mercoledì 6 febbraio 2008

Aborto e falsa morale

C'è un gran dibattere in questi giorni, sul documento firmato dai direttori delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia delle quattro facoltà di Medicina delle università romane: La Sapienza, Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico.
Nel documento testualmente si legge: "Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente". Infatti, dicono i medici firmatari del documento "con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e, quindi, all'assistenza sanitaria". Perciò, nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un'interruzione di gravidanza, il neonatologo deve intervenire per rianimarlo, "anche se la madre è contraria, perché prevale l'interesse del neonato".
"L'attività rianimatoria esercitata alla nascita - si legge ancora nel testo - dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza, e permette di discutere il caso con il personale dell'Unità ed i genitori". Potrei essere d'accordo ...

D'altronde la stessa Legge 194, che condivido pienamente negli scopi che il legislatore ha voluto darle dice, all'art. 7: "Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto".
Mi pare a questo punto abbastanza ovvio il concetto che il legislatore ha voluto esprimere: se il feto ha vita autonoma, questo acquisto i proprio diritto a vivere. E con la vita autonoma e con il proprio diritto alla vita, acquisisce direi anche tutti i diritti individuali, propri di ogni persona. In poche parole, fintanto che il feto è dipendente dal corpo della donna, a questo è legato dal cordone ombelicale, la donna ha diritto di decidere del proprio corpo e di quanto a questo dipende. Ma nel momento in cui una nuova vita si stacca dal grembo materno e da questo non dipende più, la donna non ha diritto di scelta sulla nuova vita. Mi pare sensato. A quel punto, la decisione della donna non sarà più sul portare a termire una gravidanza, ma sceglierà se cominciare una vita di maternità.
Non mi pare che siano andati oltre i neonatologi firmatari del documento citato sopra. Cosa c'è che non va allora in quel documento? Dal mio punto di vista, ciò che proprio non va e non può andare, è la strumentalizzazione che ne viene fatto da più parti. Strumentalizzazioni tese alla modifica della Legge 194, nel senso di una moralità clericale che prescinda dalla volontà, in ogni momento, della donna.
L'Udeur, per bocca di Wanda Ciaraldi, ritiene che non è "pensabile che a tanti anni di distanza la 194 debba essere considerata intoccabile". Forse peggio della Ciaraldi è Alfredo Mantovano di AN secondo il quale il documento dei medici conferma che "la scienza è al servizio della vita" e perciò plaude ai docenti e alla loro difesa della vita, che secondo lo stesso Mantovano confermano "che l'università italiana non è assimilabile alle poche decine di professori che hanno protestato per la visita del Papa alla Sapienza, e che la scienza è capace di porsi al servizio dell'uomo quando aderisce al dato di realtà". Come a dire che ci sono scienziati contro la vita? E chi sarebbero, chi pratica giustamente e nella piena legalità l'aborto? Oppure le donne che decidono di sottoporsi ad un intervento per interrompere la gravidanza?
E' facilmente comprensibile, quindi, l'abuso fatto in certi ambienti del documento dei neonatologi delle università romane.
Sembra proprio che se un dibattito sull'aborto deve esserci, questo non possa essere fatto con la dovuta serietà. Ancora meno ora, che è iniziata la campagna elettorale (anche se solo ufficiosamente) e si sa, questo è un tema che può produrre consensi. L'argomento aborto sono certo che verrà utilizzato come un votificio, così come l'argomento "diritti del nascituro". Nè parlavo prima e dicevo che staccandosi dal grembo materno, acquisisce il proprio diritto alla vita e con esso ogni diritto che attiene all'individuo. Tra questi esiste il diritto alla salute. "Rianimare un prematuro estremo significa voler vincere a tutti i costi sulla natura", dice giustamente Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina fetale), visto che "a quell'età il sistema nervoso centrale del feto non è formato, così come i polmoni, e chi riesce a sopravvivere riporta danni neurologici serissimi".
Mi chiedo se sia giusto, per un assoluto diritto alla vita, condannare un essere umano ad una drammatica e sofferta esistenza, seppure breve come generalmente avviene per un bambino nato pressochè a metà del periodo naturale di gestazione.
Quando pure riuscisse a sopravvivere in quelle condizioni, si sarebbe intervenuti per farlo sopravvivere, anche contro il volere della madre, perchè dal suo corpo si è staccato, ma lo si costringerebbe quasi certamente ad una vita legata ad altri corpi che dovranno accudirlo, perchè non avrebbe possibilità di sopravvivenza autonoma. Insomma, perchè staccatosi vivo dal corpo materno, lo si costringerebbe poi a vivere tutta la sua esistenza legato allo stesso corpo della madre (se questa decidesse di vivere la maternità) o a quello di altri.
Dov'è l'agire morale in tutto questo? Costringere un essere umano ad vita attaccato a delle macchine ed alla assunzione di farmaci al fine di sostenere artificialmente le funzioni vitali, perchè per una qualche morale si è dovuto rianimarlo quando chiaramente non avrebbe potuto vivere una vita autonoma, non è forse accanimento terapeutico? E l'accanicamento terapeutico, non va forse contro il normale decorso naturale della vita?

Non sarebbe ora di risolvere qualche contraddizione che razionalmente emerge, ma che per una presunta superiorità di certa morale religiosa non viene (non deve) essere notata?

2 commenti:

Anonimo,  7 febbraio 2008 alle ore 22:21  

Immaginati un paese dove i feti malformati vengono abortiti!Secondo associazioni cattoliche alla notizia di un feto malformato o portatore di handycap,oltre il 90% delle coppie sceglie di abortire,quindi,la soluzione per tutte quelle belle istituzioni private di assistenza alla persona,casualmente in italia quasi esclusivamente di proprietà della chiesa,come le riempiamo di giovani handicappati,ritardati.Perché questi signori,vogliono rianimare anche feti sotto le 25 settimane ,praticamente una fabbrica di Handycappati.Tutte queste cooperative come le portiamo avanti senza queste persone?
Perché tutelano la vita di queste persone che poi non si possono sposare o fare figli?Chi é più ipocrita?Queste persone hanno una vita?Quale é la qualità della vita di persone rinchiuse in un'istituto?Chi ha un comportamento Nazista?Perché questi sono i termini usati dagli antiabortisti!Questi sono i loro argomenti,per difendere vite di schiavitù,perché a loro servono Schiavi.Scusami per lo sfogo.Ciao

Crocco1830 8 febbraio 2008 alle ore 06:59  

Sono d'accordo con te Poldo. E' un po' questo il senso di quello che volevo dire.
Cercare sempre di rianimare un feto estremamente prematuro, seppure dovesse consentirgli di vivere, LO CONDANNEREBBE ALLA VITA!.

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