martedì 17 febbraio 2009

Se una donna è peccatrice per aver subito violenza

Siamo di nuovo all'emergenza stupri. E siamo di nuovo alla giustizia del pene, quella del solo pugno duro, della sola repressione, della forza. Siamo di nuovo all'emergenza stupri e di nuovo si sentono soluzioni come più controlli, pene più severe, castrazione chimica e chirurgica. Delle non-soluzioni. Sarà certamente vero che sapere di dover scontare una pena, che sia d'ufficio ridotta ad un tempo ridicolo per il reato commesso, non aiuta a desistere dal commettere un reato. Ma nemmeno è così automatico il rapporto tra severità e riduzione del crimine. E comunque, siamo sempre nell'ambito dell'agire a violenza già consumata.

Un agire che non guarda alla dignità femminile da garantire, ma si occupa solo del reato. E le stesse soluzioni (che tali non sono) che è capace di trovare, rispecchiano sempre una mentalità orientata al maschile. Anche la castrazione chimica e addirittura chirurgica, la cui efficacia è da tempo stata smentita, è gridata populisticamente e prima di tutti, da coloro che si vantano di avercelo duro. Che anche se in riferimento alla politica, mostrano così una cultura maschista.

Siamo, per questo, alla giustizia del pene. Con queste non soluzioni, la politica così bassamente virile, si occupa, quindi, ancora dell'uomo, che si è impossessato violentemente di un corpo non suo. Anzichè occuparsi di come prevenire le violenze sulle donne, la politica si occupa di quali muscoli mostrare e contro quale soggetto. Che una volta si chiama magrebino, un'altra volta rumeno, oppure zingaro o ancora disadattato, ma mai e poi mai che sia maschio. Mai e poi mai che il problema sia nel rapporto tra uomo e donna. Mai e poi mai che si parli di come il corpo femminile sia sottoposto a controllo, come espressione maschile di espansione del suo potere.

Dalla famiglia alla scuola, dalle istituzioni alla religione, è moralmente vietato parlare di corpo e di sessualità. Nell'intruglio di maschilismo, machismo, populismo e reazione clericale che caratterizzano la nostra società, la sessualità, il rapporto uomo-donna, fino anche alla conoscenza del proprio corpo, diventano moralmente condannabili. Specie quando è la donna a volersi riappropriare del proprio corpo, per viverlo oltre la considerazione machilista e clericale di macchina riproduttiva. Senza sentirsi peccatrice quando indossa una gonna corta o scopre l'ombelico. Per superare quella cultura di potere maschile, che la vorrebbe colpevole anche quando vittima di uno stupro. Sembra un eccesso? Non lo è.

Provate a dare un'occhiata al testo pubblicato in Italia con il titolo "Venere e Imene al tribunale della penitenza", meglio conosciuto come "Manuale dei confessori", scritto nel 1885 da Jean Baptiste Bouvier (vescovo di Le Mans), specificatamente dedicato alle violazioni del sesto comandamento. In quel testo si risponde alla domanda su «ciò che deve fare una donna, oppressa dalla forza, affine di non peccare innanzi a Dio». Si presume pertanto un peccato femminile a causa di una violenza subita, anzichè dello stupratore. Forse perchè, il violentatore può essere caduto nella trappola femminile dell'abbigliamento, dato che le donne, secondo lo stesso testo, «sono sempre molto più degli uomini proclive verso questo genere di peccati e perchè attirando colla loro toeletta gli sguardi degli uomini, offrono ad essi occasione di spirituale rovina».

Non da ora, quindi, che la donna è considerata nel suo essere una peccatrice e come tale non considerata semplice vittima di un crimine brutale come lo stupro, ma provocatrice o al meglio istigatrice della violenza subita. Non è allora, come sempre più spesso si sente dire, per una caduta di valori che le violenze vengono commesse. Ma per il mai sradicato ed il rinnovarsi di pregiudizi tipicamente maschili. Forse per questo le violenze, qaundo consumate tra le mura di case abitate da famiglie unite nel sacro vincolo matrimoniale, rimangono nascoste.

Continua a leggere... Read more...

giovedì 12 febbraio 2009

La libertà di coscienza deve rimanere fuori dal Parlamento

Alla morte di Eluana Englaro, è seguito il voto sull'alimentazione forzata per coloro che non possono far fronte da soli alle proprie esigenze. Un decreto che costringerà anche chi è nel pieno delle proprie facoltà mentali, ad essere alimentato dopo un intervento chirugico che impianta un sondino nel proprio corpo. Cioè, costringe chiunque a subire delle cure. E' incostituzionale, certo. Ma così hanno votato i parlamentari di maggioranza, ed anche qualcuno dalle parti dell'opposizione, perchè così è stato dettato loro dalla propria coscienza. Chissà cosa succederà quando in Parlamento si dovrà votare per il testamento biologico. Certamente, come quasi sempre avviene per i temi cosiddetti etici, i partiti lasceranno ancora che si voti secondo coscienza. Quale coscienza?

Quella privata del singolo deputato o senatore. In sostanza viene lasciata libertà di votare in base al proprio giudizio etico, alla propria sensibilità morale, secondo il concetto personale che si ha del bene e del male. Ma un legislatore non può decidere di votare dopo essersi chiesto, se in sua coscienza, l'aborto è un bene o un male, o se è un bene o un male l'autanasia, o se lo è il testamento biologico, o ancora se lo è il rapporto omosessuale o la fecondazione assistita. Quello che il politico deve chiedersi, è se una data legge è giusta o sbagliata ripetto ai principi di libertà ed uguaglianza di ognuno dei cittadini. Due principi, quelli di libertà ed uguaglianza, inscindibili. Perchè insieme hanno il significato di piena libertà di essere se stessi, con le proprie diversità rispetto ad altri e con le proprie specificità, e godere allo stesso tempo della pienezza dei diritti, ugualmente ad ogni altro.

Il parlamentare deve decidere di votare valutando se il suo "sì" o il suo "no" rispetta la possibilità di ognuno, di godere del diritto di esprimere la propria identità, che può essere diversa dall'identità del singolo deputato o senatore. Se poi un singolo cittadino si avvarrà o meno di una data legge, non è un discrimine che può essere valutato dal legislatore. Nè deve essere considerato, a livello di base sociale, quanti in coscienza ritengono sia un bene o un male un dato provvedimento. Altrimenti, anzichè di democrazia, inteso come luogo dove le minoranze possono esprimersi, si dovrebbe parlare di "dittatura della maggioranza".

Ed oggi, nelle istituzioni soprattutto, mi pare che proprio con questo tipo di dittatura abbiamo a che fare. Una dittaura fatta di una maggioranza la cui etica, la cui coscienza, rispecchia quella delle gerarchie cattoliche. E' questa la condizione da cui credo si abbandoni la laicità, che dovrebbe essere propria dello Stato e si precipita quindi verso uno Stato etico. Così si scivola verso quella dittatura religiosa da cui dovremmo liberarci.

Continua a leggere... Read more...

mercoledì 11 febbraio 2009

Il 61% delle aziende è irregolare? Il governo riduce i controlli

Quante volte si sono spese parole per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro. Ad ogni strage, si versano lacrime e si pronunciano fiumi di parole. Lacrime di coccodrillo e parole di ipocrisia. Queste sono alla luce dei fatti.

Da quando questo governo si è insediato, sul tema della sicurezza sul lavoro non ha fatto altro che individuare la strada da seguire secondo il buon senso, e percorrere quella esattamente opposta. Così, questo governo ha prorogato i termini per la nuova valutazione dei rischi; ha eliminato le sanzioni per mancata esposizione del tesserino di riconoscimento, favorendo la possibilità di ricorso al lavoro irregolare; ha abrogato la sospensione dell'attività per il mancato rispetto degli orari di lavoro. Inoltre, in questi giorni stanno tentando di eliminare la figura del RLS dalle aziende al di sotto dei 16 dipendenti. Cosa mancava?

Mancava la riduzione delle ispezioni degli organi di controllo presso le aziende. Dopo aver cancellato la possibilità di denuncia anonima delle irregolarità, mancava questa scelleratezza ed ecco che il ministero del lavoro rimedia subito. Così, nel "Documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2009" si legge: "rispetto al numero delle aziende da ispezionare programmate nel 2008 il cambiamento di rotta dell'azione di vigilanza comporterà la realizzazione di un minor numero di interventi ispettivi - circa il 17% -".

La stranezza (ma nella logica padronale che guida l'azione di governo nemmeno troppo), è che la riduzione programmata del numero di ispezioni avviene in concomitanza con la divulgazione dei risultati dell'attività di vigilanza 2008. Il rapporto delle ispezioni dello scorso anno, evidenzia che il 61% delle aziende ispezionate è risultato irregolare e sono risultati irregolari 303.301 lavoratori, di cui il 42% totalmente in nero. Ed inoltre sono stati adottati 3.978 provvedimenti di sospensione.

Troppi controlli. Troppe sanzioni. Le aziende, specie in tempi di recessione vogliono le mani libere. Vogliono meno costi. Meno lacci e lacciuoli legislativi, specie se si tratta del "fardello" sicurezza sul lavoro. Ed eccole accontentate: il governo da loro la possibilità di mantenere condizioni di irregolarità, grazie alla riduzione del rischio (già remoto) di essere sottoposte a controlli. Ora i padroni potranno stare un po' più tranquilli. I lavoratori hanno un motivo in più per essere preoccupati.

Continua a leggere... Read more...

martedì 10 febbraio 2009

Nelle piccole aziende si può rischiare di morire sul lavoro. Così stanno decidendo

Subito la notizia: la prima commissione parlamentare Affari Costituzionali ha approvvato ieri, due emendamenti leghisti, che eliminano la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza all'interno delle aziende al di sotto dei 16 dipendenti.

Siccome spesso, per le funzioni aziendali in materia di sicurezza sul lavoro, si fa confusione è bene spiegare di cosa si sta parlando. Molte volte, infatti, ho sentito confodere i ruoli tra responsabile della sicurezza e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (in sigle: RSPP il primo e RLS il secondo). E' capitato addirittura che questa confusione sia stata manifestata da ministri del lavoro.
Il RSPP è un professionista designato dal datore di lavoro con il compito di gestire la sicurezza aziendale. Il RLS è un lavoratore eletto dagli altri lavoratori o designato dalle organizzazioni sindacali, e rappresenta i lavoratori per la materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e deve essere adeguatamente formato.
Con il Testo Unico approvato dal governo Prodi, "in tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure è individuato per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo". Quando individuato per più aziende il RLS è detto rappresentante territoriale per la sicurezza (RLST).

Se dovessero passare gli emendamenti leghisti, il RLS potrà essere eletto o designato solo per aziende con oltre 16 dipendenti e nel caso di non elezione o designazione, non vi sarebbe più l'obbligo di individuare il RLST. In sostanza i lavoratori non avrebbero rappresentanza in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Praticamente cade l'impianto legislativo sulla sicurezza sul lavoro, per il quale, dal 1996 e cioè dall'entrata in vigore del D.Lgs. 626, si è andati verso una gestione condivisa della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ed indipendentemente dal fatto che sia stata o meno realmente applicata, la partecipazione dei lavoratori verrebbe anche formalmente annullata. La vita e la salute dei lavoratori, tornerebbe ad essere assoluta prerogativa padronale. Un salto indietro di oltre 10 anni!

Considerando che le aziende al di sotto dei 16 dipendenti sono la stragrande maggioranza in Italia, una modifica di questo tipo al Testo Unico per la sicurezza sul lavoro, significa di fatto, per i lavoratori, una riduzione drastica delle possibilità di tutela della propria salute e della propria integrità fisica.
Tradotto dal linguaggio governativo, significa che l'unico diritto che conta è quello padronale, di disporre dei lavoratori come meglio si creda. Significa dare mano libera ai padroni di violare le norme di sicurezza, perchè tanto controlli in azienda da parte delle ASL sono improbabili e non c'è chi rappresenti i lavoratori e che sia formato in tal senso. Significa, più brutalmente, che nelle piccole aziende si può rischiare di farsi male, di rimanere invalidi ed anche di morire, senza troppe rotture di coglioni per i padroni.

Questo mentre il contatore di articolo21.info è aggiornato a 117 morti, 117084 infortuni, 2927 invalidi. Qualcuno ha ancora dubbi su quali interessi questo governo tuteli?

Continua a leggere... Read more...

Autodenunciamoci per istigazione all'omicidio

Eluana Englaro è morta. Finalmente libera. Sapevo che ne avrei scritto un post. Non sapevo esattamente come. Avrei potuto scrivere di cosa ho provato, quando ieri sera ho saputo della sua morte. Avrei potuto scrivere della squallida rissa politica in Senato. Si potrebbe dire dell'opportunistico scontro istituzionale.
Ma una cosa mi ha colpito in maniera molto, molto forte. Una cosa su tutte mi ha toccato fin dove convivono in me il sentimento di umanità e quello di odio. In questo caso di umanità verso Beppino, padre di Eluana. Di odio nei confronti del prof. Carlo Taormina, ex magistrato e ex sottosegretario agli Interni, che ieri ha annunciato la sua decisione di denunciare Beppino Englaro per omicidio premeditato.
Il rischio, ora che Eluana è morta, è che suo padre Beppino venga lasciato solo. Più di prima in balia di una persecuzione politica, teocratica e moralista. In balia del più meschino e becero opportunismo politico.
Credo sia opportuno far sentire a quanti hanno intenzione di cavalcare l'onda speculativa del caso Eluana, il sentimento di civile indignazione e di vicinanza al dolore ed all'impegno di Beppino Englaro. Se davvero Taormina dovesse percorrere la strada della dennuncia per omicidio e questa avesse seguito, si potrebbe pensare ad una lettera di autodenuncia per istigazione a delinquere, da indirizzare al prof. Carlo Taormina oppure alla procura di Roma, dove l'ex sottosegretario presenterà denuncia. Oppure a qualche organo istituzionale. L'autodenuncia potrebbe essere questa, ma si accettano (e si spera in) consigli e partecipazione:
Egregio ...
ho appreso con sconcerto ma senza eccessiva meraviglia dagli organi di stampa, dell'intenzione del prof. Carlo Taormina, già magistrato e sottosegretario agli Interni, di denunciare per omicidio premeditato alla Procura di Roma, Beppino Englaro, padre di Eluana morta a quattro giorni dalla sospensione dell'alimentazione forzata, avvenuta dopo la sentenza di autorizzazione della Corte di Cassazione di Milano.
Mi preme affermare la mia incapacità a leggere nelle intenzioni del prof. Taormina, un qualsivoglia sentimento di umana pietà o di senso civico, che invece sarebbe necessario in momenti come questi. Almeno ora che Eluana ha la possibilità di riposare in pace, sarebbe stato opportuno osservare un rispettoso silenzio. Rispettoso dei 17 anni di sofferenze, battaglie legali e politiche condotte da Beppino Englaro. Ma soprattutto rispettoso dei sentimenti dei cari che Eluana ha lasciato ed in particolare di suo papà.
Alla fine di anni di calvario, ancora non c'è pace per Beppino Englaro, che lo si vorrebbe dipingere come un criminale, un assassino. Ma se Beppino Beppino Englaro può essere accusato di omicidio premeditato, io credo di potermi ritenere un istigatore di quel presunto reato, per il mio sostegno morale e civico alla causa portata avanti dal padre di Eluana.
Distinti saluti.


Ciao Eluana ... e grazie!

Continua a leggere... Read more...

lunedì 9 febbraio 2009

Appello contro l'installazione in Italia del comando Africom

Nello scorso dicembre, la decisione del ministero degli esteri italiano di ospitare l'Africom (U.S.Africa Command) è passata quasi completamente inosservata.
Africom è il comando statunitense per l'Africa con l'obiettivo dichiarato di portare aiuto in quel continente, ma a sostegno "della politica estera degli Stati Uniti". Nel progetto è previsto il sostegno alle unità militari di crisi, alle forze antiterroristiche in nord Africa e la formazione degli eserciti nazionali africani. A questo progetto, partorito nel 2007 dalla mente guerrafondaia e colonialista di Bush, è stato opposto il rifiuto di offrire ospitalità da parte degli stessi Paesi africani.
A quel punto, occorreva trovare una base operativa in una nazione vicina al continente africano. La Spagna era stata la prima scelta americana, ma Zapatero ha opposto il suo rifiuto, per la gioia del governo italiano, che ha prontamente offerto la sua ospitalità a centinaia di militari e mezzi da guerra USA sul proprio territorio, e precisamente a Napoli e Vicenza.
Il governo italiano, in pieno stile autoritario ed applicando quel decisionismo che in troppi continuano incoscientemente a reclamare, ha pensato di comunicare questa sua decisione ad alcuni Stati africani, ma ha preferito non informare il Parlamento ed i cittadini italiani.
Contro questo atto assolutamente antidemocratico del governo italiano, è nato un appello di molti studiosi africanisti e di diverse aree disciplinari.

Appello contro l'installazione in Italia del comando Africom delle forze armate USA

Nel Dicembre 2008 il Ministro degli Esteri annunciava un importante accordo dalle pesanti ricadute in politica interna e internazionale: Africom sarebbe stato ospitato in Italia. Pochissimi ne hanno preso atto con la serietà e la preoccupazione che sarebbe stata necessaria, pochi di più ne sanno qualcosa. Non se ne parla affatto, né ne è stato discusso in Parlamento o nelle amministrazioni locali delle regioni interessate, eppure, il nostro Paese ospiterà il comando del Pentagono, coordinato tra Vicenza e Napoli, nella basi operative americane Ederle, Dal Molin e Sigonella; a quest'ultima - come s'è appurato nel 2005 - fa già capo la centrale d'intelligence per le operazioni anti-terrorismo in Africa: un osservatorio di telecomunicazioni e aerei P-3C Orion gestiscono il controllo di un’area compresa tra Golfo di Guinea e Corno d’Africa e ora sopraggiungeranno altri soldati (750), armamenti e logistica. Alex Zanotelli e la sua rete stanno facendo molto per sensibilizzare la cittadinanza circa i modi in cui una decisione di tale importanza sia stata presa senza alcun riguardo per le Istituzioni: noi, in qualità di studiosi, invitiamo a prendere in seria considerazione le implicazioni di un simile accordo.

Qui per leggere tutto l'appello

Continua a leggere... Read more...

giovedì 5 febbraio 2009

Sacconi e Roccella. Attenti a quei due

Accanimento ideologico di uno Stato teocratico. Questo stanno subendo Eluana ed i suoi genitori, che cercano una strada per dare riposo ad un corpo senza vita.
Non voglio affrontare il tema della vita, della morte, della sofferenza. Cose che ognuno vive a modo proprio. Pure se, anche in questo si misura il rispetto della dignità umana.
Ma il ministro Sacconi ed la sottosegretaria Roccella, non lo sanno. Se ne fregano. E così annunciano la possibilità di fare approvare dal governo un decreto urgente, per fermare in qualche modo l'esecuzione delle sentenze dei tribunali, che acconsentono all'interruzione delle terapie per Eluana. Sarebbe l'ennesimo spregevole atto del ministro Sacconi contro decisioni di tribunali sul caso Englaro. Solo l'ultimo di una serie di atti, che potrebbero essere definiti persecutori, contro Eluana e la sua famiglia.
Nell'atteggiamento cinico e sadico di Sacconi e Roccella, trova luogo la più bassa e volgare meschinità. Formalmente rappresentanti del popolo italiano e sostanzialmente invasati sostenitori del Vaticano, Sacconi e Roccella sembrano seguire, più che la Costituzione italiana, le leggi della Santa Sede ed le dogmatiche imposizioni vaticane. Due rappresentanti dello Stato italiano, che farebbero sospettare di essere infiltrati della Santa Sede nelle istituzioni repubblicane. Ma sappiamo che non ce n'è bisogno di 007. Che questa sgangherata Repubblica è già incamminata verso la teocrazia.

Dovrebbero essere fermati, in qualche modo (ovviamente legittimo e democratico), Sacconi e Roccella. Daljavascript:void(0) buon senso, ma è inutile contarci. Da qualche istituzione repubblicana, ma non pare possibile. Dalle proteste dei cittadini, che tanto non le ascolterebbero. Ma sembrano così presi nella loro opera teocratica, che forse solo la sindrome del chiavistello potrebbe fermarli, che magari darebbe anche la possibilità di capire cosa si prova ad essere prigionieri del proprio corpo. Lo so che il male si dovrebbe augurare a nessuno. Ma è ancora più vero che non si dovrebbe farlo.

Continua a leggere... Read more...

mercoledì 4 febbraio 2009

Sbarramento al 4%. La democrazia del PDdL e di Veltrusconi

Un passaggio al Senato e poi la rappresentanza politica potrà essere solo un'illusione per milioni di italiani. Dopo l'approvazione alla Camera, PD, PdL e IdV voteranno ancora tutti insieme appassionatamente "sì" per lo sbarramento al 4% per le lelezioni europee decretando, per circa oltre 4 milioni di italiani, la fine della loro rappresentanza al parlamento europeo. Circa il 10% dei cittadini italiani senza rappresentanza politica in Europa. Questa è la democrazia del PDdL (Partito Democratico delle Libertà)?

Non c'entra la governabilità europea, visto che alle elezioni non consegue la formazione di un governo. Non c'entra nemmeno la frammentazione politica, che in Europa è difficilmente possibile, visto che per formare un nuovo gruppo parlamentare sono necessari almeno 20 europarlamentari, provenienti da 1/5 degli Stati membri. Considerando che l'Italia conta 78 deputati e gli Stati membri sono 27, si capisce la difficoltà a formare un nuovo gruppo.
E seppure questo fosse il motivo, il PD dovrebbe mostrare un minimo di coerenza e finalmente decidere e fare sapere ai suoi elettori, in quale gruppo dell'europarlamento finirà. Tanto per apparire un pochino serio e meno ridicolo. E soprattutto politicamente onesto almeno nei confronti degli italiani a cui chiede il "voto utile".

L'obiettivo vero e non dichiarato (o meglio, ipocritamente smentito) è quello di eliminare definitivamente la rappresentanza politica della sinistra, per avviare un regime di bipolarismo che porti, alla fine, in trionfo il Veltrusconismo.
Tutto in nome della governabilità e di una pericolosa smania di decisionismo, per la quale si è disposti a sacrificare anche un po' di democrazia. Ecco dov'è il pericolo: l'esasperazione governativa a discapito anche della democrazia (o di quel che ne rimane). Che altro non significa che esaltazione dell'esecutivo e mortificazione della rappresentanza. Squlibrio tra poteri.

Prepariamoci a prossimi inciuci, a concessioni fatte in nome di una inutile "opposizione responsabile" (che vada per la responsabilità, ma a quando è prevista l'opposizione?). Prepariamoci a regalie politiche per interessi di segreteria. E soprattutto, prepariamoci a decenni di governo di destra.

Continua a leggere... Read more...

martedì 3 febbraio 2009

Normale razzismo di un'Italia che sta marcendo

Il razzismo, inteso come atteggiamento discriminatorio nei confronti di persone diverse da certi parametri stabiliti, è diventata una cosa normale. Tanto normale da essere parte della dialettica politica. Senza autocensure e senza responsabilità, anche solo morali.

Normale è se porti i capelli corti, se sei italiano nato da genitori italiani di pelle chiara. Sei normale se vesti alla moda, se no sei un barbone. Ed in questa normalità, l'essere barbone è una condizione spregievole. Non per chi conduce quella vita che non conosce dignità umana, ma chi quella vita la osserva dall'alto di un Suv o nel calore di una pelliccia.

Lo dicono anche dalle parti della politica che conta, che nei confronti di certe persone, che non sono normali perchè clandestine, bisogna usare cattiveria; semmai è normale farle lavorare in nero nelle fabbriche di ricchi padroni. Lo sanno tutti che ci vuole tolleranza zero, verso chi ti lava i vetri della macchina, perchè normalmente la vettura la si porta all'autolavaggio e sarebbe più normale per chi è immigrato in questo Paese, pulire da servitori le case dei ricchi. E lo dicono pure i ministri che ci vuole il pugno forte contro gli zingari, che vivono in roulotte, mentre normalità sarebbe avere una bella casa con vista mare ed interni in marmo; anche se normalità è che la casa non te la puoi permettere ed allora però non sei normale. E pure gli omosessuali mica sono normali ad accoppiarsi tra loro; semmai è normale sbavare virilmente e gonfiarsi nelle mutande, alla vista di strusciate lesbiche.

Devi stare dentro certi parametri già stabiliti. Non puoi né crearne altri, né sfumare quelli che già ci sono. O sei dentro quelli, o sei fuori. Sei fuori dalla società, dai discorsi dei salotti televisivi, dalle attenzioni della politica che a questo punto può però venderti al mercato del consenso. Può darti in pasto a persone normali che possono anche darti fuoco per vedere che effetto fa. Tanto tu non sei normale, perciò non sei utile ad una società sempre più egoista, stupita e conformista.

Normale è diventato il privilegio; l'arroganza; la stupidità; il conformismo; l'egoismo; il fascismo. Degradazioni sociali divenute di senso comune e perciò rassicuranti. Questo è il vero e pericoloso problema. Da affrontare in tutti i luoghi, quotidianamente e con chiunque, provando a smontare la normalità di una cultura egoista e discriminatoria. Respingendo la normalità del più forte e difendendo irregolarità, le straordinarietà, le singolarità rispetto a parametri stabiliti.
«L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incoltura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo [...] Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società»
Pier Paolo Pasolini

Ed io sono antifascista.

Continua a leggere... Read more...

Sindaco "intronato", tronisti ed un calendario sexy, per dimenticare Gomorra

Conoscete i fratelli Angelucci? No?! Io nemmeno, fino a pochi minuti fa. Vivevo comunque, senza ovviamente sentirne l'esigenza. E siccome ogni tanto è bene parlare di cazzate, ed io in questo momento voglio farlo, non poteva capitarmi argomento migliore.

I fratelli Angelucci, dunque. Si chiamano Salvatore e Cristiano e (non lo sapevo ma mi fido) pare siano famosi per aver partecipato a "Uomini e donne". Quella trasmissione culturale condotta da Maria De Filippi, nella quale donne emancipate dalla razionalità, si contendono esimi cultori di pettorali e gel per capelli seduti su un trono. Immagino ora che qualcuno comincerà a pensare ai soliti luoghi comuni sui bellocci televisivi, svampiti, un po' ignorantelli e con il pensiero prevalentemente rivolto a bicipiti e femorali. Anch'io avevo questo stereotipo di persona quando sentivo parlare di "tronisti".

Poi, oggi, la notizia che non ti aspetti: i fratelli Angelucci, appunto, si adoperano per un'iniziativa contro la camorra. Si tratta, nientepopodimeno che di un calendario sexy con scatti realizzati a Casal di Principe. E chi se lo sarebbe mai aspettato: un calendario contro la camorra. Cioè, non proprio contro la camorra. E' più che altro un'iniziativa a favore degli abitanti di Casal di Principe che subiscono la camorra. Anzi, meglio: è un'iniziativa per dare al comune del casertano, un'immagine diversa da quella descritta in Gomorra da Roberto Saviano. Insomma, è un'iniziativa per far dimenticare un po' la camorra.

Non so quale mente geniale possa aver partorito siffatta idea. Ma la proposta è fortemente sostenuta dall'estroso sindaco di Casal di Principe, Cristiano Cipriano che non ne può più di sentire trattare del suo comune e di "'O sistema" nel contesto dello stesso argomento. Meglio, appunto, parlare di tronisiti. Ovvero, non parlare.
Bravo sindaco "intronato".

Continua a leggere... Read more...

lunedì 2 febbraio 2009

Vu cumprà le mie braccia?

Bel dilemma ora si trovano davanti leghisti e simili: hanno ragione gli inglesi, o sono nel giusto gli italiani nella questione del lavoro in Gran Bretagna? Il dilemma nasce nel momento in cui un'azienda italiana vince un appalto per lavori in una raffineria inglese, ed i dipendenti della ditta appaltatrice sono accusati dai lavoratori inglesi di "rubare" loro il lavoro. Le motivazioni le conosciamo, perchè sono le stesse mosse nei confronti dei migranti in Italia: lavoro a basso costo e mancato rispetto delle norme di sicurezza, in primo luogo. E così la protesta inglese sfocia in uno sciopero con slogan "lavoro britannico per lavoratori britannici". Anche questo già sentito entro gli italici confini.
Ed ora, quindi, da che parte si mettono i sostenitori del "lavoro agli italiani"? Potrebbero dire che hanno ragione gli inglesi perchè il lavoro deve essere svolto da chi ha cittadinanza in una data nazione. Ma allora è vero che gli italiani stanno "rubando" lavoro agli inglesi. E allora no! Meglio forse dire che gli italiani hanno vinto una gara d'appalto in un Paese estero ed hanno perciò diritto a svolgere quel lavoro, visto che siamo in regime di libero mercato. E quindi, di riflesso, un migrante in Italia ha lo stesso diritto degli italiani in Inghilterra e perciò vengono a "rubarci" un bel niente.

Parliamoci chiaro: in Gran Bretagna come Italia, chiunque in condizioni di bisogno acceterebbe un lavoro sottopagato anche se qualificato. Cosa può fare un singolo lavoratore che deve mettere insieme il pranzo con la cena, se la sua condizione è al limite di una vita dignitosa? Può solo provare a campare con quello che gli viene concesso, soprattutto di questi tempi e con la disoccupazione che cresce. E' così per il lavoratore italiano all'estero ed è così per il lavoratore migrante in Italia.
E' quello che vogliono lor signori padroni: mettere in concorrenza il lavoro ed i lavoratori. Una concorrenza selvaggia voluta in nome della libertà d'impresa, invocata come fosse un dogma a cui subordinare ogni cosa e sull'altare della quale consumare il sacrificio di ogni diritto sociale, sindacale ed umano. Quante volte si sono sentiti quegli stessi padroni (o imprenditori se meglio aggrada, ma la sostanza non cambia) imprecare contro la ditta di napoletani se ci si trova al Nord, contro i rumeni o i nord-africani in tutta Italia. Ma mentre imprecano, sub-appaltano lavori a ditte impresentabili, per trarre maggiore profitto. E quante volte sfruttano le condizioni di precarietà dei lavoratori o li tengono in nero. Quante altre volte, per ridurre i costi, azzerano i livelli di sicurezza. Ogni cosa è ammessa al grande mercato del lavoro, dove si comprano braccia e teste a basso costo.

In quel mercato, la contrattazione la vogliono a tu per tu, così possono trattare al ribasso come fossero al mercato del pesce. Faccia a faccia con il padrone, il potere contrattuale del lavoratore è praticamente nullo e perciò costretto a svendere le propria braccia, il suo cervello e qualche volta a regalare anche il culo. Alimentando così una guerra tra lavoratori. Una guerra tra poveri, condotta con le spuntate armi della precarietà e del bisogno.
Lo sciopero dei lavoratori inglesi, anche strumentalmente detto anti-italiani, rilancia perciò il tema della lotta contro la controriforma contrattuale voluta da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl, il cui scopo altro non è che la disintegrazione della contrattazione nazionale, specie nel suo scopo unificante e perciò di forza dei lavoratori da trasformare in "vu cumprà" di forza lavoro.

P.S: a proposito di migranti e di dirtti violati, segnalo questo importante appello sul blog Uhurunausalama.

Continua a leggere... Read more...

  © Blogger templates The Professional Template by Ourblogtemplates.com 2008

Back to TOP