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mercoledì 27 maggio 2009

Il memoricidio israeliano per completare la pulizia etnica del popolo palestinese

Quello che si racconta in Israele è che gli ebrei, occupando la Palestina, sono solo tornati nella loro terra; che la Palestina era una zona praticamente disabitata; che gli ebrei volevano vivere in pace, ma i palestinesi non vollero rispettare il Piano di partizione della Palestina dell'ONU del 1947; che gli stessi palestinesi attaccarono gli ebrei israeliani e che questi dovettero difendersi anche dalle incursioni di altri Paesi arabi. Immagino che questa sia la storia raccontata anche nei libri delle scuole israeliane. Che sia vera o falsa, da quelle parti ha la stessa scarsa importanza di ogni luogo in cui si perpetra una pulizia etnica. Il contenuto della storia in quei casi, ha la stessa importanza che gli dava Goebbels, ministro della propaganda nazista quando bruciava i libri ed affermava che a ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte, quella diventerà una verità.

E così, il 15 maggio 1948 rappresenta per gli ebrei israeliani il giorno della loro "liberazione"; quello stesso giorno è per i palestinesi l'inizio di una catastrofe. Per i Palestinesi, il 15 maggio 1948 è Al Nakba ed è il giorno in cui quel popolo è diventato un popolo di rifugiati. Da quella data, 750.000 Palestinesi sono stati espulsi dalle lo case; oltre 500 villaggi sono stati evacuati. Dopo quel giorno, ai Palestinesi è rimasto il 10% della loro terra, mentre possedevano il 90% della Palestina prima del 1948. Oggi, il sogno di ogni Palestinese è quello di fare ritorno nella propria terra e quel sogno è rinnovato ogni anno attraverso la commemorazione della Nakba.

Mantenere vivo il ricordo di quel giorno, vuol dire mantenere viva la coscienza di ciò che un Palestinese oggi è. Perchè non è pensabile per nessuno avere coscienza di ciò che si è prescindendo dal passato. E' questa la funzione della memoria storica. E per il popolo palestinese quella memoria ricorda sempre che suo diritto è quello di fare ritorno nella propria terra, di vedersi restituita la proprietà ed essere compensato delle perdite e dei danni subiti.

Un popolo senza memoria storica, è un popolo che non ha coscienza di sè. Non è un popolo e non può rivendicare per sè alcun diritto. Un popolo senza memoria non ha futuro ed è destinato a lasciarsi morire, magari soffocato da un potere che per difendere se stesso da una storia che lo condanna, deve uccidere il passato ed imporre con la forza la sua storia, la sua verità ed il suo pensiero. Questo tentò di fare la Germania nel suo delirio nazista e questo Israele sta cercando di fare oggi, varando una legge che proibisca ai Palestinesi di celebrare la Nakba. Dopo aver cacciato i Palestinesi dalle loro terre, dopo averli massacrati, annientati fisicamente, il governo israeliano sta cercando di completare la pulizia etnica del popolo palestinese cancellandone la storia con la forza. Un "memoricidio", come lo definisce lo storico israeliano Ilan Pappè, per completare in maniera efficace la pulizia etnica che il popolo palestinese subisce da oltre 60 anni.

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lunedì 2 febbraio 2009

Vu cumprà le mie braccia?

Bel dilemma ora si trovano davanti leghisti e simili: hanno ragione gli inglesi, o sono nel giusto gli italiani nella questione del lavoro in Gran Bretagna? Il dilemma nasce nel momento in cui un'azienda italiana vince un appalto per lavori in una raffineria inglese, ed i dipendenti della ditta appaltatrice sono accusati dai lavoratori inglesi di "rubare" loro il lavoro. Le motivazioni le conosciamo, perchè sono le stesse mosse nei confronti dei migranti in Italia: lavoro a basso costo e mancato rispetto delle norme di sicurezza, in primo luogo. E così la protesta inglese sfocia in uno sciopero con slogan "lavoro britannico per lavoratori britannici". Anche questo già sentito entro gli italici confini.
Ed ora, quindi, da che parte si mettono i sostenitori del "lavoro agli italiani"? Potrebbero dire che hanno ragione gli inglesi perchè il lavoro deve essere svolto da chi ha cittadinanza in una data nazione. Ma allora è vero che gli italiani stanno "rubando" lavoro agli inglesi. E allora no! Meglio forse dire che gli italiani hanno vinto una gara d'appalto in un Paese estero ed hanno perciò diritto a svolgere quel lavoro, visto che siamo in regime di libero mercato. E quindi, di riflesso, un migrante in Italia ha lo stesso diritto degli italiani in Inghilterra e perciò vengono a "rubarci" un bel niente.

Parliamoci chiaro: in Gran Bretagna come Italia, chiunque in condizioni di bisogno acceterebbe un lavoro sottopagato anche se qualificato. Cosa può fare un singolo lavoratore che deve mettere insieme il pranzo con la cena, se la sua condizione è al limite di una vita dignitosa? Può solo provare a campare con quello che gli viene concesso, soprattutto di questi tempi e con la disoccupazione che cresce. E' così per il lavoratore italiano all'estero ed è così per il lavoratore migrante in Italia.
E' quello che vogliono lor signori padroni: mettere in concorrenza il lavoro ed i lavoratori. Una concorrenza selvaggia voluta in nome della libertà d'impresa, invocata come fosse un dogma a cui subordinare ogni cosa e sull'altare della quale consumare il sacrificio di ogni diritto sociale, sindacale ed umano. Quante volte si sono sentiti quegli stessi padroni (o imprenditori se meglio aggrada, ma la sostanza non cambia) imprecare contro la ditta di napoletani se ci si trova al Nord, contro i rumeni o i nord-africani in tutta Italia. Ma mentre imprecano, sub-appaltano lavori a ditte impresentabili, per trarre maggiore profitto. E quante volte sfruttano le condizioni di precarietà dei lavoratori o li tengono in nero. Quante altre volte, per ridurre i costi, azzerano i livelli di sicurezza. Ogni cosa è ammessa al grande mercato del lavoro, dove si comprano braccia e teste a basso costo.

In quel mercato, la contrattazione la vogliono a tu per tu, così possono trattare al ribasso come fossero al mercato del pesce. Faccia a faccia con il padrone, il potere contrattuale del lavoratore è praticamente nullo e perciò costretto a svendere le propria braccia, il suo cervello e qualche volta a regalare anche il culo. Alimentando così una guerra tra lavoratori. Una guerra tra poveri, condotta con le spuntate armi della precarietà e del bisogno.
Lo sciopero dei lavoratori inglesi, anche strumentalmente detto anti-italiani, rilancia perciò il tema della lotta contro la controriforma contrattuale voluta da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl, il cui scopo altro non è che la disintegrazione della contrattazione nazionale, specie nel suo scopo unificante e perciò di forza dei lavoratori da trasformare in "vu cumprà" di forza lavoro.

P.S: a proposito di migranti e di dirtti violati, segnalo questo importante appello sul blog Uhurunausalama.

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mercoledì 5 novembre 2008

Barack Obama: il rischio di un sogno...

Non sono certo state elezioni al cardiopalma, quelle americane. Barack Hussein Obama II era dato per favorito da diversi giorni e con grandi margini di vantaggio sul suo rivale McCain. Ma la doverosa incertezza ha favorito una certa attrazione per l'evento e forse anche per il candidato democratico. Ed alla fine, come era abbastanza prevedibile in questi ultimi giorni, Barack Obama ha vinto le elezioni, diventando il 44esimo presidente degli USA.
Il fascino di Obama è stato senz'altro alimentato, anche dalla grave crisi finanziaria che ha colpito innanzitutto gli USA. La gente aveva bisogno di vedere un cambiamento radicale e lo ha identificato con Obama. Forse accostando eccessivamente l'uomo con la proposta. Mi spiego.
Certamente Obama rappresenta una svolta dal punto di vista sociale. La sua elezione è vista come un definitivo riscatto degli afroamericani (e non solo) dalla subordinazione sociale (anche se la campagna elettorale di entrambi i candidati, è stata avara nel trattare temi come quello dell'immigrazione). Ma questo rischia di riporre nel neopresidente una fiducia smisurata, rispetto alle proposte effettivamente messe in campo e, soprattutto, rispetto alle reali possibilità di mettere in atto dei radicali cambiamenti.
E' ovvio con la sconfitta di McCain è una piccola vittoria per miliardi di persone in tutto il mondo, incarnando, il candidato repubblicano, un'idea di governo in linea con quella di Bush. Ogni cosa è meglio di una continuazione delle politiche unilaterali della passata amministrazione USA.

Ma non per questo si può fare a meno di notare che Obama (come McCain) ha tra i suoi sostenitori economici, gruppi finanziari coinvolti pesantemente nella crisi. Ci vuole quindi uno sforzo di ottimismo, per pensare che Obama non guarderà agli interessi particolari di quegli "investitori". E d'altronde è stato lo stesso Obama a dire di essere pro-crescita e per il libero mercato. Addirittura di amare il mercato, da bravo professore dell'università di Chicago, sede del pensiero di Milton Friedman.
Così come non sarà facile immaginare un ritiro completo delle truppe americane dall'Iraq o dall'Afghanistan. Non sarà facile immaginare una retrocessione dall'assurda "guerra al terrore", nei confronti della quale Obama, durante la campagna elettorale, è stato piuttosto vago. Salvo affermare di essere favorevole ad una riduzione del contingente militare in Iraq, per rafforzare le operazioni in Afghanistan. E poi dovrà ad ogni modo anche lui rispondere a particolari e forti interessi.
Nè si può dire che il neopresidente USA abbia assunto una posizione su Israele, troppo distante da quelle delle passate amministrazioni americane. Spingendosi anche ad affermare che Gerusalemme dovrebbe essere la capitale dello Stato ebraico, la cui sicurezza rimane il principale obiettivo americano in Medio Oriente.
E comunque Barack Obama risulta meno liberal di quanto appaia, su temi come la pena di morte che dichiara di appoggiare; oppure sull'uso delle armi il cui diritto non si sogna di toccare; nè assume posizioni troppo progressiste sui diritti civili per gli omosessuali.

Nonostante tutto, quella di Barack Obama rimane una vittoria per il solo fatto di aver interrotto la strategia di aggressione politica e militare unilaterale degli USA, che ha caratterizzato l'amministrazione Bush e che vedeva in McCain il suo naturale prosecutore. La vittoria di Obama è vista come il sogno di un possibile cambiamento, al quale sarà bene comunque guardare criticamente. Il rischio è che, al risveglio dal sogno, si dovrà notare che "tutto sarà lo stesso mentre tutto sarà cambiato".

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giovedì 28 agosto 2008

Non saranno mai stati di questo mondo

Qualcuno di loro proveniva dall'Eritrea, terra ricca di risorse ma con una estrema povertà diffusa nella popolazione. Altri venivano dalla Somalia, da decenni interessata a guerre che hanno causato la morte e l'esodo di milioni di persone. Altri ancora si erano messi in viaggio dal Ghana, dove la speranza di vita è di meno di 60 anni alla nascita. Alcuni di loro provenivano dal Sudan che versa in condizioni che la Comunità Internazionale ha definito "la più grave situazione umanitaria esistente".

I loro Paesi sono stati in conflitto, provocando genocidi e miseria. Le loro terre sono spesso sfruttate da multinazionali senza scrupoli del ricco Nord del mondo. I potenti governi delle forti nazioni occidentali, fingono aiuti prestando denaro e chiedendo in cambio la rinucnia alla loro indipendenza politica ed economica. Le terre dalle quali provenivano hanno tradizioni diverse, lingue diverse, culture diverse. Ma loro, donne, uomini e bambini naufragati al largo nelle acque maltesi, avevano in comune il sogno di una vita migliore. Con quel sogno si erano imbarcati in 78 su di un gommone partito dalla Libia e diretto in Italia.
Solo in 8 sono riusciti a salvarsi, ma il loro sogno è naufragato in mare, disperso insieme a 70 persone che ingoierà oltre che i corpi dei naufraghi, anche le esistenze di quelle persone.

Forse qualche motovedetta riuscirà a recuperare qualche corpo e magari qualche peschereccio tirerà sù con le sue reti, piccoli cadaveri insieme al pesce pescato. Forse il mare tra qualche giorno sputerà qualcuno dei 70 corpi che ha inghiottito. Ma con ogni probabilità di nessuna di quelle persone si saprà mai il nome, nè la nazionalità. Nè quelle 70 persone avranno una tomba, di nessuna di loro si conosceranno le storie. Persone che non saranno mai esistite. Persone che non saranno mai state di questo mondo.
Quelle 70 persone morte naufraghe in mare, insieme agli 8 superstiti di quella maledetta travesata, avranno solo fatto parte dell'emergenza immigrazione di questa estate.

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sabato 23 agosto 2008

Un fatto di cronaca nera in Svizzera, preso l'omicida: è un "extracomunitario".

Certe volte capita alcune nostre convinzioni, seppure poggino su basi solide, vengano fatte traballare da fatti di cui capita di venire a conoscenza, attraverso internet, la TV, i giornali ed anche voci di strada.
Tanti si dicono convinti ad esempio, che tra gli extracomunitarici ci siano persone perbene e persone che delinquono. Come in ogni popolazione del mondo. Vero. Certamente perciò, non è giusto criminalizzare intere comunità, solo perchè pochi elementi di quelle comunità commmettono reati.
Però poi, come dicevo sopra, si leggono di fatti di cronaca che provocano l'istinto umano, generano rabbia. Questa rabbia è cavalcata dai media e spesso la politica approfitta di quella tensione sociale, per varare provvedimenti che si abbattono contro intere comunità, senza distinzioni. E' capitato in Italia con provvedimenti contro i romeni prima e contro i rom poi.
Questa mattina vengo a sapere di un fatto di cronoca accaduto in Svizzera, che ha visto coinvolti alcuni extracomunitari. Come al solito, direbbe qualcuno, già lo immagino. Già mi pare di sentirne le voci. Ma vabbè. Rimaniamo al fatto di cronaca, per cercare di avere un atteggiamento più distaccato.
L'episodio è accaduto a Losone, un comune del Canton Ticino in Svizzera. Lì un "extracomunitario" di 45 anni, già pregiudicato per un assalto ad un ufficio postale in Italia, ha ucciso con un colpo di pistola un uomo di nazionalità turca e ferito il fratello di quest'ultimo. L'omicida ha fatto poi perdere le sue tracce, aiutato da quattro suoi connazionali.
Personalmente, nonostante l'ennsimo fatto di cronaca attribuito ad "extracomunitari", di cui i giornali non mancano mai di portarci a conoscenza, rimango della mia opinione: non bisogna criminalizzare intere comunità, per le responsabilità di singole persone. Mi auguro quindi, che la Svizzera non voglia prendere provvedimenti xenofobi contro l'intera comunità di italiani presenti nel Canton Ticino. L'assassino, infatti, si chiama Antonio Barbieri. E' originario di Cannobio. E' un "extracomunitario" in Svizzera?!

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giovedì 24 luglio 2008

Un destino naufrago spetta al nucleare di Scajola

Conoscete la scala INES? E' quella scala che classifica gli eventi nucleari. Comprende sette livelli dove il massimo livello rappresenta un incidente molto grave, mentre il livello 1 indica un'anomalia al normale funzionamento degli impianti. Esiste un sottolivello: il livello zero. Quello secondo il quale, l'evento non ha nessuna rilevanza ai fini della sicurezza nucleare.
L'incidente avvenuto ieri in Francia, il terzo questo mese ed il secondo nella stessa località Tricastin, è stato classificato di livello zero. Quell'incidente di livello zero ha avuto la capacità di contaminare "leggermente" oltre 90 dipendenti della centrale. Così dice la EDF (Électricité de France) e non dall'Autorità per la sicurezza nucleare (ASN).
Certo però che qualche preoccupazione è pure lecita, da parte di chi vive nei pressi della centrale nucleare. Solo due settimane fa nella stessa località sono andati dispersi decine di chilogrammi di materiale radioattivo, ed ora i residenti nei pressi della centrale di Tricastin non possono più bere acqua dai rubinetti, non possono annaffiare i campi, non si possono cibare dei prodotti della propria terra. Quell'evento di due settimane fa, era stato classificato ad un livello 1. Avrebbe dovuto significare un incidente con conseguenze praticamente nulle per la popolazione e l'ambiente. Vista la realtà dei fatti, qualche perplessità sull'assegnazione ufficiale del livello di gravità degli incidenti nucleari, mi pare dunque più che legittima.

Vista la rapida sequenza con la quale si stanno susseguendo gli incidenti in centrali nucleari, i nuclearisti alla Scajola si affrettano a sminuire gli eventi.
Questi episodi sono tutti sotto il livello minimo di pericolosità. Mi domando se questa enfatizzazione non sia eccessiva.

Ministro Scajola - dall'ANSA di oggi.

Potremmo rivolgere a Scajola una domanda uguale e contraria: non sarà che ci si affretta a sminuire troppo rapidamente e con eccessiva disinvoltura, questi incidenti? Ma il ministro Scajola risponderebbe, demagogicamente, come ha già spiegato ai giornalisti, che
Il piano nucleare del governo significa grande attenzione alla sicurezza. Useremo centrali di nuova generazione, che sono ancora piu' efficienti.

Ministro Scajola - dall'ANSA di oggi.

Dobbiamo fidarci? Penso proprio di no, visto che centrali certamente sicure non esistono e quelle cosiddette sicure potranno essere pronte non prima del 2030. Mentre quelle attualmente esistenti, praticamente non vengono più costruite ed addirittura sono in via di dismissione praticamente in tutta Europa. E comunque la costruzione di una nuova centrale nucleare ha bisogno di circa 10 anni. Non lo dico io, ma un certo Carlo Rubbia, che lo ha spiegato molto bene anche in una intervista a Repubblica.
Praticamente, se oggi si cominciasse a costruire una centrale nucleare, per quando sarà terminata avremmo messo in funzione una tecnologia per la produzione di energia, già vecchia di decine di anni. Centrali che verosimilmente avrebbero standard di sicurezza inferiori a quelli minimi ritenuti accettabili, poichè immagino che tra dieci anni gli standard di oggi saranno superati da migliori tecnologie disponibili e dalle esperienze e conoscenze nel frattempo acquisite.
Senza contare le problematiche già note, quale la scarsa quantità disponibile di uranio, che comunque dovremmo importare. O anche il mai risolto problema dello smaltimento delle scorie radioattive. Chi non ricorda ad esempio le proteste sollevate a Scanzano Jonico, quando il precedente governo Berlusconi voleva seppellire lì le scorie delle centrali chiuse nell'87? Si diceva che fosse un sito ideale per le scorie radioattive. Il problema era che le scorie non erano il concime ideale per i prodotti di quelle terre! La protesta ha vinto, ma il problema non credo sia stato definitivamente risolto.

Tutte problematiche, quelle descritte, che sono ormai arcinote da tempo. Il ministro Scajola ed il governo di cui fa parte, fingono di non vedere. Raccontano un'altra storia. Vengono diffuse falsità, probabilmente per soddisfare interessi diversi da quelli delle popolazioni che certe scelte si trovano a subirle.

"Chiunque si pone come arbitro in materia di conoscenza è destinato a naufragare nella risata degli dei" diceva Albert Einstein. Prenda nota, ministro Scajola.

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venerdì 18 luglio 2008

Quarto incidente in centrali nucleari negli ultimi due mesi. E dicono che il nucleare è sicuro

Non è stato niente. Ancora una volta, dicono non sia non è successo niente. Una piccola fuga di materiale radioattivo da una centrale nucleare. E dicono che la fuga ha disperso quantità di materiale radioattivo, entro i limiti di sopportazione ambientale e per la salute umana. Ma lo dicono dalla società che gestisce l'impianto.
Solo un piccolo incidente. Solo un piccolo problema dovuto a negligenza, poco zelo, disattenzione, di qualche operatore. Non un incidente agli impianti. E questo secondo i sostenitori del nucleare, dovrebbe tranquillizzare. Ed io invece mi preoccupo ancora di più, visto che basta una piccola disattenzione per provocare un incidente nucleare, che per piccolo che sia, rilascia sostanze radioattive ed esistono studi che dimostrano l'associazione tra maggiore rischio di tumori ed esposizione anache a basse dosi di radiazioni.
Ma le centrali nucleari sono sicure, dicono.
«Solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell'ambiente»

Ministro Scajola - maggio 2008

Ma c'è davvero qualcuno che può sinceramente sostenere l'esistenza di impianti a rischio zero? Certo che no. Non esiste il rischio zero, perchè non esiste una tecnologia completamente sicura. Se non altro perchè l'errore dell'uomo, che deve anche in minima parte condurre un impianto, esiste ed i terremoti non possono essere evitati per decreto. Ed in caso di incidente in una centrale nucleare, territori più o meno ampi potrebbero essere contaminati anche per migliaia di anni. Dubito che in caso di grave incidente qualche fortunato superstite possa tornare un giorno ad abitare nella propria terra.
Però ci dicono che certo non esiste il richio zero, ma la probabilità di incidente è assolutamente bassa. Permettemi di non non credere loro e di tenermi le mia paure, considerando che gli incidenti di qusti ultimi due mesi avvenuti: in Slovenia il 4 giugno; in Giappone il 14 giugno; in Francia l'11 luglio e quello di oggi ancora in Francia; sono solo gli ultimi di questa lunga lista di incidenti nucleari, dei quali alcuni poco noti (fonte della lista: fisica/mente):

1952 Chalk River (Canada). L'errore di un tecnico provocò una reazione che portò alla semidistruzione del nocciolo del reattore.

1952 Usa. Un incidente con reattore Argon. 4 morti accertati.

1955, febbraio, Atlantico. La nave appoggio Fori-Rosalie della Royal Navy affonda nell'Atlantico 1500 recipienti contenenti ciascuno una tonnellata di residui atomici a 1.600 Km dalle coste inglesi e a 2.000 metri di profondità.

1956, 10 marzo. Mar Mediterraneo. Un bombardiere B-47 precipita nel Mediterraneo con a bordo due capsule di materiale fissile per la realizzazione di bombe nucleari.

1956, 27 luglio. Gran Bretagna. Un bombardiere B-47 in Gran Bretagna slitta sulla pista e va a colpire un deposito contenente sei bombe nucleari.

1957, ottobre. Windscale (GB). Fusione del nocciolo (l'incidente più grave che possa accadere in una centrale). Il reattore viene inondato. Fuga di radioattività pari al 1/10 della bomba atomica di Hiroshima. La nube radioattiva arriva fino in Danimarca. La radioattività su Londra si eleva 20 volte oltre il valore naturale (Londra dista da Windscale 500 km). Il consumo di latte è vietato in un raggio di 50 km (ogni giorno vengono gettati 600.000 litri di latte).

1957, 7 ottobre. Sellafield (Gran Bretagna). Un incendio nel reattore dove si produceva plutonio per scopi militari generò una nube radioattiva imponente. La nube attraversò l'intera Europa. Sono stati ufficializzati soltanto 300 morti per cause ricondotte all'incidente (malattie, leucemie, tumori) ma il dato potrebbe essere sottostimato.

1957 Kyshtym (Unione Sovietica). Un bidone di rifiuti radioattivi prese fuoco ed esplose contaminando migliaia di Kmq di terreno. Furono esposte alle radiazioni circa 270.000 persone.

1958 Usa. Un incidente a Oak Ridge: 12 persone investite dalle radiazioni.

1958 zona Urali (Urss). Catastrofe nucleare a causa dell'esplosione di un deposito di scorie radioattive. Centinaia di morti. Decine di migliaia di contaminati. Migliaia di km ancora oggi recintati.

1961, 3 gennaio. Idaho (Usa). Esplosione del reattore: 3 morti. Non si sono contati gli intossicati dentro e fuori l'impianto. Il grado di contaminazione dei corpi dei deceduti risultò così alto che le teste e le mani furono tagliate e sepolte in un deposito di scorie radioattive. L'impianto è stato definitivamente chiuso.

1961, 4 luglio. URSS. La fuoriuscita di radiazioni per un guasto al sistema di controllo di uno dei due reattori di un sommergibile atomico sovietico provoca la morte del capitano e di sette membri dell’equipaggio.

1964 Usa. Incidente al reattore Wood River: un morto.

1964 Garigliano (Italia). Guasto al sistema di spegnimento di emergenza del reattore. Si è andati vicino alla catastrofe.

1965, 5 dicembre. Isole Ryukyu (Giappone). Un jet militare americano A-4E con a bordo una bomba all’idrogeno B-43 scivola in mare da una portaerei statunitense vicino alle isole giapponesi Ryukyu.

1966 Belgio. Il fisico Ferdinand Janssen intossicato viene portato all'ospedale Curie di Parigi.

1966, 17 gennaio. Palomares (Spagna). Un B-52 statunitense con quattro bombe all’idrogeno B-28 entra in collisione con un aereo cisterna durante il rifornimento in volo. I due aerei precipitano e tre bombe a idrogeno (bombe H) cadono nei pressi di Palomares, mentre la quarta cade in mare. L’esplosivo di due delle tre bombe, a contatto col suolo, detona spargendo su una vasta area plutonio e altro materiale radioattivo. In tre mesi vengono raccolte 1.400 tonnellate di terra e vegetazione radioattiva che vengono portate negli Stati Uniti. Mentre i militari statunitensi sono forniti di tute protettive, gli spagnoli continuano a vivere tranquillamente e a coltivare i terreni. Un monitoraggio effettuato nel 1988 su 714 abitanti ha rivelato in 124 di loro una concentrazione di plutonio nelle urine di gran lunga superiore ai livelli normali.

1966 Ottobre, Lagoona Beach (Usa). Alcune piastre di protezione si staccano e bloccano il circuito di raffreddamento del reattore autofertilizzante Enrico Fermi (61 Mw) per cui si ha surriscaldamento; il dispositivo di arresto automatico non funziona; il reattore riprende la sua attività soltanto nel 1970; e nel 1972 viene fermato definitivamente.

1967 Trino Vercellese (Italia). Fessurazione di una guaina d'acciaio di una barra di combustibile con conseguente chiusura della centrale per 3 anni. Per buona parte di questo tempo la centrale ha scaricato nelle acque del Po trizio radioattivo.

1967 Francia. Fusione di elementi combustibili nel cuore del reattore di Siloe (Grenoble). Ciò provoca la liberazione di Iodio 131 e Cesio 137 nell'acqua di raffreddamento del reattore. Si liberano gas radioattivi nell'aria.

1968 Den Haag (Olanda). Per un «errore tecnico» si libera nella centrale Up 2 del materiale radioattivo. La radioattività nell'aria della città supera di 100 volte i limiti «accettabili».

1968 Gennaio, Chooz (Belgio). Grave incidente nel reattore ad acqua leggera. La riparazione è durata 2 anni e 2 mesi. Nel 1970 il reattore è guasto di nuovo.

1968, 10 marzo. Oceano Pacifico. Il sottomarino K-219 affonda nel Pacifico. A bordo ha tre missili nucleari e due siluri a testata nucleare.

1968, 27 maggio. Oceano Atlantico. Un sottomarino statunitense con a bordo due siluri a testata nucleare affonda nell’Atlantico.

1968, 21 agosto. Groenlandia. Un B-52 statunitense precipita in Groenlandia. Tre bombe all’idrogeno che si trovavano a bordo esplodono e 400 grammi di plutonio-239 si disperdono nell’ambiente. L’area viene successivamente bonificata da oltre 500 uomini inviati dalla Danimarca e da 200 militari statunitensi. Nei venti anni successivi, 100 dei danesi che avevano partecipato all’intervento si ammalano di cancro, altri di gravi malattie tra cui la sterilità.

1968 Agosto, Brenìllis (Spagna). La centrale si blocca completamente. La riparazione è durata 3 anni.

1968 Francia. Il reattore di Monts Arreé si arresta per un incidente. Periodo di riparazione: 3 mesi.

1969 Garigliano (Italia). Sette arresti alla centrale per guasti.

1969, febbraio. Latina (Italia). Arresto alla centrale di Latina per mancanza di alimentazione alla strumentazione (a marzo si avrà ancora un grosso guasto alla stessa centrale).

1969, gennaio. Lucens (Svizzera). Dopo sole 7 ore di funzionamento si ha surriscaldamento con rottura di guaine ed infiltrazione di acqua contaminata nel sotterraneo. La grotta contenente la centrale è stata murata definitivamente.

1969 Germania. Per fessurazioni molteplici delle turbine il reattore Gundremmingen sul Danubio viene chiuso per 3 anni.

1969 Usa. Incendio nel reattore di Rocky-Flats. Durante l'incendio si perde plutonio.

1969 Francia. Parecchi chilogrammi di uranio vanno persi durante un incidente a Saint Laurent des Eaux. Le riparazioni durano parecchi mesi.

1970 Belgio. Altro incidente nel cuore del reattore di Chooz.

1970 Chicago (Usa). L'impianto Edison perde 200.000 litri di acqua contaminata.

1970 Usa. Il reattore da 600 Mw Dresden 2 sfugge completamente al controllo per 2 ore per un guasto ad una apparecchiatura di controllo.

1970, 12 aprile. Oceano Atlantico. Il sottomarino sovietico K-8 affonda nell’Atlantico con a bordo due reattori e due siluri a testata nucleare.

1971 Den Haag (Olanda). Rottura di un tubo per il convoglia-mento di acqua radioattiva.

1971 Kansas. Si scopre che la miniera di sale scelta per lo stoccaggio delle scorie radioattive, al riparo dell'acqua, è piena di buchi e l'Aec (Ente americano per l'energia nucleare) è costretto a improvvisare dei piani di stoccaggio in superficie.

1971 Francia. Fournier rivela in «Charlie Hebdo» n. 14 che un tecnico del centro nucleare di Saclay ha tentato, due anni prima, di suicidarsi dando fuoco al laboratorio in cui lavorava.

1972 Francia. Due militanti del gruppo ecologico «Survivre et vivre» scoprono che più di 500 fusti di residui radioattivi su 18.000 conservati all'aperto al centro di ricerche nucleari di Saclay, hanno larghe fenditure che lasciano così sfuggire la radioattività.

1972 Francia. Un operaio portoghese che non conosce i segnali di pericolo lavora parecchie ore in una sala irradiata del centro di Saclay.

1972 Francia. Ancora al centro di Saclay sfuggono dieci metri cubi di liquidi radioattivi.

1972 Usa. Due lavoratori nell'impianto di Surry muoiono per l'esplosione dei tubi di un sistema di sicurezza mentre ispezionano tubi già difettosi.

1973 Marzo, Chinon (Francia). Arresto definitivo della centrale nucleare di Chinon I, dopo soli 11 anni di funzionamento. Di fatto la centrale ha mosso le turbine per 43.000 ore, ossia per 5 anni.

1973, aprile. Isole Hawaii (USA). Fuga radioattiva nel sottomarino statunitense Guardfish alle Hawaii. Cinque marinai dell’equipaggio vengono contaminati dalle radiazioni

1973 Hanford (Usa). La Aec ammette che nei 15 anni precedenti si sono verificati 15 incidenti in cui si sono liberati liquidi radioattivi per un totale di 1.600.000 litri.

1973 Settembre, La Hague (Francia). Fuga di gas radioattivo. 35 lavoratori sono contaminati di cui 7 gravemente.

1973 Settembre, Windscale (GB). Nell'officina di ritrattamento si ha un rigetto di radioattività. 40 lavoratori sono contaminati.

1973 Novembre, Hanford (Usa). Si ha la diciassettesima fuga di liquidi radioattivi. Gli accumuli di plutonio in una fossa vicino alla città sono così grandi da rendere possibile una reazione a catena.

1973 Dicembre, Usa. Di 39 reattori, negli Usa, 13 sono fuori servizio. Brown's Ferry lavora al 10%, Peach Botton al 2%, Connec 2 al 20%.

1973 Den Haag (Olanda). 35 addetti agli impianti sono intossicati (7 in modo molto grave). Nubi di gas radioattivo si diffondono per 15 minuti sulla campagna.

1974 Usa. Da un'inchiesta risulta che più di 3.700 persone che avevano accesso ad armi atomiche hanno dovuto essere licenziate. Motivi: demenza, decadimento intellettuale, alcolismo.

1974 Sevcenko (Urss). Reazione tra il sodio (usato come liquido refrigerante) e l'acqua con generazione di idrogeno e soda caustica (che a sua volta corrode il circuito di trasporto del fluido). Il risultato è una grossa esplosione.

1974 Aprile, Austria. Qualcuno contamina volontariamente il treno Vienna-Linz con Iodio 131 e Iodio 113. Dodici persone vengono ricoverate. Gli autori dell'attentato non sono mai scoperti.

1974 Maggio, Casaccia (Italia). Si spacca un recipiente contenente plutonio. Non si sa altro.

1974 Maggio, Usa. L'Usaec comunica che 861 anomalie si sono prodotte nel 1973 nei 42 reattori in funzione; che 371 avrebbero potuto essere serie e che 18 lo furono realmente (di cui 12 con fuga di radioattività).

1974 Usa. Una nube radioattiva di trizio si forma per una fuga di gas da un condotto della centrale di Savannah Mirex, in Carolina. La nube va lentamente alla deriva ad una altezza di 70 metri.

1974 Francia. A 60 anni dall'avvio di una fabbrica di radio, nonostante il suo smantellamento, si libera ancora una radioattività significativa. L'acquirente del terreno di Gyf-sur-Yvette sul quale la fabbrica è situata scopre in vari punti fonti radioattive che superano 50 volte la dose massima consentita.

1974 Belgio. L'acqua della condotta Visé, captata nel Pletron, contiene da 2 a 3 volte più radon 22 (gas radioattivo) del massimo ammesso per una popolazione adulta vicina ad una centrale.

1974/75. Leningrado (URSS). Una serie di incidenti viene segnalata nell’inverno tra il 1974 e il 1975 presso la centrale nucleare di Leningrado, in Unione Sovietica. Tre morti accertati.

1975 Gennaio, Usa. Viene ordinata la chiusura di 23 reattori per guasti nel sistema di raffreddamento, vibrazioni anormali e piccole fughe di gas radioattivo.

1975, 19 novembre. Germania. Muoiono 2 operai nel reattore di Gundremmingen. I due dovevano riparare una valvola. Escono 4 litri di vapore radioattivo ad una pressione di 60 atmosfere e ad una temperatura di 270°C.

1975, 22 novembre, Italia. Due navi americane, la portaerei J.F.Kennedy e l'incrociatore Belknap, a bordo della quale vi erano armi nucleari, (come testimonia l'allarme in codice "broken arrow" che fu lanciato dal comandante della sesta flotta americana e che indica appunto un incidente che vede coinvolte armi nucleari) si scontrano al largo della Sicilia. La Belknap prese fuoco e fu gravemente danneggiata, ma l'incendio venne fermato a pochi metri dal magazzino che conteneva le armi atomiche.

1975 Marzo, Brown's Ferry (Usa). Per cercare correnti d'aria nella cabina di comando della centrale viene usata una candela che appicca il fuoco a tutti i cavi elettrici bloccando tutti i sistemi di sicurezza. Si riesce a rimediare fortunosamente (per un resoconto più dettagliato di questo grave incidente vedi il «Corriere della sera» del 2/7/1977, p. 3.). Secondo il calcolo delle probabilità questo incidente può verifi-carsi in un caso su mille miliardi!

1975, 7 dicembre. Lubmin (Repubblica Democratica Tedesca). Un cortocircuito nell’impianto della Centrale di Lubmin, sul litorale baltico nella Germania Orientale, provoca una parziale fusione del nucleo del reattore.

1976 Gennaio, Germania. Sempre a Gundremmingen la neve caduta in abbondanza spezza le linee elettriche che convogliano l'energia prodotta nel reattore. Questo, spento con la procedura d'emergenza, fu soggetto ad una tale pressione interna che le valvole di sicurezza si aprirono e liberarono vapore radioattivo.

1976 Windscale (GB). Il reattore contamina di Iodio 131 centinaia di miglia di territorio.

Ottobre 1976 Tallin (Urss). Salta in aria una centrale atomica sotterranea: almeno cento persone sono morte. Le autorità sovietiche negano ma dopo il 25 ottobre, e per una settimana almeno, il quotidiano russo ha pubblicato una decina di necrologi ogni numero (Per un resoconto più dettagliato di questo incidente vedi «Panorama» de 30/11/1976, p. 145.).

1977 Bulgaria. Nella centrale di Klozodiy, a causa di un terremoto, salta la strumentazione di controllo del reattore. Grazie ai tecnici che sono riusciti a fermare la reazione, l’Europa ha evitato conseguenze gravissime.

1977 Aprile, El Ferrol (Spagna). Fuga radioattiva. Più di 100 persone contaminate.

1978 Maggio, Caorso (Italia). Il giorno del collegamento della centrale con la rete elettrica (26 maggio '78) si sono avute fughe limitate nel reparto turbine. Ci sono valvole che non tengono, strutture portanti, come i tiranti che sostengono i tubi del gas radioattivo, mal progettati con calcoli sbagliati.

1979 Three Mile Island, Harrisburgh, Usa. Il surriscaldamento del reattore provocò la parziale fusione del nucleo rilasciando nell'atmosfera gas radioattivi pari a 15000 terabequerel (TBq). In quella occasione vennero evacuate 3.500 persone.

1979, 7 agosto. Tennessee (USA). La fuoriuscita di uranio arricchito da una installazione nucleare segreta provoca la contaminazione di oltre 1.000 persone. Vengono registrati nella popolazione valori di radioattività fino a cinque volte superiori alla norma.

1979, agosto. Erwin (USA). Oltre 1.000 persone vengono contaminate a seguito di una fuga radioattiva in un centro di ricerca nucleare, fino ad allora rimasto segreto, a Erwin, negli Stati Uniti.

1982 USA. Nella centrale di Giuna, uno dei tubi del sistema refrigerante sì fessura e scarica acqua bollente radioattiva.

1982 USA. Dopo l’incidente di Giuna si scoprono in altre sette centrali oggetti di metallo dimenticati nelle condotti. Molti impianti sono così fermati perché ritenuti poco sicuri.
1981, marzo. Tsuruga (Giappone). 280 persone vengono contaminate a causa di una fuga di residui radioattivi nella centrale di Tsuruga, in Giappone. Un mese dopo le autorità comunicano che 45 operai sono stati esposti a radioattività nel corso delle operazioni per la riparazione della centrale.

1983, novembre. Sellafield (Gran Bretagna). Lo scarico di liquidi radioattivi nel Mare d’Irlanda provoca la reazione di cittadini ed ecologisti, che sollecitano la chiusura della centrale nucleare di Sellafield, in Gran Bretagna.

1985, 10 agosto. URSS. Un’esplosione devasta il sottomarino atomico sovietico Shkotovo-22: muoiono dieci membri dell’equipaggio esposti alle radiazioni.

1986, 6 gennaio. Oklahoma (USA). Un operaio muore e altri 100 restano contaminati a seguito di un incidente che si sviluppa in una centrale atomica in Oklahoma, negli Stati Uniti.

1986, fine aprile. Chernobyl, Unione Sovietica. L'incidente nucleare in assoluto più grave di cui si abbia notizia. Il surriscaldamento provocò la fusione del nucleo del reattore e l'esplosione del vapore radioattivo. Si levò al cielo una nube pari a 12.000.000 di TBq di materiale radioattivo disperso nell'aria (per avere un'entità del disastro confrontate questo valore con i 15.000 Tbq del precedente incidente nucleare registrato nel 1979 a Three Mile Island negli Usa). Circa 30 persone morirono immediatamente, altre 2.500 nel periodo successivo per malattie e cause tumorali. L'intera Europa fu esposta alla nube radioattiva e per milioni di cittadini europei aumentò il rischio di contrarre tumori e leucemia. Non esistono dati ufficiali sui decessi complessivi ricollegabili a Chernobyl dal 1986 ad oggi.

1986, 4 maggio (una settimana dopo il disastro di Chernobyl). Hamm-Uentrop, Germania Ovest. Un esperimento in un impianto da 300 megawatt THRT-300 PBMR (reattore a letto di sfere) nella Germania Ovest ha causato la fuoriuscita di materiale radioattivo dopo che uno dei letti di sfere è stato immesso nel condotto utilizzato per portare carburante al reattore. Il tentativo di rimuovere l’ostruzione creatasi ha danneggiato il condotto e causato il rilascio di radionuclidi. Radiazioni sono state misurate per circa due kilometri intorno al reattore.

1986, 6 ottobre. Oceano Atlantico. Il sottomarino K-219 affonda nell’Atlantico con 34 testate nucleari a bordo.

1989 Finlandia. Avaria nel sistema di controllo nella stazione di Olkiluoto.

1990 Germania. Infiltrazione di tritio nella stazione nucleare di Kruemmel.

1991 Finlandia. Spegnimento manuale dovuto ad un incendio nella stazione di Olkiluoto.

1991 Germania. Incidente durante il rifornimento di carburante nella stazione di Wuergassen.

1991, febbraio. Mihama (Giappone). La centrale riversa in mare 20 tonnellate di acqua altamente radioattiva

1992, 24 marzo. San Pietroburgo (Russia). A seguito della perdita di pressione nell’impianto di Sosnovy Bor nei pressi di San Pietroburgo, fuoriescono e si disperdono in atmosfera iodio e gas radioattivi.

1992, novembre. Forbach (Francia). Un grave incidente nucleare causa la contaminazione radioattiva di tre operai. I dirigenti dell’impianto vengono accusati l’anno successivo di non aver approntato le misure di sicurezza previste.

1992 Germania. Avaria nel sistema di raffreddamento nella centrale di Brunsbuttel.

1993, 13 febbraio. Sellafield (Gran Bretagna). Fuga radioattiva nell’impianto di riprocessamento di Sellafield. La densità massima di radionuclidi dello iodio consentita viene superata di oltre tre volte.

1993, 17 febbraio. Barsebaeck (Danimarca). Uno dei reattori della centrale di Barsebaeck viene temporaneamente fermato a causa della fuoriuscita accidentale di vapore radioattivo.

1993, aprile. Siberia (Russia). Un incendio nel complesso chimico di Tomsk-7 colpisce un serbatoio di uranio. Risultano contaminati circa 1.000 ettari di terreno. La nube radioattiva si dirige verso zone disabitate.

1994, 23 marzo. Biblis (Germania). Centrale nucleare di Biblis: una falla nel circuito primario di un reattore fa uscire liquido altamente contaminato.

1994, 28 giugno. Petropavlosk (Russia). Fuga di materiale radioattivo nella baia di Seldevaia a causa della rottura di un deposito a Petropavlosk. Settembre 1995 – Kola (Mare di Barents). L’energia elettrica della centrale di Kola viene staccata per morosità e vanno fuori uso i sistemi di raffreddamento. Incidente solo sfiorato, grazie all’intervento del comandante della base.

1995 Germania. L'Alta Corte tedesca decide che la licenza di attività concessa alla stazione di Mülheim-Kärlich è illegale, a causa della mancata considerazione, in fase di concessione, del rischio di terremoto nella zona.

1995, novembre. Cernobyl (Ucraina). Un’avaria al sistema di raffreddamento del reattore n.1 di Cernobyl causa un incidente nel quale la radioattività si disperde e contamina gli operai impegnati nella manutenzione.

1995, 8 dicembre. Monju (Giappone). Due tonnellate di sodio liquido e altro materiale radioattivo fuoriescono dal reattore nucleare prototipo di Monju nella prefettura di Fukui a causa di un malfunzionamento al sistema di raffreddamento. L’impianto è costituito da un reattore autofertilizzante a neutroni veloci FBR.

1996, febbraio. Dimitrovgrad (Federazione Russa). Un addetto causa la rottura della valvola di sicurezza di uno dei reattori del centro di ricerche atomiche di Dimitrovgrad. Fuoriesce una nube radioattiva contenente soprattutto radionuclidi di manganese.

1996 Germania. Un programma della TV tedesca, Monitor, svela che la Siemens ha compiuto numerosi errori durante la costruzione della stazione di Kruemmel.

1997 Germania. 20.000 dimostranti si affollano presso il deposito di scorie radioattive di Gorleben per manifestare contro il trasporto di scorie nucleari.

1997 Germania. Un treno trasportante liquido nucleare deraglia di fronte alla stazione di Kruemmel.

1997, marzo. Tokaimura (Giappone). Un incendio e un’esplosione nel reattore nucleare nell’impianto di ritrattamento nucleare di Tokaimura contamina almeno 35 operai.

1997, giugno. Arzamas (Russia). Un incidente nel centro ricerche di Arzamas porta i materiali radioattivi sull’orlo di una reazione a catena. Si sviluppa una nube radioattiva a seguito della quale muore il responsabile dell’esperimento.

1997, luglio. La Hague (Francia). Il comune di Amburgo denuncia presenza di radioattività nell’acqua scaricata nella Manica dall’impianto di trattamento francese di La Hague. La Francia smentisce, ma il presidente della Commissione di controllo si dimette.

1997, settembre. Urali (Russia). Sugli Urali si scontrano un trattore e un camion che trasporta isotopi radioattivi. Da due container fuoriesce liquido pericoloso contenente iridio 192 e cobalto 60. Nell’area la radioattività sviluppata è 25 volte superiore al limite consentito.

1998, 1 maggio. Catena delle Alpi. Le autorità di controllo francesi scoprono elevati livelli di contaminazione da cesio 137 sulle Alpi, causati dal passaggio di rottami ferrosi provenienti dall’Europa dell’Est.

1999, 8 Gennaio, Francia. Centrale di Cruas Meysse, 65 persone evacuate dopo che si sono accese le luci d’allarme radioattivo.

1999, 11 Marzo, Francia. Centrale del Tricastin, un contaminato.

1999, 16 Giugno, Russia. Centrale di Seversk, 2 contaminati per fuga radioattiva.

1999, 23 Giugno, Ucraina. Centrale di Rivno, principio incendio.

1999, 4 Luglio, Ucraina. Centrale di Zaporozhie (Ucraina), bloccato un reattore per precauzione.

1999, 12 Luglio, Giappone. Centrale Tsuruga, bloccato reattore per una perdita acqua.

1999, 17 Luglio, Ucraina. Centrale di Cernobyl, 3 operai contaminati.

1999, 30 settembre. Tokaimura, Giappone. Un incidente in una fabbrica di combustibile nucleare attivò la reazione a catena incontrollata. Tre persone morirono all'istante mentre altre 450 furono esposte alle radiazioni (119 in modo grave).

La mattina di giovedì le autorità rivelano che, a causa di una fuoriuscita d’uranio, si è innescata una fissione incontrollata nel nocciolo del reattore.

· Alle 10:30 scatta l’allarme, alcuni operai sono stati contaminati in modo molto grave.

· Alle 12:41 la polizia crea un “cordone” intorno alla centrale, si capisce che l’incidente sta diventando più grave del previsto.

· Alle 15:18 alcune famiglie residenti nei pressi della centrale vengono evacuate.

· Alle 21:00 si tiene una riunione di emergenza e il governo comprende a questo punto la gravità dell’incidente; oltre 300000 persone invitate a stare in casa.

· Alle 24:00 la radioattività attorno e dentro all’impianto raggiunge livelli tra le 10 e le 20 mila volte superiore alla norma.

· Alle 2:30 del giorno seguente 18 tecnici operi nell’impianto accettano una missione da veri “kamikaze”, devono entrare nell’impianto per fermare la reazione a catena, ben consapevoli che, terminata la missione, non sarebbero più stati gli stessi.

· Alle 6:00 le autorità affermano che la radioattività è scesa a zero.

Dopo si accerterà che è stato un errore umano, i tecnici stavano infatti trasportando, all’interno dell’edificio dove si tratta l’uranio usato come combustibile nella vicina centrale nucleare, due barili di miscela di uranio- acido nitrico(che venivano miscelati a mano, con un rudimentale imbuto, di 30 kg ognuno: questi sono involontariamente caduti terra e, essendosi miscelati, hanno innescato la reazione. I tecnici che hanno fermato la reazione sono all’ospedale in gravissime condizioni.

1999, 2 Ottobre, Ucraina. Centrale di Khmelitskaya, blocco del reattore per malfunzionamento.

1999, 4 Ottobre, Corea del sud. Centrale di Wolsong, una fuoriuscita di acqua pesante durante lavori di manutenzione causa l’esposizione alle radiazioni di 22 operai impiegati presso l’impianto.

1999, 5 Ottobre, Finlandia. Centrale Loviisa, perdita di idrogeno. Secondo i tecnici della centrale c’è stato un pericolo di incendio e perdite.

1999, 8 Ottobre, Giappone. Deposito di scorie a Rokkasho, fuoriuscita radiazioni. Le radiazioni provengono da due fusti arrivati dalla centrale nucleare di Ekushima.

1999, 20 Ottobre, Francia. Superphenix, un incidente arresta lo scarico di materiale radioattivo.

1999, 27 ottobre, USA. "I bambini statunitensi residenti vicino le centrali nucleari di New York, New Jersey e Florida hanno nei denti un "radioisotopo" (lo stronzio 90) che li espone ad un rischio tumore molto alto". Così Ernest Sternglass, professore di radiologia all'università di Pittsburgh ha esordito nell'ultima conferenza stampa del progetto no-profit di "radioprotezione e salute pubblica". Lo sconcertante risultato è stato ottenuto dai ricercatori statunitensi che hanno analizzato 515 bambini residenti negli Stati di New York, New Jersey e Florida. I livelli di radioattività rilevata nei campioni, raccolti dal 1979 al 1992, erano molto vicini a quelli osservati a metà degli anni '50 quando Stati Uniti e Unione Sovietica, in piena guerra fredda, si dilettavano negli esperimenti con le armi invisibili. Secondo i responsabili del progetto i livelli di radioattività dovevano invece essere scesi intorno allo zero. "Se gli esperimenti nucleari sia di superficie, sia sotterranei sono effettivamente terminati, i primi sospetti cadono sui reattori nucleari e sui relativi incidenti", ha detto Sternglass, che ha aggiunto: "II mondo è troppo piccolo per gli incidenti nucleari". I responsabili del progetto attribuiscono parte di questa radioattività al disastro avvenuto nel 1979 a Three Mile Island e a quello di Chernobyl nel 1986. Ci sono documenti federali che testimoniano la fuga nucleare dal reattore di Suffolk (New York) nei primi anni '80.

1999, 18 Novembre, Scozia. Centrale di Torness, un aereo tornado precipita a meno di 800 metri dall’impianto.

1999, 13 Dicembre, Russia. Centrale Zaporozhe, fermato reattore.

2000, 5 Gennaio, Francia. Centrale di Blayais, una tempesta costringe a fermare 2 reattori per allagamento.

2000, 27 gennaio. Giappone. Un incidente a una installazione per il riprocessamento dell’uranio in Giappone provoca livelli di radiazione 15 volte superiori alla norma in un raggio di circa 1,2 miglia. Funzionari locali segnalano che almeno 21 persone sono state esposte alle radiazioni.

2000, 15 Febbraio, USA. Reattore Indian Point 2, fuga vapore radioattivo.

2000, 16 giugno. Germania. Gradualmente, ma senza esitazioni, la Germania metterà al bando l'energia nucleare. Una dopo l'altra, nell'arco di 32 anni, le 19 centrali nucleari tuttora attive sul suolo tedesco saranno chiuse. Sui tempi dello smantellamento si è raggiunto un compromesso: il governo chiedeva 30 anni, gli industriali 35, se ne impiegheranno 32 per ogni stabilimento. Il primo che chiuderà sarà il più vecchio: la centrale di Obrigheim, aperta nel 1968, si spegnerà nel 2001. L'ultima, invece, nel 2021, sarà quella di Neckarwestheim-II, nel Baden-Wuerttemberg, che produce 1.269 Megawatt. Inoltre entro il luglio 2005 sarà proibito il trattamento delle scorie nucleari. Al momento le centrali nucleari tedesche producono il 33,5 per cento del fabbisogno energetico nazionale.

2001 Germania. Esplosione di una parte dell'impianto di Brunsbuettel.

2003, aprile. Paks (Ungheria). L’unità numero 2 del sito nucleare di Paks (costituito da quattro reattori è l’unico in Ungheria a 115 chilometri da Budapest) subisce il surriscaldamento e la distruzione di trenta barre di combustibile altamente radioattive. Solo un complesso intervento di raffreddamento scongiura il pericolo di un’esplosione nucleare, limitata ma incontrollata con gravi conseguenze per l’area intorno a Paks.

2003, 17 ottobre. Arcipelago de La Maddalena (Italia). Sfiorato incidente nucleare: il sottomarino americano Hartford s’incaglia nella Secca dei Monaci a poche miglia dalla base di La Maddalena dove solo l’abilità del comandante riesce a portare in porto il mezzo avariato. Il licenziamento di alcuni militari induce a pensare che il rischio corso non sia stato risibile.

2004, 9 agosto, Giappone. Nel reattore numero 3 nell’impianto di Mihama, 350 chilometri a ovest di Tokyo, una fuoriuscita di vapore ad alta pressione, con una temperatura superiore ai 200 gradi, è costata la vita a quattro operai. Altri sette operai sono in condizioni molto gravi. Si è trattato del più tragico incidente nella storia dello sfruttamento dell'energia nucleare a fini civili in Giappone. L’azienda Kansai Electric Power, che gestisce la centrale, si è affrettata a comunicare che non c’è stata contaminazione radioattiva.

2004, 9 agosto, Giappone. altra centrale non precisata. A quanto ha riferito l'agenzia Kyodo, le fiamme sono divampate nel settore dove vengono smaltite le scorie, adiacente al reattore numero 2, in un impianto situato nella prefettura di Shimane. Anche in questo caso non c’è stata alcuna fuga radioattiva.

2004, 9 agosto, Giappone. Incidente nella centrale nucleare della Tokyo Electric Power Company (Tepco), la più grande impresa produttrice di energia in Giappone. La società ha comunicato che il generatore dell’impianto di Fukushima-Daini è stato fermato per una perdita di acqua.

2005, aprile, Gran Bretagna. Sellafield. Viene denunciata la fuoriuscita di oltre 83mila litri di liquido radioattivo in 10 mesi a causa di una crepatura nelle condotte e di una serie di errori tecnici.

2006, maggio. Laboratori Enea della Casaccia (Italia). Fuoriuscita di plutonio, ammessa solo quattro mesi dopo, che ha contaminato sei persone addette allo smantellamento degli impianti.

2006, maggio. Mihama (Giappone). Ennesimo incidente con fuga di 400 litri di acqua radioattiva nella ex centrale nucleare di Mihama.

2006, 26 luglio. Oskarshamn (Svezia). Corto circuito nell’impianto elettrico della centrale a 250 chilometri a sud di Stoccolma per cui due dei quattro generatori di riserva non sono stati in grado di accendersi. Vengono testate tutte le centrali nucleari del Paese e quella di Forsmark viene spenta.

2006, 7 ottobre. Kozlodui (Bulgaria). Viene intercettato un livello di radioattività venti volte superiore ai limiti consentiti e le verifiche portano a scoprire una falla in una tubazione ad alta pressione. La centrale, che sorge nei pressi del Danubio, scampa a una gravissima avaria. Secondo la stampa locale la direzione cerca di nascondere l’accaduto e di minimizzarlo nel rapporto all’Agenzia nazionale dell’Energia Atomica.

2007, 28 giugno. Kruemmel (Germania). Scoppia un incendio nella centrale nucleare di Krummel, nel nord della Germania vicino ad Amburgo. Le fiamme raggiungono la struttura che ospita il reattore e si rende necessario fermare l’attività dell’impianto. In pochi mesi si verificano avarie anche nelle centrali di Forsmark, Ringhals e Brunsbuttel.
Secondo il rapporto 2006 del ministero federale dell’Ambiente, l’impianto di Kruemmel è il più soggetto a piccoli incidenti tra le 17 centrali. Stando ai piani di uscita dal nucleare, fissati in una legge del 2002, il reattore dovrebbe essere spento al più tardi nel 2015.

2007, 16 luglio. Kashiwazaki (Giappone). La centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo che fornisce elettricità a 20 milioni di abitanti, viene chiusa in seguito ai danneggiamenti provocati dal terremoto. L’Agenzia di controllo delle attività nucleari giapponesi ammette una serie di fughe radioattive dall’impianto, ma precisa che si tratta di iodio fuoriuscito dal una valvola di scarico. Il direttore generale dell’AIEA, Mohammed El Baradei, dice che il sisma: “è stato più forte di quello per cui la centrale era stata progettata”. Il terremoto provoca un grosso incendio in un trasformatore elettrico, la fuoriuscita di 1.200 litri di acqua radioattiva che si riversano nel Mar del Giappone e una cinquantina di altri incidenti. Si teme che la faglia sismica attiva passi proprio sotto la centrale.











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giovedì 19 giugno 2008

Se nel Parlamento europeo sedessero dei bonobo, non sarebbe passata la "direttiva della vergogna"

Nella mattinata di ieri il Parlamento Europeo ha approvato la "direttiva della vergogna", con la quale l'Unione Europea inasprisce le attività di contrasto delle migrazioni irregolari e si chiude in se stessa.
Da ieri i migranti irregolari potranno essere rinchiusi in centri di detenzione per 18 mesi, per aver commesso un'irregolarità amministrativa. I migranti colti nell'irregolarità, non potranno godere delle stesse regole processuali stabilite per chiunque altro. Nemmeno i bambini sono risparmiati da questa violenta direttiva, prevedendo l’espulsione ed il trattenimento dei minori non accompagnati, nonostante questo trattamento violi le convenzioni internazionali che proteggono i diritti dei minori.
E non è finita. Si stabilisce la possibilità di deportare migranti irregolari nei paesi di transito. Per "contropartita", a quei paesi, dove spesso le convenzioni sui diritti umani non sono mai state ratificate (vedi la Libia, paese di transito per l'Italia), l’Unione Europea corrisponderà ingenti somme. Un vero e proprio mercato di esseri umani.
Di fatto viene respinta la possibilità di pensare un'Europa di accolgienza e di tutela dei diritti umani. Un'Europa che si risveglia intollerante verso le povertà che contribuisce a generare. Si prefigura un'Europa chiusa in se stessa, un continente che si fa fortezza e che non permette la socializzazione, lo scambio culturale. Un'Europa egoista ed arrogante.
D'altronde la deriva intollerante ed autoritaria dell'Europa era in corso da tempo. Da tempo si andava costruendo l'idea del nemico interno, fatto coincidere con l'immigrato. Quello che occuperebbe un posto di lavoro, altrimenti svolto da un disoccupato francese; lo stesso che ruberebbe la macchina di un tedesco; quello che violenterebbe una donna italiana; a prescindere, perchè immigrato.
Questa direttiva non fa altro che dichiarare ufficialmente nemico lo straniero. Si sancisce l'avversione ad una convivenza pacifica tra migranti e nativi. Si decreta con questa direttiva, il definitivo abbandono della speranza di un'Europa garante dei diritti umani.
Da oggi è ufficiale: le ricchezze europee non possono essere condivise; non è assolutamente possibile mangiare nello stesso ricco piatto.
Ed ora mi tornano in mente i bonobo e la loro organizzazione sociale. Chi sono i bonobo? Sono scimmie, altrimenti chiamate scimpanzé pigmee o scimpanzé nane. La differenza tra il patrimonio genetico di questi animali e quello dell'uomo ammonterebbe al 1,6%. Una differenza molto lieve, ma che ha permesso ai bonobo un'organizzazione sociale basata sulla conciliazione anzichè sulla dominazione. Tra i bonobo la convivenza è pacifica ed esiste una cultura di collaborazione e di condivisione delle risorse. Se due gruppi diversi di bonobo si incontrano nella foresta, condividono il cibo, invece di combattersi.
Avessimo avuto quell'1,6% di genomi che ci differenzia dai bonobo, in questo momento staremmo amoreggiando. E invece continuiamo a mordere il culo a chi fugge da guerre e miserie.

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mercoledì 11 giugno 2008

Ritorno ad un passato lontano di 91 anni, per i diritti del lavoro

La notizia che l'Unione Europea ha emesso una nuova direttiva, con la quale si stabilisce la possibilità per ogni Stato membro di modificare la propria legislazione, per allungare la durata lavorativa settimanale dalle 48 ore attuali fino alle 65 ore, è passata un po' in sordina, con articoli alle pagine interne, nei principali quotidiani nazionali.
Eppure si tratta di un provvedimento che potrà cambiare di molto le condizioni del lavoro e seppure la direttiva dovrà passare per l'approvazione del parlamento europeo per avere validità, rimane tuttavia il tentativo dei governi europei, di sfruttare quanto più possibile la merce-lavoro. Braccia e cervelli da spremere come limoni.

Un tentativo analogo già ci fù tre anni fa, quando l'ammissione della cosiddetta clausola "opt out" è rimasta bloccata a causa dell'opposizione fatta da Francia, Italia e Spagna. Questa volta, invece, i rappresentanti del governo italiano sono stati tra i primi ad accettare la clausola.
Di fatto si tratta di un ritorno al passato di 91 anni, a quando cioè le 48 ore di lavoro settimanali erano state stabilite come un diritto sociale dall'ILO.
Rimane tuttavia il limite di 48 ore di lavoro settimanali, per i lavoratori impiegati per più di 10 settimane e comunque le 60-65 ore, possono essere applicate solo nel caso in cui il lavoratore acconsenta.

Volendo azzardare una traduzione dal politichese, si potrebbe dire:

"se sei precario, ti viene fatto un contratto della durata minore di tre mesi, così che sotto il ricatto aziendale sei costretto ad accettare una clausola che ti impone di lavorare anche più di 10 ore al giorno, per sei giorni alla settimana. E se tieni bassa la testa, se fai il bravo e ti fai sfruttare, se rinunci senza protestare a buona parte dei tuoi rapporti sociali, alle tue relazioni personali, agli affetti familiari, forse fra tre mesi ti viene rinnovato il contratto. Ovvio, della durata di meno di 10 settimane, così potrai lavorare tanto, essere produttivo, contribuire a fare incrementare il PIL ed accrescere i profitti dei padroni.
Quando poi sarai stanco, quando avrai esaurito le tue forze, o quando i ritmi di lavoro ti avranno consumato fino anche ad ucciderti, non preoccuparti ... tanto sei un prodotto facilmente riciclabile"


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martedì 22 aprile 2008

Schiavi del lavoro per i marchi olimpici. Rapporto Play Fair 2008

Si stima che marchi come Nike, Adidas e Puma, incrementeranno i propri profitti di almeno il 50% nel corso dei prossimi giochi olimpici di Pechino. Non per meriti dei loro "illuminati" manager, ma per le condizioni di estremo sfruttamento in cui costringono i loro 800mila dipendenti nei paesi in via di sviluppo. Operai costretti a cucire palloni, incollare scarpe, tagliare stoffe, anche per dodici ore al giorno e guadagnare giornalmente solo 50 centesimi di dollaro.

Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto Play Fair 2008, tradotto per l’edizione italiana dalla Campagna Abiti Puliti.
Una realtà che emersa anche grazie alle centinaia di testimonianze dirette dei lavoratori, che raccontano la loro schiavitù ed i disumani ritmi di produzione. Uno schiavo della New Balance in Cina racconta come «Sono stanco da morire adesso… In due dobbiamo incollare 120 paia di scarpe all’ora… Nessuno di noi ha tempo di andare in bagno o bere un bicchier d’acqua. Ciononostante stiamo lavorando senza riposo e abbiamo sempre paura di non lavorare abbastanza in fretta per fornire le suole alla linea successiva…. Siamo stanchi e sporchi».
Condizioni accettate senza poter fiatare, per non rischiare di perdere l'unica fonte che permetta loro di sopravvivere. Una sopravvivenza in condizione di vera e propria schiavitù, che costringe quei lavoratori a vivere e dormire a centinaia nello stesso posto di lavoro, in condizioni ambientali precarie, costretti a subire le vessazioni dei propri superiori. In quei posti, diritti e rappresentaze sindacali sono meno di un lontano miraggio ed i contratti di lavoro una vera e propria chimera.
E' da queste condizioni che aziende come Nike, Adidas, Puma, Asics traggono i loro profitti, in un rapporto direttamente proporzionale ai livelli di sfruttamento a cui costringono i loro lavoratori.
Queste multinazionali, che sfoggeranno i loro loghi durante la rassegna olimpica, si maschereranno da portatori del sano spirito olimpico, promuoveranno spot pubblicitari nei quali saranno esaltati valori di lealtà, umanità e di pace. Tutto mentre nelle loro fabbriche, si consuma lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Dell'uomo ridotto ad una merce di valore minore di quella che produce.

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martedì 18 marzo 2008

I giochi olimpici oscureranno la repressione

Come in ogni azione di repressione da parte di un determinato potere, anche per la vicenda tibetana di questi giorni, è in corso una vera e propria propaganda. Così, mentre il Dalai Lama accusa il governo cinese di compiere un «genocidio culturale», il primo ministro cinese parla di rivoltosi che hanno compiuto «saccheggi e incendi» ed hanno ucciso «in modo estremamente crudele cittadini innocenti». Intanto il governo cinese ha ora propibito l'accesso internet al sito Youtube, dopo che in rete sono comparsi diversi filamti amatoriali sulla repressione cinese in Tibet.
Rimane la certezza di una violenta e sistematica violezione dei diritti umani nei confrotni dei Tibetani, per le quali in questi giorni si elevano indignazioni da più parti. Ma alzi la mano chi conosce reali e concrete manifestazioni di protesta o presa di posizioni da parte di governi o altri centri di potere, che non siano semplici parole di condanna.

Nessuno di quei potentati che si mettono in fila per esprimere a turno parole di condanna, hanno mai fatto notare un'incrinazione nei rapporti politici ed economici con la Cina. Non è conveniente visto che, seppure si notano rallentamenti nell'economia cinese, rimane pur sempre un mercato da continuare a sfruttare. Dove poter importare prodotti per una popolazione molto numerosa; dove poter impiantare ancora per un po' fabbriche con mano d'opera a basso costo; dove quest'anno si svolgeranno le olimpiadi, fonte di guadagno per diversi poteri economici.
Sembra infatti siano stati spesi, per i prossimi giochi olimpici, circa 37 miliardi di dollari e di più ne frutteranno, secondo le stime. E' difficile allora immaginare un boicottaggio delle prossime olimpiadi. Potrebbe darsi che qualche atleta, spinto da personali convinzioni, decida non partecipare, ma resterebbe un caso isolato, che produrrebbe al più un piccolo spazio nei giornali o un accenno in qualche TG, per poi finire dimenticato il giorno successivo. Mentre un'azione di boicottaggio, per avere effetti concreti, dovrebbe partire dai comitati olimpici nazionali ed internazionali; dai governi; dalle federazioni sportive.
Possiamo stare pur certi che ciò non avverrà ed allora assistiamo oggi alle solite, ipocrite, insensate, inutili e nemmeno troppo dure parole di condanna verso la repressione cinese nei confronti dei tibetani; tra qualche mese, quando tutto sarà già dimenticato o scientemente oscurato, ci sarà concesso di goderci i giochi olimpici all'insegna del "volemose tanto bene", animati da penetrante spirito decoubertiniano.
Possiamo essere certi, che quell'evento non sarà disturbato dal fruscìo di tonache arancioni, che si muovono in corteo sulle strade; tantomeno dallo scoppio dei fucili della repressione cinese.




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martedì 11 marzo 2008

Liberi di torturare. G.W. Bush segna ancora la sua presidenza

George W. Bush, è riuscito a segnare nuovamente la sua presidenza degli USA, continuando sulla scia dell'assoluto mancato rispetto delle dignità umana.
Questa volta, il presidente USA ha posto il suo veto alla proposta di legge del Senato americano, di limitare la tortura inflitta negli interrogatori condotti dalla Cia.
Attenzione: quella legge non avrebbe abolito queste pratiche inumane, ma ne avrebbe solo limitato il numero di quelle consentite e considerate "leggere". Tra queste figura il waterboarding (una simulazione di annegamento), considerata essenziale nell'attività di intelligence.
Secondo i sostenitori delle torture leggere, si tratterebbe di tecniche che non dovrebbero arrecare danni permanenti.

In realtà, i danni provocati dalle "torture leggere", sono del tutto simili ai danni da stress post traumatico, provocati alle vittime di torture fisiche. Queste considerazioni sono state le risultanze di uno studio condotto da Metin Basoglu del King’s College di Londra, pubblicato sull'Archives of General Psychiatry ed offerto a consultazione gratuita.

Questo veto dello sceriffo americano George W. Bush, dimostra quanta strada ancora rimane da fare, affinchè la dignità umana sia considerata un valore irrinuciabile, in ogni luogo della terra. Una nuova macchia si è aggiunta sull'amministrazione Bush, che ha deciso che per condurre la "guerra al Terrore", debba essere utilizzato qualsiasi metodo, compresi quelli che calpestano il rispetto per la dignità umana.
Ricordiamocelo, prima di sostenere un presunto alto valore morale dell'amministrazione americana, nella difesa della democrazia mondiale. Chi sostiene pratiche di tortura fisica o psichica, non può essere incluso nell'alveo della civiltà umana, nemmeno quando si tratta dell'imperatore americano George Walker Bush.

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giovedì 21 febbraio 2008

Blogger italiani in terra d'Islanda

Ok! ... fatto. Invitato da quel pazzo di Riverinflood, amministratore del blog Ideateatro, ho assolto al mio dovere.
Ho letto la normativa, ho scelto tre tra i Top posts islandesi ed ho lasciato un commento. Un misto tra italiano e dialetto uastarolo (vastese in italiano).

I tre "sfortunati" blogger islandesi da me scelti sono questi:
dannihjalta
siggeir
stulli

... e ora? Eh eh eh ... ora tocca a voi, ai cinque blogger da me scelti per fare la stessa cosa! Buon viaggio in terra d'Islanda agli amici blog:
1manifesto
tisbe
spartaco
ruotegrasse
il segnalatore

Ora ho assolto completamente al mio compito.

Ciao 'uaglio!

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mercoledì 20 febbraio 2008

Agonia ed estasi. Così ci vede Newsweek


Agonia ed estasi.
L'Italia funziona appena. Eppure, la sua gente è felice.
E' il titolo che campeggia sopra la foto qui a fianco nel settimale inglese Newsweek.

Nonostante tutto, gli italiani pensano che il Paese ha ancora il potenziale di creatività per uscire dal caos. Nonostante un Italia praticamente nella merda ... o meglio con la spazzatura che lo sommerge questo nostro fu Bel Paese.

E' così che il settimanale inglese Newsweek, raffigura l'Italia: un paese sommerso dalla spazzatura, metafora di "come un Paese delizioso è diventato la zona politicamente ed economicamente disastrata dell’Europa".
La foto di copertina del settimanale, che introduce alcune pagine di reportage, solo quanto di più eloquente dell'immaginario dell'Italia in Europa.


La crescita degli anni ottanta, che sembrava dovesse fare dell'Italia una forza trainante dell'Europa, è stata solo un'illusione.

Ma il settimnale inglese se la prende anche con la classe politica, che presenta "le stesse facce da almeno 15 anni mentre l’economia è in stallo". Alla faccia del rinnovamento, delle novità propagandate da PD e PdL.
Classe politica vecchia e disfunzioni politiche. Anche questo è stato causa della caduta del governo Prodi e, il possibile ritorno di Berlusconi al potere, per Newsweek, "difficilmente è motivo di ottimismo".

Insomma, un'italia allo sbando, per il settimanel inglese. Forse è vero. Ma è anche vero che le critiche mosse e le soluzioni proposte, guardano sempre dallo stesso lato. Risanamenti economici, prodotto interno lordo, soluzioni monetariste varie. Ed in mezzo a tutto questo, non poteva mancare l'autosufficienza energetica, tra ricercare - in maniera anche troppo semplicisticamente proposta - nell'uso anche del nucleare, dopo un referendum "emozionale".

Mi pare quindi che le proposte messe sul campo, parlino la stessa lingua monetarista e finanziaria, che sta già soffocando le classi più svantaggiate del nostro Paese.

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venerdì 15 febbraio 2008

La più grande discarica del mondo si trova nell'Oceano Pacifico

Dove si trova la più granda discarica di rifiuti del mondo? Qualcuno ironicamente direbbe in Campania, o forse quel qualcuno lo direbbe con convinzione. Ed invece non è così. La più grande discarica del mondo è stata scoperta nel bel mezzo dell'Oceano Pacifico.
Questa discarica ha inizio a 500 miglia nautiche dalla costa della California, attraversa il Pacifico meridionale, oltrepassando le Hawaii per poi arrivare fin quasi al Giappone, dove vi sarebbero "depositati" circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica.

La notizia è stata riportata da The Indipendent ed attribuisce la scoperta di questo enorme vortice di spazzatura, all'oceanografo americano Charles Moore.
Lo studioso americano, ha fatto la scoperta del vortice di spazzatura per la prima volta nel 1997, quando ancora marinaio vi si imbattè durante una regata. Questa scoperta, aveva indotto Moore a vendere la sua parte dell'impresa petrolifera di famiglia, a darsi all'ambientalismo e allo studio degli oceani. Moore ha in seguito fondato la Algalita Marine Reseach Foundation, una fondazione per la ricerca sugli ecosistemi marini.
Tale massa di rifiuti galleggiante, nella quale vi si puo' trovare un po' di tutto, dai palloni da calcio ai sacchetti di plastica, e' in realta' formata da due parti: una orientale, a sud-ovest del Giappone ed una occidentale a nord-ovest delle Hawaii. Ma nonostante le enormi e devastanti dimensioni, questa gigantesca discarica non poteva essere vista dai satelliti, poiché il mare di rifiuti è traslucido e si trova appena sotto la superficie dell'acqua. "La vedi soltanto quando te la ritrovi davanti alla prua", ha detto Moore.

Si ritiene che il 90% di tutti i rifiuti galleggianti negli oceani, sia costituito da plastica e che in valore assoluto possa essere stimato, secondo il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, in 46000 pezzi di plastica galleggianti nel 2006.
D'altronde, "Ogni piccolo pezzo di plastica finito in mare da 50 anni a questa parte e' ancora li", ha detto Tony Andrady, un chimico dell'istituto di ricerca americano Triangle, visto che le moderne materie plastiche sono così durevole, che gli oggetti a un mezzo secolo di età sono stati trovati nel nord del Pacifico.

Ma la drammaticità della situazione, sta nella morte di oltre un milione di uccelli marini ed altrettanti mammiferi marini. Siringhe, accendini e spazzolini da denti sono stati trovati all'interno della stomachi di uccelli morti.
Nemmeno l'uomo può essere considerato non a rischio da questa situazione, visto che le centinaia di milioni di piccoli granuli di plastica che vengono gettati in mare, agiscono come una sorta di spugna per altri agenti inquinanti come idrocarburi e DDT e poi entrano nella catena alimentare. "Cio' che cade nell'oceano finisce dentro agli animali e prima o poi nel nostro piatto", ha detto Marcus Eriksen, direttore della ricerca della Algalita Marine Reseach Foundation.

Sarebbe ora che cominciassimo a riflettere seriamente, sul nostro futuro in questo pianeta ormai stanco.

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martedì 12 febbraio 2008

Chiesta la pena capitale per sei detenuti a Guantanamo

La notizia è stata pubblicata ieri e riguarda l'annuncio da parte del Pentagono, dell'incriminazione di sei prigionieri islamici detenuti nella prigione di Guantanamo, per l'attentato dell'11 settembre 2001. La richiesta dei procuratori militari è stata la pena capitale.
I sei presunti terroristi avrebbero confessato di avere preparato l'attentato ed in particolare di avere predisposto il progetto d'attacco e di avere preso parte a tutte le fasi successive, fino all'attuazione dell'attentato, nel quale persero la vita quasi 3000 persone.
Potremmo già disquisire sul fatto che solo poche settimane fa, si è festeggiato giustamente per la moratoria ONU sulla pena di morte, mentre nessuna parola di ferma condanna è stata espressa per la richiesta di pena capitale in questo caso.Ma più che su questo aspetto, mi soffermerei su un altro in particolare: la confessione dei detenuti. Nessun riferimento mi pare di avere potuto leggere o sentire, ai metodi utilizzati per estorcere le confessioni.

Perchè non è certamente indifferente, come invece si lascia supporre, il fatto che una confessione venga rilasciata volontariamente, dopo che l'imputato si senta incastrato o invece, come in questo caso, a seguito di atroci torture.
Amnesty International racconta che cinque dei sei uomini incriminati sono stati vittime di sparizione forzata, avendo trascorso piu' di tre anni in centri di detenzione segreti della Cia, situati in luoghi sconosciuti, prima di essere trasferiti a Guantánamo nel settembre 2006. Cosa possa essere avvenuto in quei centri ancora non è dato sapere, ma è certo che i detenuti non siano stati trattati secondo criteri di tutela dei diritti umani. Inoltre la stessa Cia ha confermato che almeno uno dei sei, e' stato sottoposto alla tecnica waterboarding, o semiannegamento. Altri di loro sono stati tenuti incappucciati, nudi, sottoposti a umiliazioni sessuali, alla deprivazione sensoriale, a temperature estreme, a musica assordante e a rumore bianco.
Si potrebbe pensare - e sono certo che in molti faranno questa riflessione - che non deve avere troppa importanza il trattamento riservato ai sei imputati, visto che questi avrebbero ucciso con il loro attentato, 2973 persone innocenti. Non importa perchè - è certamente il pensiero di molti - se questo è servito per arrivare alla confessione e perciò alla verità sull'attentato ed infine alla condanna degli attentatori, ben vengano anche metodi "poco ortodossi".
A parte la mia personale ripugnanza verso le torture ed a parte il fatto che la tortura è considerata a ragione un crimine internazionale, mi chiedo chi potrebbe resistere per anni a torture fisiche e psicologiche, senza dire ciò che i torturatori vogliono sentirsi dire. In pratica, ciò che voglio dire, è che non possiamo essere certi della colpevolezza di alcuno, fintanto che il rispetto dei diritti umani non verrà affermato con certezza e fintanto che agli accusati non venga garantito un processo equo.
A questo proposito, credo sia utile tornare a leggere queste dichiarazioni, riportate dal Corriere della Sera del 14 marzo 2004.

"Noi inglesi, due anni a Guantanamo in catene imploravamo le condanne"
I tre musulmani liberati: brutalita' e pestaggi, puniti anche se cantavamo "Si cacciano i topi per non impazzire, chi non prova il suo alibi sparisce" "Per cinque mesi Iqbal costretto a restare solo con prigionieri cinesi Interrogatori di 12 ore, ammanettati al pavimento"

LA LOTTA AL TERRORISMO: "Trecento di noi sono stati ammassati in container, qualcuno sparo' per bucarlo e farci respirare, molti vennero uccisi cosi'. Quando vidi quella gente in ceppi in tuta arancione pensai a una allucinazione". "Ci dissero che eravamo stati filmati assieme a Bin Laden e al capo dei dirottatori dell' 11 settembre. Ma in quel periodo eravamo in Europa. Non ci credevano. Poi i nostri servizi segreti sono riusciti a provarlo".

"Quando mi svegliai, non avevo idea di dove fossi. Ero sdraiato sopra a dei cadaveri, respirando il fetore del sangue e dell'urina. Avevano ammassato forse 300 di noi in ciascun container, stipati cosi' stretti che le nostre ginocchia erano pressate contro il petto, quasi subito iniziammo a soffocare. Siamo sopravvissuti perche' qualcuno fece dei buchi con la mitragliatrice, anche se sparavano basso e ne sono morti ancora di piu' a causa dei proiettili. Quando uscimmo, circa 20 in ogni container erano ancora vivi".

In una casa sicura nel Sud dell'Inghilterra, il cittadino britannico Asif Iqbal racconta come e' sopravvissuto, insieme ai suoi amici Ruhal Ahmed e Shafiq Rasul (tutti e tre originari di Tipton, in Gran Bretagna), dopo un massacro compiuto in Afghanistan nell'autunno del 2001 dalle forze dell'Alleanza del Nord, spalleggiate dagli americani, l'inizio di un incubo durato 26 mesi, finito la scorsa settimana con il loro rilascio dal campo di detenzione statunitense della baia di Guantanamo.

Un giorno, forse, ci sara' qualche inchiesta su Guantanamo. Fino ad allora, alcune delle loro affermazioni - che gli Stati Uniti con tutta probabilita' smentiranno - non potranno essere confermate. Lo scorso ottobre ho trascorso quattro giorni a Guantanamo. Molto di quanto i tre uomini raccontano l'ho visto o sentito narrare da ufficiali statunitensi.

Dopo essere sopravvissuti al massacro all'interno del container, i tre sono quasi morti di fame in una prigione gestita dal signore della guerra afghano, il generale Dostum. Poi con il consenso degli ufficiali britannici, furono consegnati agli americani, prima per settimane di abusi fisici in un campo di prigionia a Kandahar, poi per oltre due anni nella desolazione di Guantanamo.

Mese dopo mese sono stati interrogati, per 12 ore alla volta o piu', dalle commissioni di sicurezza statunitensi e ripetutamente dall'Mi5. In totale, dicono, hanno sopportato ciascuno 200 "sessioni".

Le autorita' da ambo le parti dell' Atlantico sono state costrette ad accettare quello che i tre uomini hanno sostenuto per tutto questo tempo - che non sono mai stati membri delle forze talebane, di Al Qaeda o di qualsiasi altro gruppo militante. Gli americani hanno giustificato la loro prigionia sostenendo che erano "combattenti nemici", ma essi non sono mai stati armati, e non hanno combattuto.

"Formalmente ci hanno detto che stavamo tornando a casa domenica scorsa", dice Rasul. "Abbiamo avuto un ultimo incontro con l'Fbi, e hanno tentato di spingerci a firmare un pezzo di carta che diceva qualcosa del tipo che ammettevo di avere avuto legami con il terrorismo, e che se avessi mai rifatto qualcosa di simile, gli Stati Uniti avrebbero potuto arrestarmi".

Come gli altri due prigionieri liberati la settimana scorsa, Tarek Dergoul e Jamal al-Harith, i tre si sono rifiutati di farlo.

SANGUE - Sono le 3 del mattino del 13 gennaio 2002 quando Rasul, detenuto a Kandahar, viene spostato in una nuova tenda con Iqbal. La mattina seguente i loro numeri di riconoscimento furono chiamati ad alta voce e furono obbligati a starsene seduti mentre dei soldati li incatenavano stretti, li facevano sedere all'interno di una tenda e fissavano un' altra catena a un gancio nel pavimento.

Al posto delle tute blu, vennero vestiti con completi arancioni, incatenati e ammanettati e obbligati a portare dei guanti spessi, cuciti alle maniche. Poi, dice Rasul, "ci fecero sedere fuori, sulla ghiaia, mentre processavano tutti. Non ci e' stata data acqua per tutto il giorno".

Il dispositivo di controllo che ora erano costretti a indossare sarebbe diventato molto familiare per i 26 mesi successivi, il "completo tre pezzi", la cintura con una catena metallica che conduceva giu' fino ai ceppi delle gambe e a cui erano attaccate le manette.

Rasul racconta: "Dissi alla guardia che me l'avevano stretto troppo addosso, e lui rispose, sopravvivrai". In aereo vennero incatenati al pavimento senza schienali cui appoggiarsi, e persino quando chiesero di andare in bagno non furono liberati dalle catene. "Ti pisciavi tutto addosso, sulle gambe. L'unica cosa che alleviava questa deprivazione sensoriale e che mi tenne occupato nelle 22 ore di volo fu che sentivo un dolore molto forte", dice Rasul.

"Le guardie mi dicevano di dormire, ma la cintura mi stava scavando nella carne. Quando sbarcammo a Cuba, stavo sanguinando. Ho perso la sensibilita' nelle mani per i sei mesi successivi".

OBBEDIENZA - Rasul e Iqbal si trovavano sul secondo volo verso il nuovo Campo Raggi X (il primo aveva avuto luogo tre giorni prima). Quando Rasul e Iqbal atterrarono, non avevano nessuna idea di dove fossero: "Tutto quello che sapevo era che mi trovavo da qualche parte dove faceva un caldo terribile", dice Rasul.

"Una voce americana urlo': sono il sergente Tizio Caio, Marina degli Stati Uniti, state arrivando alla vostra destinazione finale. Il sole batteva senza tregua e il sudore mi colava negli occhi. Urlai per chiedere un dottore, qualcuno mi verso' dell'acqua negli occhi e poi lo sentii di nuovo: traditore, traditore".

Rasul fu l'ultimo a essere processato, e quando alla fine raggiunse la sua cella, era ormai buio. Per prima cosa venne completamente spogliato e, senza che gli venissero tolti i ceppi e le catene, ricevette un pezzo di sapone e gli fu detto di farsi una doccia, la prima dalla sua cattura.

Iqbal ricorda il momento in cui i suoi ceppi furono rimossi: "Alzo lo sguardo e vedo tutta quest'altra gente che non era ancora stata processata, in vestiti arancioni e ceppi, e penso che sto avendo un'allucinazione". Nei primi giorni trascorsi al Campo Raggi X, le condizioni di prigionia erano estreme.

Ai detenuti era proibito parlare con la persona che era nella cella a fianco e, ricorda Rasul, gli venivano somministrate minuscole porzioni di cibo: "Ti davano questo enorme piatto con un piccolissimo mucchietto di riso e pochi fagioli".

Dopo circa una settimana ai prigionieri fu permesso di parlare con i detenuti delle celle adiacenti, e poche settimane piu' tardi gli furono consegnate delle copie del Corano, un tappeto di preghiera, lenzuola e asciugamani.

Tuttavia ciascuno di loro fu testimone di attacchi brutali o ne subi' in prima persona, in modo particolare da parte della squadra anti sommossa di Guantanamo, la Extreme Reaction Force. Il suo acronimo aveva portato alla nascita di un nuovo verbo, una creazione originale dei detenuti di Guantanamo: erf-ing, "erf-are".

"Essere erf-ati, dice Rasul, significa essere sbattuti a terra da un soldato che brandisce uno scudo anti sommossa, essere inchiodati al terreno e assaliti". Iqbal e Rasul si trovavano alle estremita' opposte dello stesso blocco di celle e gli era proibito parlarsi.

Non c'era quasi niente da fare. "Il tempo passa", dice Rasul. "Fissi nel vuoto e le ore trascorrono ticchettando. Osservavi la gente e ti rendevi conto che avevano dato i numeri. Non c'era piu' niente nei loro occhi. Non parlavano".

Mentre le settimane di prigionia diventavano mesi, qualche volta vedevano degli psichiatri. La risposta era sempre la stessa: un'offerta di Prozac. Durante la mia visita a Guantanamo, lo staff medico del campo mi disse che almeno un quinto dei detenuti prendeva degli antidepressivi.


DIVIETI - Era impossibile conoscere a fondo le regole e sapere come evitare le punizioni. Solo una regola era importante, dice Rasul: "Devi obbedire a qualsiasi cosa il personale del governo statunitense ti dica di fare".

A meta' del 2002 i prigionieri vennero spostati dalle gabbie aperte con muri di rete del Campo Raggi X ai blocchi di celle metalliche prefabbricate di Camp Delta. La', la punizione standard era essere trasferiti in isolamento, nell'ala di deprivazione sensoriale. Una volta, dice Ahmed, ci fu mandato per aver scritto "Buona giornata" su una tazza di polistirene. Questo venne considerato "un danno premeditato alle proprieta' del governo americano".

In un'altra occasione fu punito per aver cantato. Le celle erano all'incirca delle dimensioni di un materasso matrimoniale, fatte di rete e metallo, esposte all'implacabile afa tropicale, senza aria condizionata. Al loro interno c'era un buco nel pavimento da utilizzare come gabinetto, un rubinetto che lasciava uscire acqua gialla e che era piazzato cosi' in basso che bisognava inginocchiarsi per usarlo, e uno stretto riparo di metallo.

A parte gli interrogatori, l'unica pausa in questa monotonia erano le docce e i 20 minuti di esercizi fisici, due o tre volte la settimana.

"Quando ci trovavamo nello stesso blocco di celle con persone che parlavano inglese, ritornavamo sulle stesse conversazioni, piu' e piu' volte", dice Ahmed. "Presto avevi esaurito tutte le possibilita', e ti ritrovavi a ripetere la stessa storia quattro o cinque volte".

Perfino questo, comunque, era meglio del blocco di punizione in isolamento, o del destino che Iqbal dovette sopportare per cinque mesi nel 2002: essere messo in un'ala in cui tutti gli altri prigionieri parlavano solo cinese.

Nel secondo semestre del 2002, gli interrogatori furono sospesi. Ma dall'inizio del 2003 gli incontri con l'Mi5, l'Fbi, la Cia e i servizi segreti militari statunitensi divennero sempre piu' frequenti.

Rasul dice: "Iniziarono a chiamarci e richiamarci, ci mostravano delle foto e ci dicevano: questo tizio dice che hai fatto questo, questo dice che hai fatto quest'altro. Quello che volevano dire era che altri detenuti stavano imbastendo delle storie che pensavano potessero aiutarli a uscire dal campo".

IL VIDEO - Gli addetti agli interrogatori utilizzavano anche lo schema del buon poliziotto e del cattivo poliziotto. "Faceva paura, anche se sapevo che cosa stavano facendo". Meno divertenti erano le condizioni in cui gli interrogatori venivano condotti.

Durante le loro "interviste", i detenuti indossavano il completo tre pezzi ed erano ammanettati al pavimento. L'estate scorsa la situazione dei tre di Tipton prese improvvisamente una brutta piega.

Gli americani avevano un video di un incontro avvenuto nell'agosto 2000 tra Osama Bin Laden e Mohamed Atta, il capo dei dirottatori dell'11 settembre. Dietro Bin Laden c'erano tre uomini, e nel maggio 2003 qualcuno sostenne che erano Iqbal, Rasul e Ahmed. Alla fine, dice Rasul, uno dei capi addetti agli interrogatori arrivo' da Washington e gli mostro' il video.

Dichiaro' con fermezza che l'uomo nel video non gli assomigliava, ne' a lui ne' ai suoi amici, e che nessuno di loro aveva mai avuto la barba. Nell'agosto 2000, quando il video era stato girato, lui stava lavorando per una filiale della catena di negozi di elettronica Curry's, ed era iscritto all'Universita' dell'Inghilterra centrale.

Un fatto, suggeri', che si poteva facilmente controllare. Invece "mi dissero che potevo aver trovato qualcuno che lavorava con me da Curry's che poteva aver falsificato i dati sul mio impiego. Arrivai al punto di non poterne semplicemente piu'. Fate quel che dovete fare, gli dissi. Me ne ero rimasto seduto la', in isolamento, per tre mesi, percio' dissi si', sono io. Andate avanti e processatemi".

Gli altri due fecero una confessione analoga.
Lo scorso settembre, fu l'Mi5 che per una volta li aiuto', quando i suoi funzionari arrivarono al campo con le prove che dimostravano che i tre non potevano trovarsi in Afghanistan nel momento relativo alle accuse.

Rasul dice: "Potevamo provare il nostro alibi. Ma che cosa succedera' agli altri, in particolare quelli che vengono da Paesi in cui dati simili potrebbero non essere disponibili?".

Per coloro che confessano, e non riescono a sostenere i loro alibi, e' in attesa un processo da parte di una commissione militare statunitense e una possibile condanna a morte. Quelli che sono stati accusati non si trovano piu' a Camp Delta, rivelano i tre uomini. Sono stati spostati in un nuovo centro di massima sicurezza, al di fuori del recinto principale, Camp Echo (Campo Eco).

Li', dicono i tre, ci sono anche i britannici Feroz Abbasi e Moazzem Begg, e l'australiano David Hicks.
Un dettaglio della vita di Hicks all'interno della baia di Guantanamo rivela i mezzi disperati escogitati dai prigionieri nel tentativo di mantenere la propria sanita' mentale.

Tiene occupata la propria mente cacciando e uccidendo topi. Piu' di un anno fa, raccontano i tre uomini, Hicks ha rinunciato all'Islam e si e' rasato la barba. Non risponde piu' al richiamo per la preghiera.

David Rose

Note:
Fonte: Corriere della sera, domenica 14 marzo 2004
(c) The Observer - Traduzione di Gabriela Jacomella


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