venerdì 18 gennaio 2008

Sul caso Mastella, Montesquieu avrebbe di che parlare.

"Mi dimetto per essere più libero politicamente e umanamente, perché tra l'amore per la mia famiglia e il potere scelgo il primo". Un applauso a Mastella per questa sua affermazione, a cui è poi seguita la sua dimissione. Un applauso perchè almeno, ha avuto il merito di compiere un gesto che in Italia non si vede compiere così di frequente. D'altronde il nostro Parlamento è pieno di condannati ed inquisiti. E non solo il Parlamento. Viviamo di una politica malata, usata spesso a scopo personale, anche in luoghi minori, dal punto di vista della gerarchia istituzionale, a quello parlamentare.
Tanto malata questa nostra politica, che ha il coraggio di applaudire quasi all'unisono l'ex ministro della Giustizia, quando attaccando frontalmente la magistratura parla di "frange oltranziste" che avrebbero praticato nei confronti del Guardasigilli una "autentica persecuzione", dato che sarebbe stato "percepito da frange estremiste come un avversario da contrastare, se non un nemico da abbattere".
E così, se secondo Berlusconi "è successa una cosa di una gravità inaudita", che con tutta l'opposizione parla di attacchi mirati, dalla maggioranza si era invitato Mastella a restare per proseguire il proprio lavoro.
Senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, che deve proseguire e da cui si verificheranno le reali responsabilità di quanti sono indagati, ciò che davvero dovrebbe fare riflettere è la capacità di indignazione della classe politica. Indignazione e solidarietà (seppure qualcuno a tenuto a precisare che si tratta di solidarietà umana) che come detto sono arrivate quasi unanimi.
Stiamo parlando della stessa politica, che non trova parole di indignazione per le incivili condizioni in cui versano extracomunitari (quelli poveri) nei CPT. Extracomunitari (poveri) non agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione per delinquere (come Sandra Leonardo Mastella), ma rinchiusi in veri e propri carceri per reati amministrativi, per i quali ti immagini di dover al più pagare una contravvenzione.
Questa classe politica, che oggi trova parole di umana solidarietà per Mastella indagato per tentata concussione, non si è invece mai sentita vicina alle famiglie dei morti ammazzati nei luoghi di lavoro, che non riescono ad ottenere giustizia spesso grazie alla prescrizione dei reati.
Questa classe politica è capace di indignarsi per l'accusa mossa da un magistrato nei confronti di un Ministro della Giustizia, ma si trova d'accordo a condannare all'espulsione immigrati, per presunte colpe di censo.
Ma come può la politica permettersi di attaccare, non un singolo magistrato, ma l'intero ordine giudiziario, provocando uno scontro tra poteri dello Stato che una sana democrazia non dovrebbe consentire? Proprio cavalcando quelle stesse ingiustizie che ha prodotto. Facendosi forte della lentezza della macchina giudiziaria che la stessa politica non vuole si risolva, tanto per fare un esempio. O ancora parlando di una giustizia che in Italia non farebbe il proprio dovere, citando dati spesso falsati o letti come più fanno comodo, per dire che la giustizia italiana mette fuori i delinquenti (e tanti dentro le istituzioni), dimenticando di dire che magistrati e giudici e avvocati, non possono fare altro che applicare le norme che la politica ha emanato. Eppoi ci sarebbero - non da oggi - le toghe rosse, i pubblici ministeri che vorrebbero sovvertire l'ordine democratico, i giudici non compatibili con l'ambiente in cui devono operare o magistrati che non rispetterebbero le regole burocratiche o i giusti iter procedimentali. Nel Paese si è perciò creato ad arte, un clima spesso di sfiducia nei confronti della giustizia, che oggi permette alla politica la presunzione di poter subordinare al proprio volere, quanti lavorano all'interno della macchina giudiziaria. Ma giudici, magistrati e avvocati sono parte di un potere dello Stato che dovrebbe essere subordinato soltanto alla legge ed invece la politica, che detiene i poteri legislativi ed esecutivi, continua a sferrare attacchi al potere giudiziaro, fino a volerlo vedere svuotato delle proprie prerogative, almeno quando queste possono intaccare certi privilegi.
Montesquieu avrebbe di che parlare.

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