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giovedì 16 ottobre 2008

15 milioni di poveri. Ma continuano a tagliare lo stato sociale.

La crisi finanziaria sta occupando le prime pagine di quasi tutti i quotidiani. I telegiornali aprono ad ogni edizione con l'andamento delle borse e con la fiducia dei mercati. E poi via con servizi su riunioni di capi di stato, accordi raggiunti ed altri sfumati, Berlusconi che va da Bush e Tremonti che espone ricette come stesse parlando di torte alle mele. E poi ancora gli interventi di Confindustria, per bocca della lady di ferro, Emma Marcegaglia che parla della necessità di interventi dello Stato e lo Stato interviene finanziando le banche ed i padroni.
C'è una grossa crisi finanziaria, che ancora non ha fatto sentire i suoi effetti sull'economia reale ed intanto Berlusconi chiede agli italiani di avere fiducia nelle banche, mentre le banche non si fidano l'una dell'altra. Dice, Berlusconi, di non togliere i risparmi dalle banche perchè, rassicura il premier, non un centesimo verrà perso.
Forse questa volta c'è da credergli. Difficilmente gli italiani perderanno dei risparmi a causa crisi finanziaria, visto che spesso gli italiani il risparmio non possono permetterselo: 15 milioni sono infatti i poveri in Italia secondo l'ultimo rapporto della Caritas, il 13% della popolazione che vive con meno di 500-600 euro al mese.

E cosa si fa per porre un argine al rischio povertà? Si destina alla lotta all'esclusione sociale la miseria di 0,1% del Pil. Il più basso d'Europa (la media europea è dieci volte superiore). Una presa per il culo, a chi le chiappe è già costretto a coprirle con delle pezze. Una presa per il culo senza effetti concreti ovviamente, visto che gli interventi pubblici italiani abbassano il tasso di povertà relativa di appena 4 punti, contro gli 11 dell'Olanda, i 12 della Francia, i 17 della Norvegia.
Investimenti per la lotta alla povertà, quindi, ridicoli e malspesi ed ancora in riduzione per il prossimo anno. Nuovi tagli di spesa sono in arrivo ed ancora allo stato sociale. In quale settore? In quello tanto sbandierato dal centrodestra, uno dei loro cavalli di battaglia: la famiglia. Un taglio del 32% al fondo per le famiglie, si abbatterà sulla testa di migliaia di persone bisognose. Lo ha ammesso Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, intervenendo alla Comissione Affari sociali.
E così saranno ridotte drasticamente le bollette sociali per le famiglie numerose e la riqualificazione degli assistenti familiari; mentre la "social card" di cui il governo andava fiero, probabilmente rimarrà un’una tantum. Una nuova mazzata allo stato sociale, dovuta anche alla decisione del governo di togliere l'ICI. Alla faccia di chi si è fatto infinocchiare dalle proposte del governo.

Non c'è che dire siamo in crisi ed il governo continua ad alimentarla. Una crisi non fatta di pezzi di carta straccia ad uso di speculatori finanziari. E' una crisi concreta e palpabile, che si abbatte come al solito sui più deboli. E' una crisi che la popolazione italiana avverte da molto tempo. E' una crisi di vita quotidiana, di milioni di persone che spesso non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. E' una crisi di dignità, che porta centinaia di migliaia di persone a fare la fila nelle mense delle associazioni che si occupano di povertà. Sono milioni di crisi personali, di gente costretta anche ad umiliarsi, pur di riuscire a trovare anche uno straccio di lavoro malpagato, insicuro e precario.
E' una crisi che dovrebbe farsi sentire nelle coscienze del potere politico ed economico. Ma questo è difficile immaginarlo anche in una condizione di grave delirio.

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giovedì 28 agosto 2008

Non saranno mai stati di questo mondo

Qualcuno di loro proveniva dall'Eritrea, terra ricca di risorse ma con una estrema povertà diffusa nella popolazione. Altri venivano dalla Somalia, da decenni interessata a guerre che hanno causato la morte e l'esodo di milioni di persone. Altri ancora si erano messi in viaggio dal Ghana, dove la speranza di vita è di meno di 60 anni alla nascita. Alcuni di loro provenivano dal Sudan che versa in condizioni che la Comunità Internazionale ha definito "la più grave situazione umanitaria esistente".

I loro Paesi sono stati in conflitto, provocando genocidi e miseria. Le loro terre sono spesso sfruttate da multinazionali senza scrupoli del ricco Nord del mondo. I potenti governi delle forti nazioni occidentali, fingono aiuti prestando denaro e chiedendo in cambio la rinucnia alla loro indipendenza politica ed economica. Le terre dalle quali provenivano hanno tradizioni diverse, lingue diverse, culture diverse. Ma loro, donne, uomini e bambini naufragati al largo nelle acque maltesi, avevano in comune il sogno di una vita migliore. Con quel sogno si erano imbarcati in 78 su di un gommone partito dalla Libia e diretto in Italia.
Solo in 8 sono riusciti a salvarsi, ma il loro sogno è naufragato in mare, disperso insieme a 70 persone che ingoierà oltre che i corpi dei naufraghi, anche le esistenze di quelle persone.

Forse qualche motovedetta riuscirà a recuperare qualche corpo e magari qualche peschereccio tirerà sù con le sue reti, piccoli cadaveri insieme al pesce pescato. Forse il mare tra qualche giorno sputerà qualcuno dei 70 corpi che ha inghiottito. Ma con ogni probabilità di nessuna di quelle persone si saprà mai il nome, nè la nazionalità. Nè quelle 70 persone avranno una tomba, di nessuna di loro si conosceranno le storie. Persone che non saranno mai esistite. Persone che non saranno mai state di questo mondo.
Quelle 70 persone morte naufraghe in mare, insieme agli 8 superstiti di quella maledetta travesata, avranno solo fatto parte dell'emergenza immigrazione di questa estate.

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giovedì 19 giugno 2008

Se nel Parlamento europeo sedessero dei bonobo, non sarebbe passata la "direttiva della vergogna"

Nella mattinata di ieri il Parlamento Europeo ha approvato la "direttiva della vergogna", con la quale l'Unione Europea inasprisce le attività di contrasto delle migrazioni irregolari e si chiude in se stessa.
Da ieri i migranti irregolari potranno essere rinchiusi in centri di detenzione per 18 mesi, per aver commesso un'irregolarità amministrativa. I migranti colti nell'irregolarità, non potranno godere delle stesse regole processuali stabilite per chiunque altro. Nemmeno i bambini sono risparmiati da questa violenta direttiva, prevedendo l’espulsione ed il trattenimento dei minori non accompagnati, nonostante questo trattamento violi le convenzioni internazionali che proteggono i diritti dei minori.
E non è finita. Si stabilisce la possibilità di deportare migranti irregolari nei paesi di transito. Per "contropartita", a quei paesi, dove spesso le convenzioni sui diritti umani non sono mai state ratificate (vedi la Libia, paese di transito per l'Italia), l’Unione Europea corrisponderà ingenti somme. Un vero e proprio mercato di esseri umani.
Di fatto viene respinta la possibilità di pensare un'Europa di accolgienza e di tutela dei diritti umani. Un'Europa che si risveglia intollerante verso le povertà che contribuisce a generare. Si prefigura un'Europa chiusa in se stessa, un continente che si fa fortezza e che non permette la socializzazione, lo scambio culturale. Un'Europa egoista ed arrogante.
D'altronde la deriva intollerante ed autoritaria dell'Europa era in corso da tempo. Da tempo si andava costruendo l'idea del nemico interno, fatto coincidere con l'immigrato. Quello che occuperebbe un posto di lavoro, altrimenti svolto da un disoccupato francese; lo stesso che ruberebbe la macchina di un tedesco; quello che violenterebbe una donna italiana; a prescindere, perchè immigrato.
Questa direttiva non fa altro che dichiarare ufficialmente nemico lo straniero. Si sancisce l'avversione ad una convivenza pacifica tra migranti e nativi. Si decreta con questa direttiva, il definitivo abbandono della speranza di un'Europa garante dei diritti umani.
Da oggi è ufficiale: le ricchezze europee non possono essere condivise; non è assolutamente possibile mangiare nello stesso ricco piatto.
Ed ora mi tornano in mente i bonobo e la loro organizzazione sociale. Chi sono i bonobo? Sono scimmie, altrimenti chiamate scimpanzé pigmee o scimpanzé nane. La differenza tra il patrimonio genetico di questi animali e quello dell'uomo ammonterebbe al 1,6%. Una differenza molto lieve, ma che ha permesso ai bonobo un'organizzazione sociale basata sulla conciliazione anzichè sulla dominazione. Tra i bonobo la convivenza è pacifica ed esiste una cultura di collaborazione e di condivisione delle risorse. Se due gruppi diversi di bonobo si incontrano nella foresta, condividono il cibo, invece di combattersi.
Avessimo avuto quell'1,6% di genomi che ci differenzia dai bonobo, in questo momento staremmo amoreggiando. E invece continuiamo a mordere il culo a chi fugge da guerre e miserie.

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martedì 22 aprile 2008

Schiavi del lavoro per i marchi olimpici. Rapporto Play Fair 2008

Si stima che marchi come Nike, Adidas e Puma, incrementeranno i propri profitti di almeno il 50% nel corso dei prossimi giochi olimpici di Pechino. Non per meriti dei loro "illuminati" manager, ma per le condizioni di estremo sfruttamento in cui costringono i loro 800mila dipendenti nei paesi in via di sviluppo. Operai costretti a cucire palloni, incollare scarpe, tagliare stoffe, anche per dodici ore al giorno e guadagnare giornalmente solo 50 centesimi di dollaro.

Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto Play Fair 2008, tradotto per l’edizione italiana dalla Campagna Abiti Puliti.
Una realtà che emersa anche grazie alle centinaia di testimonianze dirette dei lavoratori, che raccontano la loro schiavitù ed i disumani ritmi di produzione. Uno schiavo della New Balance in Cina racconta come «Sono stanco da morire adesso… In due dobbiamo incollare 120 paia di scarpe all’ora… Nessuno di noi ha tempo di andare in bagno o bere un bicchier d’acqua. Ciononostante stiamo lavorando senza riposo e abbiamo sempre paura di non lavorare abbastanza in fretta per fornire le suole alla linea successiva…. Siamo stanchi e sporchi».
Condizioni accettate senza poter fiatare, per non rischiare di perdere l'unica fonte che permetta loro di sopravvivere. Una sopravvivenza in condizione di vera e propria schiavitù, che costringe quei lavoratori a vivere e dormire a centinaia nello stesso posto di lavoro, in condizioni ambientali precarie, costretti a subire le vessazioni dei propri superiori. In quei posti, diritti e rappresentaze sindacali sono meno di un lontano miraggio ed i contratti di lavoro una vera e propria chimera.
E' da queste condizioni che aziende come Nike, Adidas, Puma, Asics traggono i loro profitti, in un rapporto direttamente proporzionale ai livelli di sfruttamento a cui costringono i loro lavoratori.
Queste multinazionali, che sfoggeranno i loro loghi durante la rassegna olimpica, si maschereranno da portatori del sano spirito olimpico, promuoveranno spot pubblicitari nei quali saranno esaltati valori di lealtà, umanità e di pace. Tutto mentre nelle loro fabbriche, si consuma lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Dell'uomo ridotto ad una merce di valore minore di quella che produce.

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mercoledì 2 aprile 2008

Torna la tessera per il pane?

I salari italiani, si sa, sono i più bassi d'Europa, Portogallo a parte. Il potere di acquisto dei salari degli italiani, è stato eroso negli anni ed in questi termini, negli ultimi 5 sono stati tolti dalle tasche degli italiani circa 2000 euro.
Negli ultimi 10 anni, la ricchezza si è spostata in maniera prepotente dal lavoro alle rendite, impoverendo le persone ed arricchendo l'impresa. Ed ormai i poveri in Italia sono oltre 7 milioni, più del 10% della popolazione.
La politica chissà perchè, si è ora accorta di questa drammatica situazione. Forse perchè anche i poveri votano. Tra tutti i diritti che dovrebbero essere inalienabili (casa, salute, ecc.) chissà com'è, questo è l'unico diritto che viene garantito (per ora).
Siccome anche il voto di chi è povero vale quanto quello di uno ricco e siccome i poveri sono molti più dei ricchi, occorre fare proposte elettorali a riguardo. Così, dal cappello di Veltroni escono i buoni spesa che, come ha spiegato il leader del PD, «potrà essere potrà essere utilizzato con i negozi convenzionati». Quindi i poveri avranno i loro buoni spesa, da spendere nei loro supermercati magari lontani da quelli dei ricchi, che hanno fastidio nel vedere i poveri.
Anzichè quindi puntare sull'aumento salariale, sulla riduzione di privilegi manageriali per redistribuire degli utili aziendali, su politiche per case popolari; anzichè su cose del genere, si punta invece all'assistenza, che mette il povero nella indecente condizione di doversi mostrare nel suo dramma economico e sociale e nello stesso tempo, il povero è posto in una condizione di sudditanza e costretto a ringraziare chi lo ha ridotto in povertà, perchè intanto gli fa l'elemosina.
Beh ... a me questa proposta ha ricordato immediatamente la tessera per il pane di epoca fascista.

P.S.: ho volutamente usato il termine povero, senza mai cercare di ingentilire quella parola, ormai così poco usata. Non perchè ci si vergogni della loro presenza, ma perchè è bene che siano poco visibili, perchè il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam.



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Nelle città a misura di opulenza, non c'è spazio per i poveri

Firenze è una città d'arte. Forse la città dell'arte, per definizione. Firenze è immaginata una città tanto artistica, da essere anche romantica. Una città tanto piena d'arte, da pensarla come una delle più belle al mondo. Perchè l'arte è anche bellezza.
Cosa c'entrino in questo meraviglioso quadro fiorentino, i poveri che spesso chiedono l'elemosina agli angoli delle strade? Niente, non c'entrano niente. Anzi danno un bel fastidio alla bellezza della città, che deve essere osservata in tutto il suo splendore, dalle schiere di turisti possibilmente facoltosi. Una città ricca di arte e di bellezza, non può non essere a misura di opulenza. Questo deve avere pensato l'assessore sceriffo Cioni, che dopo i lavavetri si è scagliato contro i mendicanti.

Certo, «L'accattonaggio non è un reato - precisa Cioni - ma i mendicanti distesi per terra sono un grave ostacolo». Come e per chi sono un ostacolo? Sono un ostacolo come fossero un cantiere nel centro cittadino, che impediscono una visuale immacolata dei monumenti e perciò un ostacolo verso lo sviluppo di una città a misura di denaro?
Perchè in effetti di questo si tratta e lo conferma (forse involontariamente) Cioni affermando che quando vede «questi mendicanti stesi tutto il giorno nelle strade principali del centro storico pensiamo quantomeno a uno sfruttamento ignobile: l'accattonaggio individuale è una cosa, ma le sue forme organizzate sono una storia diversa». E come dargli torto? Certo che spesso dietro i mendicanti esiste anche un racket, ma le cui cause sono la povertà estrema che le stesse città generano. Ed in condizioni di povertà, quando la fame uccide, quanti non si lascerebbero sfruttare per potere avere un pezzo pane?
Se davvero si volesse combattere le forme organizzate dell'accattonaggio, non si partirebbe rigettando i poveri nelle loro difficoltà e lascindoli soli nelle loro drammatiche condizioni, ma al contrario cercando di toglierli dalle strade. Solo che questo, non fa parte dei programmi di una società che vuole immaginarsi ricca, che vuole svilupparsi nel nome della crescita economica e del consumismo. Non c'è spazio per i poveri, nei progetti di città sicure ed opulente.


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