Visualizzazione post con etichetta violenza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta violenza. Mostra tutti i post

martedì 17 febbraio 2009

Se una donna è peccatrice per aver subito violenza

Siamo di nuovo all'emergenza stupri. E siamo di nuovo alla giustizia del pene, quella del solo pugno duro, della sola repressione, della forza. Siamo di nuovo all'emergenza stupri e di nuovo si sentono soluzioni come più controlli, pene più severe, castrazione chimica e chirurgica. Delle non-soluzioni. Sarà certamente vero che sapere di dover scontare una pena, che sia d'ufficio ridotta ad un tempo ridicolo per il reato commesso, non aiuta a desistere dal commettere un reato. Ma nemmeno è così automatico il rapporto tra severità e riduzione del crimine. E comunque, siamo sempre nell'ambito dell'agire a violenza già consumata.

Un agire che non guarda alla dignità femminile da garantire, ma si occupa solo del reato. E le stesse soluzioni (che tali non sono) che è capace di trovare, rispecchiano sempre una mentalità orientata al maschile. Anche la castrazione chimica e addirittura chirurgica, la cui efficacia è da tempo stata smentita, è gridata populisticamente e prima di tutti, da coloro che si vantano di avercelo duro. Che anche se in riferimento alla politica, mostrano così una cultura maschista.

Siamo, per questo, alla giustizia del pene. Con queste non soluzioni, la politica così bassamente virile, si occupa, quindi, ancora dell'uomo, che si è impossessato violentemente di un corpo non suo. Anzichè occuparsi di come prevenire le violenze sulle donne, la politica si occupa di quali muscoli mostrare e contro quale soggetto. Che una volta si chiama magrebino, un'altra volta rumeno, oppure zingaro o ancora disadattato, ma mai e poi mai che sia maschio. Mai e poi mai che il problema sia nel rapporto tra uomo e donna. Mai e poi mai che si parli di come il corpo femminile sia sottoposto a controllo, come espressione maschile di espansione del suo potere.

Dalla famiglia alla scuola, dalle istituzioni alla religione, è moralmente vietato parlare di corpo e di sessualità. Nell'intruglio di maschilismo, machismo, populismo e reazione clericale che caratterizzano la nostra società, la sessualità, il rapporto uomo-donna, fino anche alla conoscenza del proprio corpo, diventano moralmente condannabili. Specie quando è la donna a volersi riappropriare del proprio corpo, per viverlo oltre la considerazione machilista e clericale di macchina riproduttiva. Senza sentirsi peccatrice quando indossa una gonna corta o scopre l'ombelico. Per superare quella cultura di potere maschile, che la vorrebbe colpevole anche quando vittima di uno stupro. Sembra un eccesso? Non lo è.

Provate a dare un'occhiata al testo pubblicato in Italia con il titolo "Venere e Imene al tribunale della penitenza", meglio conosciuto come "Manuale dei confessori", scritto nel 1885 da Jean Baptiste Bouvier (vescovo di Le Mans), specificatamente dedicato alle violazioni del sesto comandamento. In quel testo si risponde alla domanda su «ciò che deve fare una donna, oppressa dalla forza, affine di non peccare innanzi a Dio». Si presume pertanto un peccato femminile a causa di una violenza subita, anzichè dello stupratore. Forse perchè, il violentatore può essere caduto nella trappola femminile dell'abbigliamento, dato che le donne, secondo lo stesso testo, «sono sempre molto più degli uomini proclive verso questo genere di peccati e perchè attirando colla loro toeletta gli sguardi degli uomini, offrono ad essi occasione di spirituale rovina».

Non da ora, quindi, che la donna è considerata nel suo essere una peccatrice e come tale non considerata semplice vittima di un crimine brutale come lo stupro, ma provocatrice o al meglio istigatrice della violenza subita. Non è allora, come sempre più spesso si sente dire, per una caduta di valori che le violenze vengono commesse. Ma per il mai sradicato ed il rinnovarsi di pregiudizi tipicamente maschili. Forse per questo le violenze, qaundo consumate tra le mura di case abitate da famiglie unite nel sacro vincolo matrimoniale, rimangono nascoste.

Continua a leggere... Read more...

mercoledì 23 aprile 2008

Il braccialetto antiviolenza è una proposta inutile

Altri casi di violenza sulle donne sono stati registrati e divulgati in questi giorni: uno a Roma, l'altro a Milano. Intanto diciamo che questo genere di violenza non si è mai fermato, a differenza dell'informazione sul tema. Solo che in questi ultimi giorni di campagna elettorale, quello della violenza sulla donne è un tema che può tornare molto utile, in vista del ballottaggio per le elezioni di sindaci in diverse città italiane ed a Roma in particolare.
Ovviamente, essendo questo un tema caro agli elettori quando la violenza è commessa da stranieri, e poichè appunto siamo alle ultime battute di campagna elettorale, è bene proporre qualcosa che possa catalizzare i voti. Il colpo di genio questa volta è di Rutelli (chi lo avrebbe immaginato), che propone di dotare le donne di un braccialetto antistupro. Subito è scattata la replica negativa del suo competitore elettorale Alemanno, che deve essersi risentito di essere stato anticipato nella proposta.
Sull'argomento, mi vengono da fare due considerazioni: la prima e meno importante è sul costo del braccialetto. Non deve segnalare solo una richiesta d'aiuto. Deve anche specificare da dove la richiesta proviene e perciò credo abbia bisogno di un sistema di localizzazione, sufficientemente preciso, che sia funzionante in ogni luogo aperto o chiuso che sia. Una sicurezza di lusso, mi verrebbe da pensare in prima battuta: Chi può permettersi un aggeggio del genere può passeggiare in santa pace; chi deve ogni giorno contare i soldi per prima di fare la spesa, continua a vivere nel timore. Ma insomma, quella economica sarebbe una difficoltà superaribile con contributi statali o degli enti locali.
L'altra considerazione - più importante - è di natura, per così dire culturale. Si tende all'intervento in caso di violenza avvenuta o nel migliore dei casi, di protezione preventiva contro violentatori che comunque continueranno ad esistere. Soprattutto che continuano a vivere molto spesso, negli stessi luoghi, nelle stesse case, a dormire negli stessi letti delle vittime di quelle violenze. Perchè non bisogna dimenticare che la stragrande maggiornza delle violenze subite dalle donne, avviene tra le mura domestiche e che i violenti, sono quasi sempre mariti, fidanzati, compagni, familiari o comunque conoscenti della vittima.
Quella di Rutelli potrebbe essere una proposta accettata come soluzione utlima, se solo fosse sinceramente orientata alla prevenzione delle violenze sulle donne. Ma la prevenzione non la si fa promuovendo un braccialetto per donne sole nelle vie della città. Per quello che si diceva prima e perchè è lacultura machista che deve essere ancora scardinata.
In troppi pochi casi ancora si denunciano queste violenze e per mille motivi che sarebbero da indagare a fondo. Troppo pochi sono i centri antiviolenza a cui potersi rivolgere. Scarsa è la cultura sessuale e l'attenzione alle relazioni tra uomo e donna. Di strada da fare ce n'è ancora tanta e quella del braccialetto appare solo una semplice scorciatoia impraticabile.

Continua a leggere... Read more...

  © Blogger templates The Professional Template by Ourblogtemplates.com 2008

Back to TOP