Neocolonialismo dell'Eni
Nella puntata di Annozero del 6 marzo scorso, è andato in onda un reportage sul petrolio lucano. Più precisamente, sull'utilizzo che l'Eni ne sta facendo di quel petrolio.
In estrema sintesi, l'Eni è arrivata in Basilicata, ha trivellato il territorio con centinaia di pozzi per l'estrazione del prezioso minerale, ha impiantato a Viggiano un Centro oli, dove esegue la prima lavorazione del petrolio.
Per l'utilizzo di quel petrolio, l'Eni paga agli enti locali lucani, delle cosiddette royalties, cioè sborsa un tot per ogni barile estratto.
La Regione Basilicata, percepisce annualmente diversi milioni di euro dall'Eni, che ovviamente vanno a rimpinguare le casse regionali. Possono per questo ritenersi fortunati i lucani?
Viste le conseguenze di avere l'Eni in casa, la domanda assume la forma retorica e la risposta non può che essere: NO! Non sono affatto fortunati.
Diverse aree della Basilicata, risultano snaturate da trivellazioni che hanno irrimediabilmente danneggiato quei territori. Nei pressi di Viggiano, l'aria risulta praticamente irrespirabile, le emissioni prodotte dalla lavorazione del petrolio hanno contaminato i terreni circostanti e per questo, diverse famiglie hanno perso il proprio lavoro di contadini. Altre sono state costrette (o lo saranno a breve) a lasciare le proprie abitazioni, costruite con decenni di fatiche di lavoratori emigranti.
Intanto l'Eni continua industurbata le proprie attività, occupando nel proprio stabilimento non più di trenta persone, delle quali quasi nessuna del posto.
In estrema sintesi, l'Eni si è insediata in un territorio e ne sta succhiando le risorse. Altre possibili fonti di ricchezza, quali agricoltura, prodotti tipici, turismo, stanno lentamente venendo meno, a causa della distruzione del territorio. A fronte di tutto questo, gli enti locali della Basilicata, percepiscono dall'Eni il 7% dei proventi petroliferi. Inutile stare a valutare se quella è una percentuale alta o meno, perchè prima di tutto bisognerebbe stimare il valore di un territorio, al quale non credo possa essere assegnato un prezzo.
Tutto quanto stanno già vivendo gli amici lucani, è la prospettiva di un futuro che potrebbe toccare anche agli abruzzesi, se sulla costa di Ortona venisse realizzato un centro oli, praticamente identico a quello di Viggiano e sempre di proprietà Eni.
Anche alla regione Abruzzo spetterebbero delle royalties, ma anche in questo basterebbero a risarcire nemmeno una minima parte dello scippo di un territorio dall'elevato pregio naturalistico. Poi, quando tra quindici anni le riserve petrolifere abruzzesi saranno terminate, non resterà che un territorio ridotto ad un colabrodo, terreni contaminati, una costa distrutta ed una popolazione più povera ed ammalata (guarda questo "intervallo"). Mentre l'Eni avrà fatto grandi profitti.
Non so voi, ma io tutto questo lo chiamo colonialismo!
3 commenti:
ho visto la rabbia di quel vecchio emigrante, la sua disperazione... spero che la sua rabbia diventi presto quella di tutti noi... contro questi e altri vigliacchi!
un saluto notturno
E' stata l'immagine che più mi ha colpito. Sembrava racchiudere disperazione e orgoglio, rabbia e lotta. Insomma, la sintesi di un sentimento forte, di chi si vede scippare una terra.
Ciao!
Grazie per il commento.
Bruno.
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