lunedì 25 febbraio 2008

Una società con etica religiosa è una società escludente

Meravigliato forse non dovrei esserlo, perchè quelle che sto per commentare in questo post, sono frasi che si sentono ripetere da molto tempo. Ma è bene non farci l'abitudine, con il rischio conseguente di ritrovarsi ad accettare passivamente certe affermazioni.
Sono rimasto perciò sbalordito dalle parole di Pier Giorgio Liverani, pubblicate a pagina 33 dell'Avvenire di domenica, nella sua rubrica Controspampa.
Il titolo della rubrica di domenica è la società letale ed è tutto un programma di quanto Liverani ha riportato nell'articolo.
C'è poco da interpretare, tanto l'articolo è esplicito e diretto. Riporto testualmente alcuni passaggi.

«In una società laicista l’umanitarismo è un optional: ci si ferma al neminem lædere (non ledere nessuno) dell’antica Roma pagana. In una società cristiana la caritas è l’anima e il fine del vivere insieme. In una laicista vigono, invece, i cosiddetti "diritti civili" (virgolettato nel testo, n.d.r.) (aborto, divorzio, droga, fecondazione artificiale, embrioni come farmaci, omosessualità normalizzata, eutanasia...) e nessuno è tenuto a interessarsi, per esempio, di chi si droga se non per la paura della criminalità. Si capisce allora che in una società laica, come dice in antilingua il citato 'Manifesto' (di bioetica laica, n.d.r.), «la gravidanza può essere interrotta per salvaguardare la salute del nascituro» e, ugualmente, «la salute del nascituro è salvaguardata con la diagnosi preimpianto». Cioè, tradotto in italiano, per guarire il malato basta applicare la salva­guardia laica. Peccato che sia letale.»

In questi passaggi, si vorrebbe evidenziare l'esistenza di una etica religiosa - anzi di più - cristiana, dalla quale non si può prescindere, se non considerando il pericolo di una società egoista. Liverani, vorrebbe affermare che senza un'etica fondata sulla religione cristiana, si andrebbe incontro ad una società atomizzata, dove ognuno pensa per sè, privando la società di regole di convivenza e mancando in questo caso, secondo questa visione, la coesione sociale. Si vorrebbe far derivare da questo ragionamento, almeno per come personalmente lo leggo, che da una società fondata su un'etica laica, si produrrebbe una spinta verso la solitudine, la criminalità, il disagio ed ogni male che l'uomo ha imparato a produrre.
Volendo guardare alle evidenze oggettive, non si riscontrano tracce a sostegno di questa tesi. Basta prendere in considerazione il rapporto del 2005 sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, dal quale emerge che le società meno religiose sono anche quelle dove le stime su aspettativa di vita, livello di istruzione, guadagno pro capite, uguaglianza tra i sessi, tasso di omicidi e mortalità infantile, sono migliori. Mentre sono società saldate sulla religione, quelle delle 50 nazioni oggi classificate nei posti più bassi dalle Nazioni Unite in termini di sviluppo umano. sarebbe da indagare quale sia l'effetto e quale la causa, è vero. Ma tanto basta per evidenziare quanto povera di fondamenti oggettivi sia la tesi di Liverani.

Ma volendo rimanere sull'aspetto etico, io credo che regole di vita e di convivenza quali: rispetto, onestà, giustizia, solidarietà, siano insite nella natura umana. Nessuno approva naturalmente l'omicidio, come nessuno accetta il furto o considera giusta la povertà.
Penso di poter dire anche, che un'etica fondata sulla religione, costringe chi la segue a comportamenti obbligati da specifici precetti, basati su dogmi che difficilmente potranno essere soggetti a cambiamenti. La staticità a cui sarebbe obbligata un'etica cattolica, non consentirebbe un adeguamento della stessa ai mutamenti costanti a cui è naturalmente soggetta la società, rivelandosi così, l'etica religiosa, indaguata a guidare i comportamenti sociali.
Quanto sopra contrariamente a quanto avviene invece, per una società che fonda la sua etica su basi laiche, dove l'individuo costruisce liberamente i propri comportamenti, anche sulla base dei cambiamenti sociali. Perciò il singolo si rapporta dinamicamente con la società in cui vive e guarda agli altri modelli sociali, come esperienze con le quali confrontarsi sullo stesso piano, senza presunzioni di superiorità dettate da dogmi irremovibili.

Una società cristiana sarebbe costretta a muoversi entro criteri ben definiti dall'etica religiosa, assunti a verità assolute e che perciò si vorrebbero imposti anche a chi quei criteri non condivide, realizzando di conseguenza una società escludente.

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