lunedì 26 gennaio 2009

La paura in appalto

Paura. Paura. Paura. E' la parola d'ordine della politica italiana. E' l'attuale imperativo politico del governo.
Una paura fatta percepire come se nessuna donna potesse più passeggiare nelle strade cittadine. Come se nessuno potesse più dormire tranquillo in casa propria. Come se da ogni angolo dovesse sbucare un rapinatore armato di coltello. E quello stupratore, quel ladro, quel rapinatore, è quasi necessariamente straniero. Meglio: extracomunitario. Se di colore di colore o con un accento dell'Est europeo, meglio ancora.

Importa che i reati violenti sono in diminuzione costante da diversi anni ad oggi? No, non conta. E non conta che le violenze sulle donne avvengono, per la stragrande maggioranza dei casi, entro le mura domestiche. Non conta che circa un terzo dei detenuti siano in attesa di primo giudizio. Ciò che conta, è che si abbia paura.
Perchè la paura genera profitto! Non può essere solo per un mero rafforzamento del consenso politico, che si alimenta la paura. Non avrebbe senso. Della paura c'è bisogno perchè la paura alimenta un suo mercato. Negli USA esiste già ed è un mercato floridissimo, come ha spiegato in "Shock economy" Naomi Klein. E gli spunti per questo ragionamento in questi giorni non sono mancati.

Di nuovo è emergenza criminalità e parte un nuovo balletto di proposte: la Gelmini vorrebbe installare un telecamera di videosorveglianza in ogni aula scolastica; il ministro Alfano propone la costruzione delle carceri per mano di privati; Maroni e La Russa intendono spargere per le strade italiane 30mila militari.
Ognuna di quelle proposte ha dietro di sè un mercato enorme. Anche l'invio dei militari nelle città potrebbe essere la premessa ad un futuro sistema di appalti di alcuni servizi militari, con la giustificazione di un risparmio per le casse dello Stato. Come spiegare altrimenti un'operazione che secondo il Siulp (il sindacato di polizia)potrebbe arrivare a costare 620 milionidi euro, senza che possa dare risultati concreti? Con quella cifra, dice lo stesso Siulp, «potrebbero essere assunti quasi 20.000 poliziotti che sono professionisti della sicurezza e non della guerra come i militari».

La politica della tolleranza zero, della sicurezza, della paura, sta facendo il suo salto di qualità. Sta andando oltre l'aspetto prettamente politico. Non siamo più al livello di dibattito sul come prevenire o come reprimere gli episodi criminalità. Siamo molto oltre. Siamo al salto di qualità della deriva autoritaria in nome di una guerra ad un presunto, inventato ed indefinito «esercito del male».
Si stanno aprendo le gare di appalto per dare in gestione le linee di produzione della fabbrica della paura. Ed intanto si sta svendendo un pezzo per volta la democrazia di questo sgangherato paese.
Siamo in emergenza democratica. Ma non ce ne accorgiamo. Perchè siamo troppo impegnati a dargli ad un qualche immigrato.

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giovedì 22 gennaio 2009

11° : vietato manifestare ...

... non è scritto sulle tavole della legge che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai. L'undicesimo comandamento lo sta scrivendo il ministro Maroni, anche se non direttamente sulle tavole. Che ci vorrebbe martello e scalpello, ma non tanto per la durezza delle pietre, quanto per il merito della proposta che ha un sapore del passato, vecchio ... un po' fascista.
Il ministro Maroni sta infatti lavorando ad una direttiva, che sarà inviata ai prefetti nei prossimi giorni e che impedisca di manifestare vicino a luoghi di culto, centri commerciali, monumenti. E lo stesso ministro ad avere motivato la direttiva, dicendo che sarà emessa «affinchè fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi». E con questa premessa non credo sia plausibile ipotizzare che tra le intenzioni di Maroni, ci sia quella di vietare una processione del santo patrono nelle vicinanze di una sinagoga, o di una moschea o anche di una chiesa valdese. Ancor meno si riesce ad immaginare che venga impedito il passaggio della via crucis nelle vicinanze del Colosseo.

Ed allora le ipotesi si riducono sostanzialmente a due: la prima è quella che si tratti di un'iniziativa di facciata. La solita per mantenere alto l'animalesco sentimento xenofobo del popolo celodurista. Un'operazione per accontentare elettori, che spesso tengono insieme l'avversione contro ogni diversità (religiosa, culturale, etnica, fino alle differenze di acconciatura) e l'idolatria del libero mercato. Anche perchè quando una manifestazione occupa spazi pubblici, gli organizzatori sono già costretti a richiedere autorizzazione alla Questura. Questa deciderà sull'autorizzazione a manifestare ed anche nel merito del percorso. Pertanto delle limitazioni a manifestare ovunque si ritiene opportuno, a ragione o a torto esistono già.

La seconda ipotesi è che l'annunciata direttiva di Maroni, volendo impedire manifestazioni nei pressi di luoghi di culto, monumenti e centri commerciali, sia un impedimento di fatto ad esprimere un dissenso, visto che di chiese sono disseminate tutte le italiche città, dal centro storico fino alla periferia. Così come di monumenti che, seppure nelle periferie non pullulino, ci sono i centri commerciali a fare da altare innalzato ad un dio commercio, anche questo, a detta di Maroni, inviolabile.
Un divieto a dissentire verso determinati gruppi. Infatti, come se non bastasse, Maroni ha in mente di fare pagare agli organizzatori una cauzione come garanzia per eventuali danni. Con molta probabilità family-day e simili non avranno bisogno di fornire garanzie. E comunque è facile pensare che queste manifestazioni non abbiano problemi finanziari.
Insomma, i luoghi preposti alle manifestazioni contro le politiche autoritarie, per l'integrazione, per il lavoro e contro la precarietà, ecc., si riducono alle paludi metropolitane, dove l'unica risposta alle rivendicazioni che può essere percepita è l'eco degli slogan.
Ma a conti fatti, quelle due ipotesi sono possibili entrambi. Anzi credo che l'una alimenti l'altra, in un gioco perverso in cui a rimetterci è la democrazia italiana.

Si sta per chiudere il cerchio che questo prepotente governo sta tracciando. Prima scelte autoritarie contro intere cittadinanze; poi l'esercito nelle strade ed i manganelli a garantire le imposizioni del regime; pochi giorni fa l'abrogazione di norme che garantiscono i cittadini contro i soprusi delle forze dell'ordine, ed anche la reintroduzione del reato penale di oltraggio a pubblico ufficiale. Fino a oggi, con il divieto di fatto a manifestare.
Ormai solo l'imbecillità può fare non temere per la democrazia in questo Paese.

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venerdì 16 gennaio 2009

Ibrahim gridava: "Papà, sto morendo!" ...

Tutto. Bombardano tutto. Gli aerei israeliani sorvolano i cieli di Gaza e fanno cadere le loro bombe su scuole, ospedali, sedi ONU. Dove c'erano bambini, dove si trovavano feriti e malati, dove erano immagazzinati aiuti alla popolazione.
Bambardano tutto e tutti. Anche dove c'è la parte più indifesa della popolazione civile. Perchè anche così si genera paura. Terrore.
Smentite arrivano spesso da parte israeliana. Poi una difesa, dicendo che in quei luoghi si nascondono miliziani di Hamas. Poi a volte le scuse, ufficiali ed inutili. Ridicole ed ipocrite. Poi, siccome è bene che non si sappia quello che succede da quelle parti, si attacca la torre ash-Sharq che ospitava diversi uffici di tv e agenzie stampa, tra cui la Reuters.

Si attaccano le sedi dell'informazione perchè non si deve sapere. Non devono essere divulgate le testimonianze che raccontano della brutalità delle azioni israeliane. Non si deve sapere della ferocia criminale dei soldati isareliani. Non deve venire fuori dei massacri perpetrati su corpi innocenti ed inermi, che non trovano alcun rifugio ai colpi israeliani.

Non si deve sapere di Ibrahim, ucciso a sangue fraddo da soldati israeliani. Ibrahim, 9 anni, aveva chiesto alla mamma di poter fare colazione in giardino quella mattina. Voleva godere di un momento di pace. Voleva sentire, per il tempo breve della colazione, che sapore avesse la serenità. Ma quando il tavolo è posizionato in giardino, un missile distrugge la casa di Ibrahim. Il piccolo è colpito ed al padre che si precipita al suo fianco grida: «Papà, sto morendo!».
Ma il suo papà non ha potuto tentare di salvarlo, perchè due soldati si sono avvicinati al piccolo. Uno ha girato il corpo di Ibrahim e l'altro lo ha finito con un colpo alla testa. Poi entusiasti del loro gesto disumano, si sono allontanati.

Non si deve sapere che per cinque giorni il corpo senza vita di Shahd, un bambino di 4 anni, è rimasto dove è stato raggiunto dai proiettili israeliani. Per cinque giorni! Cinque giorni durante i quali il fratello di Shahd, Matar, e suo cugino, Mohamed, hanno cercato invano di raggiungere il suo corpo. Ma dovevano ogni volta indietreggiare, sotto la pioggia di proiettili israeliani. Per cinque giorni hanno tentato di recuperare quel corpicino. Invano.
Perchè al quinto giorno, quando il corpo del piccolo Shahd era già diventato pasto per i cani randagi, nell'ennesimo tentativo di dare dignità alla morte del piccolo, anche Matar e Mohamed hanno trovato lo stesso destino di morte che aveva raggiunto Shahd. Anche loro, colpiti a morte dai proiettili dell'esercito israeliano.

Non si deve sapere. E' la propaganda che si deve diffondere, che deve essere ascoltata ed accettata. Solo così Ibrahim e Shahd e Matar e Mohamed e altri trecento bambini, diventano terroristi. E' così che smettono di essere bambini.

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giovedì 15 gennaio 2009

"Signorsì"; "mi scusi"; "ha perfettamente ragione"; "le porgo i miei ossequi" ... signor poliziotto

"Signorsì"; "mi scusi"; "ha perfettamente ragione"; "ho commesso un errore"; "lei fa solo il suo dovere"; "me lo sono meritato"; "le porgo i miei ossequi" ...
Da oggi in poi, non è possibile rivolgersi ad un pubblico ufficiale che con termini come questi. Il rischio è quello di soggiornare per tre anni nelle patrie galere. Perchè il Senato ha reintrodotto nel codice penale, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale abrogato dieci anni fa. E poichè poco prima, quel "satiro" di Calderoli aveva invece abrogato l'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale n. 288 del 14 settembre 1944, nel quale era previsto che i cittadini sono esenti da sanzioni «quando il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio o pubblico impiegato» abbia causato la reazione dei cittadini «eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni», si capisce come il Partito dei Liberticidi cerchi di imporre una totale sottomissione dei cittadini all'autorità.

La parola di un pubblico ufficiale torna ad essere insindacabile, non contestabile. I suoi atteggiamenti possono anche essere sbagliati o arbitrari, può compiere abusi ed andare oltre le sue funzioni, ma comunque sempre non contestabili. Trovarsi di fronte ad una divisa vorrà dire doversi prostrare al suo cospetto, senza contraddire chi quella divisa la indossa, per non rischiare una denuncia.
Ovviamente esultano i sindacati di polizia, che parlano di «rafforzamento dell'autorevolezza dello stato e di credibilità delle Istituzioni». I poliziotti ritengono che «su questa strada bisogna proseguire per rendere più incisiva l'azione di polizia e più autorevole l'immagine della Polizia di Stato». La divisa torna ad essere simbolo di autorità incontestabile e chi la indossa un uomo al servizio di questa e quindi dell'autorità, più che del cittadino. L'autorevolezza ed il prestigio ricercati nella sottomissione dei cittadini, anzichè nel rafforzamento della stima di questi.

Ma le forze di polizia il loro credito l'hanno perso in Piazza Alimonda a Genova nel Luglio del 2001; la loro onorabilità è rimasta fuori dalle stanze della caserma di Bolzaneto e della scuola Diaz. Le divise si sono macchiate quando hanno massacrato Federico Aldrovandi, fino ad ucciderlo. Il rispetto per la divisa non lo si può chiedere a chi si ritrova con le ossa rotte ed il naso spaccato dai tonfa usati impugnandoli al rovescio.
Un pennacchio portato su un cappello non è garanzia di prestigio ed onorabilità incondizionata, anche quando stabilito per legge.

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martedì 13 gennaio 2009

Il racket di Stato contro i migranti

Considerando la fragilità sociale degli immigrati in attesa di un permesso di soggiorno; tenendo conto della paura di venire rispediti nel proprio Paese, a vivere una condizione spesso di profonda miseria o di guerra; il pagamento per il permesso di soggiorno agli immigrati, previsto nel DDL anticrisi, appare più che una tassa un "pizzo".
Le condizioni sociali e personali spesso precarie degli immigrati, oltre che l'etichetta di delinquenti che è stata loro appiccicata addosso, permettono di "estorcere" soldi con la promessa di "proteggere" la loro residenza italiana.

L'emendamento, che era stato prima introdotto del DDL e poi eliminato, è stato ora confermato (pare) definitivamente dal ministro Maroni, con la differenza che non è stato definito l'importo del "pizzo". Potrebbe essere di 10 euro come di 400 euro. Da sborsare per ogni rinnovo del permesso di soggiorno.
Dopo i vari provvedimenti sulla sicurezza, dopo i provvedimenti sul ricongiungimento familiare (con i quali si prevede tra l'altro il test del DNA a carico dell'immigrato), questo provvedimento risulta essere l'ennesimo, provocatorio, inutile ed insensato provvedimento contro i migranti. Anche perchè gli immigrati extracomunitari pagano già per il permesso di soggiorno: 14,62 euro di contrassegno telematico sul modulo di richiesta ed altri 30 euro da pagare al momento della spedizione dell’assicurata. Ma, se si richiede un permesso di soggiorno per più di 90 giorni bisogna pagare anche un bollettino prestampato di 27,50 euro per il costo del permesso elettronico. Per una spesa totale già prevista per il permesso di soggiorno pari ad euro 72,12. Per un permesso che sarà consegnato a chi ne fa richiesta in prossimità delle sua scadenza, se non quando è già scaduto. Senza contare che in caso di lavoro a tempo determinato (la stragrande maggioranza dei casi), il permesso di soggiorno deve essere rinnovato più di una volta all'anno. Riflettere al costo per una famiglia di quattro persone che ogni sei mesi devono rinnovare il permesso di soggiorno, fa capire con quale accanimento la Lega Nord si scagli contro gli immigrati. Ai quali è di fatto applicata una gabella punitiva per essersi permessi il "lusso" di venire a cercare lavoro in Italia.

Ho provato a ragionare sulle considerazioni che possano essere state adottate dalla Lega per partorire questo odioso emendamento. Non sono riuscito a spiegarmelo. Se non con la solita ansia leghista della ricerca del nemico comune, sul quale scaraventare le paure. Questo emendamento, come quello sempre leghista di obbligare gli extracomunitari che richiedono l'apertura di una partita Iva ad una fideiussione bancaria di 10mila euro: non risolvono il problema dello sbarco di migranti sulle coste italiane; non incentivano l'integrazione; non migliorano le condizioni sociali di alcuno; non combattono il lavoro nero.
Questi emendamenti, come altri in passato targati Lega Nord, altro non sono che la trasposizione sulla vita reale di tante persone, dei deliri politici di questa destra xenofoba, autoritaria ed autarchica. Il riflesso sul sociale di un governo becero ed ignorante.

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lunedì 12 gennaio 2009

Sito estremista pro-israele istiga all'uccisione dei volontari dell'ISM.

L'International Solidarity Movement (ISM) è un'organizzazione non governativa, che ha lo scopo di organizzare proteste contro l'occupazione israeliana delle terre palestinesi.
Attraverso l'ISM, civili di tutto il mondo partecipano ad iniziative non violente, in protesta alla colonizzazione della Cisgiordania e di Gaza, da parte di Israele.
Dal sito dell'ISM-Italia, si legge che gli obiettivi principali dell'organizzazione, sono quelli di: organizzare la partecipazione italiana alla campagna di boicottaggio internazionale di Israele; contribuire alla partecipazione italiana alle campagne dell'ISM in Palestina; promuovere l'informazione sulla situazione palestinese.
E' quello che ISM sta facendo anche in questi giorni. I suoi membri a Gaza, con le loro azioni non violente di appoggio e solidarietà alla popolazione palestinese massacrata dall'esercito israeliano, mettono a rischio anche la loro vita. Ne sono consapevoli e ne è consapevole anche Vittorio Arrigoni, amico blogger e membro dell'ISM, attualmente a Gaza.
Ma la sua vita, come quella degli altri attivisti dell'ISM, non è messa a rischio solo per le bombe sganciate dall'esercito di Israele. Su di loro sono puntati i mirini dell'odio anti-palestinese, che attraverso il sito "StoptheISM.com" si propone la ricerca e l'uccisione degli attivisti dell'ISM.
Un sito criminale in lingua inglese (segnalato da infopal) che ha messo in rete le foto dei volontari dell'International Solidarity Movement, invita a segnalare il loro avvistamento ed istica alla loro uccisione. Di Vittorio Arrigoni, sono pubblicate foto, si chiede di trovarlo e di sbarazzarsi di lui in modo permanente.
Non so esattamente cosa si possa fare per fermare questi squilibrati criminali. Certamente si dovrebbe tentare di premere per la chiusura del sito web. Ma nessuno pare essersi accorto di niente. Nessun giornale, nessuna TV, nessuna istituzione. Non mi appare strano. Mi fa solo schifo e rabbia!

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venerdì 9 gennaio 2009

Non chiamatela guerra sproporzionata

Ho letto diversi interventi sulla guerra etnocida che Israele sta conducendo contro il popolo inerme palestinese. Spesso sono di condanna. Invece non consiglio la lettura delle opinioni favorevoli all'intervento criminale israeliano, che si muovono in genere tra l'idiozia e la farneticazione.
Una frase ricorrente che ho letto e sentito suona pressapoco così: "La reazione di Israele è sproporzionata". Sproporzionata. Sproporzionata. Sproporzionata. Questa parola l'ho letta più e più volte, quando l'ho trovata scritta in un commento. L'ho ripetuta a mente quando mi sono trovato ad ascoltarla. Ed in genere ho provato un profondo fastidio. Anche se mi rendo conto che non sempre è usata con lo stesso significato.

Ma troppo spesso, la sproporzione che viene denunciata non definisce una reale condanna all'attacco israeliano. Come a dire: ha fatto bene Israele ad attaccare Gaza, ma ha esagerato. Ma che cazzo significa? L'atto criminale di Israele ha provocato oltre 700 morti in pochi giorni, dei quali quasi la metà sono donne e bambini. Sarebbe stato proporzionato se anzichè uccidere sommariamente 700 civili, l'esercito israeliano avesse cancellato "solo" 300 vite? Se decine e decine di bambini innocenti fossero stati massacrati nelle loro abitazioni, invece di venire bombardati nelle loro scuole, Israele sarebbe stato meno crinimale? E sarebbe cambiato qualcosa nella disumanità degli attacchi, se invece di sparare sulle ambulanze, i soldati israeliani avessero fatto saltare in aria l'auto di un qualunque cittadino che disperatamente accompagnava il proprio figlio in ospedale?

Qual è allora la proporzione da adottare? Rispondere in egual misura ad un attacco? Uno, dieci, cento civili morti da una parte ed altrettanti morti dall'altra? Certo che no. Sarebbe vendetta. Mentre in guerra (perchè questa è una guerra), si cerca di annientare il nemico. Con ogni mezzo, si tenta di ucciderlo fisicamente, moralmente ed anche culturalmente. Questa è la guerra, bellezza!

Ecco perchè sentire ripetere la parola "sproporzionata" per definire l'azione criminale israeliana, mi provoca un senso di gelo lungo la schiena. Perchè quella definizione sta tutta dentro una la logica di guerra. Non la ripudia. Non dico che la giustifica, ma forse un po' la accetta. O quanto meno ha imparato a conviverci. E questo fa davvero molta paura.

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giovedì 8 gennaio 2009

Lippi ci vede male ... Cannavaro vuole fare il premier?

Tranquilli, tranquilli. Di gay nel calcio non ce ne sono. Nemmeno uno. Da almeno quarant'anni non se ne vedono. Cioè, Lippi in quarant'anni di attività nel calcio non ne ha visto uno che sia uno. Cioè, dice Lippi, non ci sono proprio omosessuali ... completamente omosessuali. Lippi pensa che forse ci potrebbe «essere qualcuno che abbia qualche tendenza, ma che non vada in giro a fare proposte o a mettere i manifesti».
Perchè per Lippi, che ricopre il "delicato" ruolo di CT della nazionale italiana di calcio e che quindi ha la responsabilità di rassicurare gli italici tifosi e di essere una sorta di guida nazional-spirituale-passionale, Lippi, dicevo, distingue tra tendenza sessuale e omosessualità. Chissà se binettianamente non consideri la seconda una patologia.
Ma da vero leader moral-popolare, Lippi richiama i "tendenti" a non mostrare la propria omosessualità. Tradotto dall'immaginario subculturale del nostro, immagino voglia dire che non sarebbe il caso per un calciatore, di presentarsi in campo con decoltè rosa e tacchetti a spillo.
Come se una persona omosessuale debba per forza essere una bizzarra caricatura di Renato Zero ai tempi di "Viva la Rai". Credo a questo punto che sarebbe il caso di avvertire Lippi che se ci sono avvocati gay, baristi gay, idraulici gay, ingegneri gay, forse ci sono anche calciatori gay. Se non li ha visti, forse è perchè non può riconoscerli attraverso i suoi stereotipi.

Intanto Cannavaro, altro eroe nazionale ai tempi dei "popopo", dice di essere stato frainteso. Lui «non ha nessun pregiudizio nei confronti di chi affronta scelte differenti», cioè gli omosessuali. Crede giustamente Cannavaro, che «gli spagnoli negli ultimi anni hanno fatto passi avanti rispetto a noi italiani» sui diritti civili, ma da padre «crede nella famiglia tradizionale». In sintesi: in Italia siamo indietro sui diritti civili, però chi se ne frega. I gay è meglio che continuino a non sposarsi.
Ma soprattutto il Fabio nazionale ha smentito la sua precedente dichiarazione sul film "Gomorra", rilasciata in un'intervista su un settimanale. Se in quell'occasione aveva detto che Gomorra non «gioverà all'immagine dell'Italia nel mondo. [visto che] Abbiamo già tante etichette negative», ora Cannavaro dichiara di non aver «mai detto che possa ledere l'immagine dell'Italia all'estero».
Ora, vediamo un po': viene dal mondo del calcio; è popolare; non è troppo alto; dice qualche cazzata che poi subito smentisce ... non è che punta a diventare presidente del consiglio?

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mercoledì 7 gennaio 2009

Non ho idea di cosa sia una guerra ...

Non ho idea di cosa sia una guerra. Ne ho sentito parlare. Ho letto di bombardamenti a tappeto. Ho ascoltato delle testimonianze, anche atroci. Ho visto delle immagini, sempre orribili.
Non ho idea di cosa sia una guerra. Perchè non ho mai sentito il fischio con il quale una bomba si annuncia. Ma da Gaza, raccontano essere un sibilo orrendo, che carica di paura chi lo ascolta. Così le bombe annunciano il loro prepotente arrivo ed avvertono che qualcuno, non si sa chi, non potrà sottrarsi al suo destino di morte.
Non ho idea di cosa sia una guerra. Perchè non ho dovuto cercare un riparo dal freddo in una gelida casa senza finestre. Non ho dovuto lasciare aperte le finestre, nonostante il freddo invernale, per non essere colpito dai frammenti di vetro che si spaccano a causa di esplosioni vicine.
Non ho mai dovuto spiegare a mio figlio che dovrà resistere ai morsi della fame, perchè la spietata barbarie di Stato israliano non permette di lavorare, uscire a comprare un pezzo di pane, rifornirsi di acqua. Non ho dovuto insegnare a mio figlio il significato della parola embargo. E mio figlio non ha dovuto imparare il suo significato materiale.
Da dove mi trovo, non si sentono sirene di ambulanze che raccolgono feriti e cadaveri tra una folla che si muove irrazionalmente, in strade devastate dal terrore israeliano. Centinaia di persone che corrono come impazzite, provando a scappare dalla follia genocida di uno Stato barbaro, dal nome Israele. Ne da qui si possono udire le urla di rabbia e dolore e terrore di un popolo martire, qual è quello palestinese.
Non ho idea di cosa sia la guerra, perchè non ho dovuto sopportare lo strazio di vedere bambini piangere di paura. Terrorizzati al punto da pisciarsi sotto. Bambini costretti ad urlare fino a consumare tutte le proprie forze. Fanciulli tremolanti abbracciati ai propri genitori, in cerca di una rassicurazione che non troveranno. Innocenti creature che saranno per sempre segnate dall'olocausto israeliano, se riuscissero a rimanere in vita. Se i loro corpi non verranno dilaniati dall'onda d'urto di un bomba. Se non verranno martoriati da propiettili troppo precisi, sparati con metodica criminale. Se i loro piccoli corpi non saranno arsi dalle bombe al fosforo. Se i loro cuori reggeranno al terrore provocato dalla minuziosa strategia di terrore di Israele.
Ma comunque quasi certamente quei bambini, quelle donne e quegli uomini rimarranno anonimi. Saranno semplicemente parte di una cinica conta dei morti ammazzati del terrore del governo israeliano, che si macchia di crimini contro l'umanità. Anche Cristine, morta a sedici anni di paura, di stenti e di freddo, dopo aver sopportato giorni e giorni di terrore, non sarà che un nome senza persona su un pezzo di freddo marmo.
Non ho idea di cosa sia una guerra. Anche se ho visto troppe volte una sua qualche rappresentazione in televisione, in tanti spettacoli di merda, con squallidi attori che sembrano spettatori. Mentre a pagare è chi è costretto a rimetterci la propria vita. Fatta valere poco più di una pallottola.

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venerdì 2 gennaio 2009

Andrea e Andrea con le ali bianche

Ormai è passato un mese da quando la signora Graziella Marota, madre di Andrea Gagliardoni, giovane vittima di un lavoro al servizio del cinico profitto, mi ha inviato lo scritto qui sotto.
L'ho letto subito, il giorno stesso in cui l'ho ricevuto. Ma la mia lunga assenza dal blog non mi ha permesso di pubblicarlo subito e di questo mi scuso. Lo faccio ora, senza aggiungere altro...


Oggi LA FAVOLA A BRUTTO FINE

Andrea il 6 dicembre compie 26 anni, peccato però che non possiamo festeggiare il suo
compleanno perchè Andrea è stato ucciso, mentre lavorava, da due diretti responsabili
senza scrupoli.
"Scarse condizioni di sicurezza e condizioni insostenibili nel lavoro continuano ad uccidere anche nei tempi moderni. Allo stesso tempo i governi non solo stanno tornando indietro rispetto agli standard di sicurezza ma consentono anche che i
datori di lavoro senza scrupoli mettano in costante rischio le vite dei lavoratori."
"...il capitale non ha riguardo per la salute e per la durata della vita dell'operaio, quando non sia costretto a tali riguardi dalla società"

(Karl Marx)


ANDREA E ANDREA

Alle quattro del mattino, quando Andrea si sveglia, anche Andrea si sveglia. Poi, mentre Andrea si lava la faccia, si veste, beve una tazza di caffè, Andrea accarezza le sue imperfette ali bianche.
Tutt'e due lasciano l'appartamento alle quattro e un quarto. Salgono in macchina. Andrea accende il motore e Andrea, con le ali chiuse, prende posto dietro.
La macchina lascia il lungomare di Porto Sant'Elpidio, raggiunge la nazionale adriatica e si dirige verso sud.
Alle quattro e quarantacinque arriva al parcheggio dell'ASOPLAST di Ortezzano. Alle
cinque Andrea avvia la pressa che inizia ritmicamente a stampare i pezzi che, successivamente, verranno collocati sulle lavatrici ARISTON.
Alle sei e dieci minuti la pressa si ferma con la bocca spalancata. Andrea si abbassa e guarda dentro le fauci. Al suo fianco anche Andrea fa altrettanto e prorpio in quell'istante le mascelle si chiudono.
Alle sei, dieci minuti, otto secondi di martedì 20 giugno 2006 Andrea Gagliardoni di ventitre anni è ucciso, insieme ad Andrea con le ali bianche, dalla macchina tampografica.

Di che cosa avranno parlato Andrea e Andrea durante i quaranta minuti di tragitto in
macchina? Andrea al volante aveva acceso la radio e ascoltava un programma musicale, per tenersi sveglio. Il giorno prima aveva fatto il turno del pomeriggio dalle 13 alle 21, era arrivato a casa alle 22 a causa del traffico. Era stanco. Il pensiero di ritornare in fabbrica prima dell'alba lo smontava. Era il turno che detestava di
più.
Alla partenza, sul lungomare, un puro refolo marino era penetrato dal finestrino aperto e il suo profumo salmastro l'aveva scosso dal torpore. Dietro di lui Andrea parlava con se stesso e rifletteva sconsolato sullo stato delle sue ali. Così rachitiche, fragili e quasi inservibili. Ma ad un certo punto aveva rimproverato Andrea perchè aveva accettato di ripresentarsi in fabbrica al turno del mattino, quando non erano trascorse le undici ore di sosta previste dal contratto nazionale.
Andrea non aveva risposto.
Quando la macchina si era fermata davanti alla fabbrica il chiarore dell'alba si era diffuso in tutta la valle dell'Aso e una brezza agitava le foglie del grande pescheto che circondava l'ASOPLAST.

Ora Andrea riposa nel cimitero di Porto Sant'Elpidio e sua madre Graziella porta i fiori sulla sua tomba. Andrea con le ali è sepolto nel cimitero degli Angeli Custodi. Non vi sono fiori sulle tombe. Alcuni becchini con la piuma sul cappello tengono
puliti i viali tutti in ombra.

Chissà come sarebbe oggi la vita di Andrea se la sicurezza fosse stata attivata da quegli imprenditori senza cuore ne cervello che hanno pensato ad accumulare sempre di più mettendo a rischio la vita degli operai?

Questa sembra una favola ma è la pura realtà vissuta da tante famiglie distrutte dal
dolore per la perdita di un loro caro solo ed esclusivamente in nome del "DIO PROFITTO".

Graziella Marota
mamma di Andrea Gagliardoni

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