giovedì 7 febbraio 2008

Veltrusconi vs politica

Il PD di Walter Veltroni correva già da solo. Lo disse il leader dei democratici, già qualche tempo fa: "Quale che sia il sistema elettorale, o il testo Bianco o il referendum, o l'attuale legge elettorale, voglio dire con chiarezza che il Pd si presenterà con le liste del Partito democratico." Sostanzialmente, Veltroni ha voluto un lanciare segnale agli elettori, quello dell'apparente semplificazione delle scelte. Un partito, con un leader. Da contrapporre ad un altro partito, con un altro leader. Tanto che non si era fermato ad affermare la propria volontà di far correre il PD da solo, ma aveva contestualmente lanciato la sfida a Silvio Berlusconi: "se Forza Italia avesse il coraggio di fare altrettanto (correre da sola n.d.r.) sarebbe un'enorme conquista per la democrazia italiana".
Berlusconi non pareva aver accettato la sfida, non avrebbe abboccato all'amo di Veltroni, per dirla con Schifani. Ora, sembra che il leader della Casa della Libertà (o come si chiamerà), abbia l'intenzione, la voglia, di correre da solo. Si pensa addirittura ad un simbolo, con scritto qualcosa del tipo "per Berlusconi" o giù di lì.

Magari si raggrupperanno, sotto quel simbolo, diversi partiti. Ma tutti a correre per il padrone Berlusconi.
Ad ogni modo lo si poteva intuire, se non proprio che Berlusconi avrebbe accettato la sfida di Veltroni (che ancora non è certa), quanto meno si poteva immaginare un tormento interno del padrone della CdL. Lui, cavaliere orgoglioso, non può mestamente tirarsi indietro al guanto di sfida lanciatogli dal suo avversario diretto. E che cribbio! Tutto ridotto alla sfida tra due contendenti.
Tutto questo fa prefigurare una campagna elettorale che non saprà basarsi su programmi. Al massimo immagino slogan che sempre più assomigliano a spot pubblicitari, che facilmente si potrebbero confondere con quelli di un dentifricio.
D'altronde, sono anni che la politica tende al leaderismo, alla personificazione delle scelte, all'autoreferenzialità. Le sfide politiche sono ridotte alla sfida di due persone, non di due o più programmi. E questi ultimi sono ridotti a slogan pubblicitari che potrebbero benissimo essere commissionati a qualunque nota agenzia, che lavorerebbe proprio come se dovesse lanciare sul mercato un nuovo prodotto. Studi di marketing capteranno i segnali provenienti dalle persone, che saranno tradotti in slogan elettorali e venduti agli elettori. Anzi, forse è già così.
Cosa rimarrebbe di una sfida elettorale? Solo un vincitore che avrà sbaragliato la concorrenza. Un menager di partito che avrà meglio venduto il suo prodotto che, badate bene, è molto simile a quello venduto dal concorrente, solo che l'avrà saputo vendere meglio. Merito dei desiger che hanno saputo dare una linea accattivante al prodotto, dei colori scelti o delle strategie di marketing poco importa. Ciò che conta è di essere per un po' di tempo (almeno cinque anni), il centro di gravità dell'oligopolio politico.
La politica non è perciò come dovrebbe essere: "totalizzante". Nel senso che dovrebbe comprendere i modi di vita del cittadino e di questo nella società. La politica dovrebbe essere la scelta di come voglio vivere. Ed alle urne, dovrebbe essere data l'opportunità di poter scegliere consapevolmente, il modello di società nel quale aspirare a vivere. In parole povere, la politica dovrebbe essere la scelta di come vivere, non di come votare.
Ma questo, presuppone che a confrontarsi in politica non siano due leader di schieramenti assecondati ai loro capi, che si lanciano sfide a distanza ed aventualmente si raccolgono per orgoglio personale ferito.
Solo allontanandosi dal leaderismo, si potrà cominciare a restituire alla politica la propria dignità ed alle persone il loro status di cittadini, anzichè di semplici elettori-consumatori. La terapia a questo male politico può essere solo una partecipazione di massa, consapevole e critica, nelle scelte politiche.
L'unica vera sfida politica oggi, che possa vantare contenuti reali e distinguibili, sarebbe quella del modello Veltrusconi Vs un modello di politica dal basso.

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