lunedì 29 giugno 2009

Indecente Berlusconi che dice che il terremoto ha dato un contributo all'Abruzzo

A sentire le fonti di governo, L'Aquila non è l'Eden, ma non si sta poi troppo male. Già re Silvio IV aveva definito lo sfollamento dei terremotati verso le località della costa abruzzese, una villeggiatura al mare e le tendopoli le considerava un divertente campeggio primaverile. Erano già quelle parole indegne per un capo di governo. Ma non è bastato al reuccio, che si è lasciato andare in altre esternazioni che superano per indecenza le dichiarazioni post-terremoto che già sembravano al limite. Il ducetto, trasudando arroganza e non conoscendo il senso del pudore, sembra chiedere agli abruzzesi di ringraziare la provvidenza per il terremoto del 6 aprile scorso. All'inaugurazione dei Giochi del Mediterraneo, che si tengono in questi giorni a Pescara, Berlusconi afferma testuale, che l'Abruzzo è "una regione bellissima che il terremoto ha colpito, ma che ha contribuito anche a far scoprire".

Ci saranno pure stati trecento morti a causa del disastro provocato dal terremoto, ci saranno pure decine e decine di migliaia di sfollati, ci saranno pure migliaia e migliaia di persone che sono rimaste senza lavoro, però ora forse dalla Catalogna fino in Transilvania c'è chi conosce monti, mare e borghi abruzzesi. E questa per Berlusconi, che ama trastullarsi nella sua villa in Sardegna con parco privato omaggiato della generosa compagnia di ninfe a pagamento, sarebbe cosa da non disdegnare. Senza contare che tra un paio di settimane arriveranno a L'Aquila delegazioni dei potenti del mondo, per il G8. Ed allora la visibilità dell'Abruzzo sarà massima. Che culo!

Che culo che abbiamo avuto noi abruzzesi con questo terremoto: il G8 doveva farsi in Sardegna, ma uno scossone di magnitudo 6,3 lo ha spostato in Abruzzo. Che culo, eh?! Anche se, come dice Bertolaso, qualche disagio questo evento lo porterà. Ma che sarà mai, dice SuperGuido visto che "New York, quando c’é l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è completamente paralizzata per settimane se qui all’Aquila vi sarà qualche limitazione per 48 ore mi auguro che nessuno voglia fare polemiche o critiche". Solo qualche limitazione, dice Bertolaso per gente che sta già vivendo drammatici disagi, tra vita in tenda dove il caldo è insopportabile quando c'è il sole e ci si bagna i piedi quando piove; divieto di assemblee; divieto di volantinaggio; la perdita dei posti di lavoro; l'emergenza acqua a causa del rischio bancarotta della società pubblica che si occupa della rete idrica aquilana. Mentre per Obama si sta allestendo un campo da basket tutto per lui, perchè un potente della Terra, che già è costretto a tre giorni fuori della sua casa presidenziale, mica può rinunciare anche alla propria passione sportiva (sic!).

Poi Obama tornerà negli USA, la Merkel in Germania e Berlusconi tra i sollazzi in Villa Certosa e Palazzo Chigi ad elogiare il decreto Anti-Abruzzo. Agli abruzzesi non rimarrà che un'intelligenza offesa da tanta squallida ipocrisia e quel culo, che rischia di essere preso a calci dall'arroganza dei potenti governatori. Tanto che SuperGuido dice di avere "piena fiducia nelle forze di polizia", tanto per dire che aria si respira. Si può lasciare il nostro futuro nelle mani di questa gente? No. Occorre organizzarsi, manifestare e gridare la nostra voglia di democrazia e libertà reali.

Continua a leggere... Read more...

giovedì 25 giugno 2009

Omicidi sul lavoro: dati Inail incoraggianti? Macchè...

Quanto entusiasmo, forse troppo per i dati forniti dall'INAIL sull'andamento infortunistico relativo al 2008. Entusiasmo eccessivo per la solita superficialità nella lettura dei dati. Certo, gli infortuni sono in calo ed i morti per infortunio sul lavoro anche. L'INAIL ha contato 1120 morti ammazzati sul lavoro e così il presidente dell'Istituto, Sartori si dice soddisfatto dell'andamento infortunistico, insieme al ministro del lavoro, Sacconi. Ma per esprimere tanta positività ed ottimismo, i dati si sono dovuti leggere per come conviene. Ed allora qualche precisazione è bene farla.

Innanzitutto occorre dire che i dati del rapporto INAIL non sono ancora definitivi. Seppure si riferiscono al 2008, bisogna aspettare ancora qualche mese per avere dei numeri consolidati. Il numero di decessi per infortunio che viene diffuso (1120) è un dato stimato utile per fare un raffronto con gli anni precedenti, ma non è un dato reale. Infatti, dovendo considerare nella statistica infortunistica anche i decessi avvenuti entro 180 giorni dall’evento e tenendo conto dei tempi tecnici necessari per la trattazione di questa tipologia di eventi, il dato definitivo 2008 sarà disponibile con la rilevazione al 31 ottobre 2009. E verosimilmente, i dati dovranno essere ritoccati in eccesso, considerando che ciò è avvenuto anche per tutti gli anni passati. Certo è difficile immaginare un dato definitivo superiore a 1200 omicidi sul lavoro, ma questa precisazione è doverosa visti gli eccessi di entusiasmo profusi.

Nel leggere i dati ad oggi disponibili, ci si affretta a precisare che le morti in fabbrica sono state 509. Meno della metà del totale. Il giochetto è il solito: si sottraggono dal totale dei morti sul lavoro, i decessi avvenuti in strada. Ed in questo caso, si scalano dal totale non solo gli incidenti mortali avvenuti in itinere (cioè nel tragitto casa-lavoro, causati anche dalle indegne condizioni di lavoro e dai ritmi imposti ai lavoratori e di cui perciò è giusto tenere conto), ma anche gli infortuni mortali sulla strada che hanno coinvolto autisti e camionisti che hanno nel mezzo di trasporto il loro luogo di lavoro. E si sottraggono dal conteggio in questo modo, i carpentieri, muratori, gruisti, manutentori morti in cantieri stradali. Si ottiene così l'artificioso dato (ma ad effetto per le prime pagine dei giornali), di un numero di morti sul lavoro in discesa verticale.

Quel dato così ottenuto è buono per propagandare un raffronto con l'andamento infortunistico negli Stati membri dell'Unione Europea. Certo che i dati sono corretti nella formulazione del cosiddetto "tasso di incidenza standardizzato" e cioè il rapporto tra infortuni denunciati su 100mila occupati. Quel dato è però scorporato degli infortuni sulle strade, perchè non tutti i Paesi europei conteggiano tali eventi. In questo modo l'Italia si porrebbe per così dire, in buona posizione: meglio della Francia ed in linea con la Germania, per fare due esempi. Ma se considerassimo gli infortuni in strada (e pure escludendo quelli itinere), la situazione sarebbe diversa. Per poter fare questo raffronto, è sufficiente non fermarsi ai dati forniti da Eurostat come avviene nel rapporto annuale dell'INAIL, visto che l'istituto statistico europeo non tiene in considerazione, oltre che gli infortuni su strada, nemmeno quelli per importanti settori di attività quali sono l’estrazione di minerali e parti del settore trasporti, magazzinaggio, comunicazioni. Ed allora sarebbe il caso di andarsi a cercare i dati infortunistici elaborati dai ministeri del lavoro degli Stati membri. Personalmente l'ho fatto per Francia e Germania, verificando i dati occupazionali forniti dall'OCSE.

Dai dati così raccolti, il confronto sarebbe molto più sfavorevole per l'Italia, con un tasso di incidenza degli infortuni mortali per il 2006 (anno di riferimento anche per il rapporto INAIL) su 100mila occupati, pari a 4,5, contro il 3,1 tedesco ed il 2,5 della Francia. Significa che in Italia, ogni 100mila occupati muoiono sul lavoro (esclusi gli incidenti in itinere) più di quattro persone, contro le 3 in Germania e poco meno di 3 in Francia. Ma queste considerazioni non sono utili per le necessità di governo e Confindustria, così impegnate nel rendere inoperativo, distruggendolo pezzo per pezzo, il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.

Continua a leggere... Read more...

martedì 16 giugno 2009

Il referendum serve a cambiare il porcellum? No, ma aiuta il bonapartismo parodistico di Berlusconi

Questa legge elettorale è una porcata, lo dice anche l'estensore della legge, il ministro Calderoli. E va bè, questo è un fatto assodato. Sappiamo che è una porcata per diversi motivi, ma in particolare, il più odioso ed immediatamente percepibile, è l'impossibilità di esprimere una preferenza. Da qualche mese, ci vengono a dire che siccome quella legge è, appunto, una porcata, bisogna riscriverla, la legge elettorale. Giusto. Come? "Con un referendum", ci dicono ed a dircelo sono i suoi promotori: Mario Segni, Gianni Alemanno, Antonio Bassolino, Renato Brunetta, Daniele Capezzone, Arturo Parisi, Stefania Prestigiacomo, Gaetano Quagliarello, Marco Taradash. Trasversalismo porcaro. A questi si aggiunge tutto il PD, che nemmeno in questo caso riesce a distinguersi in maniera netta dal PdL. Salvo poi per il fatto che il PdL dice ora, dopo le elezioni europee e amministrative, di disinteressarsi al referendum per non dispiacere la Lega del senatùr.

Il partito del trasversalismo porcaro, non si accontenta della porcata a firma leghista e chiede che si faccia di più: premio di maggioranza al partito (anzichè alla coalizione come avviene ora) con maggior numero di voti e sbarramento del 4% alla Camera e dell'8% al Senato (al posto degli attuali sbarramenti arzigogolati). Il terzo quesito chiede di impedire la candidatura in più circoscrizioni. Un problema che riguarda più che altro Berlusconi ed anche Di Pietro. Fine. E per le preferenze che il porcellum non permette, che si fa? Niente! Assolutamente niente! Le segreterie continueranno a decidere chi saranno i loro parlamentari. La cosiddetta casta continuerà a nominare i suoi "eletti". Il voto degli elettori continuerà a valere uno zero virgola.

Allora questo referendum non serve? Ed invece serve. A proseguire sulla illegittima strada del bonapartismo italiano, rivisto e corretto in senso parodistico da Berlusconi. Perchè illegittimo? Basta ascoltare i proclami di Berlusconi inneggianti alla volontà di popolo ed al suo primato sulla politica a 360°: dall'esecutivo alla parte legislativa, fino a quella giudiziaria e gestione personalistica dell'emergenza. Ma è sufficiente ascoltare qualche frase del presidente del consiglio nel suo discorso agli industriali, specie quando il Bonaparte de noi artri afferma che contro di lui ci sarebbe: "un progetto eversivo teso a voler far decadere un presidente del consiglio eletto democraticamente dagli italiani per metterne un altro". Che? Eletto democraticamente dagli italiani? Ma il presidente del consiglio, non viene nominato dal Presidente della Repubblica, ascoltato il parlamento, il quale pone la fiducia al governo costituito dopo aver valutato il programma politico di questo?

Dovrebbe essere così. Ma scendendo nella pratica, con l'attuale legge elettorale, i partiti nominano prima delle elezioni i loro parlamentari, coalizzati per essere impiegati di un Presidente del Consiglio già individuato, che rende le consultazioni e la nomina da parte del Capo dello Stato una banale formalità richiesta da "quisquilie costituzionali". Gli impiegati del Presidente del Consiglio, attualmente appartenenti a più partiti, non legiferano ma compiono atti notarili al servizio del governo e del suo capo. Questo oggi nella pratica e lo si vede ogni giorno. Ma se passasse il referendum, questa lacerazione della democrazia sarebbe accentuata, visto che gli impiegati del Capo del Governo sarebbero tutti suoi dipendenti, in quanto tutti appartenenti allo stesso partito, avendo ottenuto, quel dato partito, la maggioranza assoluta anche avendo ottenuto alle elezioni (esempio non a caso) un 35%. Quindi a rappresentare, al netto delle astensioni e del mancato raggiungimento del quorum da parte di alcuni partiti, una assoluta minoranza dei cittadini. Tu chiamala, se vuoi, democrazia!

In conclusione: modificare la legge elettorale come proposto dai referendari, cambierebbe niente per gli elettori in cabina elettorale. Ma lascerebbe una persona come Berlusconi, libero di fare un po' quello che cazzo gli pare. Ma questa è la libertà del Popolo delle libertà berlusconiane e non dei cittadini. Né è democrazia.

Continua a leggere... Read more...

lunedì 15 giugno 2009

Nere o verdi, che differenza fa?

Molto bello l'articolo di Peacereporter sulle costituende "ronde nere". Efficace denuncia di uno scandaloso, ennesimo tentaivo di riorganizzare un partito fascista, con tanto di milizia. E grande merito dell'intervista di Peacereporter a Gaetano Saya, fondatore delle "ronde nere", va dato per avere messo molto accuratamente in risalto il pericolo che sta dietro quell'organizzazione, che vorrebbe girare per le strade con divise e simboli di stampo nazista. Dal giorno dopo, toni allarmistici e giustamente scandalizzati si leggevano su vari giornali. Stranamente (ma nemmeno troppo) meno indignazione hanno creato invece le parole di un ministro della Repubblica italiana.

Maroni, ministro dell'Interno, si è recato nella "sacra" terra di Pontida per partecipare alla venerazione del dio Po, insieme al tribale popolo leghista. L'adorato sacerdote di questo strano popolo arcaico, dopo avere iniziato il suo intervento al grido di «Padania libera, non mollare mai» dichiara che «ebbene sì, vogliamo le ronde ... noi non ci fermeremo ... noi andremo fino in fondo». E tutt'intorno simboli celtici, Alberti da Giussano, bandiere crociate, corna vichinghe. E poi bendiere verdi e cravatte verdi e fazzoletti verdi.

E' ovvio che il richiamo a simboli chiaramenti nazisti delle "ronde nere" desta preoccupazione e giusto scandalo. Ma perchè non scandalizzarsi altrettanto per le "ronde padane" o "ronde verdi"? Al di là del colore, la sostanza cambia davvero poco. Lo spirito che muove gli energumeni padani, è lo stesso che si trova nell'organizzazione di Saya. Ed i simboli, seppure non uguali, sono per entrambe le squadracce di ronde motivo di ostentazione di appartenenza ad un gruppo, un branco, un clan di difensori degli interessi di un'orda xenofoba. Ed il problema di fondo è che queste squadracce trovano appoggio istituzionale in un governo che della xenofobia, della violenza verbale, dell'autoritaismo ha fatto un programma politico.

Davanti a fatti come questi, non si può rimanere indifferenti, che equivarrebbe ad un silenzioso appoggio a quelle squadracce, alle loro logiche, all'odio che le organizza. Bisogna invece reagire. Magari in modo fantasioso. Si potrebbe magari passeggiare in contro ronde, ma anche semplicemente con amici, con il proprio compagno o compagna o con la famiglia, armati di naso da pagliaccio da indossare al loro passaggio, ma senza sorridere. Potrebbe essere un buon modo per far capire quanto essi siano ridicoli, seppure non facciano ridere per niente.

Continua a leggere... Read more...

domenica 14 giugno 2009

Ciao compagno Ivan...

...e grazie!

Buon viaggio e un pugno chiuso alzato in tuo onore.
























Continua a leggere... Read more...

venerdì 12 giugno 2009

Il testamento politico di Berlinguer


«Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini». Questo il testamento politico che ha lasciato Berlinguer, durante il suo ultimo comizio a Padova il 7 giugno 1984. Poi se n'è andato.
Il miglior modo per ricordarlo, è praticare quel suo testamento politico.





Continua a leggere... Read more...

giovedì 11 giugno 2009

Berlusconi e Gheddafi: fratelli di sangue...

...dei migranti. Se invece che fermarsi ad osservare il visibile, si gurdasse appena sotto l'apparente messaggio di pace tra Italia e Libia, si scoprirebbe a quale prezzo di vite umane viaggiamo sulle nostre auto e scaldiamo le nostre case. In questi giorni, con la visita del dittatore libico in Italia (che, scandalo nella farsa, riceverà una laurea onoris causa in giurisprudenza dall'università di Sassari) si da leggittimità mediatica ad un patto contro i migranti. Un patto tra la Libia, con le sue collusioni con Sudan, Niger, Somalia, Eritrea ed altri paesi che non garantiscono i diritti umani e l'Italia delle stragi di stato, dei piduisti al governo, della tortura impunita. Un patto che è uno scambio tra vite umane e gas, tra diritti umani e petrolio. Un patto per il quale l'Italia esternalizza le pratiche di respingimento e paga per questo ed in cambio ottiene gas e petrolio. Non fu Berlusconi a dichiarare, dopo la firma del patto di amicizia tra Italia e Libia nell'agosto dello scorso anno: "Avremo meno clandestini e maggiori quantità di gas e petrolio"?

Quanti bambini, quante donne e quanti uomini costeranno questo accordo, non si sa. Si conosce però il prezzo di un migrante arrestato in Libia: 30 dinar (18 euro). Questo vale una persona disperata nel mercato dei prigionieri della sicurezza italica. A tanto è venduta una persona agli intermediari mercanti di persone, da parte della polizia libica, come documentato dal reportage "Come un uomo sulla terra". A loro l'Italia "affida" persone in fuga da guerra e miseria e migranti richiedenti asilo politico. "Sui barconi non vi è nessuno che possa godere del diritto di asilo" diceva Silvio Berlusconi poche settimane fa. Ignorante o mentitore che sia, Berlusconi diceva il falso, considerando che 2 migranti su 3 che sono sbarcati a Lampedusa nel 2008 hanno fatto richiesta di asilo politico e di questi, almeno la metà ha ottenuto un permesso di soggiorno per tale motivo. Ed oggi, forte di quelle falsità, il governo Berlusconi può ottenere leggimità mediatica per quella politica dei respingimenti, considerati illegittimi dalle convenzioni internazionali e dall'art. 10 della Costituzione.

D'altra parte, le ultime elezioni hanno dato forza alle pulsioni xenofobe del governo, rafforzando la Lega e confermando il PdL come primo partito. Partiti premiati anche perchè, come dice Roberto Cota "La gente non vuole l'invasione di clandestini ed è per questo che apprezza la linea di Maroni, che per la prima volta è riuscito a fermare gli sbarchi". Solo che né Cota, né Maroni, nè Berlusconi spiegano ai loro elettori il motivo per cui, per ogni immigrato che arriva via mare, il Governo chiede l’ingresso di altri 12 con la programmazione dei "decreti flussi", visto che dal 2003 al 2008 sono sbarcati sulle nostre coste 153.756 persone e nello stesso periodo il governo ha chiesto l'arrivo di 1.815.000 lavoratori (dati fortresseurope.blogspot.com, per la campagna "Io non respingo").

E forse sta in quella sottile differenza semantica il vero problema: con le barche arrivano persone, che fuggono da guerre e miseria; il governo ed i padroni a cui l'esecutivo risponde vuole solo braccia da sfruttare nel mercato del lavoro. Finchè lavoro c'è, finchè conviene. Lavoratori ancora meno tutelati degli italiani perchè ricattabili con la minaccia del rimpatrio, e perciò ancora più sfruttabili e condannati al rischio di essere rigettati su una strada quando non sono più utili al profitto. "Volevamo braccia, sono arrivati uomini" diceva il romanziere e architetto svizzero Max Frisch, riferendosi all'immigrazione anche italiana verso la Svizzera. Anche ora, il governo italiano vuole solo braccia da sfruttare. Le persone, con con le loro esigenze, speranze, sogni, le lascia rinchiudere in lager libici, dove bambini, donne e uomini sono costretti a stare a decine dentro piccole celle dove, se non trovano la morte possono essere venduti per 30 denari. Come poveri cristi.

Continua a leggere... Read more...

mercoledì 10 giugno 2009

La politica suonando i campanelli delle case

Seppure non sono iscritto a partiti politici e non ero candidato alle elezioni, nel mio (molto) piccolo ho fatto campagna elettorale. Non ho affisso manifesti, non ho ovviamente partecipato a trasmissioni televisive e naturalmente non sono stato intevistato da quotidiani. Ho, semplicemente, chiacchierato. Al lavoro, dal fruttivendolo, in incontri per strada, ovunque mi sia capitato. Nel mio (molto) piccolo, ho ottenuto che almeno due persone (stando a quanto gli stessi due mi hanno detto) hanno votato per la Lista anticapitalista e comunista. Non sono bolscevichi, non indossano il basco con la stella rossa, non sono comunisti. E non credo lo diventeranno nel prossimo periodo. Ma hanno votato, sia alle europee che alla provincia, senza pentimento per la lista formata da PRC, PdCI e Socialismo 2000.

Intanto però, ho incontrato persone certamente di sinistra che si sono orientate in modo diverso: qualcuno per l'astensione, altri hanno preferito l'IdV, qualcuno ha preferito opportunisticamente votare a destra. Quest'ultima scelta più che altro nelle elezioni amministrative. Ma tutte e tre quelle scelte hanno un minimo comune denominatore: lo spirito di sopravvivenza individuale. Nel momento in cui la sinistra non ha saputo dare risposte a disagi reali, molti si sono buttati verso quei partiti che propagandano soluzioni immediate. Si può trattare di respingere gli immigrati che "rubano il lavoro", oppure può essere la proposta di legalità (come se qualcuno proponesse invece l'illegalità), o anche la promessa di un posto di lavoro per un figlio disoccupato. In condizioni di forte bisogno, senza tutele sociali, senza chiare risposte, senza il concretizzarsi di soluzioni ai disagi reali, le persone si sentono ovviamente minacciate nei loro diretti interessi e votano seguendo l'istinto di conservazione.

Quei due aspetti sono assolutamente due facce della stessa medaglia e sono lo specchio della necessità per la politica (e della sinistra in particolare), di incontrare le persone in carne ed ossa, ascoltare quello che hanno da dire, farsi carico delle loro esigenze collettive che si riflettono ovviamente nella sfera dell'individuale. Quello che oggi è visto come il metodo leghista di fare campagna elettorale, con poche apparizioni televisive e molta militanza, era un tempo il modo di fare politica della sinistra. Ricordo i volantinaggi ai cancelli delle fabbriche, la militanza portata a scuola fino in classe ed il volantinaggio porta a porta in campagna elettorale. Suonare i campanelli delle case, farsi vedere in faccia come persona comune non candidata, significava dire a chi apriva la porta: "guardami, sono come te, un operaio, un disoccupato, uno studente con i problemi che hai anche tu. Mettiamoci insieme e proviamo a risolvere i problemi in questo modo". Ovviamente si rimediavano anche diversi vaffanculo e porte in faccia. Ma ne valeva la pena, perchè si portava la politica nelle case delle persone, parlando il linguaggio comune di chi non ha voglia di perdersi in logoranti sofismi.

Certo che i mass media hanno un'influenza notevole nelle scelte elettorali e prima ancora nel formare le coscienze, e la sinistra in quel contesto non ha spazi. Ma questo dovrebbe a maggior ragione orientare verso una militanza di strada. E non solo in campagna elettorale, per sentirsi giustamente rinfacciare che le strette di mano sono concesse alle persone comuni solo per chiedere il voto. La sinistra deve invece tornare per strada già da oggi, perchè il recupero della fiducia ha bisogno di un percorso molto lungo e faticoso. Perchè quella fiducia è recuperabile solo mettendo in campo un sforzo enorme, per incidere nella cultura di destra che si andata radicando in tutto il tempo in cui la sinistra ha preferito essere di salotto. Per dirla con Pasolini, la bandiera rossa deve tornare ad essere straccio per farsi sventolare dal più povero.

Continua a leggere... Read more...

martedì 9 giugno 2009

Unità della sinistra? Si, ma...

In queste elezioni hanno perso in molti. Ha perso il progetto plebiscitario del PdL e di Berlusconi; ha perso il progetto del PD di partito alternativo al centro-destra; ha perso il tentativo di bipartitismo (almeno finora, ma bisognerà attendere l'esito del referendum). E poi ha perso la sinistra. Tutta la sinistra. L'unico elemento di vittoria è stato il populismo, della Lega Nord a destra e dell'IdV nel centro-sinistra. Ci sono abbastanza numeri per abbozzare analisi di voto lunghissime, ed in attesa di dati disaggregati per entrare nei dettagli, già si sentono ipotesi di alleanze e "nuove" considerazioni da far venire il mal di testa. Anche a sinistra.

Su questo versante, viste le percentuali della Lista anticapitalista comunista e di Sinistra e Libertà (poco più del 3% entrambe), si è tornato a parlare di quanto dannosa sia stata la scissione di Vendola e compagni dal PRC. Inutile negarlo, tanto è evidente. Ma ciò non significa che l'unione post-scissione dei due cartelli elettorali (da molti richiamata), avrebbe significato la somma dei voti delle due liste. Pensare questo significa non avere imparato niente dalle recenti esperienze elettorali, ultima quella della Sinistra arcobaleno. E comunque, pure facendo un conticino di questo tipo, la somma dei voti raccolti da PRC, comunisti italiani e SL, si recupera solo una piccola parte dei voti persi con le politiche del 2008.
Questo dovrebbe fare riflettere molto, prima di azzardarsi in considerazioni del tipo: riuniamo le forze di sinistra; mettiamo insieme PRC e SL; allarghiamo il fronte comune a tutte le forze a sinistra del PD. Ipotesi di questo tipo, appaiono di nuovo come l'unione dei vertici e di nuovo senza possibilità di successo. Si tratterebbero ancora, come già successo, di unioni fatte sulla base della geografia parlamentare. Sarebbero (giustamente) percepite dal basso, come un'unione per la sopravvivenza, non della sinistra come progetto politico, ma dei suoi vertici in quanto appartenenti alla casta politica. Ed allora? non rimane che rassegnarsi ad essere divisi e perdenti?

Certo che no. Ma non si può non partire da un'analisi approfondita della società italiana (e questo il PRC ha tentato di farlo con una laboriosa inchiesta a cui si dovrebbe concretamente dare seguito), capirne i reali bisogni e coordinarsi attorno ad un progetto concreto basato su pochi essenziali punti comuni. Un coordinamento che dovrebbe vedere partecipi non solo i partiti, ma le associazioni, i sindacati (anche autonomi, troppo spesso discriminati) ed i movimenti. Un coordinamento che non sia solo dei vertici di queste organizzazioni, ma che parta dal coinvolgendo sistematico nei territori, delle persone in carne ed ossa che il peso dei bisogni sentono sulle proprie spalle. E proprio da quel lavoro dal basso dovrebbe scaturite il progetto politico della sinistra.

Solo così le aspettative delle persone possono tornare ad essere centrali nell'agenda politica dei partiti. Solo a partire da quel coinvolgimento, la politica può essere partecipata per fermare, prima di tutto e necessariamente dal punto di vista culturale, la deriva a destra della politica.

Continua a leggere... Read more...

lunedì 8 giugno 2009

L'85% degli elettori ha votato a destra, per il PDL, la Lega, il PD, l'IDV

Gli europei hanno votato ed hanno scelto un'Europa di destra. La scelta è chiara: gli europei vogliono una politica ultraliberista; conservatrice; xenofoba. E' stata data fiducia a quelli che sostengono la direttiva Bolkestein; che votano le inumane norme sui rimpatri; che sono favorevoli al testo che allunga l'orario di lavoro settimanale. Ed da questa deriva iperliberista e razzista hanno contribuito gli elettori italiani, più che nel resto d'Europa essendo stato l'Italia il Paese con la più alta affluenza alle urne.
Complici delle future politiche europee di destra sono anche coloro che hanno votato in Italia per il PD o per l'IDV, forse più degli astensionisti. Tanti, ne sono convinto, in maniera inconsapevole. Chissà quanti hanno votato per il PD conoscono l'attività europea di quel partito. E quanti di quelli che hanno scelto l'IDV, anche ingannati da un'opposizione salottiera del partito di Di Pietro, sanno cosa votano i loro eletti nel parlamento europeo? Molti forse non ne sono a conoscenza ed è ora che questa gente apra gli occhi.

La sinistra ha certo le sue colpe, è diventata in questi anni più televisiva che di piazza; non sempre ha saputo rivolgersi alle persone; non sempre ha saputo dare risposte concrete ai bisogni reali. Ma basta nascondersi dietro quelle colpe e cominciamo a vedere le nostre, che si chiamano prima di tutto disinteresse e indifferenza, e nella migliore delle ipotesi disinformazione. Come le scimmiette ci si mette le mani davanti agli occhi e sulle orecchie, ma nonostante tutto la bocca riesce troppo spesso a straparlare, magari per incitare all'odio contro il solito idraulico polacco, conseguenza della direttiva Bolkenstein. Ma quelli che con le mani si coprono occhi ed orecchie, si sono accorti che PdL, PD, UdC e IdV, tutti insieme appassionatamente in Europa hanno votato a favore della direttiva Bolkestein? E quanti di loro conoscono la direttiva Fava che prevede, per chi sfrutta il lavoro nero degli immigrati clandestini, l'unica "sanzione" di pagare il biglietto di rimpatrio, disincentivando la denuncia di sfruttamento contro i padroni? E sapete chi l'ha votata? Tutti i partiti, tranne la Sinistra Europea. E quanti di quegli elettori cloroformizzati sanno che partiti come PD e IDV, mentre in Italia fingono di opporsi al decreto sicurezza, in Europa hanno votato insieme alla destra una direttiva sui rimpatri anche peggiore del decreto sicurezza di PdL e Lega Nord?

Hanno chiesto un voto utile, anche questa volta, per chi? Anzi, per cosa? Per un tentativo di bipartitismo monopolitico? La spacciata coerenza di cui si fanno portabandiera certi partiti in Italia, è solo un inganno. Non ve ne eravate accorti? Per questa volta è troppo tardi! Ormai avete dato a quella gente la possibilità di prendervi per il culo per qualche anno ancora. A meno che non cominciate finalmente ad aprire gli occhi!

Continua a leggere... Read more...

venerdì 5 giugno 2009

Non voto Antonio

Nelle ultime tornate elettorali sono stato dibattuto come mai mi era capitato in passato. Fino a pochi anni fa arrivavo al seggio convinto. Sapevo per chi votare e lo facevo sempre con una buona dose di speranza. Speranza in un cambiamento della politica italiana; in una modifica dei rapporti di forza tra le parti sociali; in una inversione di tendenza economica, capace di restituire ai lavoratori il maltolto dai padroni; in una affermazione dei diritti civili, umani ed individuali. Quelle speranze sono rimaste tali.
Alla fine però, il mio diritto di voto l'ho sempre esercitato. E mai ho imbucato nell'urna una scheda bianca, nè una nulla. Ho sempre espresso una preferenza e sempre assolutamente a sinistra. O meglio, ad un frammento di sinistra. Ed ogni volta che ho votato un pezzettino di sinistra, ogni volta più piccolino, rabbia e desolazione si mescolavano e mi percorrevano dalla testa ai piedi. Rabbia per un'unità politica mai trovata a vantaggio, a volte di egocentrismi, altre volte di slanci governisti ed opportunismo politico. Desolazione, perchè vedevo quelle speranze sempre più allontanarsi dalla realtà e diventare sempre meno delle possibilità.

Ma è inutile adesso stare a rimuginare sulle cause della sconfitta della sinistra, della sua condizione extraparlamentare, dei suoi errori. Perchè ora è il tempo di provare a ricostruire qualcosa dalle macerie. Da questo punto la sinistra deve rinascere, o rieschierà di rimanere solo sui libri di storia (e non è detto, visto che esponenti di questo governo vorrebbero riscrivere anche la storia partigiana). Darle un altro colpo, ora vorrebbe dire sancire la fine di ogni speranza di cambiamento. Dato che non credo che toccato il fondo si debba per forza risalire. Lì giù, nel fondo, si può anche rimanere seppelliti sotto cumuli di monnezza fatta di precariato, disoccupazione, xenofobia, disinformazione, scempi ambientali.

Ed allora andrò a votare, come sempre ho fatto e come sempre per la sinistra, esercitando con consapevolezza il mio diritto di voto. Non sarò uno di quelli che "vota Antonio". darò il mio voto con consapevolezza per contribuire a dare forza alla sinistra europea, per contribuire alla presenza italiana in quel gruppo parlamentare. Per non lasciare mano libera al PdL ed al PD che in Italia fingono di litigare, e poi votano insieme in Europa per aumentare le ore lavorative settimanali a 65 ore. Vado a votare per la sinistra, per dimostrare che ci sono. Io, lavoratore di sinistra, comunista ci sono e non mi rassegno ad una democrazia limitata, fatta di forze politiche che si arrogano il diritto di rappresentanza grazie ad una assurda legge elettorale e che governano secondo un fantasioso principio d'autorità. Andrò a votare per lista comunista e anticapitalista e non mi farò confondere, nei numeri delle statistiche elettorali, tra quelli che sabato e domenica, indifferenti hanno portato le loro chiappe a prendere il sole. Perchè gramscianamente odio gli indifferenti.

Domani andrò a votare, perchè domani il voto rappresenterà uno strumento di lotta. In una cabina elettorale, apponendo una croce su un simbolo (a proposito, i simboli hanno la loro importanza!), starò dicendo al potere politico, ci sono e non rimango passivo. Contro la volontà di chi detiene il potere di tenermi passivo ed isolato, risponderò domani con il voto, e dimostrerò che non sono solo perchè avrò esercitato il mio diritto al voto insieme (spero) a molti altri. Con la mia scheda elettorale, domani starò partecipando alla vita politica, contro chi vorrebbe farmi credere che non serve partecipare, che sono impotente anche insieme a tante altre persone e che devo lasciarmi indottrinare. Vado a votare contro chi mi vorrebbe passivo per abboccare alla favola che va tutto bene così, che la crisi non esiste, che nessuno muore di fame, che ci sono adeguate protezioni sociali e che i diritti di ognuno sono garantiti.
Domani, contro chi mi vorrebbe passivo ed isolato, vado a votare, perchè anche in quel modo continuo a resistere.

Continua a leggere... Read more...

giovedì 4 giugno 2009

Ora Brunetta se la prende con i malati gravi

Lui, il ghigno peggiore del governo Berlusconi, la chiama guerra ai "fannulloni". Chi quella guerra la subisce, anche dal letto di un ospedale, vede solo un becero cinismo che gli si accanisce contro. Nella guerra ideologica ai "fannulloni", il ministro Brunetta se l'è presa prima con i dipendenti pubblici influenzati, estendendo le ore previste per possibili visite fiscali, la visita al primo giorno di malattia e la decurtazione dello stipendio. Ora, con meno enfasi rispetto ai precedenti provvedimenti, forse perchè evidentemente odioso e meschino, Brunetta se la prende con malati gravi sottoposti a terapie salvavita.
Nella circolare n. 01/2009 della Funzione Pubblica, a firma del ministro Brunetta si legge testualmente:
«si ritiene opportuno richiamare l'attenzione delle amministrazioni su istituti quali il tempo parziale e il telelavoro che possono consentire al dipendente di prestare la propria attività lavorativa anche nel corso dei periodi di cura, in particolare in presenza di patologie gravi che richiedano terapie salvavita anche di lunga durata».

La ipocrita ed assurda giustificazione sarebbe quella di «favorire il recupero ed il reinserimento dei lavoratori colpiti da malattie, specie se gravi», ma in realtà lo scopo è quello di «favorire la prestazione lavorativa anche nel corso dei periodi di malattia e di cura, e a diminuire l'esigenza di usufruire dei congedi da parte dei lavoratori». Così il nano malefico se la prende con chi avrebbe il diritto a cure (che spesso sono deabilitanti) e riposo, in un letto di ospedale o a casa. C'è da stupirsi? Nemmeno troppo, considerando che Brunetta e tutto il governo di cui fa parte, risponde alla logica di massima efficienza, massima produttività, massimo profitto ad ogni costo. Anche a costo della salute e della vita delle persone.
Meditate gente, meditate.

Continua a leggere... Read more...

mercoledì 3 giugno 2009

Voli di Stato per i sollazzi del premier

Qualche foto del clown nazionale è riuscita a sfuggire alle grinfie della censura governativa. Così La Repubblica riesce a pubblicare gli scatti in cui si vedono giullari alla corte di re Silvio da Arcore scendere dall'aereo presidenziale, dopo avere usufruito di viaggio gratis fino a Villa Certosa, trasportati fin lì per andare a divertire sua maestà.
La Russa, che seppure stento ancora a crederci è ministro della Repubblica, tenta, ospite della trasmissione otto e mezzo, una difesa tanto ridicola che sembra pronunciata da Topo Gigio:
«gli aerei di Stato hanno una soglia minima di ore di volo e le devono fare anche a costo di viaggiare vuoti. Quindi è comunque meglio che trasportino qualcuno piuttosto che volino senza passeggeri».
Il ministro (sic!) La Russa, riesce anche a trovare una giustificazione a tale boiata, che sarebbe da non credere se non fossimo nel regno di Pulcinella:
«il Governo Prodi, dopo gli scandali (Mastella, Rutelli al GranPremio) ha modificato le regole sui voli di Stato. Ma le ha cambiate in maniera troppo restrittiva e noi siamo stati costretti a rimodificarle»
permettendo praticamente a chiunque di poter volare su aerei di Stato a spese dei cittadini. Spese ovviamente a molti zeri. Visti i precedenti che raccontano di un governo Berlusconi che ha fatto salire tali spese a 63 milioni nel 2005, contro i 23 milioni di euro nel 2002, è facilmente immaginabile che anche questa volta, specie con la "direttiva tutti-a-bordo", i costi dei voli di Stato che con Prodi erano di nuovo scesi a 35 nel 2007, lieviteranno a beneficio dei sollazzi di sua maestà.
Difficilmente si può capire come a giustificare tanto sperpero di denaro pubblico si possa dire una stupidaggine come quella affermata da La Russa. Ma pensando di applicare lo stesso criterio usato dal ministro per giustificare i viaggi dei cortigiani, si potrebbe ipotizzare che gli esponenti di questo governo hanno una soglia minima di cazzate da raccontare e devono farlo anche a costo di essere ridicoli. Quindi ritengono che sia meglio riempirsi la bocca di minchiate piuttosto che mostrarsi platealmente come delle teste vuote.

Continua a leggere... Read more...

  © Blogger templates The Professional Template by Ourblogtemplates.com 2008

Back to TOP