mercoledì 11 giugno 2008

Ritorno ad un passato lontano di 91 anni, per i diritti del lavoro

La notizia che l'Unione Europea ha emesso una nuova direttiva, con la quale si stabilisce la possibilità per ogni Stato membro di modificare la propria legislazione, per allungare la durata lavorativa settimanale dalle 48 ore attuali fino alle 65 ore, è passata un po' in sordina, con articoli alle pagine interne, nei principali quotidiani nazionali.
Eppure si tratta di un provvedimento che potrà cambiare di molto le condizioni del lavoro e seppure la direttiva dovrà passare per l'approvazione del parlamento europeo per avere validità, rimane tuttavia il tentativo dei governi europei, di sfruttare quanto più possibile la merce-lavoro. Braccia e cervelli da spremere come limoni.

Un tentativo analogo già ci fù tre anni fa, quando l'ammissione della cosiddetta clausola "opt out" è rimasta bloccata a causa dell'opposizione fatta da Francia, Italia e Spagna. Questa volta, invece, i rappresentanti del governo italiano sono stati tra i primi ad accettare la clausola.
Di fatto si tratta di un ritorno al passato di 91 anni, a quando cioè le 48 ore di lavoro settimanali erano state stabilite come un diritto sociale dall'ILO.
Rimane tuttavia il limite di 48 ore di lavoro settimanali, per i lavoratori impiegati per più di 10 settimane e comunque le 60-65 ore, possono essere applicate solo nel caso in cui il lavoratore acconsenta.

Volendo azzardare una traduzione dal politichese, si potrebbe dire:

"se sei precario, ti viene fatto un contratto della durata minore di tre mesi, così che sotto il ricatto aziendale sei costretto ad accettare una clausola che ti impone di lavorare anche più di 10 ore al giorno, per sei giorni alla settimana. E se tieni bassa la testa, se fai il bravo e ti fai sfruttare, se rinunci senza protestare a buona parte dei tuoi rapporti sociali, alle tue relazioni personali, agli affetti familiari, forse fra tre mesi ti viene rinnovato il contratto. Ovvio, della durata di meno di 10 settimane, così potrai lavorare tanto, essere produttivo, contribuire a fare incrementare il PIL ed accrescere i profitti dei padroni.
Quando poi sarai stanco, quando avrai esaurito le tue forze, o quando i ritmi di lavoro ti avranno consumato fino anche ad ucciderti, non preoccuparti ... tanto sei un prodotto facilmente riciclabile"


7 commenti:

Daniele dangp 11 giugno 2008 alle ore 16:32  

gli operai saranno più stanchi e di conseguenza aumenteranno gli incidenti sul lavoro.

Crocco1830 11 giugno 2008 alle ore 17:23  

Proprio così dangp. L'aumento delle ore lavorate e dei ritmi di lavoro, è spesso una concausa degli incidenti sul lavoro. Certamente è dentro quella cultura aziendale, il cui effetto sono i 1300 morti ogni anno sul lavoro.

Anonimo,  11 giugno 2008 alle ore 19:08  

ma produrre cosa e per chi?

Anonimo,  12 giugno 2008 alle ore 01:58  

Lavora, produci, crepa: questo è l'imperativo della nostra società.

Franca 12 giugno 2008 alle ore 10:07  

Prima si doveva lavorare per vivere, adesso si vivrà per lavorare...

BC. Bruno Carioli 12 giugno 2008 alle ore 12:06  

Il combinato disposto di una serie di misure adottate in nome della flessibilità e la diffusione della precarietà riduridurrà una parte dei lavoratori a cottimisti, un gradino sopra gli schiavi.

Crocco1830 12 giugno 2008 alle ore 16:55  

@ francesco: produrre per i profitti dei padroni.

@ zapatos: praticamente i lavoratori sono ridotti ad appendici delle macchine.

@ franca: ... fintanto che non ci si mette la riduzione dei costi della sicurezza ...

@ bruno: ma già con le catene ai piedi.

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