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sabato 25 aprile 2009

... andate nelle montagne dove caddero i partigiani

La nostra Costituzione vive dei valori della Resistenza. E proprio la Costituzione repubblicana è in questo periodo messa in discussione, da un governo di destra che spinge verso l'autoritarismo contro la spirito democratico costituzionale. Una destra che tenta di accentrare i poteri, contro il decentramento democratico ribadito nella Costituzione. Una destra che divide gli uomoni e le donne in cittadini di serie A, cittadini di serie B e non cittadini, contro lo spirito costituzionale di uguaglianza degli esseri umani. Una destra che tenta di comprimere le libertà individuali, contro una Costituzione che pone la libertà come caposaldo della vita repubblicana. Una destra che si oppone alla dignità del lavoro e dei lavoratori, contro il primo articolo della Costituzione che mette il lavoro a fondamenta della Repubblica italiana.
Contro questa destra, per difendere i valori della Resistenza che vivono nella Costituzione, il mio augurio a tutti di buona Resistenza, lo faccio con le parole di Piero Calamandrei, che nel 1955 pronunciò questo discorso agli studenti milanesi...

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…

Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi.

In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane…
E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!
O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…

Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove fuorno impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.


Piero Calamandrei


Buon 25 Aprile resistente a tutti! Ne abbiamo bisogno.

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mercoledì 22 aprile 2009

Ci sarà, purtroppo

Ovviamente ci sarà, purtroppo. Berlusconi, come era evidente, ha colto l'assist di Franceschini e sarà presente a qualche celebrazione del 25 aprile. Sarà presente, ma dubito che commemorerà quella data. Ma sarà un "dettaglio" poco o niente evidenziato, c'è da scommeterci.
Si parlerà, il giorno dopo, dei fischi che Berlusconi avrà ricevuto o degli apprezzamenti che gli saranno rivolti. In ogni caso la sua immagine sarà rafforzata. E Franceschini, forse, a quel punto, avrà scoperto il pirla che è dentro di sè. Ma non lo ripuderirà. E qui cominceranno i problemi veri.

Perchè Franceschini, tutto il PD, le istituzioni all'unisono e tante, tante persone in genere, diranno che Berlusconi bene avrà fatto ad essere alle celebrazioni della Liberazione. Si dirà che sarà stato un suo dovere istituzionale. Senza considerare, che quel dovere istituzionale, senza una reale condivisione dei principi della Resistenza contenuti nella Carta costituzionale, rimane un dovere vuoto. Anzi, pieno di ipocrisia e di squallido populismo.

Sarà facile, allora, dare il via alla fase concreta di parificazione tra Resistenza e fascisti. Una parificazione mascherata di riconciliazione, ma di fatto una messa in discussione dei valori della Resistenza che da troppo tempo vengono dichiarati vecchi. E di conseguenza vecchia è definita la Costituzione, vecchi i suoi principi ispiratori, vecchio il suo contenuto che porrebbe, secondo i suoi detrattori, troppi lacci allo sviluppo. Da quel punto in poi, frenare la deriva autoritaria di questa destra post-fascista diverrebbe davvero difficile.

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venerdì 25 aprile 2008

buon 25 aprile Partigiano





“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”
.


Antonio Gramsci
11 febbraio 1917

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giovedì 24 aprile 2008

Dobbiamo continuare a fare Resistenza

Domani è 25 aprile e si celebra la Festa della Liberazione. La liberazione dell'Italia dall'invasore nazista e dalla dittatura fascista.
Sul 25 aprile si potrebbero scrivere tante parole. E si potrebbe scrivere in maniera commemorativa, emozionata, storica. Ho pensato di scrivere su questa festa iniziando con consiglio, dato non proprio nella forma espressiva del "dolce stil novo", ma comunque spesso efficace nel messaggio: vaffanculo!
Consiglio di andare a quel paese, con biglietto di sola andata, a Gustavo Selva, senatore uscente del PdL, che propone «l'abolizione della festa nazionale del 25 aprile», perchè secondo Selva «per la retorica e i falsi che sono stati fatti, viene attribuito alla Resistenza e alla vittoria dei partigiani un merito che non c'è stato».
Non c'è stato forse secondo Selva, il sacrificio di tanti giovani, dai comunisti ai gruppi cattolici, che uniti combatterono per liberare l'Italia dalla dittatura fascista. Forse secondo Selva e quelli come lui, il 25 aprile 1945 non fù il culmine dell'insurrezione della parte migliore del popolo italiano. Oppure Selva e compari, non credono nei meriti della Resistenza, nella costruzione della Repubblica democratica italiana. O forse rimpiange un periodo nero, da cui l'Italia si potè liberare solo grazie al sacrificio di tante persone, di diversa estrazione politica, riuniti nell'unico nome di partigiani, grazie ai quali anche Selva può in piena libertà, gettare fango sul sacrificio dei partigiani e disprezzare la memoria dell'Italia repubblicana.
Una memoria che da diverso tempo è attaccata da questa destra a cui l'Italia è stata consegnata. E più passa il tempo, maggiori e più espliciti si fanno le dichiarazioni contro la Resistenza ed i suoi valori. Il prossimo presidente del consiglio italiano, è quello che anche lo scorso anno si rifiutò di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile, dichiarando di non avervi mai partecipato. Dell'Utri prima delle elezioni era tornato a parlare di revisione dei libri di storia, perchè vi vengono riconosciuti i valori della resistenza. Il sindaco di Alghero che vorrebbe impedire di suonare Bella Ciao durante le celebrazioni. Ora questa nuova dichiarazione di Selva.
E' la natura antifascista della Repubblica italiana che si vorrebbe fare dimenticare. Perchè è proprio per la natura antifascista della nostra democrazia, che possiamo oggi continuare a sperare in un Paese che sappia mettere la persona umana al centro della propria azione, riaffermando i valori della solidarietà, della giustizia, della libertà, del totale rifiuto della guerra.
Attentando alla memoria dell'Italia repubblicana come fondata sull'esperienza della Resistenza contro il fascismo, è a quei valori che si vuole mettere mano. Valori a cui ogni democrazia realmente compiuta dovrebbe fare riferimento. E per cui dobbiamo continuare a fare Resistenza.

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