lunedì 2 febbraio 2009

Vu cumprà le mie braccia?

Bel dilemma ora si trovano davanti leghisti e simili: hanno ragione gli inglesi, o sono nel giusto gli italiani nella questione del lavoro in Gran Bretagna? Il dilemma nasce nel momento in cui un'azienda italiana vince un appalto per lavori in una raffineria inglese, ed i dipendenti della ditta appaltatrice sono accusati dai lavoratori inglesi di "rubare" loro il lavoro. Le motivazioni le conosciamo, perchè sono le stesse mosse nei confronti dei migranti in Italia: lavoro a basso costo e mancato rispetto delle norme di sicurezza, in primo luogo. E così la protesta inglese sfocia in uno sciopero con slogan "lavoro britannico per lavoratori britannici". Anche questo già sentito entro gli italici confini.
Ed ora, quindi, da che parte si mettono i sostenitori del "lavoro agli italiani"? Potrebbero dire che hanno ragione gli inglesi perchè il lavoro deve essere svolto da chi ha cittadinanza in una data nazione. Ma allora è vero che gli italiani stanno "rubando" lavoro agli inglesi. E allora no! Meglio forse dire che gli italiani hanno vinto una gara d'appalto in un Paese estero ed hanno perciò diritto a svolgere quel lavoro, visto che siamo in regime di libero mercato. E quindi, di riflesso, un migrante in Italia ha lo stesso diritto degli italiani in Inghilterra e perciò vengono a "rubarci" un bel niente.

Parliamoci chiaro: in Gran Bretagna come Italia, chiunque in condizioni di bisogno acceterebbe un lavoro sottopagato anche se qualificato. Cosa può fare un singolo lavoratore che deve mettere insieme il pranzo con la cena, se la sua condizione è al limite di una vita dignitosa? Può solo provare a campare con quello che gli viene concesso, soprattutto di questi tempi e con la disoccupazione che cresce. E' così per il lavoratore italiano all'estero ed è così per il lavoratore migrante in Italia.
E' quello che vogliono lor signori padroni: mettere in concorrenza il lavoro ed i lavoratori. Una concorrenza selvaggia voluta in nome della libertà d'impresa, invocata come fosse un dogma a cui subordinare ogni cosa e sull'altare della quale consumare il sacrificio di ogni diritto sociale, sindacale ed umano. Quante volte si sono sentiti quegli stessi padroni (o imprenditori se meglio aggrada, ma la sostanza non cambia) imprecare contro la ditta di napoletani se ci si trova al Nord, contro i rumeni o i nord-africani in tutta Italia. Ma mentre imprecano, sub-appaltano lavori a ditte impresentabili, per trarre maggiore profitto. E quante volte sfruttano le condizioni di precarietà dei lavoratori o li tengono in nero. Quante altre volte, per ridurre i costi, azzerano i livelli di sicurezza. Ogni cosa è ammessa al grande mercato del lavoro, dove si comprano braccia e teste a basso costo.

In quel mercato, la contrattazione la vogliono a tu per tu, così possono trattare al ribasso come fossero al mercato del pesce. Faccia a faccia con il padrone, il potere contrattuale del lavoratore è praticamente nullo e perciò costretto a svendere le propria braccia, il suo cervello e qualche volta a regalare anche il culo. Alimentando così una guerra tra lavoratori. Una guerra tra poveri, condotta con le spuntate armi della precarietà e del bisogno.
Lo sciopero dei lavoratori inglesi, anche strumentalmente detto anti-italiani, rilancia perciò il tema della lotta contro la controriforma contrattuale voluta da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl, il cui scopo altro non è che la disintegrazione della contrattazione nazionale, specie nel suo scopo unificante e perciò di forza dei lavoratori da trasformare in "vu cumprà" di forza lavoro.

P.S: a proposito di migranti e di dirtti violati, segnalo questo importante appello sul blog Uhurunausalama.

5 commenti:

Unknown 2 febbraio 2009 alle ore 16:10  

Mi pare che il problema, al di là dei ritorni in patria di certo becero razzismo, in questo caldo inverno del nord, sia sempre lo stesso: guerreggiare tra poveracci e poveracci, l'unica lotta di classe che di questi tempi ci lasciano fare, lorsignori. Se fossero stati non italiani ma di un qualche Paese disgraziato, avremmo assistito a ben altro, non certo a servizi giornalistici di stampo "vecchio cuore deamicisiano".

Pierprandi 2 febbraio 2009 alle ore 18:06  

Come sempre in Italia, due pesi e due misure...Che tristezza... A presto

Anonimo,  2 febbraio 2009 alle ore 18:56  

Chi la fa l'aspetti ....

Uhurunausalama 2 febbraio 2009 alle ore 19:58  

Ehhhh...non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te!!!

Aride 2 febbraio 2009 alle ore 20:32  

Mah.... Io da internazionalista credo esista una sola patria, il mondo intero, quindi ogni ingiustizia credo vada combattuta per quanto si può, in Inghilterra, in Italia, ovunque....

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