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venerdì 16 ottobre 2009

Siamo ad un passo dal corporativismo

Sono schifato ma non meravigliato. Perchè l'intesa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato ieri da Cisl e Uil con Federmeccanica, non è che l'atto finale della deriva collaborazionista di quei "sindacati gialli". Una deriva che parte da lontano e trova il punto di svolta nel gennaio di quest'anno, con l'accordo separato firmato da Cisl e Uil senza la Cgil.

Contro quell'accordo separato sulla riforma degli assetti contrattuali, la Cgil aveva organizzato, nel marzo scorso un referendum generale dei lavoratori al quale si erano fortemente opposti Cisl e Uil (tanto per capire qual è il livello di democrazia che immaginano Bonanni e Angeletti). Il risultato della consultazione fu straordinario: 3.643.836 di votanti, dei quali 3.464.178 (il 96,27%) si espresse contro quell'accordo separato firmato da Cisl e Uil. Ma è anche utile ricordare che Bonanni, alla luce di quei clamorosi risultati, definì quel referendum "una panzana clamorosa solo per fare propaganda". Così, per avere un'idea della considerazione che il numero uno della Cisl ha dei lavoratori e della democrazia sindacale. Mentre solo due mesi prima, il ministro Sacconi espresse il suo desiderio di "superare tutte le forme di democrazia diretta". Ma guarda un po' che sintonia, tra la Cisl e questo governo tra i peggiori della storia repubblicana.

Si arriva perciò alle trattative separate di luglio. La Cgil chiede 130 euro di aumento per il biennio 2010-2011, il blocco dei licenziamenti per due anni, il raddoppio del periodo di cassa integrazione (da 52 a 104 settimane). Fim e Uilm, invece recepiscono il nuovo modello contrattuale respinto dai lavoratori, su base triennale. I collaborazionisti si accontantano di 113 euro di aumento per il 2010-2012 per il quinto livello, che si traducono in poco più di dieci euro netti per i terzi livelli. Un'elemosina! Questo è ciò che hanno firmato Cisl e Uil, che pure messi insieme rappresentano una minoranza dei lavoratori. Di questo accordo si dicono pienamente soddisfatti.

La strada percorsa dai sindacati firmatari dell'accordo è ormai chiara: stanno tentando il superamento anche della concertazione (già fortemente penalizzante per i lavoratori), per arrivare alla collaborazione con padroni e governo. I sindacati collaborazionisti accettano e siglano accordi che attaccano il contratto nazionale e la rappresentanza sindacale, limitano il diritto di sciopero ed azzerano quei barlumi di democrazia sindacali rimasti. Siamo ad un passo dal corporativismo, di cui Cisl e Uil si stanno redendo colpevolmente e consapevolmente partecipi. Prima che facciano il passo successivo, nefasto per i diritti dei lavoratori, occorrerà dare un segnale forte ai sindacati collaborazionisti: spedite le tessere strappate alle federazioni nazionali di Cisl e Uil, lasciate soli i dirigenti e partecipiamo in massa alle prossime manifestazioni. La prima occasione sarà lo sciopero generale dei sindacati di base indetto per il 23 ottobre.


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lunedì 18 maggio 2009

Stiamo perdendo!


Stiamo perdendo! Come lavoratori, stiamo subendo una pesante sconfitta. Non è che si potessero nutrire grandi speranze di radicali cambiamenti, prima di sabato scorso, ma ora si rischia di lasciare mano libera ai padroni, mentre tra noi lavoratori ci impegnamo in una guerra fraticida. Con quel sindacato che rappresenta i suoi lavoratori e quell'altro che ne rappresenta altri, e l'uno contro l'altro un giorno sì e l'altro forse no, a seconda del che si tratti di un accordo con Confindustria o un palco del 1° maggio. Con un punto in comune: la pretesa di rappresentare i lavoratori. Una rappresentanza spesso arrogante, che spende parole che non sempre sono quelle dei lavoratori, ai quali la parola non viene mai concessa e che se provano a prenderla, diventano pericolosi brigatisti.

Non ho approvato quanto è successo sabato a Torino sul finire della manifestazione dei lavoratori della Fiat, indetta dai sindati confederali, alla fine della quale alcune decine di aderenti allo Slai-Cobas hanno cercato di prendere parola contro il rifiuto degli organizzatori. Ne contesto l'inopportunità del gesto. Un gesto che è stato un errore e che dal giorno dopo è stato fortemente strumentalizzato, ma contro il quale tutti si sono accaniti senza però quell'onestà intellettuale che richiederebbe di verificare quanto realmente accaduto (qui e qui).

La contestazione dei Cobas era rivolta contro un sindacato che si arroga un diritto di rappresentanza, che negli ultimi quindici anni è costato ai lavoratori una diminuzione del salario reale. Che è costato ai lavoratori di Pomigliano d'Arco, il confino nello stabilimento di Nola. Che sta costando la riduzione dei tempi di vita in nome della produttività; la precarietà del lavoro; i morti di lavoro. Questo ed altro finora è costato ai lavoratori l'attività sindacale concertativa, condotta secondo un presunto principio d'autorità. Questa e non solo è ad oggi la rappresentazione reale di una arrogante rappresentanza formale. Mentre gli operai dello Slai Cobas volevano parlare ad altri operai.

Ed invece c'è stata di nuovo una chiusura, di nuovo uno scontro, di nuovo divisioni tra lavoratori e di nuovo unanime condanne contro inventati "violenti" e "potenziali brigatisti". Di nuovo si è data occasione per strumentalizzare le richieste dei lavoratori, le ragioni di una lotta che dovrebbe essere unitaria e generalizzata. Così tutto rischia di tornare alla normalità: con i padroni che lasciano cadere qualche briciola dei loro lauti pasti, per osservare divertiti come si sbranano tra loro i lavoratori nel tentativo di raccoglierle.

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venerdì 29 agosto 2008

Campagna per la difesa e il rilancio del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro


La pausa estiva è terminata ed a breve riprenderà anche il confronto tra Confindustria ed i vertici di CGIL, CISL e UIL. Si prevede un accordo che sancirà di fatto la fine del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, obbligando i lavoratori a contrattatare individualmente il proprio salario con l'azienda, che saranno ovviamente più deboli nel potere contrattuale, venendo meno il principio solidaristico tra i lavoratori.
La trattativa sui modelli contrattuali, infatti, prevede lo spostamento della centralità del Contratto Nazionale alla contrattazione decentrata, di cui potranno usufruire solo il 20% dei lavoratori. Tanti sono infatti i lavoratori che godono della contrattazione di secondo livello, mentre per il restante 80% dei lavoratori di aziende non sindacalizzate, si prevede un impoverimento in termini economici ed in diritti esigibili.
Ma nonostante la posta in gioco sia altissima e riguardi milioni di lavoratrici e lavoratori, essi non sono stati neppure informati della trattativa in corso, e men che meno è stato chiesto il loro mandato a trattare.
Quello che segue è il testo del volantino/appello lanciato da "Il pane e le rose" e da "Primomaggio" ed al quale ho aderito.
Chiunque condivida il testo del volantino-appello, può sottoscriverlo (come RSU, sigla sindacale o anche individualmente), inviando una e-mail con il proprio nominativo e il luogo di lavoro a pane-rose@tiscali.it. Ma soprattutto, chiunque può contribuire a diffonderlo.
L'obiettivo dell'iniziativa è quello di dar vita ad una vera e propria campagna per la difesa e il rilancio del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, con il coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici, sia privati che pubblici, perchè trasformino il loro dissenso in mobilitazione e promuovano assieme, indipendentemente dalle sigle sindacali di appartenenza, questa campagna, costruendo comitati di lotta unitari e indipendenti dei lavoratori nei posti di lavoro e nel territorio.
Un elenco dettagliato dei materiali sulla controriforma dei modelli contrattuali sul sito del Coordinamento Nazionale RSU

Nel suo discorso di investitura il nuovo presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha esposto le richieste del padronato italiano per la prossima fase: i profitti devono continuare a crescere a discapito dei salari, l’età pensionabile va ulteriormente innalzata, la spesa sociale va tagliata, il contratto nazionale di lavoro va “riformato”.

Il governo Berlusconi ha risposto prontamente varando il DPEF (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) per i prossimi tre anni: una manovra da 35 miliardi che prevede un ulteriore sviluppo delle privatizzazioni e tagli a trasporto pubblico locale, scuola, sanità pubblica. Nella scuola si annuncia il taglio di 100.000 insegnanti e nella sanità la reintroduzione del ticket sulla specialistica. Da parte loro i ministri del lavoro europei, tra cui quello italiano Sacconi, hanno annunciato la volontà di portare l’orario massimo di lavoro fino a 65 ore settimanali.

NEL FRATTEMPO IL 18 GIUGNO È INIZIATO IL CONFRONTO SULLA “RIFORMA” DEL CCNL TRA CONFINDUSTRIA E LE BUROCRAZIE SINDACALI CGIL, CISL E UIL

L’obiettivo fondamentale che il padronato vuole raggiungere con la “riforma” del CCNL è quello di realizzare il controllo totale sulla forza lavoro, frantumare la solidarietà di classe, dividere e indebolire i lavoratori per costringerli a contrattare individualmente il loro salario.

L'obiettivo è quello di subordinare sempre più strettamente il salario al profitto delle imprese: “salario in cambio di produttività” dicono i padroni, ma Italia il tasso di produttività è già altissimo mentre il salario è bassissimo. Infatti i dati pubblicati recentemente dall’OCSE (i 30 paesi industrialmente più sviluppati) dimostrano chiaramente che in Italia il numero di ore lavorate è tra i più alti dell’area OCSE, ma i salari sono tra i più bassi (circa 6000 dollari all’anno in meno della media). Le affermazioni del padronato sono solo chiacchiere per spillare ancora più sudore e per riempirsi sempre di più le tasche.

Mettere in discussione il CCNL significa, per cominciare, abbandonare a sé stessi i lavoratori delle imprese piccole e medie (e anche di tante imprese più grandi) che non hanno la contrattazione di secondo livello (in Italia solo il 20% dei lavoratori ce l’ha) o non hanno la forza di realizzare accordi accettabili (e oggi che è sempre più difficile strappare accordi decenti il CCNL rappresenta un minimo di tutela per il salario e i diritti).
Significa dare il via libera alle “gabbie salariali” cioè al fatto che due operai che fanno lo stesso lavoro in due posti diversi hanno due salari e due “diritti” diversi.

E quando si sarà consumata definitivamente la rottura della solidarietà tra lavoratori (italiani contro immigrati, vecchi contro giovani, sud contro nord, privato contro pubblico, garantiti contro precari…) chi avrà vinto? Ogni lavoratore sarà solo. Solo e debole di fronte al singolo padrone e alle associazioni dei padroni e allora la sua ulteriore costrizione al lavoro coatto sarà inevitabile. Così come sarà inevitabile la schiavizzazione dei propri figli. E che razza di uomo è quell’uomo che non lotta e preferisce fare la “cicala” con i diritti e la dignità dei propri figli?

Invece di opporsi a questa situazione il 12 maggio scorso i vertici CGIL-CISL-UIL hanno approvato un documento nel quale si dà il via libera alla revisione dei già pessimi accordi del luglio 1993 con un accordo per la “riforma del modello della contrattazione” che ridurrà il contratto nazionale di lavoro a pura formalità spostando tutto il peso della contrattazione sul secondo livello (decentrato), ovviamente per chi ce l’ha.

Cosa riceverebbe il sindacato, in cambio della propria disponibilità ad andare incontro alle richieste del padronato? Una riforma della rappresentanza nei luoghi di lavoro che legherebbe ancora di più i delegati alle segreterie e impedirebbe loro di assumere posizioni diverse da quelle dei vertici, anche se approvate dai lavoratori. Un’ulteriore riduzione della già pochissima democrazia che c’è nei luoghi di lavoro.

20 ANNI DI ATTACCO AL SALARIO E AI DIRITTI DEI LAVORATORI

Sono oltre 20 anni che i lavoratori sono sotto attacco: prima la riduzione di 4 punti l'indennità di contingenza, la Scala Mobile, per mano dell'attuale ministro Renato Brunetta, allora socialista (1984), poi l’abolizione della “scala mobile” (governo Amato 1992), poi gli accordi sulla flessibilità (Ciampi 1993), poi la controriforma delle pensioni (Dini) nel 1995, poi il pacchetto Treu (Prodi 1997), poi l’attacco al diritto di sciopero (D’Alema 1999), poi la legge 30 (Berlusconi 2002), poi lo scippo del TFR verso i fallimentari fondi pensione integrativi attraverso la truffa del silenzio-assenso (Berlusconi 2006 - Prodi 2007), poi i protocolli sul welfare per aumentare l’età pensionabile e allungare la precarietà (Prodi 2007). Ora l’attacco frontale al CCNL.

Tutti questi passaggi sono stati “concertati” dai padroni, dai vari governi e dalle burocrazie CGIL-CISL-UIL spesso con l’appoggio di tutti i partiti, di destra come di “sinistra” (compresi quelli della sedicente “sinistra radicale”). E’ sempre più chiaro che nei parlamenti e nelle segreterie sindacali i lavoratori non hanno amici.

Con l'indebolimento del Contratto Nazionale ogni anno una percentuale sempre più alta della ricchezza prodotta è stata tolta ai salari dei lavoratori e regalata ai profitti dei padroni.
Nel 1983 il 77% della ricchezza prodotta (il PIL) andava ai salari e il 23% ai profitti, nel 2005 ai salari va meno del 69% mentre ai profitti oltre il 31%. L'8% del PIL in più ai profitti rispetto a vent'anni fa. Una cifra pari a 120 miliardi di euro. Che significa 5 mila 200 euro del salario di ogni lavoratore. E questo ogni anno, tutti gli anni.

Ma questo furto continuo non sazia la fame degli industriali e dei pescecani della finanza, che dopo aver derubato i lavoratori del TFR e delle pensioni, ora vogliono ridurre ulteriormente i salari, e con questo obiettivo tentano ogni giorno di aizzare i lavoratori contro i loro fratelli di classe immigrati per distoglierli dai loro veri nemici: padroni, sindacati di regime, partiti-casta. Ai padroni che vogliono dividere per meglio comandare va risposto con forza che tra i lavoratori non ci sono stranieri e che l'unico straniero è il capitalismo.

DIFENDERE E RILANCIARE IL CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO

Sulla difesa del CCNL sono in gioco il salario e i diritti per i prossimi venti anni.
Tutto è nelle mani dei lavoratori. Dissentire non basta, è necessario mobilitarsi, informare tutti e tutte, prendere la parola nelle assemblee, contestare i sindacati venduti (come hanno fatto i lavoratori di Mirafiori, di Melfi, di Arese, di Pomigliano), costruire assieme la campagna per la difesa e il rilancio del Contratto Nazionale di Lavoro, costruire comitati di lotta unitari e indipendenti dei lavoratori nei posti di lavoro e nel territorio, per fare della difesa del CCNL una questione sociale, per una nuova stagione di lotte salariali e sociali.

Veneto, Luglio 2008

Il Pane e le Rose
foglio di collegamento tra i lavoratori

EMAIL pane-rose@tiscali.it
TEL. 380 3999961 / 339 3964862
WEB www.pane-rose.it

Redazione veneta di Primomaggio
foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati

Piazzetta S.Gaetano 1, SCHIO (VI)
EMAIL primomaggio.veneto@alice.it
TEL. 348.2900511 - 340.4063172
WEB xoomer.alice.it/pmweb/

Assemblea dei Lavoratori autoconvocati
EMAIL info@assemblealavoratori.it
WEB www.assemblealavoratori.it

Delegati/e che si riconoscono nel movimento: per un “Coordinamento Nazionale delle RSU”
EMAIL alma@coordinamentorsu.it
WEB www.coordinamentorsu.it

Cobas sanità Venezia


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