Brunetta, la mafia e Gambadilegno...
Nella stessa intervista, il ministro Brunetta parla anche di criminalità. E qui le cose dovrebbero farsi serie, ma Brunetta, che a quanto pare non riesce a distinguere la fantasia dalla realtà, confonde i mafiosi con Gambadilegno. Perciò arriva a dire che l'antimafia dovrebbe essere sciolta perché, dice il ministro senza temere vergogna «la mafia è una forma di criminalità e dovrebbe essere perseguita come tutte le altre». Affrontando senza pudore il senso del ridicolo, il satiro di governo riesce a mettere l'uno fianco all'altro Provenzano e Macchianera ed i Corleonesi con la Banda Bassotti.
Dice Brunetta: «Se della mafia facciamo un simbolo ideologico, con la sua cultura, la sua storia e così via, rischiamo di farne un’ideologia e come tale, alla fine, produce professionisti di quella ideologia proprio nei termini in cui ne parlava Sciascia, professionisti dell’antimafia». Brunetta si riferisce ad un articolo dello scrittore siciliano, pubblicato sul Corriere della Sera nel 1987. Ma che non fosse quello dichiarato dal ministro della pubblica amministrazione il senso di quell'articolo, può accorgersene chiunque vada oltre le letture dei fumetti di Walt Disney.
Sciscia non ha mai detto nè scritto di voler rimuovere l'antimafia, ma ne contestava il suo uso distorto come strumento per l'esercizio di un potere assoluto. Così si comportò il fascismo, per il quale, dice Sciascia
«l'antimafia è stata allora strumento di una fazione, internamente al fascismo, per il raggiungimento di un potere incontrastato e incontrastabile».Allo stesso modo l'antimafia può essere utilizzata anche in un sistema democratico, ad esempio come forma di propaganda da parte di un partito per attirare consensi e garantirsi l'impunità politica. Sciascia fa questo esempio nel suo articolo:
«Prendiamo, per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi - in interviste televisive e scolastiche, in convegni, conferenze e cortei - come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall'acqua che manca all'immondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno molto timidamente, oserà rimproverargli lo scarso impegno amministrativo; e dal di fuori. Ma dal di dentro, nel consiglio comunale e nel suo partito, chi mai oserà promuovere un voto di sfiducia, un'azione che lo metta in minoranza e ne provochi la sostituzione? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno».Più chiaro di così!
Sciascia poneva il problema reale di come il potere si pone di fronte alla mafia. Ed una tale questione, non avrebbe senso se alla base del ragionamento non si considerasse la mafia in tutta la sua forza criminale. Una forza tanto ampia che alcuni con essa cercano la collusione, altri invitano a conviverci. Brunetta fa di più: rimuove il problema mettendo sullo stesso piano reati di mafia e reati minori; l'estorsione mafiosa ed il furto con destrezza.
Rimuove il problema mafia, il ministro Brunetta quando banalizza la questione. Ma sminuire quel problema è come dire che la mafia non esiste. Ed invece la mafia esiste ed è una montagna di merda.