mercoledì 16 luglio 2008

Le conseguenze dell'arresto di Del Turco, oltre l'Abruzzo

Sono abruzzese e perciò non posso non percepire tutto il peso politico della vicenda che ha portato agli arresti, il presidente regionale Del Turco ed altri esponenti della giunta regionale, per presunte tangenti e sperpero di denaro pubblico, gestiti dall'interno di un sistema sanitario regionale che lo consente.
Non voglio parlare delle inefficenze del sistema sanitario, presumo pressochè simili ad altre realtà nazionali. Nè voglio dire di quanto ritengo deleterio per le sanità regionali il sistema di cartolarizzazioni, introdotto da Tremonti nel 1999 e che consente di fare affari speculando sulla sanità pubblica (quindi sulla salute dei cittadini). Un sistema che fa tanta acquolina, che pare che al banchetto abbiano partecipato esponenti del centrodestra e del centrosinistra.

Sarei tentato di unirmi al coro giustizialista, non fosse altro che Del Turco fino ad oggi ha assunto atteggiamenti simil-despotici (vedi, tanto per fare un esempio, la questione centro oli di Ortona). Ma non sono mai stato un forcaiolo e non comincerò ora. Credo che la magistratura, se verrà lasciata lavorare, saprà dare le giuste risposte. Per ora, Del Turco & co. sono "solo" accusati di avere contribuito pesantemente ed in maniera illegale a mandare la sanità abruzzese in bancarotta. Per ora, non sono colpevoli e non sono innocenti. E' perciò sbagliato avere atteggiamenti forcaioli. E' altrettanto sbagliato difendere nel merito gli indagati. Specie quando lo si fa per mantere posizioni di privilegio.

Ed invece il mondo politico, quasi senza distinzioni ed in misura maggiore con i maggiori partiti politici (PdL e PD), fanno a gara di solidarietà nei confronti di Del Turco e dei componenti della giunta regionale arrestati. Non si tratta di sola solidarietà umana (che in questo caso può anche starci), ma di solidarietà politica e di conseguenti accuse alla magistratura, per le misure assunte che si presumono eccessive.
L'occasione si è rilevata proprizia al Presidente del Consiglio ed ai suoi adepti, per muovere un nuovo attacco alla magistraura, e per chiamare l'opposizione ad unirsi al crociata contro i giudici che lavorerebbero con l'unico obiettivo di intervenire nel quadro politico.

Il livello dello scontro tra politica e magistraura rischia di alzarsi, in uno scenario nel quale l'attuale politica istituzionale vorrebbe relegare il potere giuridico entro confini ben definiti. A debita distanza dal potere politico che si vorrebbe fosse legittimato esclusivamente dal popolo, da cui ha ricevuto il mandato a governare e che perciò dovrebbe essere libero da qualsiasi intralcio.
Il rischio è quello di vedere il peso di un potere (quello esecutivo), non bilanciato da adeguati contrappesi, costituiti da altri poteri autonomi.

Al di là della caso giudiziario, che non voglio per ora di commentare, visto che le notizie si rincorrono tra dichiarazioni di diversa natura e senza che Del Turco sia stato nemmeno interrogato, credo che questa vicenda farà segnare un passo avanti nello scontro già in atto tra politica e magistraura, che ha già prodotto per ora oscenità legislative come il "lodo Alfano" ed il "blocca processi".
Il rischio è il tentativo, da parte di questo potere politico, di sferrare un duro colpo allo stato di diritto.

3 commenti:

il Russo 16 luglio 2008 alle ore 19:46  

Poche balle, il caso Abruzzo é devastante e la questione morale si riafferma prepotemente in tutti partiti realmente democratici (quindi gli elettori di berlusconi possono continuare a far dormire alla propria coscienza sonni tranquilli....)

Crocco1830 17 luglio 2008 alle ore 08:42  

@ il russo: certamente esiste una questione di moralità politica, da cui ormai non si può più prescindere, se si vuole cercare di salvare il salvabile.

Unknown 23 luglio 2008 alle ore 08:01  

Ciao, il tuo post è come al solito ben ragionato; incuriosito, l'ho letto solo ora, dal personaggio Del Turco, che ebbi modo di incontrare e scambiare con lui due o tre battute volanti in occasione di un congresso regionale della CGIL siciliana, (si preparava il congresso nazionale a Roma, per intenderci quando Lama lasciò a Pizzinato), e lo inquadrai come un convitato di pietra, per come si muoveva nei labirinti della politica della CGIL, allora. Oggi non cambia nulla, credo, nella sua tipologia di sindacalista, politico e socialista di vecchia "disinteressata" fama. Del Turco era (o è ancora) un potente, rotto ad ogni compromesso della tradizione; non mi meraviglia quindi che possa avere rotto anche la sua immagine interiore di convitato di pietra. Più che un dubbio è una certezza che il suo coinvolgimento nell'affair abruzzese ci sia tutto perché non è possibile slegare da lui la questione della solidarietà che dall'altra parte (berluscones e alleati) gli è stata approntata. Su una cosa i magistrati non lavoreranno mai: le apparenze. Per le prove ci vogliono indagini e confessioni. Ma i potenti in Italia non si confessano. Le apparenze invece vanno bene per la gente comune, quando però si sa osservare oltre le stesse, e non mi pare che le apparenze del personaggio, esiti di un comportamento, siano positive. Tutti vorremmo che il Del Turco sia innocente, ma speriamo, crudelmente che comunque qualcuno paghi il fio dei malsistemi sociali. La storia si ripete, purtroppo sempre, ovunque. Ciao, crocco.

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