lunedì 24 agosto 2009

Lo sfogo di chi ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblico questa lettera inviatami da Marco Bazzoni. E' praticamente lo sfogo di un RLS, un lavoratore, una persona, che ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro. E' uno sfogo di chi vede che nonostante le tante parole di circostanza quando si verificano incidenti eclatanti; nonostante le battaglie per migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro; nonostante i morti sul lavoro; nonostante i licenziamenti per difendere la salute e la sicurezza sul lavoro; nonostante tutto le condizioni vanno peggiorando. Anche grazie alla complicità di un'informazione silente, su questo tema.
Evidentemente tutti gli infortuni, gli invalidi, le malattie professionali e le morti sul lavoro non sono abbastanza se il Governo Berlusconi ha pensato bene di smantellare il Dlgs 81/08 (testo unico per la sicurezza sul lavoro) con il Dlgs 106/09 (decreto correttivo), piuttosto che renderlo funzionale. E pensare che il Ministro del Lavoro Sacconi dopo la strage sul lavoro al depuratore di Mineo (CT) dell'11 giugno 2008, che costò la vita a sei operai comunali, annunciò un piano straordinario per la sicurezza sul lavoro. Se per piano straordinario intendeva questo decreto, beh, allora stiamo freschi. Per anni è stato chiesto pene più severe per i datori di lavoro che sono responsabili di gravi infortuni e morti sul lavoro e per quelli che non rispettano la sicurezza sul lavoro. Ed il governo che fa, dimezza la maggior parte delle sanzioni ai datori di lavoro, dirigenti e preposti. Non contento, non potenzia neanche i controlli. Dio non voglia che qualche imprenditore becchi qualche multa: con lo scarso personale ispettivo delle Asl è praticamente impossibile ricevere un controllo, in quanto, se va bene un'azienda riceverà uno ogni 33 anni. Ma non è finita qui, onde evitare che qualche imprenditore finisse in galera si è previsto che al posto dell'arresto, possano pagare la multa, e faranno tutti così, statene certi. Inoltre, la salva manager non è stata cancellata, ma semplicemente riscritta, non è spudorata come la precedente, ma da sempre spazio a manovre e cavilli a favore dei manager. Non capisco ancora come Napolitano abbia potuto firmare questo decreto, sapendo che questa norma non era stata cancellata. L'intento di questa norma è evidente, scaricare le responsabilità dei manager su preposti, lavoratori,progettisti, fabbricanti, installatori e medici competenti. Non essendoci certezza della pena, anche se nella remota ipotesi un datore di lavoro venga condannato per la morte di un lavoratore, il carcere "lo vedrà con il binocolo". Quando penso al povero Andrea Gagliardoni, morto il 20 giugno del 2006 a soli 23 anni con la testa schiacciata in una pressa tampografica nella ditta Asoplast di Ortezzano (AP), al povero Matteo Valenti, morto bruciato, dopo 4 giorni di agonia per un gravissimo infortunio sul lavoro (8 novembre 2004) nella ditta Mobiloil di Viareggio, ai quattro operai morti carbonizzati nell'esplosione alla Umbria Olii di Campello sul Clitunno (25 novembre 2006), allo loro famiglie che non avuto neanche giustizia ( 8 mesi con la condizionale per la morte di Andrea Gagliardoni, 1 anno e 4 mesi con la condizionale per la morte di Matteo Valenti, mentre quello per la morte dei 4 operai alla Umbria Olii manco è iniziato, e non sappiamo neanche se inizierà mai), mi domando: ma in che paese viviamo? Ci definiamo una "Repubblica fondata sul lavoro", ma forse sarebbe più corretto dire, una "Repubblica fondata sulle morti sul lavoro". Come si fa a definire civile, un paese dove ogni anno ci sono 1200 morti sul lavoro? Qualcuno adesso dirà che nell'anno 2008 ci sono stati 1120 morti sul lavoro (secondo l'Inail) e che c'è stato anche un calo degli infortuni sul lavoro. Ma andrebbe ricordato a quel qualcuno, che nel 2008 c'è stata la più grossa crisi finanziaria ed economica dal secondo dopoguerra ad oggi, e che quel calo dipende più da questo (cassaintegrazione, mobilità, chiusure di aziende), che a una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Che poi, se vogliamo proprio dirla tutta, i dati dell'Inail non sono oro colato, ma solo un punto di riferimento. Questi dati non tengono conto degli infortuni denunciati come malattia, che si stima siano intorno a 200 mila ogni ann, se non oltre, di tutti i lavoratori che muoiono in "nero" che vengono abbondonati fuori dai cantieri o dalle fabbriche. Poi ci sono gli Rls che denunciano la scarsa sicurezza in azienda, che vengono minacciati, multati o peggio ancora licenziati, come è successo al povero Dante De Angelis, la cui unica colpa è quella di aver denunciato prima alla sua azienda, e poi ai mezzi d'informazione la scarsa manutenzione e sicurezza sui treni eurostar. E' passato un anno dal suo licenziamento, ma ad oggi non è stato ancora reintegrato, nonostante le migliaia di firme raccolte a suo favore, nonostante che quello che aveva denunciato si sia rivelato tristemente vero, nonostante il 29 giugno 2009, ci sia stato a Viareggio un disastro ferroviario, che ha fatto a tutt'oggi 29 morti. E intanto abbiamo un ex sindacalista a capo di FS, che va dicendo a destra e a manca, che le ferrovie italiane sono le più sicure d'Europa...Vale la pena ricordare, che dal 14 giugno 2009 è stato introdotto il "macchinista unico", e purtroppo, gli incidenti ferroviari, sono destinati tristemente ad aumentare. Ha davvero ancora senso andare avanti con questa "battaglia" per più sicurezza, o tanto varrebbe mollare qui? Perchè è quello che sto pensando di fare.

Marco Bazzoni
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

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giovedì 13 agosto 2009

Il Quirinale risponde alle critiche di questo blog e di Marco Bazzoni

Sabato 8 agosto, sul quotidiano Liberazione, erano apparse due lettere molto critiche nei confronti del Presidente della Repubblica, per avere emanato il decreto che è definito, in modo eufemistico, "correttivo" al Testo Unico della sicurezza sul lavoro. Una lettera era di Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e RLS; l'altra era mia, ripresa da questo mio post.
A quelle due lettere il Quirinale ha risposto con una lettera inviata al quotidiano Liberazione e pubblicata sullo stesso quotidiano martedi 11 agosto. Risposta che pubblico qua sotto, ma dopo una piccola premessa, che può aiutare nella lettura. Il decreto "correttivo", che modifica 149 articoli su 306 del Testo Unico della sicurezza sul lavoro emanato dal governo Prodi, è stato approvato dal governo venerdi 31 luglio, ed emanato dal Presidente della Repubblica il lunedi immeditamente successivo. Quelle modifiche sono devastanti. Di alcune di esse ho già scritto, di altre ne scriverò.
Intanto dalla risposta del quirinale, si è capita una cosa: che a quanto pare, l'ostinazione a qualcosa porta. Certo, solo una risposta da parte dell'ufficio stampa della Presidenza della Repubblica. Non è molto ma è qualcosa, credo di significativo. Sicuramente l'attenzione che abbiamo suscitato, io e Marco con quelle due lettere, ci invita a continuare ad informare, nel nostro piccolo, sulla materia sicurezza sul lavoro.
Questa la replica del Quirinale.
Caro direttore,
nella edizione di sabato Liberazione ha pubblicato, sotto il titolo "Sicurezza, un decreto devastante", due lettere critiche nei confronti del Presidente della Repubblica per aver emanato - secondo i suoi lettori, "a occhi chiusi" - il decreto legislativo approvato dal Governo in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Mi permetta innanzitutto di rilevare come i temi affrontati nel decreto stiano particolarmente a cuore al Capo dello Stato: proprio sabato scorso, nel ricordare il sacrificio dei minatori vittime della tragedia di Marcinelle, egli ha sottolineato l'esigenza costante del massimo e coerente impegno delle Istituzioni e di tutte le forze sociali.
E' in questo stesso spirito che il Presidente Napolitano, pur nei limiti delle proprie attribuzioni, ha seguito con grande attenzione l'iter del decreto in questione, iniziato alla fine di marzo 2009, e lo ha emanato, dopo un approfondito esame, in un testo che comprende numerose e significative modifiche rispetto allo schema originario approvato dal Governo.
In particolare, l'attenzione del Presidente della Repubblica, manifestata in diverse occasioni pubbliche - come il 23 aprile scorso a Torino - nell'incontro con i familiari delle vittime del rogo della Thyssen, e allo stesso ministro Sacconi nell'udienza al Quirinale del 2 aprile 2009, si è concentrata sulle norme del decreto che suscitavano particolari preoccupazioni per l'ipotizzata riduzione dei casi e delle forme di responsabilità dei datori di lavoro rischiando, in contrasto con i principi direttivi della legge di delega (n. 123 del 2007) e con consolidati orientamenti della giurisprudenza, di compromettere la tutela di beni primari.
Il Governo è infine pervenuto, il 31 luglio scorso, dopo il confronto con le parti sociali e le Regioni, all'approvazione di un testo definitivo del decreto profondamente diverso dallo schema originario, che recepisce le osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni Parlamentari e tiene conto delle perplessità espresse dal Capo dello Stato con riferimento al rispetto dei principi direttivi della legge di delega e dei limiti fissati dalla Corte costituzionale in tema di decreti legislativi correttivi (Corte Cost. n. 206 del 2001). Il Presidente Napolitano ha quindi proceduto alla emanazione del provvedimento, nell'esercizio delle sue prerogative, che ovviamente prescindono da valutazioni sulle scelte di merito che rientrano nella esclusiva responsabilità del Governo.
Cordialmente

Pasquale Cascella Consigliere per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

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venerdì 7 agosto 2009

Ci hanno fregato di nuovo. Eppure stiamo ancora zitti.

Ieri mi sono sbagliato. Ho scritto un post sulla sicurezza sul lavoro, raccontando una sotoria possibile di infortunio. Ho scritto ciò che verosimilmente potrebbe accadere in quel caso, a seguito di una delle tante aberranti modifiche al Testo Unico della sicurezza sul lavoro, che il governo ha modificato con un decreto. Il post terminava con l'invito a scrivere a Napolitano affinchè non firmasse il decreto, considerando che di motivazioni, sia tecniche che di rapporti istituzionali ce n'erano in abbondanza. Ed ecco il mio sbaglio.

Non nel fatto che invitavo ad aderire ad un appello, pur ragionevolmente convinto che Napolitano avrebbe firmato. Non nel fatto che gli appelli on-line hanno scarsa eco. Non nel fatto che una protesta deve essere di piazza e partecipata, per sperare di essere efficace (anche perchè, con un blog come questo non si organizza una manifestazione). Mi ero sbagliato, perchè in realtà non mi ero accorto che il presidente della Repubblica quel decreto correttivo l'aveva già firmato. Quando? Il 3 agosto, dopo che il governo aveva approvato il provvedimento solo il 31 luglio.

Napolitano, quindi, o a firmato ad occhi chiusi (e mi auguro che non sia così), oppure lo scorso fine settimana, anzichè concedersi un po' di riposo, si è studiato per bene il decreto correttivo (che modifica 147 articoli su 306 del testo unico senza contare tutti gli allegati, che sono diverse decine) e ne ha accettato i contenuti anche più controversi. O forse ancora, Napolitano si è consultato con esperti in materia e, dopo un ragionamento più o meno lungo, ha appoggiato le considerazioni del governo (i cui ministri non si sono mai mostrati paladini della tutela della sicurezza sul lavoro), respingendo le opposizioni al decreto mosse dai sindacati, da alcuni partiti politici, da addetti alla sicurezza sul lavoro, da rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dai lavoratori e dalle lavoratrici stessi.

In silenzio, tra le distrazioni agostane, tra un gossip sui TG ed i soliti inviti a fare partenze intelligenti, è stato quindi approvato il decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106. Ma l'informazione non s'è degnata di darne notizia, impegnata a citare solo la firma da parte di Napolitano del decreto anticrisi, seppure firmato insieme al decreto di modifica al testo unico per la sicurezza. Un decreto che hanno chiamato correttivo, ma che è una vera e propria riscrittura del decreto approvato dal governo Prodi. Il nuovo T.U. riscritto in chiave padronale, sarà in vigore dal prossimo 20 agosto. Da quella data, i lavoratori e le lavoratrici saranno ancora meno sicuri. Dovranno dare un abbraccio più forte ed un bacio in più ai loro figli, quando la mattina usciranno di casa per andare al lavoro. Ed alla prossima tragedia, che certamente ci sarà, proverò ancora più rabbia ed ancora meno fiducia nelle istituzioni, soprattutto quando sentirò le solite ipocrite parole di cordoglio.
Rimane il fatto che ci hanno fregato di nuovo. Eppure non si sentono accenni di protesta.

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giovedì 6 agosto 2009

Tra un mese Giovanni si infortunerà gravemente sul lavoro e...

Giovanni fa l'operaio in una fabbrica metalmeccanica. Lavora come carpentiere e tra un mese, come quasi tutti i giorni, si troverà a tagliare delle barre di ferro alla sega circolare. Tra un mese, quella sega circolare sarà come era il mese scorso e quello prima ancora: senza tutte le protezioni previste dalle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Deve stare attento, Giovanni a dove mette le mani, ogni volta che ha davanti quella macchina, perchè una distrazione potrebbe costargli qualche dito, o forse tutta la mano ed addirittura potrebbe perdere un braccio.

Ma tra un mese Giovanni, forse per la stanchezza dovuta ai ritmi di lavoro, forse perchè distratto dalla prossima rata del mutuo, che chissà se riuscirà a pagarla; insomma, per una qualche piccola disattenzione, Giovanni toccherà la lama di quella maledetta sega circolare. Quella lama, che gira a qualche centinaio di giri al minuto, con i suoi denti elicoidali affilatissimi, non si fermerà al contatto con la mano di Giovanni. Quella lama continuerà a girare nonostante le urla di dolore del povero Giovanni. E Giovanni perderà forza in quella mano destra che finirà a contatto con la sega, perchè la lama gli avrà lacerato i tendini ed tra qualche mese, quando sarà guarito, non avrà più la presa che aveva prima.

Quella sega non doveva funzionare in quel modo. Quella sega doveva avere tutte le protezioni. Giovanni stesso lo diceva sempre, e lo diceva anche al titolare, che gli rispondeva che solo un imbecille avrebbe potuto mettere le mani sotto quella lama. Eppure Giovanni non è un imbecille ed è un esperto carpentiere, nonostante i suoi 38 anni. Ma a quell'età, praticamente nel pieno delle forze, Giovanni non avrà la forza nella sua mano destra, necessaria a svolgere il lavoro che faceva da quando aveva 17 anni. Il mestiere di carpentiere non riuscirà più a farlo, perchè non potrà più sollevare pezzi di ferro, non riuscirà a fare abbastanza presa con quella sua mano rimarrà invalida tra un mese. Lo dirà anche il medico di fabbrica, che lo visiterà al rientro dal periodo di convalescenza. Sul giudizio di idoneità del medico, ci sarà scritto "inidoneità permanente ... con le seguenti limitazioni ...".

Perciò il datore di lavoro di Giovanni, dovendo attuare per obbligo di legge le prescrizioni del medico competente, adibirà Giovanni "ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute", secondo quanto recita l'art. 42 del T.U. della sicurezza sul lavoro.
E invece no! Il padrone della fabbrica, adibirà Giovanni ad altra mansione, ma può darsi che se ne sbatterà della compatibilità della mansione allo stato di salute di Giovanni. Potrà fottersene dello stato di salute di Giovanni, perchè tra qualche giorno saranno già in vigore le modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro, che questo governo ha approvato lo scorso 31 luglio. A meno che Napolitano si astenga dal firmare il decreto di modifica al T.U.Tra quelle modifiche, quella che dall'art. 42 del T.U. cancella le parole "compatibile con il suo stato di salute".

Giovanni è tanti operai e tante operaie. Giovanni è un lavoratore o una lavoratrice qualunque. Il suo infortunio è uno del milione e passa di infortuni che avvengono ogni anno in Italia, ma potrebbe essere una qualunque invalidità o malattia professionale, già accaduti o che possono accadere. Io potrei essere Giovanni e potresti esserlo tu. E se vuoi puoi aderire a questo appello.

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martedì 4 agosto 2009

Innse: i manganelli a difesa della speculazione.

Quando ad una lotta operia, di lavoratori che pretendono i loro diritti, si risponde con la forza, allora è davvero il tempo di preoccuparsi. Nei rapporti di lavoro alla Innse si è inserito il governo, non con il ministero delle attività produttive, non con il ministero del lavoro. Il governo interviene con il ministero dell'interno, con la polizia schierata in assetto antisommossa, con la forza dei manganelli. Il governo italiano, come nelle peggiori tradizioni dei governi dittatoriali, tra i bisogni dei lavoratori ed il cinismo speculativo padronale, si schiera con quest'ultimo.

Questo sta accadendo alla Innse, dove 50 operai resistono da oltre un anno alla chiusura di un'azienda non in crisi, occupandola e gestendola. Ma con la speculazione aziendale, con la vendita dei macchinari e con i terreni su cui è costruito il capannone che sono una attrazione troppo forte in vista dell'Expo milanese del 2015, si fanno molti soldi e si fanno veloci, pensa Genta, il padrone della Innse. Soprattutto se si tiene conto che lo stesso Genta, il magnaccio di un lavoro considerato prostituzione, ha acquistato pochi anni fa l'azienda a quattro soldi.

Ora quegli operai, trattati come qualsiasi merce usa e getta, non servono più. La fabbrica, dice Genta, deve chiudere per fare spazio alla speculazione e gli operai devono uscire dall'azienda che hanno occupato. Devono uscire anche con la forza, pensano i papponi del lavoro fatto merce. Ma la forza, pensano quelle stesse persone, è bene usarla una domenica mattina di agosto. Quando regna il sonnambulismo dell'Italia in ferie e delle distrazioni vacanziere. Nessuno deve accorgersi dello sgombero forzato di una fabbrica da oltre un anno autogestita dai lavoratori.
I padroni hanno paura di 50 operai uniti nella lotta per il lavoro. Perchè sanno che una vittoria all'Innse, sarebbe una vittoria simbolo della lotta dei lavoratori per i loro diritti e quella vittoria potrebbe stimolare nuove rivendicazioni. Questo è il timore che hanno i padroni. E se questo è l'effetto che fa la lotta di 50 operai, cosa si può ottenere in una lotta unitaria e generalizzata? L'autunno è vicino. Speriamo sia caldo.

Intanto, dopo il fallimento degli incontri istituzionali avvenuti in Regione e Prefettura, continua il presido degli operai in lotta. Quattro di loro sono riusciti a forzare il blocco delle forze dell'ordine e sono entrati all'INNSE di via Rubattino a Milano. Due dei quanttro lavoratori sono saliti su una gru e si rifiutano di scendere. Minacciano di restare su quella gru fino a quando non saranno accolte le richieste dei lavoratori dell'Innse. Hanno bisogno di tutto il sostegno possibile. Chiunque possa, si rechi in Via Rubattino a Milano, per sostenere la lotta degli operai dell'Innse. La loro lotta è la lotta di tutti.

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venerdì 31 luglio 2009

Berlusconi viola palesemente la legge. Video.

Guardate questo video. Si tratta di una cerimonia a L'Aquila, alla quale ha preso parte Berlusconi, con un codazzo di cortigiani. Viene issata una bandiera tricolore sui tetti delle nuove costruzioni per i terremotati. Nel video si vede Berlusconi salire su una piattaforma aerea del cantiere, andare su fino al colmo di un tetto e battere divertito le mani allo sventolio della bandiera della protezione civile. E poi Berlusconi in cima al tetto di un edificio, applaudire un tricolore che sventola.

Ma Berlusconi & co. stanno palesemente violando le più elementari norme di sicurezza. Il Presidente del Consiglio (ed il suo seguito) non indossa il caschetto di protezione della testa, nè la cintura di sicurezza, entrambi obbligatori in base alla normativa sulla sicurezza sul lavoro. Peggio fanno Berlusconi & co. quando salgono sul tetto di un edificio. Qui, il rischio di caduta dall'alto è ancora più alto, mancando un parapetto regolamentare che impedisca la caduta. E' stata posizionata solo una corda, che dal punto di vista della protezione contro le cadute dall'alto, non trova alcuna giustificazione tecnica o normativa.

So bene che molti di voi avrebbero voluto vedere quali possano essere gli effetti dell'assenza di quelle protezioni. Ma a parte questo, c'è da dire che siamo di fronte a gravi indempimenti di legge. Se quel cantiere fosse stato sottoposto a controlli da parte della ASL, sarebbe dovuto essere stato chiuso. Secondo le norme antinfortunistiche, le inadempienze del Presidente del Consiglio e del suo seguito, costituiscono "gravi violazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale".
Ed invece è successo che Berlusconi si è riunito oggi con i suoi ministri ed ha modificato il T.U. della sicurezza sul lavoro. Vi lascio immaginare cosa possa essere venuto fuori. Nè riparleremo...

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mercoledì 29 luglio 2009

Lettera di Lorena Coletti. Sorella di uno dei quattro operai assassinati dall'esplosione della Umbria Olii

La lettera che pubblico, e che mi è stata inviata via e-mail, è di Lorena Coletti, sorella di Giuseppe, uno dei quattro operai assassinati dall'esplosione della Umbria Olii.
Questa lettera, come altre da me pubblicate di famigliari di vittime del lavoro, dimostrano un fatto ovvio, ma dimenticato: mentre l'attenzione per l'assenza di misure di sicurezza sul lavoro, dura il tempo di un Tg o della lettura di un articolo nella cronoca locale, il dramma di una vita spezzata non ha fine. E soprattutto, quel dolore, non si allevia con poche parole di circostanza dette sottovoce da personalità politiche, durante i funerali pubblici.
Esiste un solo modo per rendere giustizia ai caduti sul lavoro: rispettare leggi in materia di sicurezza, che siano adeguate a prevenire i rischi ed a proteggere i lavoratori. Esattamente il contrario di quanto questo governo sta facendo.
Sono Lorena Coletti, sorella di una delle vittime della strage della Umbria Olii di Campello sul Clitunno (Pg).
Il 25 novembre 2006, quattro uomini si alzarono e partirono per andare al lavoro, per guadagnarsi da vivere. Era di sabato, il lavoro lo avevano iniziato il martedì: dovevano installare delle passarelle sopra a dei silos. In quei silos c'era un gas, il gas esano, un gas molto infiammabile, questo poiché nessuno aveva fatto una bonifica di questi silos.

Verso le 13 di quel maledetto giorno un enorme esplosione avvenì. Venni a sapere della notizia solamente la sera molto tardi. La moglie che lo aspettava per il pranzo, non vedendolo tornare fece un giro di telefonate ai suoi colleghi, ma fu un vano tentativo, perchè non ottenne nessuna risposta. Fino a che, non telefonò alla moglie del datore di lavoro, che gli diede la notizia. Giuseppe Coletti, mio fratello, Maurizio Manili, datore di lavoro,Vladimir Thode e Tullio Mottini erano morti nell'espolsione. Unico sopravvissuto Claudio Demiri.

Il proprietario della Umbria Olii, fu indagato e rinviato a giudizio con l' accusa di omicidio colposo plurimo e violazione di norme per la sicurezza sul lavoro. Secondo l'accusa, Del Papa avrebbe dovuto avvertire i lavoratori della ditta Manili, della pericolosità delle sostanze contenute nei serbatoi, dove non era mai stata fatta la bonifica. Un omissione, che sarebbe secondo i giudici e i periti dell'accusa, alla base dell'incidente, causato dall'utilizzo di una fiamma ossidrica per terminare i lavori sulla superficie metallica dei silos.

Il 24 novembre prossimo, doveva iniziare il processo penale, ma Giorgio Del Papa e la sua difesa impugna il tutto facendo ricorso in Cassazione contro il rinvio a giudizio. Oggi apprendo la notizia dal mio avvocato, che la Cassazione decide a ottobre sul ricorso di Del Papa. Ma per la seconda volta, viene fatta alla mia famiglia un'altra richiesta di risarcimento, che era decaduta con l'annullamento della perizia tecnica, ma che ora Del Papa ripresenta a nome della Gestoil Srl, ex Umbria Olii.

Sono passati quasi tre anni, e l'anno scorso ci fu la prima richiesta: di oltre 35 milioni di euro. Ora mi chiedo, se anche quest'anno la cifra sia sempre quella oppure, se hanno messo a conto anche gli interessi, visto il tempo che è passato. Sottolineo, che a mio fratello Giuseppe Coletti e' stata stroncata la vita, e a Giorgio Del Papa non è stato neanche dato un giorno di carcere e tanto meno gli arresti domiciliari. Questa e' la giustizia Italiana!!!!!

In tre anni mio fratello e' stato ucciso diverse volte, ora dico basta.
Degli operai che partono la mattina per fare il loro dovere, per mantenere la famiglia e fare una vita onesta e dignitosa, non meritano di morire. Come non meritano che la loro dignità' venga calpestata da assurde richieste di risarcimento, mandate da chi li ha uccisi. Non lo permetto!!! Vorrei che Del Papa sapesse, che la vita di quattro persone vale molto più' di qualsiasi cifra che lui chiede. Ma il peggio di tutto è, che è ancora libero, e che lo Stato Italiano gli permette di fare queste cose.

Chiedo inoltre, di poter incontrare il Presidente della Repubblica per poter parlare personalmente con lui.Intanto gli vorrei rivolgere questo appello: "Egregio Presidente della Repubblica, La invito, dopo tutte le parole spese chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a non firmare assolutamente il Dlgs correttivo al Dlgs 81/08.
Se è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare un decreto che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro."


Io non mi arrenderò e non permetterò più che la memoria di mio fratello e delle altre vittime venga calpestata, sono esseri umani morti per lavorare, non per divertimento. Finchè avrò vita li difenderò; di sicuro non mi limiterò a fare fiaccolate, ma cercherò di fermare chi ancora una volta vuole calpestare i lavoratori di Italia. Basta prendersela con Giuseppe Coletti e le altre vittime della Umbria Olii.

Saluti

Lorena Coletti

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martedì 28 luglio 2009

Umbria Olii: chi pagherà per quella strage?

Ci sono notizie che dovrebbero naturalmente essere in evidenza, nei giornali, nei tg, su internet. Ma sappiamo che questo succede di rado. Così, mentre la grande informazione non si perde una parola che sia una di Bossi che finge premura per i soldati italiani in Afghanistan, succede che Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii, torna a chiedere un risarcimento milionario alle famiglie delle vittime ed all'unico sopravvissuto dei 5 operai nella nella strage avvenuta nell'azienda da lui amministrata. Tutto nel quasi assoluto silenzio. Per quanto ne so, solo Il Messaggero, nella cronaca locale, ha riportato la notizia, ripresa oggi da Liberazione con un bell'articolo. Notizia che non finisce qui.

Infatti Del Papa, oltre ad avere rilanciato la richiesta di risarcimento danni, ha lasciato la direzione della Umbria Olii ad un suo collaboratore. Nel frattempo la società ha aggiunto al proprio nome la parola international, diventando perciò Umbria Olii International ed è stata posta in liquidazione. L'azione legale contro i familiari delle vittime ed il lavoratore sopravvissuto alla strage, è invece promossa da un'altra società: la Gestoil con a capo lo stesso Del Papa.

Tutte queste manovre, dopo quasi tre anni di rinvii; precedenti richieste di risarcimenti danni da parte di Del Papa sempre alle stesse famiglie, ma cadute nel vuoto; tentativi di ricusazioni del tribunale competente. Il tentativo, ovvio, è il prolungamento dei tempi del procedimento. Ora, finalmente, è stata fissata la data del 24 novembre prossimo per l'apertura del processo. Sperando che effettivamente sia così, perchè ancora una volta Del Papa, ha impugnato la decisione del giudice e chiamato in causa la corte di Cassazione. Questa finora ha respinto i ricorsi della difesa, ma è evidente il tentativo di dilatare ancora i tempi del procedimento penale.

Ma nel frattempo, se viene completata la procedura di messa in liquidazione della Umbria Olii, chi risarcirà i famigliari delle vittime dell'esplosione avvenuta il 25 novembre del 2006, nella quale persero la vita quattro lavoratori di una ditta esterna ed un altro rimase gravemente ferito? Senza un sequestro cautelare della società, chi pagherà dal punto di vista civile, per quella strage? La risposta dagli organi di informazione pare essere: chissenefrega!

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lunedì 27 luglio 2009

Ronde SSS, ronde nere ... bisogna aspettare il morto per rimediare ad una legge squallida?


Scontri tra ronde di destra e di sinistra. Questa sarebbe la notizia? Cioè che un gruppo di militanti dei Carc e di fascisti de La Destra, si sarebbero lanciati quattro sedie di plastica e dato un paio di ceffoni? Al di là dell'episodio, che può essere considerato più o meno grave a seconda della coscienza che lo giudica, non è di questo che si dovrebbe parlare. Ma del fatto che a Massa, gira in strada un gruppo di nostalgici imbecilli che si fa chiamare SSS. Acronimo di Soccorso Sociale Sicurezza, secondo il suo fondatore Stafano Benedetti de La Destra, ma che richiama in modo ovvio le famigerate Schutzstaffel, cioè l'unità paramilitare nazista, cioè le SS.

Non si è fatto in tempo a dimenticare (perchè mi pare che già si stia dimenticando) della Guardia Nazionale Italiana, le ronde nere autorizzate a girare per le strade di Milano, che si viene a sapere di un nuovo manipolo di cerebrolesi che forte di una legge che li tutela, pattugliano le strade di una città medaglia d’oro alla Resistenza come Massa.

E certamente non si finiscono di contare a Milano e Massa, i minorati che non vedono l'ora di indossare la camicia bruna. Gentaglia che altro non aspettava che di potersi organizzare in gruppi, protetti da una legge voluta da fascisti in divisa verde. Teppisti che fremono all'idea di poter pestare un "negro", uno "zingaro" o un capellone.

Di aggressioni fasciste ne ricordiamo già tante. Di morti ammazzati da criminali teste (di cazzo) rasate, ce ne sono stati già troppi. Ora quelle stesse teste (di cazzo) rasate hanno dalla loro una legge che li protegge. Certo, fintanto che non commettono reato. Ma quando accadrà (e possiamo starne certi che accadrà, se non si interviene subito), sarà troppo tardi per rimediare ad una vita spenta.
A quel punto, chi potrà sentirsi davvero innocente?


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venerdì 24 luglio 2009

Ogni tanto una buona notizia

Ogni tanto c'è qualcuno che prova a riscrivere la storia e sprattutto la storia partigiana ed antifascista italiana. Un politico, un "intellettuale", un giornalista pronto a scagliarsi contro i partigiani, periodicamente sente la voglia di farsi sentire ed occupare la scena. Era capitato al quotidiano Il Tempo, notoriamente vicino al centrodestra, che qualche tempo fa aveva definitori "massacratori" i partigiani protagonisti dell'attacco portato a segno contro le truppre SS in Via Rasella. L'equiparazione dei GAP ai nazisti, era il tentativo. Massacratori gli SS e massacratori anche i Gap. Squallido tentativo ed indecente epiteto contro persone, i partigiani, che lottarono e diedero la vita per liberare l'Italia dalla dittaura nazifascista.

Ma poi, come raramente accade, arriva una buona notizia: la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Elena Bentiveglia, figlia dei gappisti Carla Capponi e Rosario Bentivegna, contro il quotidiano romano. La Cassazione ha stabilito che i gappisti non sono stati dei massacratori, e che con quel termine Il Tempo ha leso la dignità dei partigiani e per questo il quotidiano è stato condannato.

Mi chiedo quanto questi denigratori dei partigiani, che non perdono occasione per scagliarsi contro chi ha combattuto per liberare l'Italia dalla dittatura nazifascista, meritino quella libertà regalatagli dai partigiani, spesso a costo della vita.

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mercoledì 22 luglio 2009

In migliaia morivano, mentre le tasche dei magnati del cancro si gonfiavano


"Eternit, i due imputati rinviati a giudizio. A dicembre processati per disastro doloso il magnate Schmidheiny e il barone De Cartier De Marchienne" (da Corriere.it).
Sembra una notizia banale ed ovvia, ma non lo è. E' una notizia storica, perchè finalmente ci sarà un processo con il quale ci auguriamo venga fatta giustizia, per la morte di migliaia di persone per esposizione all'amianto. In quel processo, comunque si concluderà, verranno discusse le responsabilità dei magnati del cancro. Come scrivero in un altro post, l'Eternit è stata praticamente una multinazionale del cancro! Basti pensare che solo per questo processo, i vertici Eternit sono chiamati in causa per la morte di 2.056 persone dal 1952 al 2008 e di almeno 830 malati. Mentre le fibre di amianto continuano a provocare tumori a 1.350 italiani ogni anno (dati dell'Ispesl, Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza Sul Lavoro).

Ovviamente non posso sapere con certezza se Schmidheiny De Cartier De Marchiennea verranno condannati ed a quanti anni. Chissà se faranno qualche ora di carcere, visti i tempi della giustizia italiana e l'età degli imputati; e vista la spada di damocle governativa della norma salva-menager contenuta nelle modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro. Ma da questo processo - ne sono convinto - verrà fuori che loro, quei facoltosi terroristi che hanno attentato alla salute pubblica in Italia e non solo, loro sapevano e niente hanno detto. Loro sapevano di uccidere mentre facevano profitto. Non potevano non sapere che le fibre lavorate nei loro stabilimenti, provocavano malattie come l'asbestosi ed il mesotelioma pleurico.
L'asbestosi fu descritta per la prima volta nel 1924, come fibrosi polmonare dovuta ad inalazioni di polveri di amianto. E già nel 1935 si associò l'esposizione ad amianto ed il cancro polmonare.
Loro sapevano e tenevano all'oscuro i lavoratori ed i cittadini. Fabbricavano lastre in amianto ed i resti della lavorazione (i cosiddetti polverini, molto fini e quindi estremamente pericolosi) li regalavano alla popolazione da utilizzare ad esempio come isolante. Criminali!

Le fortune della Eternit sono state, ed è ancora sono, la morte di migliaia di persone. Non solo lavoratori dell'azienda, ma di migliaia e migliaia di persone che, loro malgrado ed incosapevoli della bombe chimiche che venivano piazzate nelle loro case, lentamente si ammalvano e molto spesso morivano. Mentre le tasche dei magnati del cancro si gonfiavano. Ho davanti ai miei occhi accecati di rabbia, la disgustosa immagine di Schmidheiny e del barone De Cartier De Marchienne su uno yacht di lusso, che mangiano e bevono divertiti della "ingenuità" dei loro operai e di tutta quella gente, sacrificata in nome del profitto di due criminali. Ed è un'immagine insopportabile, anche perchè è verosimile.

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martedì 21 luglio 2009

Oggi i titoli dei giornali sarebbero potuti essere diversi

Le prime pagine dei giornali di oggi, hanno titoli per l'invito del presidente Napolitano al dialogo sulle intercettazioni. Corriere della Sera: "Dialogo sulle intercettazioni"; Repubblica: "Intercettazioni, serve un'intesa"; La Stampa: "Dialogo sulle intercettazioni"; Il Messaggero: "Intercettazioni, regole condivise". Ovviamente si distinguono Il Giornale e Libero, occupati a difendere il loro editore-padrone. Ma i titoli sarebbero potuti essere diversi: "Strage sul lavoro"; "Strage a Piombino"; "Esplosione in acciaieria. Una strage"; "Ancora morti sul lavoro. 6 a Piombino". Mentre si sarebbero ancora distinti Il Giornale e Libero, comunque impegnati a tutelare l'immagine di re Silvio IV da Arcore.

Alle 22.00 di domenica scorsa, quando le redazioni dei giornali erano ormai in chiusura, un grave incidente è avvenuto alla Acciaierie Lucchini di Piombino. Da una paiola è fuoriscito acciaio fuso, che a contatto con l'acqua ha provocato un'esplosione, che ha coinvolto anche diverse abitazioni circostanti. Sono aperte le indagini, per accertare le cause della scampata strage. Ma di certo, come racconta la Fiom-CGIL in un comunicato, la produzione era cresciuta ed il personale impiegato diminuito. In sintesi, ritmi di lavoro elevati mentre si risparmia in sicurezza. Ricorda tanto la tragedia della Thyssen Krupp, anche per il numero di lavoratori coinvolti, ma in questo caso fortunatamente salvi.
E ce lo avrebbero ricordato anche i giornali e le TV, quanto simili sarebbe stato questo incidente con quello della Thyssen, con uguali lacrime di coccodrillo ed uguali accuse. E di nuovo avremmo assistito alla messa in scena del cordoglio politico, alle promesse che mai più una tragedia simile potrà avvenira. E ancora immagini già viste di cariche istituzionali presenti ai funerali, con le loro maschere di partecipato dolore, che sempre tolgono seduti davanti ai tavoli decisionali.

Sei operai sono "solo" rimasti ustionati, gravemente feriti ed intossicati. Così non fanno molta notizia. Fossero morti, bè, un paio di giorni di gloria mediatica l'avrebbero avuta. Sarebbero stati ricordati per un po', fino al prossimo gossip dell'imperatore Berlusconi. Poi di nuovo silenzio. Perchè di sicurezza sul lavoro è bene non parlarne, altrimenti giornali governativi e non, possono anche un po' confondersi; e governo ed opposizione, per certi versi rischiano di mescolarsi un po' davanti alla richieste confindustriali di sconti sui costi del lavoro e sacrifici ai lavoratori.
Nel frattempo, più o meno nell'indifferenza generale, il contatore di Articolo21.info segna 580 morti sul lavoro, dall'inizio dell'anno ad oggi. Mentre, nel quasi assoluto silenzio mediatico, il governo si appresta in questi giorni ad approvare le modifiche al Testo Unico della sicurezza sul lavoro. Uno scempio normativo che metterà ancora di più a rischio la salute e la vita stessa dei lavoratori.

Chi ha a cuore la sicurezza sul lavoro, l'unica cosa che può fare singolarmente in questo momento, è fare appello al Presidente della Repubblica a non firmare le modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro che verranno fuori dal CdM dei prossimi giorni. Spero lo facciano in molti, perchè, a livello istituzionale è l'unica speranza di salvaguardare un strumento normativo per la sicurezza sul lavoro, certamente migliorabile ma valido se fosse applicato. Cosa che questo governo ha finora impedito di fare. Confindustria ringrazia, mentre i famigliari delle vittime del lavoro piangono.

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lunedì 20 luglio 2009

Difendiamo la sicurezza sul lavoro. Contro lo smantellamento del Testo Unico da parte del governo.

Restano pochi giorni di vita al Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Infatti nei prossimi giorni il CdM esaminerà ed approverà le modifiche al D.Lgs. 81/08 (il TU sulla sicurezza, appunto). E più che di modifiche, bisognerebbe parlare di riscrittura del decreto, dato che è prevista la modifica di 136 articoli su 306, compresi tutti gli allegati. Un brutto colpo di mano, da parte del governo. Ovviamente eseguito secondo la logica padronale.

Di tutto l'immondezzazio normativo, previsto con la legge delega di modifica del TU sulla sicurezza, forse verranno stralciati solo i due articoli più discussi: l'articolo 2 bis, che prevede che la semplice attuazione delle norme di buona prassi, si presume che l'azienda sia adempiente alle norme di legge sulla sicurezza; e l'articolo 10 bis, cioè la cosiddetta norma salva-menager.
Ma ci sono altri 134 articoli che modificheranno profondamente le norme di tutela della salute dei lavoratori, di cui si parla molto meno, ma che sono comunque molto gravi. Tanto per fare pochi esempi, di questo scempio normativo: grazie a quelle proposte di modifica, ad esempio, le imprese si vedranno ridurre le sanzioni, mentre ai lavoratori saranno aumentate. Si tenta di ripristinare le visite mediche preassuntive, vietate dallo Statuto dei Lavoratori, determinando il rischio di gravi discriminazioni. Alle aziende sarà concesso di valutare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, fino a 90 giorni dall'inizio delle attività, così che, se un grave rischio è presente, questo non sarà valutato e per tre mesi i lavoratori potranno esservi esposti inconsapevolmente (anche a rischio della loro vita) e perciò assolutamente senza tutele.

Come detto, il provvedimento sarà approvato a breve dal Consiglio dei Ministri, al massimo entro il 31 luglio, visto che il 16 agosto la delega al Governo scadrà ed entro questa data il Presidente della Repubblica dovrà controfirmare il provvedimento. L'eventuale respinta del Capo dello Stato, eviterebbe quindi la distruzione del TU sulla sicurezza sul lavoro, che significherebbe il dissolvimento del diritto reale dei lavoratori alla tutela della loro salute e della loro sicurezza.
Quello che possiamo fare ora, è appellarci al Presidente della Repubblica affinchè non firmi le modifiche al D.Lgs. 81/08. Da qui, compilando il form con nominativo, città, email, ecc., si può scrivere un messaggio al Capo dello Stato. Ad esempio quello qui sotto, proposto da Marco Bazzoni.
Egregio Presidente della Repubblica, La invito, dopo tutte le parole spese chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a non firmare assolutamente il Dlgs correttivo al Dlgs 81/08.
Se è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare un decreto che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.


A questo punto arriverà, dal Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, una e-mail di conferma di ricezione del messaggio con un link da cliccare per confermare l'invio del messaggio scritto al Capo dello Stato.
Diffondiamo l'iniziativa. Facciamoci sentire. Facciamo capire che non si possono fare sconti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.

Chi vuole, può anche prelevare il banner qui sotto.




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Lettera al Ministro Alfano per il carcere di Sollicciano (Firenze)


Dall'amico blogger L'incarcerato, ecco un'ottima iniziativa, contro la violenza nelle carceri, che spesso uccide.
Fate copia-incolla di questa lettera e inviatela qua: clicca sopra.
Diffondete e attivatevi.

Oggetto: ISPEZIONE CARCERE DI SOLLICCIANO –FI-

Al Ministro della Giustizia - On. Angelino Alfano

E per conoscenza
Onorevole Ministro della Salute, del lavoro e delle politiche sociali, Onorevole Ministro dell'ambiente e della tutela del Territorio, Onorevole Ministro Delle Pari Opportunità.

Onorevole Ministro Angelino Alfano,

chi le scrive è un cittadino italiano che non può rimanere inerme di fronte alle notizie allarmanti diffuse sulla Casa Circondariale di Sollicciano (Firenze).

Nell’arco di poco più di un mese sono morti piu’ di tre detenuti, ma questi che Le elenco sono “da accertare”:

24/04/2009 IHSSANE FAKHEDINE DI ANNI 30 CAUSA “DA ACCERTARE” 11/06/2009 ANNA NUVOLONI DI ANNI 40 CAUSA “DA ACCERTARE” 07/07/2009 DETENUTA DI PISA DI 27 ANNI CAUSA “DA ACCERTARE”


A queste terrificanti notizie mi preme aggiungere e sottolineare il caso di Niki Aprile Gatti , morto il 24 giugno 2008 sempre nel carcere di Sollicciano in circostanze sospette e tutte da chiarire.

Niki Aprile Gatti era incensurato ed era in CUSTODIA CAUTELARE!

La madre Gemini Ornella, nel tentativo di fare chiarezza, ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano(pregandolo di attenzionare Lei), è aperto presso il Tribunale di Firenze un procedimento di opposizione all'Archiviazione per “suicidio” ed inoltre è stata inoltrata un’ Interrogazione Parlamentare, i cui dati vengono di seguito riportati.
Seduta di annuncio:

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/01301
Dati di presentazione dell'atto Legislatura:
Seduta di annuncio N.162 del 20/04/2009
Firmatari
Primo firmatario:

CONCIA ANNAPAOLA
Gruppo:PARTITO DEMOCRATICO
Datafirma: 20/04/2009
Commissione assegnataria: IICOMMISSIONE(GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 20/04/2009
Stato iter:
IN CORSO


Si può tacere di fronte alla morte di un ragazzo? Si può tacere davanti a morti classificate “da accertare”?

Onorevole Ministro,

nessuno ha risposto! Anche Lei non ha risposto all’interrogazione Parlamentare! Le Istituzioni tacciono … e il silenzio,a distanza di un anno,comincia ad essere eloquente!

Le chiedo formalmente di ricercare le responsabilità e chiarire le tante incongruenze divenute dolorose per famiglie che attendono la Verità!

La situazione di Sollicciano ,oltre all’anomalia delle morti da accertare, le quali si ripetono ciclicamente, è grave anche per la capienza tollerata, perché è stata abbondantemente superata, costringendo i ristretti a condizioni di vita in cui i diritti umani fondamentali vengono ignorati.
Al sovraffollamento si accompagnano altre carenze che non sono degne di un Paese civile. (ricordiamo la frase di K. Popper “Il grado di civilta' di un Paese si misura dalle condizioni delle sue carceri” )

Ritengo,pertanto, necessario dover sottoporre nuovamente e con rinnovata urgenza, alla Sua attenzione, il caso di questo giovane Niki Aprile Gatti (è ormai trascorso piu’ di un anno per la sua famiglia…),augurandomi che Lei voglia prendere in considerazione con la tempestività che indubbiamente merita, questa incresciosa situazione.

A seguito di queste considerazioni, che sono certo da Lei condivise, Le chiedo quindi di intraprendere con urgenza tutte le iniziative necessarie affinché il nostro paese possa così colmare il ritardo che lo sta caratterizzando nell’accertamento della verità e nell’applicazione della giustizia.

Le chiedo di intervenire innanzitutto a tutela della garanzia dei “diritti delle persone” che si trovano nelle nostre carceri, ed in particolare date le estreme condizioni in cui verte, Sollicciano, del personale che vi opera, e per sollecitare azioni efficaci rispetto alle tante criticità presenti. In riferimento alle notizie sul carcere di Sollicciano, Le chiedo, con urgenza, una specifica ispezione per verificare le condizioni dei detenuti che, solo per il fatto di essere ristretti,non cessano di essere prima di tutto “esseri umani” e in quanto tali portatori di diritti umani!

Compito di questa Ispezione che Le chiedo, non è avvalorare o smentire una tesi, ma stabilire la Verità.

Voglio ricordare quello che disse l’Onorevole Sandro Pertini, che in galera passò lunghi anni:

-“ Ricordatevi quando avete a che fare con un detenuto, che molte volte avete davanti una persona migliore di quanto non lo siete voi.”

Confidando nell’accoglimento di questa mia richiesta, resto in attesa di un Suo cortese riscontro.

Con deferenti cordiali saluti e ossequi.

(nome e cognome)


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giovedì 16 luglio 2009

Legge razzista firmata da Napolitano. Ci difenderemo Costituzione alla mano.

Da oggi l'Italia è uffialmente un paese razzista! Con il contributo del Presidente della Repubblica, che ha apposto la sua firma su un testo incostituzionale. Il Capo dello Stato, ha promulgato una Legge che punisce delle persone senza che queste abbiano commesso dei fatti che sono previsti come reati dalla legge. Il testo firmato da Napolitano, viola palesemente il principio costituzionale di uguaglianza, poichè gli italiani saranno puniti per aver commesso un reato e gli stranieri solo per la loro condizione personale.
Il cosidetto pacchetto sicurezza va contro quella Costituzione che Napolitano ha guirato di osservare, e sul rispetto della quale si dovrebbe unire la nazione della quale il Capo dello Stato rappresenta l'unità. Napolitano si è detto perplesso e preoccupato, ma nonostante tutto quella firma l'ha apposta lo stesso, perchè "la legge non poteva essere bloccata" visto che conterrebbe norme "ampiamente condivise in sede parlamentare".

Perciò direttamente al Presidente Napolitano vorrei rivolgermi e chiedergli: ma cosa sta dicendo, signor Presidente della Repubblica, che gli ideali della maggioranza dei parlamentari sono prioritari rispetto ai principi costituzionali? Sta raccontando che la Costituzione italiana viene dopo le ingiustificate paure rappresentate in parlamento? Sta forse dicendo, signor Presidente, che il razzisnmo può essere accettato e diventare legge contro la Costituzione republicana, solo perchè condiviso dalla maggioranza dei deputati e dei senatori?

A lei, signor Presidente Napolitano, tanti cittadini e tante associazioni in questi giorni le avevano chiesto di non promulgare questa legge, che è una vera e propria vergogna. Tutti quei cittadini le chiedevano solo di svolgere i suoi compiti di Presidente della Repubblica italiana. Quelli che la Costituzione le assegna. Ha deciso invece di nascondersi dietro la foglia di fico parlamentare. Ora, affinchè l'Italia non si trasformi nella patria del razzismo legalizzato, non ci rimane che augurarci che siano i cittadini a resistere. Non rimane che imparare a difendersi dalle leggi di uno Stato sempre più pericolosamente autoritario, razzista e violento. Lo faremo, ci difenderemo con l'arma più efficace che conosciamo in questo caso: la Costituzione della Repubblica italiana.

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