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giovedì 12 febbraio 2009

La libertà di coscienza deve rimanere fuori dal Parlamento

Alla morte di Eluana Englaro, è seguito il voto sull'alimentazione forzata per coloro che non possono far fronte da soli alle proprie esigenze. Un decreto che costringerà anche chi è nel pieno delle proprie facoltà mentali, ad essere alimentato dopo un intervento chirugico che impianta un sondino nel proprio corpo. Cioè, costringe chiunque a subire delle cure. E' incostituzionale, certo. Ma così hanno votato i parlamentari di maggioranza, ed anche qualcuno dalle parti dell'opposizione, perchè così è stato dettato loro dalla propria coscienza. Chissà cosa succederà quando in Parlamento si dovrà votare per il testamento biologico. Certamente, come quasi sempre avviene per i temi cosiddetti etici, i partiti lasceranno ancora che si voti secondo coscienza. Quale coscienza?

Quella privata del singolo deputato o senatore. In sostanza viene lasciata libertà di votare in base al proprio giudizio etico, alla propria sensibilità morale, secondo il concetto personale che si ha del bene e del male. Ma un legislatore non può decidere di votare dopo essersi chiesto, se in sua coscienza, l'aborto è un bene o un male, o se è un bene o un male l'autanasia, o se lo è il testamento biologico, o ancora se lo è il rapporto omosessuale o la fecondazione assistita. Quello che il politico deve chiedersi, è se una data legge è giusta o sbagliata ripetto ai principi di libertà ed uguaglianza di ognuno dei cittadini. Due principi, quelli di libertà ed uguaglianza, inscindibili. Perchè insieme hanno il significato di piena libertà di essere se stessi, con le proprie diversità rispetto ad altri e con le proprie specificità, e godere allo stesso tempo della pienezza dei diritti, ugualmente ad ogni altro.

Il parlamentare deve decidere di votare valutando se il suo "sì" o il suo "no" rispetta la possibilità di ognuno, di godere del diritto di esprimere la propria identità, che può essere diversa dall'identità del singolo deputato o senatore. Se poi un singolo cittadino si avvarrà o meno di una data legge, non è un discrimine che può essere valutato dal legislatore. Nè deve essere considerato, a livello di base sociale, quanti in coscienza ritengono sia un bene o un male un dato provvedimento. Altrimenti, anzichè di democrazia, inteso come luogo dove le minoranze possono esprimersi, si dovrebbe parlare di "dittatura della maggioranza".

Ed oggi, nelle istituzioni soprattutto, mi pare che proprio con questo tipo di dittatura abbiamo a che fare. Una dittaura fatta di una maggioranza la cui etica, la cui coscienza, rispecchia quella delle gerarchie cattoliche. E' questa la condizione da cui credo si abbandoni la laicità, che dovrebbe essere propria dello Stato e si precipita quindi verso uno Stato etico. Così si scivola verso quella dittatura religiosa da cui dovremmo liberarci.

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