domenica 6 gennaio 2008

Omicidi sul lavoro. Confindustria trasfigura e minimizza i dati.

Poco tempo fa ed a seguito della strage torinese delle ThyssenKrupp, nella quale persero la vita sette lavoratori, il vicepresidente Bombassei è tornato alla carica con i suoi pseudo-dati sulle morti sul lavoro.
Già lo scorso gennaio 2007, il rappresente di Confindustria Giorgio Usai, intervenendo all'assemblea dei delegati CGIL, CISL e UIL a Roma, relativamente agli infortuni sul lavoro occorsi nel 2006, invitava a non flagelarsi, poichè - secondo l'esponente industriale - si stava "facendo un buon lavoro" visto che "più della metà degli infortuni mortali avviene sulle strade, come nei grnadi week-end o durante gli esodi per le vacanze".
Quello degli incidenti stradali deve essere un vero e proprio assillo per questi industriali, visto che il 20 dicembre scorso, sull'argomento morti sul lavoro ci è tornato il vicepresidente di Confindustria Bombassei, grosso modo con gli stessi termini.
Secondo Bombassei "c'è chi strumentalizza tragedie come quelle di Torino" dato che "delle vittime sul lavoro italiane, circa il 50% muoiono fuori dalla fabbrica, per incidenti stradali che si verificano mentre raggiungono il posto di lavoro". Sempre a parere di Bombassei, se dal conteggio delle morti sul lavoro si eliminassero quelli dovuti ad incidenti stradali, il numero delle vittime sul lavoro in Italia, sarebbe inferiore a quello tedesco. Beh ... cosa dire. Forse che i lavoratori sono oggi più astuti? Prima si parlava di incidenti stradali nei week-end e negli esodi estivi, ora solo di percorso per raggiungere il posto di lavoro. Immagino il pensiero confindustriale, che grosso modo potrebbe essere: "Cosa non farebbero questi lavoratori, campioni di assenteismo e fannulloneria, pur di evitare qualche giorno di lavoro" (sic!).

Ai fuorvianti dati evidenziati dal vicepresidente di Confindustria, hanno risposto molto lucidamente e dettagliatamente Emiliano Brancaccio e Domenico Suppa dell'Università del Sannio, che dalle colonne di Liberazione, fanno notare innanzitutto che gli incidenti durante il percorso stradale per recarsi sul posto di lavoro incidono non del 50% - come riferito da Bombassei - ma meno del 30%. Ed anche che, seppure dal conteggio si sottraessero quegli incidenti, l'Italia registrerebbe comunque un numero di morti sul lavoro maggiore della Germania di oltre il 10%. Questo in termini di numeri assoluti.
Se il confronto Italia-Germania fosse espresso in rapporto a popolazione, occupazione e valore aggiunto, i numeri penalizzerebbero ancora di più il nostro Paese, con indici di mortalità sul lavoro, doppi rispetto allo stato tedesco. Infatti, secondo l'elaborazione fatta dai due professori dell'Università del Sannio, in rapporto alla popolazione espressa in centinaia di migliaia, si registrano in Italia 1,62 morti sul lavoro, contro lo 0,97 della Germania. Se il dato delle morti sul lavoro si rapporta con il numero di occupati, espressi sempre in centinaia di migliaia, si rileva che
in Italia il numero delle vittime è pari a 4,21 mentre in Germania si ferma a 2,24. Ma il dato più importante, che rende l'idea di come in Italia si faccia profitto sulla pelle di chi lavora, è quello che mette in rapporto le vittime con l'unità di prodotto. Emiliano Brancaccio e Domenico Suppa, ci fanno sapere che il rapporto tra omicidi sul lavoro e PIL espresso in milardi di euro è pari in Italia a 0,68 contro lo 0,36 della Germania.


Non possono essere sfuggiti questi dati a Bombassei e Confindustria. Il solo fatto di trasfigurare dati oggettivi al fine di ridimensionare le tragedie quotidiane degli omicidi sul lavoro, rende Confindutria ancora più complice di un sistema che gi
à in questi primi cinque giorni dell'anno, ha prodotto (fonte articolo21.info):

16 morti; 16622 infortuni; 415 invalidi.

(immagine tratta da: www.cadutisullavoro.it)

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