lunedì 24 agosto 2009

Lo sfogo di chi ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblico questa lettera inviatami da Marco Bazzoni. E' praticamente lo sfogo di un RLS, un lavoratore, una persona, che ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro. E' uno sfogo di chi vede che nonostante le tante parole di circostanza quando si verificano incidenti eclatanti; nonostante le battaglie per migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro; nonostante i morti sul lavoro; nonostante i licenziamenti per difendere la salute e la sicurezza sul lavoro; nonostante tutto le condizioni vanno peggiorando. Anche grazie alla complicità di un'informazione silente, su questo tema.
Evidentemente tutti gli infortuni, gli invalidi, le malattie professionali e le morti sul lavoro non sono abbastanza se il Governo Berlusconi ha pensato bene di smantellare il Dlgs 81/08 (testo unico per la sicurezza sul lavoro) con il Dlgs 106/09 (decreto correttivo), piuttosto che renderlo funzionale. E pensare che il Ministro del Lavoro Sacconi dopo la strage sul lavoro al depuratore di Mineo (CT) dell'11 giugno 2008, che costò la vita a sei operai comunali, annunciò un piano straordinario per la sicurezza sul lavoro. Se per piano straordinario intendeva questo decreto, beh, allora stiamo freschi. Per anni è stato chiesto pene più severe per i datori di lavoro che sono responsabili di gravi infortuni e morti sul lavoro e per quelli che non rispettano la sicurezza sul lavoro. Ed il governo che fa, dimezza la maggior parte delle sanzioni ai datori di lavoro, dirigenti e preposti. Non contento, non potenzia neanche i controlli. Dio non voglia che qualche imprenditore becchi qualche multa: con lo scarso personale ispettivo delle Asl è praticamente impossibile ricevere un controllo, in quanto, se va bene un'azienda riceverà uno ogni 33 anni. Ma non è finita qui, onde evitare che qualche imprenditore finisse in galera si è previsto che al posto dell'arresto, possano pagare la multa, e faranno tutti così, statene certi. Inoltre, la salva manager non è stata cancellata, ma semplicemente riscritta, non è spudorata come la precedente, ma da sempre spazio a manovre e cavilli a favore dei manager. Non capisco ancora come Napolitano abbia potuto firmare questo decreto, sapendo che questa norma non era stata cancellata. L'intento di questa norma è evidente, scaricare le responsabilità dei manager su preposti, lavoratori,progettisti, fabbricanti, installatori e medici competenti. Non essendoci certezza della pena, anche se nella remota ipotesi un datore di lavoro venga condannato per la morte di un lavoratore, il carcere "lo vedrà con il binocolo". Quando penso al povero Andrea Gagliardoni, morto il 20 giugno del 2006 a soli 23 anni con la testa schiacciata in una pressa tampografica nella ditta Asoplast di Ortezzano (AP), al povero Matteo Valenti, morto bruciato, dopo 4 giorni di agonia per un gravissimo infortunio sul lavoro (8 novembre 2004) nella ditta Mobiloil di Viareggio, ai quattro operai morti carbonizzati nell'esplosione alla Umbria Olii di Campello sul Clitunno (25 novembre 2006), allo loro famiglie che non avuto neanche giustizia ( 8 mesi con la condizionale per la morte di Andrea Gagliardoni, 1 anno e 4 mesi con la condizionale per la morte di Matteo Valenti, mentre quello per la morte dei 4 operai alla Umbria Olii manco è iniziato, e non sappiamo neanche se inizierà mai), mi domando: ma in che paese viviamo? Ci definiamo una "Repubblica fondata sul lavoro", ma forse sarebbe più corretto dire, una "Repubblica fondata sulle morti sul lavoro". Come si fa a definire civile, un paese dove ogni anno ci sono 1200 morti sul lavoro? Qualcuno adesso dirà che nell'anno 2008 ci sono stati 1120 morti sul lavoro (secondo l'Inail) e che c'è stato anche un calo degli infortuni sul lavoro. Ma andrebbe ricordato a quel qualcuno, che nel 2008 c'è stata la più grossa crisi finanziaria ed economica dal secondo dopoguerra ad oggi, e che quel calo dipende più da questo (cassaintegrazione, mobilità, chiusure di aziende), che a una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Che poi, se vogliamo proprio dirla tutta, i dati dell'Inail non sono oro colato, ma solo un punto di riferimento. Questi dati non tengono conto degli infortuni denunciati come malattia, che si stima siano intorno a 200 mila ogni ann, se non oltre, di tutti i lavoratori che muoiono in "nero" che vengono abbondonati fuori dai cantieri o dalle fabbriche. Poi ci sono gli Rls che denunciano la scarsa sicurezza in azienda, che vengono minacciati, multati o peggio ancora licenziati, come è successo al povero Dante De Angelis, la cui unica colpa è quella di aver denunciato prima alla sua azienda, e poi ai mezzi d'informazione la scarsa manutenzione e sicurezza sui treni eurostar. E' passato un anno dal suo licenziamento, ma ad oggi non è stato ancora reintegrato, nonostante le migliaia di firme raccolte a suo favore, nonostante che quello che aveva denunciato si sia rivelato tristemente vero, nonostante il 29 giugno 2009, ci sia stato a Viareggio un disastro ferroviario, che ha fatto a tutt'oggi 29 morti. E intanto abbiamo un ex sindacalista a capo di FS, che va dicendo a destra e a manca, che le ferrovie italiane sono le più sicure d'Europa...Vale la pena ricordare, che dal 14 giugno 2009 è stato introdotto il "macchinista unico", e purtroppo, gli incidenti ferroviari, sono destinati tristemente ad aumentare. Ha davvero ancora senso andare avanti con questa "battaglia" per più sicurezza, o tanto varrebbe mollare qui? Perchè è quello che sto pensando di fare.

Marco Bazzoni
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

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giovedì 13 agosto 2009

Il Quirinale risponde alle critiche di questo blog e di Marco Bazzoni

Sabato 8 agosto, sul quotidiano Liberazione, erano apparse due lettere molto critiche nei confronti del Presidente della Repubblica, per avere emanato il decreto che è definito, in modo eufemistico, "correttivo" al Testo Unico della sicurezza sul lavoro. Una lettera era di Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e RLS; l'altra era mia, ripresa da questo mio post.
A quelle due lettere il Quirinale ha risposto con una lettera inviata al quotidiano Liberazione e pubblicata sullo stesso quotidiano martedi 11 agosto. Risposta che pubblico qua sotto, ma dopo una piccola premessa, che può aiutare nella lettura. Il decreto "correttivo", che modifica 149 articoli su 306 del Testo Unico della sicurezza sul lavoro emanato dal governo Prodi, è stato approvato dal governo venerdi 31 luglio, ed emanato dal Presidente della Repubblica il lunedi immeditamente successivo. Quelle modifiche sono devastanti. Di alcune di esse ho già scritto, di altre ne scriverò.
Intanto dalla risposta del quirinale, si è capita una cosa: che a quanto pare, l'ostinazione a qualcosa porta. Certo, solo una risposta da parte dell'ufficio stampa della Presidenza della Repubblica. Non è molto ma è qualcosa, credo di significativo. Sicuramente l'attenzione che abbiamo suscitato, io e Marco con quelle due lettere, ci invita a continuare ad informare, nel nostro piccolo, sulla materia sicurezza sul lavoro.
Questa la replica del Quirinale.
Caro direttore,
nella edizione di sabato Liberazione ha pubblicato, sotto il titolo "Sicurezza, un decreto devastante", due lettere critiche nei confronti del Presidente della Repubblica per aver emanato - secondo i suoi lettori, "a occhi chiusi" - il decreto legislativo approvato dal Governo in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Mi permetta innanzitutto di rilevare come i temi affrontati nel decreto stiano particolarmente a cuore al Capo dello Stato: proprio sabato scorso, nel ricordare il sacrificio dei minatori vittime della tragedia di Marcinelle, egli ha sottolineato l'esigenza costante del massimo e coerente impegno delle Istituzioni e di tutte le forze sociali.
E' in questo stesso spirito che il Presidente Napolitano, pur nei limiti delle proprie attribuzioni, ha seguito con grande attenzione l'iter del decreto in questione, iniziato alla fine di marzo 2009, e lo ha emanato, dopo un approfondito esame, in un testo che comprende numerose e significative modifiche rispetto allo schema originario approvato dal Governo.
In particolare, l'attenzione del Presidente della Repubblica, manifestata in diverse occasioni pubbliche - come il 23 aprile scorso a Torino - nell'incontro con i familiari delle vittime del rogo della Thyssen, e allo stesso ministro Sacconi nell'udienza al Quirinale del 2 aprile 2009, si è concentrata sulle norme del decreto che suscitavano particolari preoccupazioni per l'ipotizzata riduzione dei casi e delle forme di responsabilità dei datori di lavoro rischiando, in contrasto con i principi direttivi della legge di delega (n. 123 del 2007) e con consolidati orientamenti della giurisprudenza, di compromettere la tutela di beni primari.
Il Governo è infine pervenuto, il 31 luglio scorso, dopo il confronto con le parti sociali e le Regioni, all'approvazione di un testo definitivo del decreto profondamente diverso dallo schema originario, che recepisce le osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni Parlamentari e tiene conto delle perplessità espresse dal Capo dello Stato con riferimento al rispetto dei principi direttivi della legge di delega e dei limiti fissati dalla Corte costituzionale in tema di decreti legislativi correttivi (Corte Cost. n. 206 del 2001). Il Presidente Napolitano ha quindi proceduto alla emanazione del provvedimento, nell'esercizio delle sue prerogative, che ovviamente prescindono da valutazioni sulle scelte di merito che rientrano nella esclusiva responsabilità del Governo.
Cordialmente

Pasquale Cascella Consigliere per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

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venerdì 7 agosto 2009

Ci hanno fregato di nuovo. Eppure stiamo ancora zitti.

Ieri mi sono sbagliato. Ho scritto un post sulla sicurezza sul lavoro, raccontando una sotoria possibile di infortunio. Ho scritto ciò che verosimilmente potrebbe accadere in quel caso, a seguito di una delle tante aberranti modifiche al Testo Unico della sicurezza sul lavoro, che il governo ha modificato con un decreto. Il post terminava con l'invito a scrivere a Napolitano affinchè non firmasse il decreto, considerando che di motivazioni, sia tecniche che di rapporti istituzionali ce n'erano in abbondanza. Ed ecco il mio sbaglio.

Non nel fatto che invitavo ad aderire ad un appello, pur ragionevolmente convinto che Napolitano avrebbe firmato. Non nel fatto che gli appelli on-line hanno scarsa eco. Non nel fatto che una protesta deve essere di piazza e partecipata, per sperare di essere efficace (anche perchè, con un blog come questo non si organizza una manifestazione). Mi ero sbagliato, perchè in realtà non mi ero accorto che il presidente della Repubblica quel decreto correttivo l'aveva già firmato. Quando? Il 3 agosto, dopo che il governo aveva approvato il provvedimento solo il 31 luglio.

Napolitano, quindi, o a firmato ad occhi chiusi (e mi auguro che non sia così), oppure lo scorso fine settimana, anzichè concedersi un po' di riposo, si è studiato per bene il decreto correttivo (che modifica 147 articoli su 306 del testo unico senza contare tutti gli allegati, che sono diverse decine) e ne ha accettato i contenuti anche più controversi. O forse ancora, Napolitano si è consultato con esperti in materia e, dopo un ragionamento più o meno lungo, ha appoggiato le considerazioni del governo (i cui ministri non si sono mai mostrati paladini della tutela della sicurezza sul lavoro), respingendo le opposizioni al decreto mosse dai sindacati, da alcuni partiti politici, da addetti alla sicurezza sul lavoro, da rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dai lavoratori e dalle lavoratrici stessi.

In silenzio, tra le distrazioni agostane, tra un gossip sui TG ed i soliti inviti a fare partenze intelligenti, è stato quindi approvato il decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106. Ma l'informazione non s'è degnata di darne notizia, impegnata a citare solo la firma da parte di Napolitano del decreto anticrisi, seppure firmato insieme al decreto di modifica al testo unico per la sicurezza. Un decreto che hanno chiamato correttivo, ma che è una vera e propria riscrittura del decreto approvato dal governo Prodi. Il nuovo T.U. riscritto in chiave padronale, sarà in vigore dal prossimo 20 agosto. Da quella data, i lavoratori e le lavoratrici saranno ancora meno sicuri. Dovranno dare un abbraccio più forte ed un bacio in più ai loro figli, quando la mattina usciranno di casa per andare al lavoro. Ed alla prossima tragedia, che certamente ci sarà, proverò ancora più rabbia ed ancora meno fiducia nelle istituzioni, soprattutto quando sentirò le solite ipocrite parole di cordoglio.
Rimane il fatto che ci hanno fregato di nuovo. Eppure non si sentono accenni di protesta.

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giovedì 6 agosto 2009

Tra un mese Giovanni si infortunerà gravemente sul lavoro e...

Giovanni fa l'operaio in una fabbrica metalmeccanica. Lavora come carpentiere e tra un mese, come quasi tutti i giorni, si troverà a tagliare delle barre di ferro alla sega circolare. Tra un mese, quella sega circolare sarà come era il mese scorso e quello prima ancora: senza tutte le protezioni previste dalle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Deve stare attento, Giovanni a dove mette le mani, ogni volta che ha davanti quella macchina, perchè una distrazione potrebbe costargli qualche dito, o forse tutta la mano ed addirittura potrebbe perdere un braccio.

Ma tra un mese Giovanni, forse per la stanchezza dovuta ai ritmi di lavoro, forse perchè distratto dalla prossima rata del mutuo, che chissà se riuscirà a pagarla; insomma, per una qualche piccola disattenzione, Giovanni toccherà la lama di quella maledetta sega circolare. Quella lama, che gira a qualche centinaio di giri al minuto, con i suoi denti elicoidali affilatissimi, non si fermerà al contatto con la mano di Giovanni. Quella lama continuerà a girare nonostante le urla di dolore del povero Giovanni. E Giovanni perderà forza in quella mano destra che finirà a contatto con la sega, perchè la lama gli avrà lacerato i tendini ed tra qualche mese, quando sarà guarito, non avrà più la presa che aveva prima.

Quella sega non doveva funzionare in quel modo. Quella sega doveva avere tutte le protezioni. Giovanni stesso lo diceva sempre, e lo diceva anche al titolare, che gli rispondeva che solo un imbecille avrebbe potuto mettere le mani sotto quella lama. Eppure Giovanni non è un imbecille ed è un esperto carpentiere, nonostante i suoi 38 anni. Ma a quell'età, praticamente nel pieno delle forze, Giovanni non avrà la forza nella sua mano destra, necessaria a svolgere il lavoro che faceva da quando aveva 17 anni. Il mestiere di carpentiere non riuscirà più a farlo, perchè non potrà più sollevare pezzi di ferro, non riuscirà a fare abbastanza presa con quella sua mano rimarrà invalida tra un mese. Lo dirà anche il medico di fabbrica, che lo visiterà al rientro dal periodo di convalescenza. Sul giudizio di idoneità del medico, ci sarà scritto "inidoneità permanente ... con le seguenti limitazioni ...".

Perciò il datore di lavoro di Giovanni, dovendo attuare per obbligo di legge le prescrizioni del medico competente, adibirà Giovanni "ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute", secondo quanto recita l'art. 42 del T.U. della sicurezza sul lavoro.
E invece no! Il padrone della fabbrica, adibirà Giovanni ad altra mansione, ma può darsi che se ne sbatterà della compatibilità della mansione allo stato di salute di Giovanni. Potrà fottersene dello stato di salute di Giovanni, perchè tra qualche giorno saranno già in vigore le modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro, che questo governo ha approvato lo scorso 31 luglio. A meno che Napolitano si astenga dal firmare il decreto di modifica al T.U.Tra quelle modifiche, quella che dall'art. 42 del T.U. cancella le parole "compatibile con il suo stato di salute".

Giovanni è tanti operai e tante operaie. Giovanni è un lavoratore o una lavoratrice qualunque. Il suo infortunio è uno del milione e passa di infortuni che avvengono ogni anno in Italia, ma potrebbe essere una qualunque invalidità o malattia professionale, già accaduti o che possono accadere. Io potrei essere Giovanni e potresti esserlo tu. E se vuoi puoi aderire a questo appello.

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martedì 4 agosto 2009

Innse: i manganelli a difesa della speculazione.

Quando ad una lotta operia, di lavoratori che pretendono i loro diritti, si risponde con la forza, allora è davvero il tempo di preoccuparsi. Nei rapporti di lavoro alla Innse si è inserito il governo, non con il ministero delle attività produttive, non con il ministero del lavoro. Il governo interviene con il ministero dell'interno, con la polizia schierata in assetto antisommossa, con la forza dei manganelli. Il governo italiano, come nelle peggiori tradizioni dei governi dittatoriali, tra i bisogni dei lavoratori ed il cinismo speculativo padronale, si schiera con quest'ultimo.

Questo sta accadendo alla Innse, dove 50 operai resistono da oltre un anno alla chiusura di un'azienda non in crisi, occupandola e gestendola. Ma con la speculazione aziendale, con la vendita dei macchinari e con i terreni su cui è costruito il capannone che sono una attrazione troppo forte in vista dell'Expo milanese del 2015, si fanno molti soldi e si fanno veloci, pensa Genta, il padrone della Innse. Soprattutto se si tiene conto che lo stesso Genta, il magnaccio di un lavoro considerato prostituzione, ha acquistato pochi anni fa l'azienda a quattro soldi.

Ora quegli operai, trattati come qualsiasi merce usa e getta, non servono più. La fabbrica, dice Genta, deve chiudere per fare spazio alla speculazione e gli operai devono uscire dall'azienda che hanno occupato. Devono uscire anche con la forza, pensano i papponi del lavoro fatto merce. Ma la forza, pensano quelle stesse persone, è bene usarla una domenica mattina di agosto. Quando regna il sonnambulismo dell'Italia in ferie e delle distrazioni vacanziere. Nessuno deve accorgersi dello sgombero forzato di una fabbrica da oltre un anno autogestita dai lavoratori.
I padroni hanno paura di 50 operai uniti nella lotta per il lavoro. Perchè sanno che una vittoria all'Innse, sarebbe una vittoria simbolo della lotta dei lavoratori per i loro diritti e quella vittoria potrebbe stimolare nuove rivendicazioni. Questo è il timore che hanno i padroni. E se questo è l'effetto che fa la lotta di 50 operai, cosa si può ottenere in una lotta unitaria e generalizzata? L'autunno è vicino. Speriamo sia caldo.

Intanto, dopo il fallimento degli incontri istituzionali avvenuti in Regione e Prefettura, continua il presido degli operai in lotta. Quattro di loro sono riusciti a forzare il blocco delle forze dell'ordine e sono entrati all'INNSE di via Rubattino a Milano. Due dei quanttro lavoratori sono saliti su una gru e si rifiutano di scendere. Minacciano di restare su quella gru fino a quando non saranno accolte le richieste dei lavoratori dell'Innse. Hanno bisogno di tutto il sostegno possibile. Chiunque possa, si rechi in Via Rubattino a Milano, per sostenere la lotta degli operai dell'Innse. La loro lotta è la lotta di tutti.

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