Non vogliamo l'integrazione, ma l'assorbimento dell'altro
«Questi extracomunitari vengono qui, ma non si vogliono integrare». Quante volte ho sentito pronunciare questa frase. Altrettante mi sono chiesto cosa intendesse dire, con quella frase, chi la pronuncia. Ed in particolare, mi sono ogni volta chiesto quale significato si volesse dare alla parola integrazione.
Wikipedia dice che:"Il termine integrazione indica l'insieme di processi sociali e culturali che rendono l'individuo membro di una società."
Ora, se il significato del termine "integrazione" è quello detto sopra (e lo è), devo dedurre che quando lo stesso termine viene utilizzato, spesso gli si dà un significato diverso. In molti casi, "integrare" è utilizzato per significare "assorbire".
Quando sento una persona che si lamenta, perchè ad una comunità musulmana viene concesso uno spazio dove poter pregare, non credo di poter cogliere una volontà di integrazione, da parte di chi si lamenta. Allo stesso modo, pure sforzandomi, non riesco a riconoscere una volontà di confronto con l'altro, se noto che una piazza si svuota perchè frequentata da extracomunitari.
Se per essere accettato, un extracomunitario, un musulmano, un rom, una persona in genere con una cultura diversa, deve svuotarsi del suo essere per diventare quello che noi siamo, è chiaro che non c'è "integrazione", ma "assorbimento".
In casi se possibile peggiori, cioè quando si accetta che quelle stesse persone, facciano lavori quanto più umili e disprezzati dalla nostra cultura e nelle forme del peggiore sfruttamento del lavoro, e poi si protesta per la loro presenza, non si può usare il termine "integrazione". Si dovrebbe parlare di "consumo" di quelle persone, come forza lavoro da sfruttare. Braccia da "consumare" che quando diventano inutilizzabili, bisogna avere la possibilità di rispedire nelle discariche umane.
L'integrazione è ben altra cosa: è un rapporto tra diverse culture, che prevede anche la possibilità, consapevole ed accettata di modificare i propri usi e costumi, i propri valori e le proprie tradizioni. Una modificazione che significa arricchimento anche attraverso lo scambio delle esperienze e delle conoscenze.
D'altronde è proprio attraverso il mutamento e l'adattamento a nuove e diverse condizioni di vita, che le civiltà si sono evolute. Ma mi rendo conto sempre più, che quella che stiamo vivendo è una fase di forte regressione.
13 commenti:
Bravo, l'hai detto: stiamo vivendo una fase di forte regressione.
Gli istinti più bassi stanno venendo fuori, non c'è più via di mezzo.
O si ignorano completamente le problematiche che una convivenza traumatica fra culture diverse origina oppure si passa alle molotov: PORCA PUTTANA, NON SI DICEVA CHE L'INTELLETTO CI DIFFERENZIAVA DALLE BESTIE?
Chi ci comanda e anche chi ci informa che altro non è che il portavoce di chi ci comanda, vuole riportarci indietro e, purtroppo, ci sta riuscendo. Hanno creato il nemico da combattere e così sono a posto.
hai proprio ragione. Il significato di "integrato" è volutamente frainteso
Integrare dovrebbe voler dire realizzare una società nella quale ciascuno porta la propria cultura, tradizioni ed esperienze e tutti insieme cercano momenti di sintesi, un bilanciamento in cui nessuno sopraffa l’altro.
Una società dove non preveda omogeneizzazione culturale, omologazione consumista, la fine delle particolarità culturali, dell'identità dei popoli e della ricchezza delle tradizioni locali...
Integrarsi in una società acquisendo conoscenza, esperienza e cultura ognuno dagli altri.
Libero ognuno di essere se stesso.
Facile da dire, difficile da realizzare.
@ il russo: certo, si diceva ed è vero. Però forse alcuni sono evoluti meno.
@ zapatos: ogni periodo ha il suo nemico, creato ad arte per rinnovare lo stesso potere. Ricordi che qualche tempo fa, i nemici erano gli albanesi?
@ tisbe: altrimenti non si potrebbe perpetrare l'inganno.
@ franca: sintesi perfetta e più che condivisibile.
@ bruno: è vero, è difficile. Ma anche l'unica via per una reale e civile convivenza.
Beh, agli inizi degli anni '60, quando qualcuno su a Turin mi chiamava terun o napoli, non capivo perché avrei dovuto incassare la loro stupidità; ma mi hanno insegnato a non odiarli, ma ad emarginarli culturalmente, perché non potevano insegnarmi niente; ma io venivo dal sud, mica dal Terzo Mondo.
Una fase di forte regressione.
Esattamente. Un riflusso infinito, quasi.
Come si può pretendere che un uomo abdichi ogni sua convinzione, cultura, modi di pensiero, semplicemente perchè è costretto a lavorare (per vivere) da noi?
Un saluto
Mister X di COmicomix
@ riverinflood: ho avuto la fortuna di non dover emigrare. Ma ho letto e sentito raccontare, delle difficoltà di tanti meridionali costretti a subire un ambiente intollerante ed ostile.
@ mister x: esatto, non lo si può pretendere. Vorrebbe dire pretendere l'annullamento della persona.
La psicoanalisi francese, in particolare, ha fatto propria questo essenziale aspetto culturale. L'assorbimento porta alla perdita d'identità dell'altro, e molto spesso al suo malessere.
Dei 4 quadri possibili, l'integrazione è sicuramente la migliore, complimenti per averci fatto notare questa 'piccola' differenza.
@ sub: credo che siamo quello che siamo, fintanto che non veniamo a contatto con qualcun'altro, dal cui confronto occorre essere disposti anche a diventare altro ... per rinnovare quello che siamo.
Concordo sulle perplessità del senso.
In fondo, basterebbe volgere su di sè l'ipotesi di "integrazione" per fare due o tre riflessioni che chiariscono le idee.
Non si capisce bene come mai, ma c'è gente che si ritiene superiore per antonomia, per il luogo dove è nato, per lo stipendio, per il colore della pelle.
Aspetti che ben poco, in trealtà hanno di meritorio, no?
@ donna cannone: lo si può spiegare, solo considerando una profondissima ignoranza.
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