mercoledì 16 gennaio 2008

Il rifiuto del papa ha un obiettivo politico.

Come interpretare la rinuncia di papa Benedetto XVI all'invito a partecipare all'inaugurazione dell'Università La Sapienza di Roma, prevista per domani 17 gennaio? Non è frutto di una censura di professori e studenti che hanno manifestato la loro contrarietà. Semmai un gesto dai contorni politici, da parte della gerarchia cattolica.

Innanzitutto tutto, è bene ripercorrere brevemente le tappe di questa vicenda. Il papa era stato invitato dal rettore dell'Università, per inaugurare la cappella universitaria a seguito dell'ultimazione dei lavori di restauro. A questo invito, nessuno aveva opposto contrarietà anzi, da professori quali Giorgio Parisi (uno dei professori che si è detto contrario alla visita del pontefice) è stato definito un invito giusto, sul quale non aveva "nulla da obiettare". Il rettore poi, ha pensato di approfittare dell'occasione, per estendere l'invito a Benedetto XVI all'inaugurazione dell'anno accademico, durante il quale avrebbe dovuto partecipare con un proprio intervento. E' a questo punto che sessantasette professori dell'Università La Sapienza, hanno lanciato un appello al rettore affinchè tornasse sui suoi passi e revocasse l'invito al papa. Le motivazioni? "Questa visita del papa - dice il fisico Giorgio Parisi - è parte di uno spostamento interventista della Chiesa nell'ambito scientifico, che non era riscontrabile nel pontificato precedente", tanto che questo papa tende ad "affermare che la religione può dare un giudizio sulla scienza". Questo contrariamente al magistero ecclesiastico che va da Pio XII in poi che "aveva accettato la scienza moderna - continua il professor Parisi - e sosteneva che la stessa scienza e la religione percorrevano due strade parallele, ciascuna dentro il prorpio ambito di competenza". All'appello dei sessantasette professori, motivato in questi termini, hanno quindi aderito molti altri esponenti del mondo scientifico italiano - anche dall'estero - e tanti studenti. Questi i termini di una legittima protesta, condotta poi anche attraverso sit-in di studenti e professori e affisioni di striscioni dentro e fuori la struttura universitaria. E d'altronde come non essere d'accordo, se si osserva il pontificato di Benedetto XVI, anche solo con il distacco di un cronista? L'elenco delle ingerenze dei vertici dello Stato del Vaticano, sia nelle politiche italiane che nei confronti della scienza, sono numerose: dalla propaganda astensionista sul referendum per la Legge 40 in merito alla procreazione medicalmente assistita, alla richiesta di moratoria per la Legge 194 sull'aborto, paragonato alla pena capitale; dalla ricerca sulle cellule staminali, all'opposizione alla teoria evoluzionistica darwiniana da sostituire, anche nei testi scolastici, con un supposto "disegno intelligente". Solo per fare pochi esempi di una lista che sarebbe altrimenti molto più lunga.
Nonostante la contrarietà di molta parte del mondo scientifico - dentro e fuori La Sapienza - e di quello studentesco, dalle stanze vaticane sabato era uscito un comunicato con il quale si confermava, nonostante tutto, la presenza di Benedetto XVI. Nè per la sua visita sarebbero mancate le misure di sicurezza che avrebbero tutelato il papa dalla pacifica protesta. Allora perchè questa improvvisa rinuncia? Probabilmente per ottenere ciò che in effetti è stato ottenuto. La condanna pressochè unanime della politica italiana e dei media, nei confronti di legittime espressioni di dissenso.
"Solidarietà forte e convinta" al papa è stata espressa dal Presidente del Consiglio Prodi, poichè "Nessuna voce deve tacere nel Paese e a maggior ragione quella del Papa". A Prodi verrebbe da chiedere per quale motivo a maggior ragione quella del papa? In uno Stato realmente democratico, anche la libera espressione del dissenso deve essere garantita e assolutamente tutelata, quando portata avanti in maniera pacifica, come in questo caso. Perciò se nessuna voce deve tacere, non si capisce la condanna in maniera così forte e netta, della voce di quanti non ritengono opportuno che l'inaugurazione dell'anno accademico di un'Università, sede della conoscenza e della scienza, laica per definizione, debba essere affidata ad un capo di uno Stato non italiano che per di più alla libertà incondizionata della scienza, della conoscenza e della coscienza si oppone.
La chiesa, con il pontificato di Benedetto XVI, sta portando avanti una campagna assolutamente teologica e conservatrice, con un'invadenza nella sfera politica e scientifica che non ha precedenti nella storia dell'Italia repubblicana. Le sortite della gerarchia vaticana, mirano attualmente a scalfire la laicità dello Stato italiano ed a soffocare l'osservazione scientifica imponendo la propria morale, che si vorrebbe universalmente assunta a verità assoluta e per questo accettata. E la rinuncia all'invito del rettore de La Sapienza, dopo avere invece insisto sulla sua presenza, va esattamente nello stesso senso.
Nonostante tutto e per fortuna, le resistenze all'attuale arroganza vaticana si sono fatte sentire, per diversi temi ed in varie occasioni e sempre in maniera pacifica e democratica.

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