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venerdì 21 marzo 2008

Basta con le discriminazioni, firma anche tu la proposta di legge promossa da Anmic

[Dall'ottimo blog Il Vaso di Pandora della brava Tisbe, copio e divulgo questa importante iniziativa, che mi vede aderire con convinzione]

Cari amici blogger, vi chiedo un aiuto per mettere fine ad una discriminazione che dura da troppo tempo. Vi chiedo di diffondere l'iniziativa di cui parlerò in questo post e di firmare voi stessi.
L'Anmic è un'associazione che sostiene, con grande professionalità ed interesse, gli invalidi civili con assistenza legale, consulenza interpretazioni leggi, assistenza compilazione domande... e tanti altri servizi.
Ebbene la Anmic ha avanzato una proposta di Legge di iniziativa popolare per equiparare le pensioni degli invalidi civili alle pensioni minime.



FIRMA ANCHE TU, COME FARE:
L’ANMIC ha avviato un’importante iniziativa legislativa popolare per l’incremento delle pensioni e degli assegni degli invalidi civili.
Se vuoi aderire alla raccolta delle firme promossa dalla nostra Associazione devi rivolgerti alla sede ANMIC della tua provincia.
Ti saranno indicati giorni ed orari in cui recarti presso le nostre sedi, portando con te il documento di identità.
Confidiamo nel tuo sostegno e nella tua collaborazione.
SCARICA IL FILE IN F.to WORD DI TUTTE LE SEDI DOVE POTER FIRMARE


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Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.

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venerdì 7 marzo 2008

Michele Fabiani: un anarchico in cattività

Navigando nella rete, mi sono imbattuto nella vicenda di Michele Fabiani, giovane anarchico si Spoleto, arrestato il 23 ottobre 2007 insieme ai quattro suoi amici Andrea Di Nucci, Dario Polinori, Damiano Corrias e Fabrizio Reali Roscini. Tutti arrestati nell'ambito della cosidetta "Operazione Brushwood" con l'accusa di far farte di una cellula anarco-insurrezionalista denominata COOP-FAI.
Qui riporto una lettera di Michele Fabiani, divulgata dal comitato 23 ottobre. Da diffondere quanto più e meglio si può!
Altre ed aggiornate informazioni, possono essere reperite anche in dal blog Liberate Michele Fabiani.

Sono Michele Fabiani, "detto Mec", come direbbero i giudici, eh eh. Vorrei che questo scritto girasse il più possibile, non so ancora se potrò fotocopiarlo o se dovrò ricopiarlo a mano per cercare di mandarlo il più possibile in giro. Dalla seconda media mi chiamano Mec perchè per spirito di contraddizione tifavo la Maclaren.... e così ho appena scoperto che di sfortune ne ho avute di 2 in 2 giorni: la macchina di Agnelli e Montezemolo vince i mondiali e io finisco in galera. Martedi 23 ottobre 5 brutti uomini (2 erano cosi' brutti che si sono messi il passamontagna) irrompevano in casa mia, la mettevano completamente sottosopra e mi arrestavano in base all'articolo 270bis (scritto dal ministro Rocco per Mussolini). I reati associativi come l'art. 270 bis e 270 permettono di arrestare qualcuno non per cio' che ha fatto, ma per come la pensa, perchè fa parte di qualche fantomatica associazione. Basti pensare che uno di noi 5, rinchiusi in isolamento giudiziario da quasi 4 giorni e da oggi in E.I.V., è accusato solo di aver fatto una scritta su un muro! Ci pensate? Tre volanti (a testa), i mitra, i passamontagna, la scorta aerea dell'elicottero, le telecamere, il carcere, l'isolamento, l'e.i.v., per una scritta su un muro! Sono poi stato portato alla caserma dei carabinieri di Spoleto e poi a quella di Perugia, infine da quella di Perugia al carcere. Il primo momento propriamente comico è stato il trasferimento tra la caserma di Perugia e il carcere: chi guidava la macchina, forse impressionato, si è sbagliato strada e abbiamo fatto 2 volte il giro intorno alla stazione ferroviaria. In carcere mi stanno trattando bene, non mi hanno mai toccato (in tutti i sensi, neanche per gli spostamenti). La cella è molto sporca, c'è un tavolo appeso al muro con un armadietto inchiodato ed un letto inchiodato per terra ed alla parete. Oggi è caduto l'isolamento e abbiamo anche la tv. Resta il divieto di comunicare tra noi, che è la cosa peggiore. Ho visto le immagini del TGR Umbria che eravate fuori durante gli interrogatori: eravate tanti! Sono stato tanto felice, purtroppo da dentro non vi abbiamo sentito. Ho risposto alle domande non perchè io riconosca un qualche valore alla magistratura, ma per il semplice motivo che nelle motivazioni del nostro arresto c'erano scritte talmente tante (omissis) che ho ritenuto importante contraddirle subito, pur senza essermi mai consultato con gli avvocati, per la corretta esposizione dei fatti, per la libertà di tutti noi. Talmente tante erano le falsità, le contraddizioni, gli errori grossolani che era di importanza strategica distruggerle immediatamente. Nessuno tema o si rallegri: io ero, sono e resto un prigioniero rivoluzionario. Lo ero, un prigioniero ed un rivoluzionario, anche prima di martedi: siamo tutti prigionieri, tutti i giorni. Quando ci alziamo la mattina per andare a lavorare, quando passiamo gli anni più belli della nostra vita sprecati su una macchina, quando facciamo spesa, quando non possiamo farlo perchè mancano i soldi, quando li buttiamo via i soldi per delle cazzate (vestiti, aperitivi, sigarette non c'è differenza) quando guardiamo la tv che ci fa il lavaggio del cervello, che cerca di terrorizzarci con morti, omicidi, rapine (quando in 15 anni gli omicidi sono diminuiti del 70%) così che noi possiamo chiedere piu' telecamere, piu' carceri, pene sicure, quando se c'è una pena davvero sicura a questo mondo è quella che incatena lo sfruttato alle sue condizioni. Io non ho mai detto "SONO UN UOMO LIBERO", in pochi possono dirlo senza presunzioni. Se io fossi un uomo libero, andrei tutti i giorni sulla cima del Monte Fionchi, in estate con le mucche e le pecore e in inverno con la neve, e dopo aver raggiunto faticosamente le cime...guardare a nord ovest, la valle Umbra o Valle Spoletino come si diceva una volta, poi a nord est la Valnerina e il Vettore quasi sempre liscio dietro, e poi via verso est tutti gli appennini che cominciano da lì, fino a sud dove ci sono quelle meravigliose foreste... E forse, ripensandoci, neanche lì sarei davvero libero. Perchè la valle Umbra è piena di cave, di capannoni, di fabbriche, di mostri che devono essere combattuti. Ma mancano gli eroi oggi mentre di mostri ce ne sono anche troppi. Quindi io non sono un uomo libero, il dominio non è organizzato per prevedere uomini liberi. Però sono un rivoluzionario, un prigioniero rivoluzionario. Io sapevo gia' di essere un prigioniero, prima che un giudice me lo dicesse. Certo, questa prigione è diversa da quella fuori: qui vedi tutti i giorni, in maniera limpida, simbolica e allo stesso tempo materiale quali sono i rapporti di forza del dominio; dove c'è chiaramente e distintamente l'uomo, con i suoi sogni, i suoi amori, il suo carattere, e il sistema, le sbarre, le catene, le telecamere, le guardie. Potremmo dire, ironicamente, che da un punto di vista politico-filosofico qui le cose sono piu' semplici: il sistema cerca di annientare l'individuo, l'individuo cerca di resistere. Ovviamente l'uomo qui sta peggio. E' inutile fare retorica. Dopo qualche giorno la gabbia te la trovi intorno alla testa, è come se avessero costruito un'altra piccola gabbietta, precisa precisa intorno alla tua testa. Con il cervello che ragiona ma non ha gli oggetti su cui ragionare, con la voglia incontenibile di parlare e non c'è nessuno, di correre e non c'è spazio, quando mi affaccio alla finestra vedo un muro con altre sbarre, non si vede un filo d'erba, una collina (neanche durante l'aria, che passo solo in una stanza piu' grande), fuori dalla tua gabbia c'è un altra gabbia. La mia paura è che questa sensazione mi rimanga anche quando esco. Che la lotta per non impazzire diventera' il fine della mia vita. Nel carcere "formale" l'uomo combatte contro se stesso, mentre nel mondo fuori il rivoluzionario deve combattere una guerra contro entita' oggettive. La mia paura è che ci si dimentichi di questi 2 livelli di scontro, che anche quando usciro' ci sarà questa gabbia intorno alla testa che mi ............ e mi dice di non prendere a calci la porta della cella e di mettermi ad urlare. Non solo l'uomo antropofizza il mondo, ma in galera l'uomo antropofizza anche se stesso: come distruggiamo le montagne, così qui distruggiamo la nostra mente, costruendo fantasmi contro cui scontrarci. Il rapporto è tutto mentale qui. E' di questo che voglio liberarmi, voglio uscire e continuare ad avere una capacità di analisi oggettiva della realtà. Qui questa capacità rischio di perderla. Mentre fuori, innaffiando un seme e facendo crescere una pianta, si ha un'interazione fisica con il mondo qui lo scontro è tutto psicologico. Lo scontro è fisico solo ad un primo livello, con i muri che non mi fanno uscire, ma in realtà la guerra è anche con i nostri fantasmi. I muri sono troppo materiali per essere reali. Sbagliano i marxisti quando riconducono tutto alla materia. La realtà è una sintesi in cui l'uomo colloca se stesso tra il mondo e le sue idee. In galera purtroppo questa sintesi è pericolosamente, patologicamente, troppo incentrata sulla mente. Ai compagni che scrivono che non trovano parole dico di trovarle queste parole che ne abbiamo troppo bisogno. Scriveteci a tutti e 5! Vorrei che qualcuno dicesse ad Erika che le mando un bacio.
Mec, Un anarchico in cattivita' 26/10/07"


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giovedì 7 febbraio 2008

Caro Don Chisciotte, ti lascio a girare per cinque anni tra le pale del mulino!

(copio dall'ottimo blog "la penna che graffia" e pubblico integralmente)


Caro Walter la tua conoscenza delle pagine del grande Cervantes è davvero approssimativa, è questo potrebbe essere un grosso problema.
Anzitutto, dovresti sapere che la tua follia dovrebbe essere mitigata dalla saggezza contadina del buon Sancho Panza, mentre intorno a te vedo improponibili scudieri che rivaleggiano con le tue alzate di genio e ti confortano nella scelta di correre da solo contro il diversamente alto, come l’ha definito una cara amica.
Come non bastasse la tua insana infatuazione per una Dulcinea-Binetti che deve averti assicurato una manciata di preferenze cattoliche, in cambio del sacrificio votivo di quelle della sinistra. Ti avrà anche promesso i miracoli, ma fidati del sottoscritto, a piangere non saranno le madonnine, ma qualche milione di italiani… e credo che a molti toccherà pure versare sangue.

Bene, vuoi andare alla pugna da solo… e sia! Vuoi inventarti il cento-centro-sinistra, pur di non essere più costretto (orrore!) a dire o fare qualcosa di sinistra, ma scusa, perché non fai risorgere il partito socialdemocratico che facciamo prima: riesumando il nome di Preti qualche altro cattolico peripatetico, o patetico tout-court, dovresti raccattarlo. Vuoi governare senza essere importunato con pretese sociali seccanti quanto una questua al semaforo, senza che qualcuno venga a ricordarti che difficilmente la pace si fa con le armi, e sicuramente non con quelli che da sempre hanno ritenuta seccante la sfericità della terra e i conseguenti problemi nel piazzarci sopra i loro carrearmatini del Risiko. Comodo! …ma il problema è che non ci sarà battaglia.
Finirai per consegnare il paese nelle mani dell’Arcorman, dimenticandoti che si chiama Italia e che, non essendo la Mancia, non puoi disporne a tuo piacimento, come atto di cortesia. Non è simpatico che tu faccia lo splendido col cameriere, e a noi rimanga da saldare il conto. Gli amici di sinistra, non te lo perdoneranno, e il giorno delle elezioni andranno al mare… metaforicamente, s’intende, visto che i più hanno già grossi problemi ad arrivare a fine mese. E quando tra sessanta giorni ti ritroverai a girare tra le pale del Mulino delle Libertà, non sarà certo il sottoscritto a tirarti giù. E credo neppure i milioni d’italiani che per cinque anni, oltre a veder girare te e le pale, dovranno fare i conti con i giramenti delle loro palle.

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lunedì 28 gennaio 2008

Manifestazione 2 febbraio a Cosenza

(Dal sito www.cosenza2febbraio.org, copio questo comunicato stampa dell'associazione Liberi Tutti)

La requisitoria esposta dal Pm Domenico Fiordalisi non apporta nessun elemento di novità. In aula, sostanzialmente, la solita minestra. Le intercettazioni ammesse dalla Corte, che rigetta la richiesta di inammissibilità avanzata dalla difesa, evidenziano solo ed esclusivamente delle ipotesi di reato, più che conclamare delle prove certe. Eppure un magistrato, che opera in nome della giustizia, dovrebbe produrre in sede processuale delle prove concrete più che delle congetture ovvero una procura, dovrebbe essere più accorta prima di accettare nella sua sede, dibattimenti basati su elementi del genere. E tutto questo, stante l’alto rispetto per gli organi giudicanti.


Ancora una volta il Pm fa riferimenti a questioni di attualità come <<… come quando numerosi dimostranti hanno recentemente attaccato le caserme della Polizia a Roma…>>, citando il Presidente della Repubblica Italiana, forse per darsi un tono che non ha mai avuto. Ma non si ferma qui: <<>>

E’ un passaggio che rispediamo “ai mittenti”, la suddivisione tra buoni e cattivi, per noi, non esiste. I 25 di Genova e i 13 di Cosenza non saranno i capri espiatori di tutto quel movimento che è arrivato compatto sino ai giorni degli arresti, al Social Forum di Firenze, e che oggi si è sciolto confluendo ed articolando le numerose lotte sociali sparse nel nostro paese.
Questo processo, costruito “sapientemente” dagli addetti ai lavori è sempre stato presentato all’opinione pubblica come una brillante operazione messa in atto da parte dello Stato, per fermare una pericolosa associazione capace di sovvertire violentemente le regole internazionali. Per cui, il quadro prospettato dai più, lasciava presagire pene molto più severe, che i 50 anni prospettati dal Fiordalisi, specie se consideriamo quelle che sono state le proposte di condanna per i 25 di Genova. L’impianto accusatorio, quindi ne esce indebolito, per come presentato in sede dibattimentale. Escludendo tatticismi giuridici di alto livello, ecco la prova che al suo impianto, non ci ha mai creduto neanche egli stesso.

Abbiamo sempre nutrito dei forti dubbi rispetto alla professionalità, tanto acclamata e messa in campo dagli organi preposti. Nell'inchiesta Fiordalisi, la ricostruzione del teorema, su un piano simbolico ci spossessa del nostro agire, come infilati tra un “frame” e l'altro da registi occulti. Nelle carte del dottor Fiordalisi, obiettivamente, fatichiamo a ritrovare elementi di realtà storico - politica, men che meno che di natura giuridica. I due anni di intercettazioni operati a danno degli imputati, pagati con i soldi della collettività, non hanno mai evidenziato strani comportamenti da parte degli imputati stessi. Invero, si pensa ad una cellula sovversiva, quando i componenti della stessa si riuniscono in posti segreti e lontano dagli occhi di tutti; quando, ai suoi componenti vengono ritrovate armi da fuoco, ed ancora, tutto ciò che l’immaginario collettivo pensa quale strumento atto a concretizzare le pericolose azioni volte a sovvertire violentemente l’ordine economico dello Stato. Nulla di tutto ciò. Addirittura alcune intercettazioni, messe agli atti come prove inconfutabili, come nel caso del compagno tarantino che intercettato al telefono proponeva <>, suscita quantomeno dell’ilarità. Se l’intento del compagno pugliese era “inequivocabilmente” quello di recarsi a Genova con delle armi da fuoco, come mai non c’è stata prevenzione da parte degli organi di polizia giudiziaria, tallonando per tutta la durata delle giornate del G8 l'imputato?

L’altro aspetto negativo riguarda sicuramente la procura cosentina. Alla stessa respingiamo le sue accuse perché viviamo in una terra dove le emergenze sono ben altre: corruzione e malaffare nella gestione dei soldi pubblici; una città disegnata da parte della Direzione Distrettuale Nazionale Antimafia come caveau della malavita organizzata; la totale assenza di verità giudiziarie sull'ultima guerra di mafia combattuta dopo il 2000 per la gestione degli appalti sull'edilizia; le numerose inchieste e l’impunità di cui hanno goduto poliziotti e carabinieri (rimasti ancora in servizio) per reati contro il patrimonio e presunti rapporti con le cosche. Questo e molto altro succede dalle nostre parti.

E’ in questo contesto che la procura di Cosenza, preferisce indirizzare le sue attività verso chi produce delle lotte sociali, invece che fermare chi attenta quotidianamente ai nostri diritti; impegnando, inutilmente, una intera Corte d’Assise per ben sei anni.

A questo punto, le pene, ci risultano pesantissime non solo perché basate sul nulla, ma anche perché prevedono oltre 26 anni di libertà vigilata per sospetta pericolosità sociale. Una forma di restrizione della libertà che comporta provvedimenti come l'obbligo di dimora o di firma, il ritiro della patente e del passaporto, tutti provvedimenti adoperati dalle procure per indebolire e rendere difficile l’azione politica portata avanti dai movimenti sociali. A conti fatti, così come sulle nostre vite è cascato il più classico dei castelli accusatori - vecchio vizietto della giustizia italiana -anche noi nel corso del tempo abbiamo maturato una nostra interpretazione di tutta la vicenda. E cioè che tramite questa operazione si voglia colpire e criminalizzare qualunque azione che si svolga al di fuori dello stretto reticolato disegnato a suon di repressione, dai prepotenti del mondo e dai signorotti locali, che credono di poter gestire indisturbati i loro sporchi affari - utilizzandoci come pedine funzionali - indispensabili alla realizzazione dei loro disegni delinquenziali. E dunque con questo impianto accusatorio, anche un solo minuto di carcere, ci risulta inaccettabile!

Per questi motivi il corteo del 2 febbraio, a Cosenza, diventa tappa fondamentale per tutti coloro che non solo sono stanchi del contesto in cui viviamo, ma che hanno ancora voglia di far emergere la propria dignità rispetto a chi offende le nostre intelligenze con accuse inaccettabili, distrugge i nostri territori, rende precarie le nostre vite e reprime le nostre lotte!

Cosenza, 26.01.2008
Coordinamento “Liberi tutti”

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mercoledì 23 gennaio 2008

La solidarietà del mondo accademico ai 67 colleghi "disubbidienti" della Sapienza

A proposito dei fatti relativi alla rinuncia di papa Benedetto XVI alla visita e al discorso all'Università Sapienza di Roma, in occasione della solenne inaugurazione dell'anno accademico, i sottoscritti, docenti e ricercatori degli atenei italiani, esprimono la più ferma e convinta solidarietà ai colleghi sottoposti nelle ultime giornate a un linciaggio morale, intellettuale e persino politico, senza precedenti. Noi firmatari di questo appello di solidarietà affermiamo che ci saremmo comportati come i 67 docenti della Sapienza, in nome della libertà della ricerca e della scienza. L'invito al papa in occasione dell'apertura dell'anno accademico costituisce offesa al sapere scientifico, ovvero un esecrabile cedimento nei confronti di un preteso principio d'autorità.

I colleghi della Sapienza, lungi dall'«impedire al papa di parlare» hanno semplicemente contestato l'opportunità di far inaugurare l'anno accademico - ossia il momento più solenne nella vita di un ateneo - da un capo religioso, e nel contempo capo di stato straniero. Tanto più che trattasi di un papa che ha espresso in reiterate occasioni l'idea che la ragione non possa che essere subordinata alla fede e ha assunto gravi prese di posizione che, mentre smantellano la Chiesa del Concilio Vaticano II, costituiscono gravi ingerenze nella sfera delle istituzioni politiche nazionali. In ogni caso, la protesta dei colleghi non contro Benedetto XVI era diretta, ma innanzi tutto contro l'autorità accademica che ha commesso la leggerezza di invitare un'autorità religiosa a una cerimonia che deve essere rigorosamente laica; tanto più grave, il gesto del rettore della Sapienza, in quanto ormai l'Italia è un paese multietnico e multireligioso e ciò nonostante un regime concordatario, obsoleto anche nelle sue revisioni, che continua a privare le scuole pubbliche non universitarie della possibilità di un approccio comparativo al mondo delle religioni assegnando invece la priorità esclusiva all'insegnamento della religione cattolica. E il papa di Roma rappresenta soltanto una parte dell'opinione pubblica, anche di quella provvista di fede religiosa. Si aggiunga altresì l'atteggiamento di vera e propria subalternità mostrata dalle autorità accademiche, di concerto con quelle ecclesiastiche, e dal coro mediatico che ne ha accompagnato le scelte, era la pretesa che a Ratzinger fosse riservata una zona franca, in cui le espressioni di dissenso dovessero essere impedite, quasi forme di delitto di lesa maestà.

Noi sottoscritti, davanti alla campagna mediatica in atto, esprimiamo la più vibrata protesta e la più ferma preoccupazione per le parole che abbiamo letto e ascoltato in questi giorni, in un penoso unanimismo di testate giornalistiche e di forze politiche. Ci impegniamo, accanto ai colleghi della Sapienza e di tutti gli studiosi che con rigore e passione lavorano nelle istituzioni universitarie italiane, a lottare perché venga salvaguardato, in un paese che sembra voler pericolosamente regredire all'epoca del «papa re», la libertà della ricerca scientifica, in ogni ambito, da ipoteche fideistiche e da nuovi e vecchi principi autoritativi.

Angelo d'Orsi, prof. Storia del pensiero politico Univ. Torino; Lucia Delogu, prof. Diritto privato, Univ. Torino; Gianni Vattimo; Simon Levis Sullam; Luisa Accati, prof. Storia moderna, Univ. Trieste; Alessandra Algostino, prof. Diritto costituz. comparato, Univ. Torino; Giovanna Angelini, prof. Storia delle dottrine politiche, Univ. Pavia; Corrado Agnes, Politecnico Torino Dip. di Fisica; Christophe Allouis, Ist. Ricerche sulla Combustione-Cnr; Fabrizio Arciprete, ricerc. Dip. di Fisica Univ. Roma Tor Vergata; Franco Bacchelli, ricer. di Storia della Filosofia, Univ. Bologna; Barbara Bacchelli, ricerc. Matematica, Univ. di Milano Bicocca; Valeria Bacchelli, prof. Analisi matematica, Politecnico Milano; Roberto Bartolino, prof. di Fisica, Univ. della Calabria; Riccardo Bellofiore, prof. di Economia monetaria, Univ. Bergamo; Tamara Bellone, prof. Topografia e cartografia, Politecnico Torino; Paolo Biscari, prof. Fisica Matematica, Politecnico Milano; Luigi Bobbio, prof. di Scienza politica, Univ. Torino; Alberto Burgio, prof. Storia della filosofia moderna Univ. Bologna; Linda Brodo, Informatica, Univ. Sassari; Renato Betti, prof. Geometria, Politecnico Milano; Ugo Bruzzo, prof. Geometria, Scuola Intern. Superiore di Studi Avanzati, Trieste; Paolo Berdini, ingegnere, urbanista; Luciano Boi, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Centre de Mathématiques Paris; Ovidio M. Bucci, prof. Campi Elettromagnetici,Univ. Napoli Federico II; Alessandro Bianchi, ricerc. Dip. di Inform. Univ. Bari; Brigida Bochicchio, ricerc. di Chimica Organica Univ. Basilicata; Piero Bevilacqua, prof. di Storia Contemp La Sapienza, Roma; Marco Berisso, Filologia It. Univ. di Genova; Pier Carlo Bontempelli, prof. Letterat. Tedesca Univ. «G. d'Annunzio» Chieti-Pescara; Livio Boni, Chargé de recherche Univ. de Paris VII Denis Diderot, Psychanalyse/Sciences Humaines; Derek Boothman, prof. Lingua e traduz. inglese, SSLMIT Univ. Bologna; Sandro Cardinali, prof. di Storia della filosofia mo. Univ. Ferrara; Paolo Casalegno, prof. Filosofia del Linguaggio Univ. degli Studi Milano; Luigi Cerlienco, prof. Algebra, Univ. Cagliari; Salvatore Cingari, prof. Storia delle dottrine politiche Univ. per Stranieri di Perugia; Claudio Cancelli, prof. Fluidodinamica Ambientale, Politecnico Torino; Pilar Capanaga, prof. di Lingua e Linguistica spagnola SSLMIT Univ. Bologna; Sandro Cardinali, prof. Storia della filosofia mod. Univ. Ferrara; Pietro Giuliano Cannata, prof. di Geologia Pianif. territoriale Univ. di Siena; Andrea Clematis, dir. di ricerca IMATI Cnr Genova; Andrea Cavazzini, dottore in filosofia; Ines Crispini, Filosofia morale Univ. della Calabria; Rita Caprini, prof. Glottologia Univ. Genova; Alessandra Ciattini, Antrop. religiosa La Sapienza di Roma; Tullia Catalan, Storia contemp. Univ. Trieste; Leonardo Castellani, Fisica Teorica Univ. del Piemonte Orientale; Luca Di Mauro, Storia, Ecole Normale Superieure Paris; Filippo Del Lucchese, Marie Curie Fellow, UPJV - Amiens / ECLS - Occidental College Los Angeles, CA, Usa; Marco Antonio D'Arcengeli, prof. di Storia della pedagogia Univ. L'Aquila; Adele D'Arcangelo, ricerc. Univ. di Bologna; Elisabetta Donini, già docente di Fisica Univ. Torino; Paolo Ercolani, Filosofia Univ. di Urbino; Ezio Faccioli, Tecnica delle costruz. Politecnico Milano; Laura Fregolent, prof. Analisi della città e del territorio, Univ. IUAV Venezia; Paolo Favilli, prof. Storia Contemp. Univ. Genova; Federica Fontana, Dip. di Scienze dell'Antichità Univ. Trieste; Paolo Fernandes, drig. di ricerca, Cnr Ist. di Matematica Appl. Tecnologie Inform. Genova; Gian Luca Fruci, assegnista di ricerca dip. di Storia Univ. Pisa; Antioco Floris, Discipline cinematogr. Univ. Cagliari; Marcello Frixione, Scienze della Comunic. Univ. Salerno; Giorgio Forti, emerito Facoltà di Scienze MFN Univ. degli Studi Milano; Luciano Gallino, emerito, già prof. di Sociologia Univ. Torino; Germana Gandino, ricerc. Storia medievale Univ. del Piemonte Orientale; Angelo Guerraggio, prof. di Storia delle matematiche Univ. dell'Insubria di Varese /Università «Bocconi» Milano; Laura Gaffuri, prof. Storia delle Chiese Univ. Torino; Mariuccia (Giuseppina) Giacomini, Antropologia culturale Univ. Milano Bicocca; Francesco Indovina, prof. Analisi delle strutture urbanistiche e territoriali Ist. Univ. di Architettura Venezia; Donatella Izzo, prof. Letterat. Americana Univ. degli Studi di Napoli «L'Orientale»; Cristina Lavinio, prof. Linguistica educativa Univ. Cagliari; Salvatore Lupo, prof. di Storia contemp. Univ. Palermo; Laura Luche, Lingue e Letterature Ispanoamericane Univ.Sassari; Maria Grazia Meriggi, prof. Storia Contemp. Univ. Bergamo; Alberto Magnaghi, prof. Pianificaz. Territoriale Univ. Firenze; Fabio Nuti Giovanetti, Giurisprudenza Univ. Bologna; Guido Panìco, prof. di Storia contemp. Univ. Salerno; Giovanna Procacci, prof. Storia contemp. Univ. Modena e Reggio; Giuseppe Prestipino, già prof. di Filosofia, Univ. Siena; Enrico Pugliese, dir. Irpps-Cnr, Roma; Carlo Remino, ingegnere Meccanico, Dip. Ing. Mecc. e Ind. Univ. Brescia; Giorgio Rochat, già prof. Storia contemp. Univ. Torino; Monica Savoca, prof. a contratto di Letterat. Spagnola, SSLiMIT Forlì; Giovanni Semeraro, prof. Univ. Federale Fluminense, Niterói/Rio de Janeiro; Antonio Mario Tamburro, prof. di Chimica Organica, Rettore Magn. Univ. della Basilicata; Giuseppe Trebbi, prof. Storia moderna Univ. Trieste; Dario Trevese, prof. Astrofisica Roma «La Sapienza»; Maria Turchetto, prof. Dip. di Studi Storici Univ. Ca' Foscari di Venezia; Settimo Termini, prof. Cibernetica Univ. Palermo; Giovanna Vertova, ricerc. di Economia Politica Univ. Bergamo; Nadia Venturini, prof. Storia del Nord America, Univ.; Gabriella Valera, prof. Metod. e Storia della Storiogr. Univ. Trieste; Stefano Visentin, Storia delle dottrine politiche Univ. Urbino «Carlo Bo»; Claudio Venza, Storia della Spagna contemp. Univ. Trieste; Simonetta Ulivieri, prof. Pedagogia Gen. e Sociale Univ. Firenze; Mario Vadacchino, prof. Dip. Fisica Politecnico Torino; Pasquale Voza, prof. Letterat. italiana Univ. degli Studi di Bari; Franco Vazzoler, Letterat. teatrale it. Univ. Genova; Massimo Vallerani, prof. di Storia medievale Univ. Torino; Sergio Vessella, prof. di Analisi Matematica Univ. Firenze; Fausto Vagnetti, prof. di Astrofisica, Univ. di Roma Tor Vergata; Maria Zalambani, prof. Russian Literature Univ. Bologna; Alessandro Zucchi, prof. Semiotica, Dip. di Filosofia Univ. degli Studi di Milano; Massimo Zucchetti, prof. di Impianti Nucleari Politecnico Torino

(L'appello è stato pubblicato sul "manifesto" di domenica 20 gennaio 2008)

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lunedì 14 gennaio 2008

Il j'accuse di Roberto Saviano sulla gestione dei rifiuti.

Sull'ennesima emergenza rifiuti che sta in questo periodo vivendo la Campania, riporto integralmente un articolo di Roberto Saviano, apparso su Repubblica di qualche giorno fa. Così che, anche quando sarà scomparso dalla rete, potrò andarmi a rileggere questo lucido e incisivo j'accuse dell'autore di Gomorra.

J'accuse dell'autore di Gomorra: la tragedia è che Napoli si sta rassegnando all'avvelenamento

Imprese, politici e camorra ecco i colpevoli della peste

Gli ultimi dati dell'Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltrela media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni


E' un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti più semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l'ossessione di emigrare o di arruolarsi. E' una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete più vane delle discussioni bizantine e chi è all'opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi. Si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari più del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le più colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone più a rischio del nord Italia è un aumento del 14%. Ma forse queste vicende avvengono in un altro paese. Perché chi governa e chi è all'opposizione, chi racconta e chi discute, vive in un altro paese. Perché se vivessero nello stesso paese sarebbe impensabile accorgersi di tutto questo solo quando le strade sono colme di rifiuti. Forse accadeva in un altro paese che il presidente della Commissione Affari Generali della Regione Campania fosse proprietario di un'impresa - l'Ecocampania - che raccoglieva rifiuti in ogni angolo della regione e oltre, e non avesse il certificato antimafia.
Eppure non avviene in un altro paese che i rifiuti sono un enorme business. Ci guadagnano tutti: è una risorsa per le imprese, per la politica, per i clan, una risorsa pagata maciullando i corpi e avvelenando le terre. Guadagnano le imprese di raccolta: oggi le imprese di raccolta rifiuti campane sono tra le migliori in Italia e addirittura capaci di entrare in relazione con i più importanti gruppi di raccolta rifiuti del mondo. Le imprese di rifiuti napoletane infatti sono le uniche italiane a far parte della EMAS, francese, un Sistema di Gestione Ambientale, con lo scopo di prevenire e ridurre gli impatti ambientali legati alle attività che si esercitano sul territorio. Se si va in Liguria o in Piemonte numerosissime attività che vengono gestite da società campane operano secondo tutti i criteri normativi e nel miglior modo possibile. A nord si pulisce, si raccoglie, si è in equilibrio con l'ambiente, a sud si sotterra, si lercia, si brucia. Guadagna la politica perché come dimostra l'inchiesta dei Pm Milita e Cantone, dell'antimafia di Napoli sui fratelli Orsi (imprenditori passati dal centrodestra al centrosinistra) in questo momento il meccanismo criminogeno attraverso cui si fondono tre poteri: politico imprenditoriale e camorristico - è il sistema dei consorzi. Il Consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per aggirare tutti i meccanismi di controllo. Nella pratica è servito a creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso vicini alla camorra. Gli imprenditori hanno ritenuto che la società pubblica avesse diritto a fare la raccolta rifiuti in tutti i comuni della realtà consorziale, di diritto. Questo ha avuto come effetto pratico di avere situazioni di monopolio e di guadagno enorme che in passato non esistevano. Nel caso dell'inchiesta di Milite e Cantone accadde che il Consorzio acquistò per una cifra enorme e gonfiata (circa nove milioni di euro) attraverso fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tennero per se gli utili e scaricarono sul Consorzio le perdite. La politica ha tratto dal sistema dei consorzi 13.000 voti e 9 milioni di euro all'anno, mentre il fatturato dei clan è stato di 6 miliardi di euro in due anni. Ma guadagnano cifre immense anche i proprietari delle discariche come dimostra il caso di Cipriano Chianese, un avvocato imprenditore di un paesino, Parete, il suo feudo. Aveva gestito per anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti speciali dall'estero: da ogni parte d'Europa trasferiva rifiuti a Giugliano-Villaricca, trasporti irregolari senza aver mai avuto l'autorizzazione dalla Regione. Aveva però l'unica autorizzazione necessaria, quella della camorra. Accusato dai pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e Giuseppe Narducci di concorso esterno in associazione camorristica ed estorsione aggravata e continuata, è l'unico destinatario della misura cautelare firmata dal gip di Napoli. Al centro dell'inchiesta la gestione delle cave X e Z, discariche abusive di località Scafarea, a Giugliano, di proprietà della Resit ed acquisite dal Commissariato di governo durante l'emergenza rifiuti del 2003. Chianese - secondo le accuse - è uno di quegli imprenditori in grado di sfruttare l'emergenza e quindi riuscì con l'attività di smaltimento della sua Resit a fatturare al Commissariato straordinario un importo di oltre 35 milioni di euro, per il solo periodo compreso tra il 2001 e il 2003. Gli impianti utilizzati da Chianese avrebbero dovuto essere chiusi e bonificati. Invece sono divenute miniere in tempo di emergenza. Grazie all'amicizia con alcuni esponenti del clan dei Casalesi, hanno raccontato i collaboratori di giustizia, Chianese aveva acquistato a prezzi stracciati terreni e fabbricati di valore, aveva ottenuto l'appoggio elettorale nelle politiche del 1994 (candidato nelle liste di Forza Italia, non fu eletto) e il nulla osta allo smaltimento dei rifiuti sul territorio del clan. La Procura ha posto sotto sequestro preventivo i beni riconducibili all'avvocato-imprenditore di Parete: complessi turistici e discoteche a Formia e Gaeta oltre che di numerosi appartamenti tra Napoli e Caserta. L'emergenza di allora, la città colma di rifiuti, i cassonetti traboccanti, le proteste, i politici sotto elezione hanno trovato nella Resit con sede in località Tre Ponti, al confine tra Parete e Giugliano, la loro soluzione. Sullo smaltimento dei rifiuti in Campania ci guadagnano le imprese del nord-est. Come ha dimostrato l'operazione Houdini del 2004, il costo di mercato per smaltire correttamente i rifiuti tossici imponeva prezzi che andavano dai 21 centesimi a 62 centesimi al chilo. I clan fornivano lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi al chilo. I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800 tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di un'azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell'80% sui prezzi ordinari. Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la più grande montagna esistente ma sulla terra. Persino alla Moby Prince, il traghetto che prese fuoco e che nessuno voleva smaltire, i clan non hanno detto di no. Secondo Legambiente è stata smaltita nelle discariche del casertano, sezionata e lasciata marcire in campagne e discariche. In questo paese bisognerebbe far conoscere Biùtiful cauntri (scritto alla napoletana) un documentario di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero: vedere il veleno che da ogni angolo d'Italia è stato intombato a sud massacrando pecore e bufale e facendo uscire puzza di acido dal cuore delle pesche e delle mele annurche. Ma forse è in un altro paese che si conoscono i volti di chi ha avvelenato questa terra. E' in un altro paese che i nomi dei responsabili si conoscono eppure ciò non basta a renderli colpevoli. E' in un altro paese che la maggiore forza economica è il crimine organizzato eppure l'ossessione dell'informazione resta la politica che riempie il dibattito quotidiano di intenzioni polemiche, mentre i clan che distruggono e costruiscono il paese lo fanno senza che ci sia un reale contrasto da parte dell'informazione, troppo episodica, troppo distratta sui meccanismi. [an error occurred while processing this directive]Non è affatto la camorra ad aver innescato quest'emergenza. La camorra non ha piacere in creare emergenze, la camorra non ne ha bisogno, i suoi interessi e guadagni sui rifiuti come su tutto il resto li fa sempre, li fa comunque, col sole e con la pioggia, con l'emergenza e con l'apparente normalità, quando segue meglio i propri interessi e nessuno si interessa del suo territorio, quando il resto del paese gli affida i propri veleni per un costo imbattibile e crede di potersene lavare le mani e dormire sonni tranquilli. Quando si getta qualcosa nell'immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti. E dall'emergenza non si vuole e non si po' uscire perché è uno dei momenti in cui si guadagna di più. L'emergenza non è mai creata direttamente dai clan, ma il problema è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il ciclo dei rifiuti. Le discariche si esauriscono. Si è finto di non capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In discarica dovrebbe andare pochissimo, invece quando tutto viene smaltito lì, la discarica si intasa. Ciò che rende tragico tutto questo è che non sono questi i giorni ad essere compromessi, non sono le strade che oggi solo colpite delle "sacchette" di spazzatura a subire danno. Sono le nuove generazioni ad essere danneggiate. Il futuro stesso è compromesso. Chi nasce neanche potrà più tentare di cambiare quello che chi li ha preceduti non è riuscito a fermare e a mutare. L'80 per cento delle malformazioni fetali in più rispetto alla media nazionale avvengono in queste terre martoriate. Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l'eroe epico che strappa le braccia all'Orco che appestava la Danimarca: "Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla". Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla.

(5 gennaio 2008)

ROBERTO SAVIANO


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mercoledì 9 gennaio 2008

Le considerazione dell'ARCI di Vasto sull'ampliamento del porto

(Copiamo dal sito dei Barbari Vastesi e pubblichiamo)

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL’AMPLIAMENTO DEL PORTO DI VASTO RIMESSE A NOI DA PROFESSIONALITA’ LOCALI COSTRETTE A SVOLGERE IL PROPRIO LAVORO FUORI PROVINCIA. CON RICHIESTA DI PUBBLICAZIONE A TUTTI IN MODO DA POTER STIMOLARE UN DIBATTITO A PIU’ VOCI SULLA IMPORTANTE QUESTIONE.

PROBLEMATICHE DERIVANTI DAL NUOVO PROGETTO


porto.jpg


dati.jpg1.- Dragaggio delle acque interne.
L’elemento più importante del nuovo progetto è conoscere l’effettivo fondale che si vuole raggiungere all’ingresso del porto.
Da quanto possa capire dal disegno di cui sopra, sembra che nel progetto l’ingresso si sviluppi sulla batimetrica dei dieci metri. Da ciò si può dedurre che, oltre alla realizzazione del nuovo molo di levante e del prolungamento
del molo di ponente (ovvero una colossale diga foranea, necessaria affinché il molo opponente possa fronteggiare le mareggiate preminenti dal settore Nord-Est), bisogna opportunamente dragare la parte interna sia del vecchio porto, sia del nuovo.
Se la profondità delle acque interne la si vuole portare a 10 metri, da un mio veloce e molto approssimativo calcolo, si deve dragare minimo 300.000 metri cubi di substrato. Materiale che di solito contiene differenti agenti inquinanti (idrocarburi, metalli pesanti, etc.). Ebbene lo smaltimento di tale materiale da dragare, al 90% fanghiglia, rappresenta uno dei principali problemi ambientali derivanti dall’eventuale nuova costruzione.
Se invece si lascia l’attuale pescaggio della zona vecchia, l’attività di dragaggio della zona nuova diventa minima, pur presentando le stesse problematiche ambientali.

2.- Alterazione della fascia costiera
Ogni qualvolta si costruisce un manufatto nella fascia costiera si altera sia la biocenosi, sia la morfologia del litorale interessato. Infatti, ciò che viene riportato nella nota 1, al paragrafo 6.2 del Comunicato stampa, datato dic 07, rappresenta l’andamento standard lungo la costa adriatica. Tuttavia, bisogna non fare confusione su ciò che significa “corrente marina” (moto superficiale e di profondità delle acque oceaniche, caratterizzato da propria direzione ed intensità – in Adriatico ed in particolare in prossimità della costa italiana, l’intensità della corrente marina è inconsistente) e su ciò che si intende per “correnti litoranee” (correnti di masse acquee determinate dal moto ondoso). Queste ultime provocano mutamenti alla morfologia litorale.
Le correnti litoranee si generano al verificarsi di mareggiate, ossia quando una perturbazione meteorologica (fronte freddo o fronte caldo) va ad interessare il mare Adriatico. Nel caso specifico, le mareggiate preminenti, ossia quelle che per intensità influenzano l’andamento morfologico delle nostre coste provengono dal settore Nord-Est. (figura 1- dati riferiti alla boa ondametrica posizionata al largo di Ortona). Ciò significa che, nella maggior parte dei casi, la sabbia erosa dall’infrangersi dell’onda con il fondo, viene trasportata dalle correnti litoranee, nel nostro caso lungo la costa da nord verso sud. Questo è un fenomeno naturale, ed ogni qualvolta si realizzano opere costiere, i progettisti dovrebbero sempre porsi la risoluzione del problema della deriva litoranea, ovvero del trasporto litoraneo della sabbia.
Le modifiche della linea costiera osservate dopo la costruzione nel 1959, ovvero la formazione di una spiaggia a nord del molo opponente o le erosioni nella zona sud, rientrano nella norma. Di sicuro questi fenomeni continueranno ad essere osservati in futuro, sia con l’attuale struttura portuale, sia nell’eventualità della realizzazione del nuovo progetto, ma sempre in relazione alla tipologia del manufatto e alla sua posizione rispetto alla direzione e all’intensità delle mareggiate preminenti.
Si dovrebbe osservare, per un periodo minimo di due anni, la direzione e l’intensità del moto ondoso a livello locale con apposite boe di rilevazione (vedi boa ondametrica “Ortona”), per poi simulare l’effetto del moto ondoso rilevato sulla nuova costruzione e sulla costa. Purtroppo, sono molto scettico su tali simulazioni, anche perché di solito chi simula è il progettista oppure è un organo esterno che si mostra sempre favorevole alla realizzazione del progetto.
Infine, volutamente non ho menzionato il fenomeno delle maree, che invece compare nell’articolo: “A Vasto” –si leggeva su Il Centro del Febbraio 2006- “il mare ha ingoiato la spiaggetta antistante il monumento alla Bagnante. All’inizio sembrava un normale fenomeno stagionale di alta marea. Col passare del tempo, però, appare evidente che il problema è tutt’altro che transitorio…”.
Lungo la nostra costa l’intensità delle maree è talmente modesta, che il fenomeno può essere considerato trascurabile.

fig1.jpg

Il TRAFFICO MARITTIMO REGIONALE

1.- La questione “Autostrade del mare”
Un porto marittimo può rientrare nel progetto “autostrade del mare” se presenta dei requisiti specifici. Il requisito fondamentale è che il porto interessato deve presentare un interporto, ovvero una zona di stoccaggio merci con asserviti servizi operativi e logistici. Non necessariamente l’interporto deve essere all’interno del porto, tuttavia i porti regionali: Giulianova, Pescara, Ortona e Vasto; non hanno interporti. Questo è un dato di fatto, ma tale è l’appetibilità dei fondi messi a disposizione dai vari governi che si sono succeduti in questo ultimo quinquennio che stanno sorgendo lungo la penisola progetti su progetti, come punto quello della Modimar . Progetto che tende a colmare la carenza logistica raddoppiando le superfici portuali ed inserendo un fantomatico collegamento Ro-Ro. Argomento molto sentito a livello ministeriale, poiché sviluppa la tematica principe del progetto “autostrade del mare”, cioè ridurre il traffico su gomma nel territorio. Come se l’aumento del traffico marittimo sia esente da consumo di energia, produzione di CO2, inquinamento dell’aria e (elemento in più) del mare da idrocarburi, rifiuti, etc, etc.

2.- La questione “ previsioni di traffico”
Il porto di Vasto verrebbe ampliato per ricevere specificatamente traffico di navi Ro-Ro come asserito nel Master Plan: “…., il porto di Vasto è perfettamente in grado di svolgere il suo ruolo. “Le autostrade del mare non hanno fino a questo momento trovato spazio in Abruzzo […] soprattutto a causa della difficile situazione della portualità. Da questo punto di vista, tuttavia, i recenti investimenti programmati e in via di realizzazione aumentano notevolmente il potenziale dei due porti commerciali e rendono in particolare il porto di Vasto, con i suoi 65.000 mq di piazzali, competitivo e in grado di ospitare un collegamento ro-ro per tutto l’arco dell’anno.” (pagg. 131-132)”.
Prima di fare previsioni di traffico è bene chiarire cosa si intende per collegamento Ro-Ro.
Tecnicamente una nave Ro-Ro (roll off-roll on) sta per una unità capace di trasportare carichi su ruota (auto e autocarri o anche vagoni ferroviari). Un ferry (traghetto) moderno ormai lo si chiama Ro-Ro PAX, dove pax sta per i passeggeri, anch’essi trasportati.
La formula collegamento Ro-Ro sta a significare che nel porto di Vasto arriveranno via gomma dei TIR, sosterranno nei 65.000 mq di piazzale per imbarcare poi su una unità Ro-Ro proveniente da nord o da sud o da est, che a sua volta dovrà prima scaricare altri TIR che procederanno via gomma a nord o a sud o a ovest della penisola. Ecco perché ritengo che il concetto “autostrade del mare” è puramente illusorio, anzi in questo modo opportunamente strumentalizzato.
In estrema sintesi, visto il disegno del nuovo porto, in prima approssimazione stimo che potranno sostare giornalmente massimo un paio di navi Ro-Ro, trasportando ognuna circa un centinaio di TIR .
[illazione + sfogo] = Per le conseguenze, diciamo ambientali e socioeconomiche, potrebbe dare un valido parere la stessa Modimar, avendo collaborato con la Regione Abruzzo “Nell’Analisi di rischio morfologico e socioeconomico della fascia costiera abruzzese”, studio elaborato e stampato a cura della regione nel mese di settembre 2006, tipografia GTE- Fossa (AQ).

Cordiali Saluti
Arci Nuova Associazione Vasto
0873378493
www.arcivasto.it
info@arcivasto.it


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mercoledì 2 gennaio 2008

Antenne a Vasto. Lettera aperta al Dr. Fabio Smargiassi

(Copiamo dal Blog 1manifesto e pubblichiamo)

Lettera aperta al Sig. Presidente della Commissione “Assetto del Territorio” del Consiglio Comunale di Vasto –Dr. Fabio Smargiassi

Gent.mo Presidente Antenne: ”non si possono illudere le persone, né fare demagogia” ha affermato durante i lavori del C.C. del 29/12/2007, l’Assessore all’Urbanistica, Dr.ssa Suriani. Poi, mentre lei, Presidente, nel suo intervento anticipava di voler coinvolgere le Associazioni ed i Comitati di Quartiere in quanto portatori di “interessi diffusi” dei cittadini (facoltà, peraltro, riservatale dalla legge) si è udita un’altra affermazione “strabiliante” dai banchi del PD: “ è ora di dire BASTA A QUESTA DEMAGOGIA ASSOCIAZIONISTICA ! ”.
Come vede, Dr. Smargiassi, lustri fa si parlava di arroganza dei DEMOCRISTIANI, poi di quelli del CENTRO-DESTRA; nell’occasione, i presunti fautori del “CAMBIAMENTO” si sono superati, facendo TOMBOLA PIENA!
Questo comitato, interpretando il comune sentire dei comitati cittadini di Via Ciccarone e “Stella Maris” di Vasto Marina presenti, nonché in solidarietà di quelle Associazioni che si battono da una vita a tutela della salute delle persone, delle bellezze e del territorio della nostra stupenda città, nel prendere atto della sua fine sensibilità democratica ed istituzionale (che onora lei e la carica che ricopre), respinge al mittente le indelicate affermazioni di coloro i quali hanno già dimenticato che quei cartelli, quel tricolore simbolo della Costituzione (che compie in questi giorni 60 anni), quel lacero lenzuolo che ci onora, con la scritta “alberi si, antenne no”, campeggiavano intorno ai palchi elettorali di Forte e Lapenna e che non meno del 50% dei voti, lorsignori li hanno avuti grazie all’impegno della migliore “Società Civile” vastese. In simile contesto, diventa persino penoso che il sindaco in carica , il 13 giugno 2006 abbia potuto far scrivere su di un manifesto, la fatidica frase: “grazie a tutti, da oggi lavoreremo insieme per costruire il futuro”. Sappiamo come il “fumo di Londra” abbia poi avvolto gli intendimenti rivelatisi “virtuali”, del primo cittadino della Patria di Rossetti.
Ove lei, dunque, voglia mantenere fede a quanto espresso in C.C. (senza dare retta a chi non perdendo il vecchio e antistorico vizio dell’”egemonia”, vorrebbe impartirle ordini) sapremo dare ogni utile contributo per trovare una soluzione la più condivisa possibile, con rispetto dei cittadini e soprattutto per ridare lustro al Comune, affinché possa riprendere un minimo di governo del territorio, laddove i potenti della telefonia non possono continuare a spadroneggiare. Non si possono scaricare sui cittadini, errori e colpe che sono solo ed esclusivamente di chi si è avvicendato al governo della città, sul piano antenne (e non solo). Prima di parlare di demagogia è utile ricordare che negli anni 2005-2006, ben 6 Associazioni cittadine con (oggi, non sembra vero) primo firmatario, Peppino Forte, avevano rappresentato la gravità dei problemi(antenne, leucemie, abbandono di quartieri come ad es. il S.Paolo,ecc.) al Comune di Vasto, al Prefetto ed al Presidente della Repubblica. Insediatasi la nuova amministrazione, non solo Forte non ha risposto neanche a sè stesso (e non ha convocato il famoso C.C.straordinario sulle antenne sul quale tanto si era scontrato con i predecessori) ma nonostante ripetuti solleciti ad egli, al Sindaco, in primis e all’Assessore Suriani, fino a due settimane fa, oltre duemila cittadini, a mezzo di questo Comitato, non hanno potuto avere un rigo di risposta scritta, argomentata e motivata, soprattutto in merito all’indagine epidemiologica della ASL, a tutela preventiva della salute (essendo Vasto città “a rischio”dal 1994), ai dati delle emissioni elettromagnetiche rilevate dalle centraline (come annunciato in gennaio 2007), nonché sulle emissioni di polveri sottili), censimento antenne, intervento del Sindaco (su mandato del C.C. del 5 marzo 2007) sul Presidente della Regione, onde premere sul Governo Prodi per far dimezzare le emissioni elettromagnetiche, previo abrogazione del famigerato D.Lgs. “Gasparri”.
Che dire poi del famoso “incontro” dell’8 febbraio 2007. Torniamo a ripetere che non vi è stata nessuna concertazione, perché in quella riunione associazioni che hanno fatto la storia di Vasto, nel difendere il suo territorio, l’ambiente e la salute (firmatarie con noi e Peppino Forte, dei suddetti esposti) quali l’ARCI, L’APE, IL TRIBUNALE DEL MALATO-ITALIA NOSTRA e la stessa PORTA NUOVA, ed altre, non sono state neanche invitate. In quella sede non è stato concordato un bel nulla e la riprova è che avendo noi richiesto un verbale dell’evento, in Comune, tale documento non esiste. L’Assessore Suriani insistette (e Forte non si oppose, scrivendo, poi, sul suo sito internet che era stato “concordato”….) nel dire che il protocollo lo avevano firmato “quelli di prima” e che il Comune andava avanti (nonostante le promesse elettorali e dell’estate 2006).Infatti, pur assenti le predette Associazioni per mancato invito, in quella sede vi furono ben 5 interventi nettamente contrari, con gentile richiesta di elaborare un “nuovo regolamento antenne”, con avvertenza di ricorso, ove necessario, alla Procura della Repubblica, per difendere la salute dei cittadini, sia per l’antenna prevista nella pinetina di Via Pertini, che per quella presso la “bagnante” (entrambi SITI “SENSIBILI”), con l’aggiunta (relativamente a quest’ultima) del “deturpamento di bellezze naturali”, in luogo paesaggistico di pregio internazionale (art.734 c.p.), le cui cartoline arrivano fino al WEST AUSTRALIA. A fronte di una posizione pressoché astensionistica di qualche altro intervenuto, soltanto il rappresentante dell’Associazione “LA BAGNANTE” di Vasto Marina si espresse in favore dell’installazione nella pinetina in riva al mare, con addirittura “ringraziamenti” per l’amministrazione comunale. Sbalorditi, in quella sede, ci chiedemmo dove era finito il giovane rappresentante della stessa associazione (che aveva firmato con coraggio le sopraddette denunce, insieme a noi e Peppino Forte) visto che, di colpo, se ne presentò un altro, da noi mai visto in anni di riunioni del Comitato Cittadino.
Pertanto, ripristinata la “verità storica” e animati da “forte” senso di responsabilità, torniamo a dire che i comitati e le associazioni dei cittadini, caro Presidente, sono sempre stati (pur inascoltati) e sono disponibili per contribuire ad elaborare un nuovo e definitivo “regolamento antenne”, che possa essere il frutto di un’intesa, la più razionale e rispondente alle esigenze della città. A tal fine preferiamo non concludere noi questa missiva , ma affidandoci alle parole (documentate da 5 anni di vittorie a tutto campo, sia al TAR che al Consiglio Di Stato)del Vice Sindaco di Orsogna(4mila abitanti), Fabrizio Montepara: “queste grandi società, NON POSSONO VENIRE A CASA NOSTRA A FARLA DA PADRONI. DEVONO SEDERSI A UN TAVOLO PER DISCUTERE CON I RAPPRESENTANTI DEI CITTADINI. Questa sentenza (n.b. di poche settimane fa)- conferma la lungimiranza della decisione di elaborare un regolamento comunale per decidere dove installare gli impianti di telefonia mobile.
L’apposita commissione consiliare ha completato tutte le indagini e le misurazioni necessarie. Le compagnie di telefonia potranno allocare le antenne in appositi siti, INDIVIDUATI SULLA BASE DI ELEMENTI SCIENTIFICI DAI RAPPRESENTANTI DEI CITTADINI, in seguito al confronto con i gestori telefonici, e non unilateralmente da questi ultimi. Orsogna si conferma all’avanguardia sulle problematiche della telefonia mobile e sta facendo scuola anche a livello nazionale”.
Gentile Presidente, nel ringraziarla se vorrà avvalersi di tutte le prerogative di legge per risolvere il problema, ci pregiamo far osservare all’ Amministrazione attiva che questo testè citato è “CAMBIAMENTO”, non quello dell’”anno che verrà”…poiché il protocollo l’hanno firmato “quelli di prima!” Cordiali auguri di BUON ANNO.

- COMITATO “UN QUARTIERE PER VIVERE” - ZONA S. PAOLO - VASTO Antonio Colella

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domenica 16 dicembre 2007

G8, il commento di Haidi Giuliani

La sola cosa che riesco a pensare nitidamente adesso è questa: andare a costituirmi come correa dei manifestanti contro il G8 del luglio 2001 condannati con sentenza di primo grado. Andare a costituirmi a fianco dei compagni di mio figlio Carlo, ucciso.
Giro e rigiro nella mia mente questa sentenza d'un processo mosso dall'abnorme accusa di devastazione e saccheggio. Giro e rigiro le distinzioni operate dai giudici della Corte di Genova rispetto all'impianto d'accusa proposto dai magistrati inquirenti. Giro e rigiro i riconoscimenti delle responsabilità delle forze dell'ordine, nei fatti d'allora e nelle falsificazioni successive. Ma, girando e rigirando, non riesco a scrollarmi di dosso l'insopportabile sensazione di pesantezza che mi domina ora. Una sensazione di ingiustizia: sostanziale e irriducibile.
Non riesco a vedere, in quella così "comminata", altra giustizia che una giustizia incapace di giustificarsi se non prescindendo dall'insieme dei fatti - che è il motivo, il solo, per il quale ho sostenuto, sostegno e sosterrò la battaglia per la commissione d'inchiesta parlamentare, ad oggi silurata.
Vedo tutta la mancanza, pervicace, di comprensione di quel che è avvenuto davvero. Vedo l'ingiustizia ultima di non aver voluto almeno riconoscere a tutti gli imputati d'aver subito quella che il codice stesso definisce una «provocazione grave».
Per alcuni e non per altri è stata riconosciuta la validità dell'accusa di devastazione e saccheggio, che la Procura proponeva per tutti. Ma anche fosse stato per uno solo: come si può parlare di devastazione e saccheggio da parte dei manifestanti, quando le forze dell'ordine hanno compiuto devastazione di corpi e di diritti - e saccheggio di vite?
Conosco quasi tutti gli imputati. E, ripeto, pensando soprattutto a loro, non riesco a provare altro che un sentimento di enorme ingiustizia.
Vorrei sapere a quanto saranno condannati i responsabili delle morti di Torino, delle morti di quegli operai bruciati dal sistema di sfruttamento cieco che chi è sceso nelle strade di Genova il luglio di sette anni fa denunciava.
Vorrei sapere a quanto saranno condannati i responsabili della mancanza di sicurezza sul lavoro, in tutti i luoghi di lavoro, dove in una precarietà dilagante si rischia la vita ogni giorno, ogni notte.
Cosa andremo a dire, dopo questa sentenza, ai giovani che provano giustamente rabbia di fronte alle ingiustizie di una società nella quale ormai vale unicamente il dio denaro, il dio mercato?
Lo stesso dio che solo può sostenere questa bilancia: dieci anni per una vetrina rotta, zero per una testa rotta. Zero per una vita spezzata. Non potrò accettarlo mai.

Haidi Giuliani (da Liberazione del 15 dicembre 2007)


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