lunedì 4 febbraio 2008

Cip6: un affare per le lobby

Come mai mentre in Europa una grossa fetta del fabbisogno di energia elettrica, è soddisfatta da produzioni attraverso l'utilizzo di fonti rinnovabili, in Italia tali produzioni non riescono davvero a decollare?
In Italia, infatti, solo il 16% del fabbisogno nazionale di energia elettrica è prodotta attraverso fonti, per così dire rinnovabili. Perchè quel "per così dire"? Perchè in realtà, di quel 16%, meno di un terzo deriva da fonti realmente rinnovabili, quali eolico o fotovoltaico. I restanti oltre due terzi, derivano da fonti cosiddette assimilate. Senza contare che, seppure tra le fonti rinnovabili italiane sono incluse quelle assimiliate, dal 1997 ad oggi nel nostro Paese si è vista ridotta dell'1% la quota di energia elettrica prodotta con queste fonti, mentre l'Unione Europea pone il lontano obiettivo, per il 2010, del 22%. Al momento certamente ambizioso per l'Italia.
D'altronde, l'arretratezza dell'Italia in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, è evidente dai dati rappresentati qui sotto.



Ma, appunto, ci si chiedeva come mai di questa condizione italiana. Probabilmente una risposta è possibile trovarla, proprio entrando nel merito dei finanziamenti che sono stati destinati alle fonti assimilate, attraverso i Cip6. Finanziamenti, è bene ricordarlo, che sono garantiti dalla voce tariffaria A3, presente in ogni bolletta per consumi di energia elettrica degli italiani.
Gli aiuti e gli incentivi finanziati attraverso i Cip6, ammontano a circa 37 miliardi di euro, da erogare in dieci anni fino al 2017, nella misura di 3,7 miliardi di euro all'anno. Certamente una cifra appetibile, soprattutto per quanti traggono grossi guadagni da produzioni di energia attraverso fonti tutt'altro che rinnovabili e pulite. Oltre a petrolieri e diversi produttori di energia elettrica che utilizzano quale fonte produttiva idrocarburi vari, questi finanziamenti vanno ad ingrassare anche il business dei termovalorizzatori. Cancrifici, questi ultimi, che oltre ad essere appunto estremamente dannosi per l'ambiente e la salute umana, non forniscono nemmeno un giustificato ritorno economico. Su questo ritorniamo più in là.
Intanto, per cercare di dare una risposta alla domanda iniziale, si guardi la tabella qui sotto, per capire chi in questi ultimi anni si è avvantaggiato dei finanziamenti erogati attraverso i Cip6. Si noterà che le percentuali maggiori sono state destinate ai produttori di energia elettrica da fonti assimilate, che altro non sono che petrolieri e affini.

Come poteva svilupparsi, in queste condizioni, una rete di produzione e distribuzione di energia elettrica da fonti realmente rinnovabili e pulite? Semplicemente non poteva, visto che dei 6,2 miliardi di euro dei costi per il ritiro dell'energia elettrica prodotta, 1,8 miliardi (il 29%) sono andati alle 393 microconcessioni per fonti rinnovabili e 4,4 miliardi di euro (il 71%) si sono concentrati nelle mani delle 53 megaconcessioni per le fonti assimilate.
Si capisce bene, allora, quale potere economico e politico abbiano potuto accumulare i signori dell'energia assimilabile. Esempio lampante della manifastazione del potere accumulato nelle mani di queste lobby, è l'ultimo provvedimento di Prodi in materia di Cip6. Tanto forte è la concentrazione di potere nelle loro mani, da indurre il presidente del consiglio uscente Prodi, ad emettre un'ordinanza urgente di protezione civile, "per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania". Nella stessa ordinanza di dispone che "gli impianti di termodistruzione o di gassificazione che saranno realizzati nei comuni di Acerra, Santa Maria La Fossa e nella provincia di Salerno, usufruiranno delle agevolazioni tariffarie per la vendita dell'energia elettrica di cui al provvedimento Cip6/1992". Provvedimento ingiustificato che va in senso contrario alle limitazioni imposte dalla finanziaria 2007, contro l'allargamento dei finanziamenti Cip6 ad impianti assimilabili.

D'altronde, come si diceva prima, i termovalorizzatori non avrebbero motivo economico di esistere senza tali finanziamenti. E quanto gli impianti assimilabili abbiano bisogno dei finanziamenti Cip6 per sopravvivere dal punto di vista economico, senza i quali non avrebbero motivo economico di esistere, lo dice la stessa vicenda del termovalorizzatore di Acerra, in questo periodo al centro delle discussioni a causa dell'emergenza rifiuti in Campania. Le società che erano in corsa per la realizzazione del termovalorizzatore di Acerra, si erano tirate indietro, mandando deserto il bando scaduto pochi giorni fa. Ora quelle stesse aziende (A2A e Veolia) potrebbero tornare fortemente in corsa. Tanto che, fonti vicine alle stesse due società, fanno sapere che "il ripristino degli incentivi è sicuramente una cosa molto importante" poichè, avrebbero dichiarato che le aziende non hanno ovviamente nessuna volontà di lavorare in perdita, visto che la decisione di escludere dai contributi Cip6 gli impianti di termovalorizzazione non ancora realizzati, avrebbe reso economicamente non conveniente il loro utilizzo. Tanto che - fanno sapere le stesse fonti - senza il provvedimento di Prodi "partecipare non sarebbe stato più conveniente".

E così, anche il mito dei vantaggi economici derivanti dalla realizzazione di termovalorizzatori, sembra essere sfatato. Mentre è evidente che ha rimetterci finora, sono state le produzioni di energia da fonti davvero rinnovabili e pulite, con tutto il carico di vantaggi economici, ambientali e sociali, che si sarebbero portati dietro.

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