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lunedì 26 gennaio 2009

La paura in appalto

Paura. Paura. Paura. E' la parola d'ordine della politica italiana. E' l'attuale imperativo politico del governo.
Una paura fatta percepire come se nessuna donna potesse più passeggiare nelle strade cittadine. Come se nessuno potesse più dormire tranquillo in casa propria. Come se da ogni angolo dovesse sbucare un rapinatore armato di coltello. E quello stupratore, quel ladro, quel rapinatore, è quasi necessariamente straniero. Meglio: extracomunitario. Se di colore di colore o con un accento dell'Est europeo, meglio ancora.

Importa che i reati violenti sono in diminuzione costante da diversi anni ad oggi? No, non conta. E non conta che le violenze sulle donne avvengono, per la stragrande maggioranza dei casi, entro le mura domestiche. Non conta che circa un terzo dei detenuti siano in attesa di primo giudizio. Ciò che conta, è che si abbia paura.
Perchè la paura genera profitto! Non può essere solo per un mero rafforzamento del consenso politico, che si alimenta la paura. Non avrebbe senso. Della paura c'è bisogno perchè la paura alimenta un suo mercato. Negli USA esiste già ed è un mercato floridissimo, come ha spiegato in "Shock economy" Naomi Klein. E gli spunti per questo ragionamento in questi giorni non sono mancati.

Di nuovo è emergenza criminalità e parte un nuovo balletto di proposte: la Gelmini vorrebbe installare un telecamera di videosorveglianza in ogni aula scolastica; il ministro Alfano propone la costruzione delle carceri per mano di privati; Maroni e La Russa intendono spargere per le strade italiane 30mila militari.
Ognuna di quelle proposte ha dietro di sè un mercato enorme. Anche l'invio dei militari nelle città potrebbe essere la premessa ad un futuro sistema di appalti di alcuni servizi militari, con la giustificazione di un risparmio per le casse dello Stato. Come spiegare altrimenti un'operazione che secondo il Siulp (il sindacato di polizia)potrebbe arrivare a costare 620 milionidi euro, senza che possa dare risultati concreti? Con quella cifra, dice lo stesso Siulp, «potrebbero essere assunti quasi 20.000 poliziotti che sono professionisti della sicurezza e non della guerra come i militari».

La politica della tolleranza zero, della sicurezza, della paura, sta facendo il suo salto di qualità. Sta andando oltre l'aspetto prettamente politico. Non siamo più al livello di dibattito sul come prevenire o come reprimere gli episodi criminalità. Siamo molto oltre. Siamo al salto di qualità della deriva autoritaria in nome di una guerra ad un presunto, inventato ed indefinito «esercito del male».
Si stanno aprendo le gare di appalto per dare in gestione le linee di produzione della fabbrica della paura. Ed intanto si sta svendendo un pezzo per volta la democrazia di questo sgangherato paese.
Siamo in emergenza democratica. Ma non ce ne accorgiamo. Perchè siamo troppo impegnati a dargli ad un qualche immigrato.

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martedì 5 agosto 2008

Esercito nelle strade: non mi sento affatto tranquillo.

Da quanto tempo ormai si parla di emergenza criminalità? Ovviamente ci si riferisce alla criminalità di strada. Quella, tanto per capirci, fatta di piccoli spacciatori, balordi che scippano vecchiette, ubriachi molestatori. Quella che dicono essere fatta da rom, rumeni, extracomunitari in genere e che, se appare insufficiente, può essere fatta anche da capelloni, frequentatori di centri sociali, punkabestia e pure alieni. L'importante è che appartenga ad una qualsiasi categoria, oltre lo stereotipo della personcina perbene. Questo tipo di criminalità da quanto tempo è emergenza? E' difficile dare una data precisa. Si può dire, però, che è emergenza da un tempo sufficiente a fare accettare 3000 soldati nelle strade.
L'effetto di questo provvedimento quale sarà? Semplicemente mediatico.

Tanto che Berlusconi parla già di riduzione della criminalità. Non fa numeri, ovviamente, visto che i dati ufficiali e scaricabili dal sito del ministero dell'interno, parlano di criminalità in diminuzione da diversi anni a questa parte. Dati alla mano, non troverebbe giustificazione alcuna a mandare l'esercito a pattugliare le città, da fare somigliare le strade italiane a quelle del Cile di Pinochet.
Mi chiedo se nella pratica ed al di là della pura propaganda, con l'esercito nelle strade, un operaio si senta più sicuro nel salire su un ponteggio. Se un mamma si senta più tranquilla, sapendo che il proprio figlio lavora in nero in un cantiere edile senza tutele, ma con i parà davanti alle ambasciate. Chissà se i lavoratori si sentono maggiormente garantiti dall'erosione del potere d'acquisto del loro salario, ora che uomini in divisa pattugliano le strade.

I problemi, quelli veri e reali, non si risolvono con uomini in mimetica per le strade, che tra l'altro non sono addestrati per quegli scopi. Tanto per fare un esempio, l'utilizzo dell'esercito ha forse risolto il problema rifiuti in Campania? No. Però l'effetto annuncio è passato, in Campania per i rifiuti, come in tutta Italia ora. E l'annuncio è: "Da oggi non si scherza più!". Da oggi, le decisioni prese dal governo e le sue intenzioni, saranno fatte rispettare anche con l'uso della forza di un'esercito nelle strade. Che oggi è composto da 3000 soldati, ma domani, semplicemente apponendo una firma in calce ad un decreto, potrà essere un numero molto maggiore. L'importante è il rispetto delle decisioni prese dalle autorità. Un rispetto che deve essere fatto di ubbibienza silenziosa, come già aveva ricordato Berlusconi in occasione della conferenza stampa a seguito del primo consiglio dei ministri a Napoli. E guai a chi protesta.
Non so voi, ma io non mi sento affatto tranquillo.

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