abbozzare un qualche ragionamento basato sul sentito dire dalla propaganda di governo e di confindustria, come spesso capita ai teorici delle "morti sul lavoro gonfiate dai dati degli incidenti stradali".
Senza entrare troppo nel dettaglio, preciso solo che le morti su strada non sono nemmeno la metà del totale dei morti sul lavoro (basta guardare anche solo di sfuggita i dati Inail). E preciso che le morti sul lavoro in strada e le morti in itinere (tragitto casa-lavoro e viceversa) sono cose diverse, e che comunque, viste le condizioni di lavoro, i ritmi, le modalità di produzione, ecc., è giusto considerare quelle in itinere delle vere e proprie morti sul lavoro.
Sulla strada muoiono camionisti, autisti, manutentori in autostrada, che hanno nella strada il loro luogo di lavoro. Sono a tutti gli effetti morti sul lavoro. Come sono morti sul lavoro i postini mentre svolgono il proprio lavoro in strada. Morti in strada, sul lavoro.

Un caso me lo segnala l'amico Marco Bazzoni. Si tratta di Roberto Scavo, un postino precario di vent'anni. Roberto è morto (in strada, appunto il suo posto di lavoro) il 10 marzo 2008, mentre sotto la pioggia consegnava la posta con il suo motorino. Incidente sul lavoro, direte voi. Morto sul lavoro, perciò penserete. No! Il suo è stato considerato un incidente stradale e non sul lavoro! Assurdo ed inconcepibile! Risultato? Archiviazione del caso e rimborso Inail di 1725 euro, come assegno funerario.
Roberto è morto sul lavoro, ma non solo per lui non è stato celebrato un funerale di Stato; non solo non ha avuto titoli di giornali a lui dedicati; non solo il suo caso, come altri simili (e ce n'è sono, statene certi) non avrà gli onori della cronoca; la morte di Roberto non serve nemmeno alle statistiche delle morti sul lavoro!
Un paese civile dovrebbe almeno vergognarsi!!!


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Ecco chi ci guadagna con lo scudo fiscale


Mettiamo in ordine i tasselli dello scudo fiscale: Tremonti prepara la legge sullo scudo fiscale; la pregiudiziale di incostituzionalità della legge non passa grazie alla complicità del PD, che al momento del voto diserta l'aula della Camera dei deputati con 56 suoi parlamentari; la legge viene votata in Parlamento e ovviamente passa; Napolitano firma la legge, perchè sembra consideri le competenze del Capo dello Stato come quelle di un notaio di provincia. Ora, evasori fiscali, bancarottieri, riciclatori di denaro e simili, potranno far rientrare i loro soldi illecitamente custoditi all'estero, tutelati dall'anonimato.

Per far rientrare i capitali, quei farabutti dovranno versare allo Stato la ridicola e misera cifra del 5% del valore dei capitali illeciti che intendono far rientrare, grazie a questa forma di riciclaggio autorizzato. Ma quegli evasori avranno una spesa in più da affrontare: quella per la consulenza di un intermediario, che curi le pratiche. Non so a quanto ammonterà il costo per la consulenza finanziaria, ma di certo c'è qualcuno che, garantendo anonimato e riservatezza ai criminali tributari autorizzati, farà un sacco di soldi.
Guarda caso, chi è arrivato prima di tutti in aiuto agli evasori ripuliti dalla legge? Ma la banca Mediolanum, ovviamente! Non fate finta di stupirvi. Se non ci credete, questa è la pubblicità che campeggia sulla carta stampata.



Un fotomontaggio? Uno scherzo? Manco per niente! La conferma è data direttamente dal sito della banca.
Quindi, di tutti i tasselli sullo scudo fiscale, messi in fila all'inizio del post, dobbiamo aggiungerne uno, che deve rispondere ad una domanda facile facile: chi è che farà un sacco di soldi con lo scudo fiscale? Tradotto: chi è che farà un sacco di soldi, punendo i grandi evasori fiscali con una pacca sulla spalla, mentre voi comuni cittadini se non pagate una multa per divieto di sosta rischiate il pignoramento dei mobili? Ma il ducetto re Silvio IV, of course. Voi che dite, è conflitto di interesse?

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lunedì 5 ottobre 2009

...e allora che il presidente della Repubblica sia nominato per concorso

Lo scudo fiscale, quell'amnistia mascherata nemmeno troppo bene, è un altra dimostrazione dell'arroganza del potere politico. Ed i politici che hanno permesso che l'amnistia diventasse legge, appaiono come i bravi a servizio di un don Rodrigo, che per quel personaggio fanno il lavoro sporco. Ed un semplice cittadino può sentirsi indifeso di fronte a tanta sfrontata arroganza e superbia.

E così doveva forse sentirsi quel signore, che nei servizi dei telegiornali si sente rivolgersi al presidente della Repubblica, per chiedergli di non promulgare lo scudo fiscale. «Presidente, non firmi», chiede quasi supplicando. «Nella Costituzione c’e’ scritto che il presidente della Repubblica promulga le leggi. Se io oggi non firmo, il Parlamento puo’ votare un’altra volta quella legge, e nella Costituzione c’e’ scritto che io sono obbligato a firmare. Chi chiede di non firmare no lo sa», risponde Napolitano che, detto questo, si volta stizzito e se ne va.



Il nostro presidente, sembra si senta come "un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro" (come Manzoni disse di don Abbondio). Napolitano ha preso la sua mezza soluzione, firmando il decreto, si giustifica della decisione e nessuno è tenuto a commentarla. Ma non si può pensare di fare come don Abbondio, che cerca di persuadere Renzo di quella sua mezza soluzione, credendo che i cittadini siano tanto ignoranti da non sapere niente della Costituzione.

La Costituzione la conosco io (senza la presunzione di sentirmi un costituzionalista), come la conosce immagino quel signore che si è rivolto a Napolitano. So bene che quello che il capo dello Stato ha detto è vero. Ma so anche che il presidente della Repubblica, nella sua funzione di garante della Costituzione, ha il dovere di respingere quelle leggi che possono contrastare con la stessa Costituzione. Non firmare una legge, non è un semplice ed inutile atto formale, ma assume un preciso segnale politico. Di questo mi rendo conto e perciò sono ancora una volta deluso dell'operato di Napolitano. Non firmare quello scempio legislativo, sarebbe stato un segnale forte, che non sarebbe passato inosservato, quantunque il parlamento avesse risproposto lo scudo fiscale così com'è ora.

Mi chiedo che sia ancora possibile contare sul capo dello Stato per difendere, sul piano istituzionale, quello che rimane dei diritti civili e costituzionali. Ma se davvero non possiamo più contare sull'autorità politica del presidente della Repubblica, dobbiamo immaginare una funzione meramente notarile per quel ruolo. E se così è, che senso ha che il presidente della Repubblica venga eletto dal parlamento? Che si faccia un concorso pubblico!

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giovedì 1 ottobre 2009

Libertà di stampa... ma perchè, intanto, queste cose le sottacete?

«La prima libertà di stampa consiste nel fatto che essa non è un'industria [...] la vera e propria cura radicale della censura sarebbe la sua abolizione». Bella e condivisibile (a mio parere) questa frase del buon vecchio Karl Marx.

Sabato prossimo, a Roma, si manifesterà per la libertà di stampa, un diritto che in uno Stato democratico non dovrebbe essere messo in discussione. Ma qui in Italia, oggi, è in corso la degenerazione dello Stato democratico, per cui la libertà di stampa deve essere difesa attraverso una manifestazione di piazza.
Ma, attenzione, è per la libertà di stampa che si manifesta, non per il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. E' una difesa dei giornalisti e dei giornali dall'aggressione dell'attuale potere politico, del presente governo e del suo ducetto che si manifesta; non per affermare la necessità di una informazione che eviti autocensure o racconti ad uso e consumo di tale o tal'altro potere. Non è un perciò un errore manifestare il 3 ottobre, ma bisogna essere consapevoli di questo e credere di poter incidere sabato, nel senso di una affermazione di un reale diritto all'informazione, è illusorio. Chi va in piazza deve farlo con la consapevolezza che il giorno dopo il 3 ottobre, gli organi di informazione che sfileranno per le strade di Roma, continueranno a rispondere al loro editore di riferimento, che non è l'operaio di Melfi, nè la disoccupata di Sesto San Giovanni.
Senza tornarci troppo sù, la dimostrazione limpida di questa situazione l'ha data il rinvio della manifestazione a seguito della morte dei sei militari italiani uccisi in Afghanistan. In quell'occasione si poteva affermare una reale volontà di stampa libera dalla propaganda patriottarda e di guerra. Si è preferito invece rispondere ancora una volta alla chiamata alle armi dell'informazione. La manifestazione per la libertà di stampa è stata quindi spostata, al 3 ottobre. Sabato prossimo, quando già era in programma per il corteo dei precari della scuola.

Sabato 3 ottobre, migliaia e migliaia di lavoratori si erano per la maggior parte autorganizzati per protestare contro un governo, che li sta cacciando dal loro posto di lavoro, prendendoli a calci nel culo! Manifesteranno, quei lavoratori, contro i 150 mila licenziamenti previsti per i prossimi due anni e contro una destrutturazione dell'istruzione pubblica condotta a botte di decreti, che snatura il ruolo sociale della scuola. Sabato l'informazione doveva concentrarsi su questa protesta ed invece la stampa ha deciso di fagocitare quella manifestazione. Ha voluto assorbirla, imponendosi con prepotenza. Il risultato? I precari confluiranno (in parte) nella manifestazione della FNSI e sarà concesso loro (ripeto, sarà concesso loro) un intervento dal palco. Tutto qua. Poi, sabato in TV e domenica sui giornali, come giustamente temono i lavoratori della scuola, delle rivendicazioni dei precari quasi certamente non si parlerà, o si parlerà pochissimo.

Ed intanto, un effetto questa situazione l'ha già provocata: ha spaccato l'unità che c'era tra i lavoratori della scuola. Sabato ci saranno due cortei dei precari: da una parte quelli che sperano in almeno un pochino di visibilità confluendo nella manifestazione indetta dalla FNSI; dall'altra chi rivendica la propria autonomia.
Ma tutto questo, la minacciata stampa italiana lo sta sottacendo. Sarà bene ricordarlo, sfilando a Roma sabato prossimo, qualunque strada si pensi di percorrere. Tanto per non rimanere stupiti, poco tempo dopo, del ritorno dei gattopardi.

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Tremonti canta così: "Meno male che il PD c'è..."

Quanto era preoccupato Tremonti. Quasi cominciava a sudare freddo, tanta la paura di non farcela. Insomma, lo scudo fiscale, neologismo per indicare un condono per reati tributari, avrebbe potuto fermarsi alla Camera. C'era in corso l'altro ieri alla Camera, il voto sulla pregiudiziale di incostituzionalità dell'Italia dei Valori contro lo scudo fiscale. Fosse passata, il condono fiscale sarebbe rimasto al palo.
Povero Tremonti, ha bisogno di quattrini, che la crisi (dice lui ed il suo capo) non c'è ma i soldi non sono mai abbastanza. "Mò stai a vedere che st'opposizione, che non s'è mai capito se c'è o non c'è, proprio ora mi viene a mettere il bastone tra le ruote..." pensava Tremonti. Ed invece no. L'opposizione non c'era prima e nemmeno c'era l'altro ieri. Perchè un'opposizione responsabile deve essere prima di tutto coerente. E così, per coerenza, il PD mancava all'appello: Franceschini? Non c'è!; Bersani? Nemmeno lui c'è!; D'Alema? Assente!; e così per altri 56 deputati del PD, 2 dell'IdV ed 8 dell'UDC.
Con 27 deputati di opposizione, il condono sarebbe stato seppellito e Tremonti avrebbe pianto il defunto tentativo di amnistia. Ed invece ci ritroviamo con un Tremonti raggiante come poche volte si era già visto, con criminali soddisfatti ed evasori fiscali sollevati. Capitali illeciti e soldi sporchi potranno rientrare tranquillamente in Italia con una "tassazione" del 5% e senza il rischio di essere perseguiti legalmente.
Gli iscritti del PD, se ancora conservano un po' di dignità, dovrebbero stracciare le loro tessere, metterle in una busta e rispedirle alla segreteria nazionale del partito!

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